THE GIFT
 (The Gift)

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REGIA:    
Sam RAIMI

PRODUZIONE:   U.S.A.   -   2000   -   Thriller/Horror

DURATA:  111'

INTERPRETI:
Cate Blanchett, Keanu Reeves, Hilary Swank,
Giovanni Ribisi, Katie Holmes, Greg Kinnear

SCENEGGIATURA:
Billy Bob Thornton - Tom Epperson

FOTOGRAFIA: Jamie Anderson

SCENOGRAFIA: Neil Spisak

MONTAGGIO: Arthur Coburn - Bob Murawski

COSTUMI: Julie Weiss

MUSICHE: Christopher Young

Trama

In una piccola citta' degli Stati Uniti, una giovane sensitiva aiuta la polizia a ricercare una ragazza misteriosamente scomparsa.

Recensioni

 

 

 

Un thriller con pochi guizzi

Una giovane vedova, che vive con i tre figli in una piccola contea degli Stati Uniti, ha un dono particolare: riesce attraverso la lettura delle carte, abbinata a premonizioni visive, a prevedere gli eventi. Come in tanti film del genere "thriller soprannaturale", questa non comune dote viene messa al servizio di una storia gialla in cui c'e' un delitto e un assassino da scoprire e lo scioglimento finale passa attraverso la ricostruzione del puzzle visivo delle poco rassicuranti visioni. Bandita ogni originalita' nella trama, la solida sceneggiatura costruisce un bel personaggio femminile che grazie all'intensa interpretazione di Cate Blanchett (la cosa migliore del film) risulta vivo e vibrante. La regia, pero', predilige tempi lenti che, se da una parte aiutano ad entrare nella psicologia dei personaggi, dall'altra smorzano la presunta tensione donando allo spettatore lo stesso "gift" della protagonista: la capacita' di capire cosa succedera' e in che modo. Anche le oniriche visioni rivelatrici sono "telefonate" con largo anticipo e solo in poche sequenze risultano davvero efficaci. Resta una malinconica atmosfera da piccola provincia con poche opportunita' - in cui le vite degli abitanti sembrano ricoperte da una patina di onesta infelicita' - e un buon cast di supporto. Divertente Keanu Reeves in versione "molto cattivo", anche se il doppiaggio da speaker radiofonico accentua la sua monolitica espressivita'.

Luca Baroncini

Commenti

 

 

Il villaggio dei dannati

Come apertura della nuova stagione cinematografica, arriva ad infestare le sale un thriller venato da una sana spruzzata di horror. Sam Raimi raccoglie le sue dirette ascendenze da serie televisive come "MillenniuM" o "Profiler", per modellare una storia tetra come una notte senza luna. Raramente ho visto un cast di attori così ben assortito: c'è la recitazione misurata ma illuminante di Cate Blanchett, indubbiamente la migliore, le smorfie rabbiose di Keanu Reeves, che gioca ancora a fare il cattivo dopo "The Watcher", l'ossessione nevrotica di Hilary Swank, la follia allo stato puro di un grandioso Giovanni Ribisi, ovvero quando la malattia mentale si trasferisce sullo schermo. Piuttosto incolore è invece la breve esibizione di Katie Holmes, mentre un gradino sopra a lei si piazza Greg Kinnear, che in generale fa un pò troppo occhioni per i miei gusti. Che non sia facile modellare una pellicola del genere è ormai ampiamente appurato, soprattutto se si lancia uno sguardo alle modeste fortune che hanno riscosso le ultime uscite del filone. Leggendo la trama in due righe, sembra che Raimi alzi letteralmente le mani, arrendendosi alle valanghe di "topoi" di cui il cinema dell'orrore da troppo tempo non riesce a liberarsi; infatti la storia è troppo classica (medium & polizia contro assassino) per suscitare fino in fondo l'interesse dello spettatore. Però c'è qualcosa nell'insieme che piace, che gira per il verso giusto; il film va inteso in maniera particolare. Al di là della trama, che in alcuni casi è davvero povera, devono essere apprezzate le ambientazioni grondanti cupezza e l'atmosfera che si viene a creare. Qui si riconosce pienamente il regista a tinte fosche che aveva firmato "La Casa" e l'apprezzabile "Darkman"; il sogno e la realtà si mescolano in un'enigmatica sarabanda, finché le visioni della protagonista Annie Wilson diventano difficili da distinguere rispetto al piano reale della vicenda. Inoltre, c'è la suggestione emanata dalla cittadina di Brixton, circondata da una fittissima aurea malefica; ogni personaggio è infelice nella sua piccola, terribile quotidianità. Ognuno nasconde il suo scheletro nell'armadio, celato da una patina di apparente normalità; non a caso la mia personale palma di scena migliore viene assegnata al rogo del signor Cole, operato dal figlio Buddy, in preda ad una devastante esplosione di pazzia. Il bello è che il suo stato ossessivo suscita nella platea addirittura una certa simpatia; il suo squilibrio, che deriva da un inenarrabile dolore del suo passato, riesce a farcelo assolvere. I meriti vanno ricercati in una sceneggiatura molto buona in alcuni tratti. Sicuramente non nel finale, dove Raimi si smarrisce; probabilmente il padre fondatore dell'horror contemporaneo aveva imbastito un plot troppo usuale per poter garantire un colpo di coda conclusivo che non fosse stato piatto e scontato. Qui lo spettatore può fare la conta ed individuare senza ombra di dubbio movente ed identità del colpevole, compreso il carattere illusorio dell'ultima visione di Annie. Che le facoltà della medium si siano magicamente trasmesse fino allo spettatore durante la proiezione? Scherzi a parte, tutto questo sottrae punti al globale, insieme ad una lunga sequenza processuale piuttosto fuori luogo, con tanto di avvocato antipatico come il demonio incluso nel prezzo. "The Gift" vanta alcuni spunti interessanti, anche se sicuramente non in sede di stesura del soggetto; Raimi conferma tutta la sua espressività visionaria, ma accantona per l'occasione ogni forma di originalità, condannando lo sfarzoso cast al limbo delle occasioni sprecate.

