THE LAST SEPTEMBER
(The Last September)

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REGIA:    
Deborah WARNER

PRODUZIONE:  Fra/Irl/GB   -   1999   -   Drammatico

DURATA:  103'

INTERPRETI:
Keeley Hawes, Michael Gambon, Tom Hickey, David Tennant, Richard Roxburgh, Maggie Smith, Jane Birkin, Gary Lydon, Lambert Wilson, Fiona Shaw

SCENEGGIATURA:
John Banville (dal romanzo di Elisabeth Bowen)

FOTOGRAFIA: Slavomir Idziak

SCENOGRAFIA: Caroline Amies

MONTAGGIO: Kate Evans

COSTUMI: John Bright

MUSICHE: Zbigniew Preisner

Trama

Irlanda del Sud, anni 20: l'epoca del dominio inglese sta per finire. Un'aristocratica coppia di anziani inglesi ospita alcuni amici. La nipote Lois, intanto, è divisa tra l'amore di un ufficiale dell'esercito e quello di un terrorista irlandese.

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Fino alla fine di un mondo

Il verde del prato all'inglese, il tennis, gli abiti bianchi, il bouffet sotto le tende, le sdraio, l'amabile conversazione, lo humour ("Hugo, come hai potuto permettere che Marda si bagnasse", "Myra, mia cara, non sono un ombrello") e gli intrighi amorosi (la giovane Lois, vero spartiacque tra l'ambiente chiuso della casa e il minaccioso incombere dei fatti esterni - "Non ho mai incontrato nessuno cosi determinato a innamorarsi" - divisa tra corteggiamenti di spasimanti e passioni clandestine, vissuti con un'ingenuità che diverrà lacrima consapevole). Tutto sembrerebbe rinviare a un certo cinema britannico che negli anni 80 abbiamo conosciuto bene (e difeso a spada tratta), non mancando neanche il té pomeridiano: stavolta però il pasticcino sul vassoio è macchiato di sangue; dietro questo mondo elitario e feudale, apparentemente inattaccabile, si rinvengono, chiari, i segni del declino. Nella magione signorile ci si riunisce per la cena ("Caro, gli ospiti sono in abito da sera"), si perpetua, imperterrito, il solito dorato life style, si organizzano tornei e rinfreschi anche se fuori si va scatenando l'inferno di una guerriglia che prima o poi farà catastrofe dell'interno. Se l'impianto tematico e certi umori rispondono a tipologie facilmente riconoscibili, tutt'altro che scontato risulta l'approccio visivo: la regista insiste senza ostentazione su riprese movimentate, rifugge dalla tentazione qualunque di una laccata fotografia, prediligendo tonalità acide e colori primari, scompone cromaticamente gli spazi dell'inquadratura senza mai peccare di esibizionismo formalistico. Il rapporto tra l'interno della ricca dimora e un esterno temibile e pieno di incognite, rapporto che è il cuore di un film che sembra oscillare come un pendolo da una parte all'altra, viene sottolineato da frequenti sequenze di riflessi su vetri, persone che guardano altre persone attraverso i riquadri delle finestre, specchi polverosi che rimandano immagini sbiadite: un universo sta appassendo con lentezza inesorabile come l'intenso volto di Jane Birkin. Lois scruta col cannocchiale i movimenti del giardino: ombre indistinte galleggiano in un giallo saturo, figure brunite al tramonto di un'era (e l'ultima immagine alla lente sarà quella di Lady Myra, ectoplasma lontano e confuso, annegante in un mare di lussi). La trama non dichiara se stessa neanche per un attimo, le situazioni minime si affastellano e insieme compongono il quadro inquietante di un momento storico. Alcuni personaggi possono apparire superflui, ma in realtà tutti i caratteri sono tessere indispensabili di un mosaico che non può che significare nella sua totalità. La regista non pare voler trascurare niente, si sofferma sui dettagli, un petalo di rosa, un cristallo blu di prussia, un vaso di vetro; sfrutta al meglio le discrete note di Preisner, inciampa in alcune (perdonabili) lungaggini; distilla il meglio dal meraviglioso cast: Gambon, Wilson, Shaw, Birkin, la bravissima Keely Hawes nel ruolo di Lois. Al prodigioso talento della venerabile Maggie Smith ormai basta un' occhiata, un gesto, un leggero arcuar di sopracciglio per esprimere lo stato d'animo e la patetica irriducibilità di Lady Myra e di un'intera classe sociale, come nella (stupenda) scena in cui rivela al capitano Gerald che l'ostacolo al matrimonio con la nipote è il denaro ( "Ma lei non vorrà impedire...." "Non voglio impedire proprio nulla... E poi, cosa c'è da impedire?"). Il vorticoso ruotare delle immagini, il sintomatico movimento sussultorio e ondulatorio che segnala il divenir maceria di un sistema, alla fine precipita sull'altalena del giardino che oscilla, vuota.

Luca Pacilio

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