LA MALEDIZIONE DELLO SCORPIONE DI GIADA
 (The Curse of the Jade Scorpion)

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REGIA:    
Woody ALLEN

PRODUZIONE:   U.S.A.   -   2001   -   Commedia

DURATA:  102'

INTERPRETI:
Woody Allen, Helen Hunt, Dan Aykroyd,
Charlize Theron, Brian Markinson, Wallace Shawn, David Ogden Stiers, Elizabeth Berkley

SCENEGGIATURA: Woody Allen

FOTOGRAFIA: Zhao Fei

SCENOGRAFIA: Santo Loquasto

MONTAGGIO: Alisa Lepselter

COSTUMI: Suzanne McCabe

Trama

New York, 1940. L’investigatore assicurativo CW Briggs ha problemi sul lavoro a causa di una collega da poco assunta. Ma i veri guai devono ancora incominciare…

Recensioni

 

 

 

Il mistero del palco(scenico)

A settembre, un Allen nuovo fiammante: in occasione della Mostra veneziana, il regista newyorchese ci regala, come è sua abitudine, un nuovo gioiello, stavolta più prezioso del solito (quindi inestimabile), che associa alla nota, esplosiva miscela di humour e amarezza, una riflessione non scontata sull'arte come farmaco (inteso nell'accezione greca, cioè benefico, ma anche venefico) della vita.
Il film non è solo (solo?) una brillantissima pièce in costume, allestita con gusto squisito, fotografata da dio (anzi, da Zhao Fei, alla sua terza collaborazione con WA), intessuta di battute luminose e perfide quanto repentine, come smeraldi in un diadema, interpretata magnificamente da un cast di grandi "alleniani", abituali e non (fra i primi vanno citati il "sinistro" Ogden Stiers, la femme fatale Theron e Shawn, fra i secondi l'autoironica Berkley, Aykroyd e la viperina, irrefrenabile Hunt). 
"The Curse" è anche una riflessione sul potere demoniaco, "stregonesco", rivelatore dello spettacolo, causa (o semplice pretesto? difficile dirlo) di crimini e misfatti, fobie e sentimenti, che porta alla luce istinti dimenticati o rinnegati a livello conscio. Il talismano di un ipnotizzatore è meglio del lettino dello psicanalista: come nella "Dea dell'amore", l'arte trionfa dove la scienza freudiana neppure arriva. Secondo l'anziano mago nel finale di "Ombre e nebbia", "tutti amano le proprie illusioni, anzi, ne hanno bisogno, come dell'aria che respirano": anche se tali illusioni possono portare ad un passo dalla rovina (e spesso oltre, come in "Oedipus Wrecks"), la gente non riesce a rinunciare al sogno, perché spesso quello che vediamo da svegli è duro da digerire. "La vita non è perfetta, e in più, è breve": meglio godere, fin che si può, del potere della fantasia.
Allen, con questo pegno d'amore alla New York della sua infanzia, quella del cinema hollywoodiano classico che è da sempre suo modello di riferimento accanto ai diletti Fellini e Bergman, conferma di essere un miracoloso ipnotizzatore. Le uniche rughe visibili sono quelle del volto, lo spirito è intatto, velenoso e tenero al punto giusto, capace di un'autoironia che attenua i ben noti furori narcisistici: in fondo, almeno al principio, il maldestro Bogart della situazione annovera tra le sue conquiste solo belle addormentate e vacue figlie di papà. A proposito di Humphrey, come non ricordare che il fascinoso "occhio privato" è da tempo immemorabile una magnifica ossessione per Woody, vedi alla voce "Provaci ancora, Sam"?
Insomma, sarà sempre lo stesso film, come ripetono da decenni alcuni "savi", ma che splendido film. Impossibile, inoltre, non rallegrarsi per la scelta del regista di dirigere se stesso: soprattutto nelle sue parentesi catatoniche, Allen è un prodigio scenico.

Stefano Selleri


Ben venga il solito Woody Allen!

Dopo le negative recensioni americane sbarca, puntualissimo per l'anteprima veneziana, l'ultimo Woody Allen ed è una piacevole sorpresa.
Ci sono tutti gli elementi tipici del suo cinema, soprattutto delle ultime produzioni: gli anni quaranta, la città di New York, la musica jazz, un cast tecnico rodato e, soprattutto, una sceneggiatura ad orologeria con battute esilaranti, situazioni brillanti e serrati dialoghi ricchi di humor. Come al solito i personaggi, anche quelli minori, sono perfettamente caratterizzati e lo scontro/incontro tra i due protagonisti (lo stesso Allen e Helen Hunt) riprende la verve delle commedie sentimentali con Spencer Tracy e Katharine Hepburn (cui la Hunt dichiara di essersi ispirata). Come già da qualche anno, a parte la parentesi seriosa di "Accordi e disaccordi", si ride e si sorride con leggerezza.
In molti, critici e spettatori, replicano scontenti al ripetersi di uno schema narrativo che sembra unicamente puntare al divertimento, ma ben vengano commedie così ben scritte e briose. Visti i tempi, un vero toccasana per lo spirito!

Luca Baroncini

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Il signore della risata

Fisicamente Woody Allen è invecchiato, ma lo spettatore se ne accorge soltanto da un paio di rughe in più su quel volto irresistibile; il resto è rimasto assolutamente intatto, anzi, come il buon vino, più invecchia e più diventa saporito. Il valore di assistere ad un film di Allen adesso è praticamente smisurato; in un'epoca di umorismo (?) demenziale e volgare, capace di diffondere più raccapriccio che ilarità, lui è rimasto padrone di un'eleganza smisurata. In circa due ore di proiezione, al massimo si arriva a sentire una volta il termine "stronzo"; nessuno di noi è un bacchettone moralista, ma a questo punto ricordarci che qualcuno sa ancora farci ridere col cervello è praticamente un orgasmo dei sensi. 
Non arrivo francamente a comprendere i detrattori di questo regista; a mio parere è semplicemente il più grande umorista vivente, unico nel suo genere, nella diretto discendenza di Groucho Marx. Qui si scrive (come sempre) la sceneggiatura su misura, ed è una pioggia di battute, giochi di parole, doppisensi e gocce di cinismo senza alcuna possibilità di riparo; a tratti è veramente impressionante, pare che non debba fermarsi più. Memorabili le mimiche facciali, che gli consentono di mascherarsi sotto la sua stessa pelle; un pò come lo Zelig della pellicola omonima, è capace di cambiare forma esplicitando tutta la sua natura camaleontica. E' abbastanza lampante che il plot di questo film è soltanto uno schema, plasmato per esaltare la forza dei suoi interpreti: oltre a Woody, c'è Helen Hunt in forma strepitosa, che anima irresistibili incontri-scontri col protagonista, Charlize Theron bella, maliziosa e spudorata, addirittura Dan Aykroyd calato abilmente nella sua figura. Il lieto fine è ricorrente nelle pellicole alleniane da qualche tempo a questa parte, ma diventa un dettaglio; in primo piano c'è l'elogio alla risata costruttiva, che accompagna gli sguardi divertiti del pubblico per tutta la proiezione. Woody è insuperabile, esaltante ma anche moralmente integro; il suo parroco potrebbe confermarcelo, se non fosse attualmente ricercato per pederastia.

Emanuele Di Nicola


Stefano
Selleri

Luca
Baroncini

Simone
Ciaruffoli
7

Daniele
Bellucci
Matteo
Catoni
6
Oboo
 
Manuel
Billi
7
         
 

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