Emanuele Di Nicola


In una piccola contea degli Stati Uniti, Annie Wilson, vedova e madre di tre figli, viene guardata con sospetto a causa delle sue doti medianiche, esercitate tramite la lettura di carte magiche e misteriose che le permettono di sondare l'animo delle persone e a volte di predirne il futuro, annunciato da improvvise quanto laceranti visioni premonitrici.
Emarginata dalla maggior parte degli abitanti e additata come strega malvagia e foriera di probabili catastrofi, Annie rivela al contrario un'innata gentilezza e disponibilità ad aiutare il prossimo in cambio di pochi dollari e conquista la stima e la fiducia di alcune persone afflitte da problemi drammatici, come Buddy, segnato da un terribile trauma infantile e Valerie Barksdale, oppressa da un marito violento e razzista (un sempre più monoespressivo Keanu Reeves).
La lettura delle carte trascende la semplice premonizione o intuizione degli eventi, per assumere i connotati di una vera e propria analisi psicanalitica, che mette a nudo la personalità di chi ripone ogni speranza nella giovane vedova.
Ben presto a Brixton anche lo sceriffo dovrà ricorrere alle sue doti extrasensoriali per risolvere un efferato omicidio.
Interpretata con intensa sensibilità da Cate Blanchett, Annie Wilson riuscirà a scoprire l'assassino in un vortice di percezioni sempre più nitide e sconvolgenti, che, come arcane tessere di un inquietante puzzle, ricostruiranno l'accaduto in tutti i dettagli.
Autore di film horror di classe come "La Casa", "L'Armata Delle Tenebre" e "Darkman", l'eclettico Sam Raimi ci regala un altro piccolo gioiello da incastonare nella sua fertile produzione.
La suspense è da brivido, la sceneggiatura solida, la regia ottima e il cast ben assortito. 
Su tutti spicca ovviamente Cate Blanchett, che conferisce al personaggio sottili e intense sfumature. Anche Giovanni Ribisi riesce a dare il meglio, delineando la figura dell'infelice schizofrenico con tocchi di lucida follia che rendono il personaggio quasi gradevole nella sua malata fragilità, suscitando anche tenerezza e simpatia.
Le visioni paranormali nitide e raggelanti, realizzate con effetti speciali degni della migliore tradizione horror, sanno creare atmosfere dark e mozzafiato, complice la colonna sonora da brivido firmata Christopher Young (impagabile la visione dei fiori bianchi che appassiscono all'improvviso riflessi in un lago che da ridente diviene tetro, mentre il suono melodico di un violino senza preavviso stride note di terrore.)
A una prima superficiale lettura il finale può risultare scontato e prevedibile, ma nell'insieme l'intreccio narrativo è ben realizzato e assicura momenti di grande suspense. Eppure, a un attento esame, la pellicola non è solo un giallo gotico. Ancora una volta, la solita provincia americana, dipinta a tinte fosche alla Twin Peaks, sotto una patina di apparente normalità nasconde ordinaria disperazione, vizi morbosi e inquieti fantasmi dell'inconscio, così come il quieto lago della contea serba in seno il segreto di un efferato delitto.

Annalisa Ghigo


Luca
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