Recensioni
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To be continued
“Dal '93 New York è cambiata in tanti modi... era
prima dell'avvento di Rudolph Giuliani. Il mercato era in strada. Oggi, il
Consiglio comunale ha ripreso il controllo delle strade e il traffico di
droga è diminuito e cambiato... Prima sapevi esattamente in quale
edificio, a che piano e a che ora trovare la droga. E infatti c'era la
fila. Ora invece è pieno di poliziotti... E la droga puoi averla solo
direttamente a casa, chiamando su un telefono cellulare." sentenzia
Ferrara. E’ infatti prima
dell’avvento di Giuliani, prima della sua tolleranza zero che ‘R
Xmas si situa. Un giovane americano di origine dominicana e sua
moglie, in ottemperanza alle “leggi” del banchetto consumistico, si
adoperano ogni sera affinché il loro tenore di vita non scenda sotto una
soglia, quella soglia che certa contaminazione sociale pretende. Sono
bravi genitori che pur di non farsi mancare nulla e di non negare alla
figlioletta il benché minimo status (la costosa scuola privata, la
doviziosa recita di natale, la bambola all’ultimo grido ecc, ecc)
spacciano droga come fosse la cosa più normale da farsi. Un certo tenore
di vita richiede sacrifici, e qualsiasi sacrificio, in quanto tale, va
rispettato. E Ferrara, forte dell’esperienza fatta sul campo, non cerca
certo di condannare i suoi personaggi, di inquadrarli in un moralistico
biasimo. La radicalità del cinema di Ferrara, l’ossimoro dominante che
fa capolino in film come Il Cattivo Tenente, King of New York,
The Addiction, è in quest’ultima pellicola ancor più impastato in
un continuum narrativo
che amalgama con sapienza alchemica i simboli oppositori del suo
cinema. L’uso del piano sequenza, della dissolvenza incrociata
determinano non solo un’estensione lineare, una successione ininterrotta
di immagini, ma anche e soprattutto una miscela insolubile di quegli
ingredienti che grazie al montaggio Ferrara riusciva a mantenere scissi.
La dicotomia di alcuni film precedenti curata nella fotografia da
Ken Kelsch e nella sceneggiatura da Nicholas St. John, è in ‘R Xmas
azzerata. Qui, l’assenza di St. John e del bianco e nero di Kelsch
determinano di fatto una perdita del manicheismo estetico ed etico. Se
questo è un passo avanti o indietro nella poetica ferrariana saranno le
prossime pellicole a dichiararlo. E’ semmai interessante e non
confortante notare che la famiglia di ‘R Xmas, come quella di Fratelli,
esce ancora con le ossa rotte e registra, in seno alla società americana,
l’ennesimo funerale. Lo stesso funerale celebrato dal valzer degli addii
che Kubrick balla con Tom Cruise e Nicole Kidman in Eyes Wide Shut.
La scritta to be continued alla fine del film non è certo
di conforto. Il testimone da Dinkins è gia passato nelle mani di
Rudolph Giuliani.
(da
Torino) Simone
Ciaruffoli
White Xmas
Dopo due film lontani dagli sche(r)mi, estremi e provocatori, Ferrara torna classico e lucido in questa sommessa favola alternativa, in cui marito e moglie, spacciatori di professione, cercano la bambola da donare per Natale alla loro figlioletta - perchè tenero è il cuore di mamma e papà, non conta il mestiere che si fa - e si trovano coinvolti in un'avventura allucinante. L'intervento di un gangsta dal cuore d'oro (non sfiora la donna, che bella lo è, neanche con un dito), risolve la questione: basta vendere morte, però, certe attività a lungo andare diventano pericolose; i due sembrano starci, di strizza ne hanno avuta tanta, ma la roba, anche verghiana, avrà ancora ragione di loro: non si sfugge al proprio destino. Perfetta è la resa di questo Natale canonico ma non troppo: la recita scolastica, lo shopping al negozio di giocattoli, i familiari, i manicaretti, l'alberello sotto il quale viene depositato, accanto ai pacchi infiocchettati, estraneo eppure perfettamente coerente, lo spaccato livido di un'umanità malavitosa che conduce un'esistenza tragicamente normale, che dispensa baci e carezze a casa e bustine di polvere in strada; la neve, dunque, non fiocca in queste feste newyorkesi, si taglia. Nonostante il carattere piuttosto lineare, molto freddo e rigoroso, restano tutti riconoscibili i caratteri del Ferrara che conosciamo, soprattutto nella rappresentazione di questi personaggi vivi e neri, sfaccettati e umbratili, nel girovagare metropolitano del film nel quale si inserisce una successione di eventi narrati con fluente naturalezza, una descrizione minimale di momenti e gesti che sanno di "anomala normalità" e che costituisce forse il dato più sorprendente e riuscito dell'opera. Meno dannazione, più (apparente, solo apparente) redenzione per una favola "R"ated e, dunque, non proprio per tutti. Un (bianco...) Natale in casa del pusher.
(da Torino) Luca Pacilio
Il natale, il suo controcanto dello smercio di droga, uomini mescolano polvere ad un tavolo, quotidiano come la festività, come la recita dei bambini e del racconto dickensiano, uno scivolamento d'altalena tra dimensioni che non si attendono contigue, eppure una continuità viene dalle vite di una coppia e dei loro affari.
Nell'ammasso cittadino azione ed inazione, i connettori interpersonali, si propongono per Ferrara come gli unici dati di emotività; come in una favola ma con i toni e gli scostamenti brucianti del
noir: fattualità e sua percezione si scollano. Il rapitore (Ice T) può mostrare molto più della maschera, la sua umanità, una ricerca reciproca di corpi e sforzi strenui per mantenere la parvenza d'unità, sentimentale e spaziale: continue, lente, cupe dissolvenze connettono griglie metalliche e riflessi, sguardi a gesti, frammentazioni estetiche rari campioni di compostezza formale. NYC, molto più d'un set, latente ed oppressiva grava sul mondo e costringe gli spostamenti a gabbie di ricorrenza iterata. Parole, gesti, strade si chiudono su un breve strappo nel tessuto dell'esistenza, il trauma riassorbito, un equilibrio stabile.
Come un lento adagio, il nostro natale, accosta situazioni e persone in una composizione che assume le più svariate tinte: dall'ambito sociale, al crime movie, alla politica, mantenendo equilibrio e lucidità in uno sguardo che, si fa fatica a dirlo con Ferrara, ha molto della dolcezza.
Luigi Garella
Droga,
Redenzione, New York e flashback: in poche parole Abel Ferra
Ci
sono tutte gli elementi del cinema di Abel Ferrara in "R-XMAS":
l'ambientazione in una New York tanto immersa nello sfavillio di luci e
colori quanto crepuscolare; l'impossibilità di una redenzione; il fuori
scena di alcuni momenti chiave che vengono lasciati all'intuizione dello
spettatore; l'uso inconsueto del flashback che pare non aggiungere molto
alla narrazione.
A
metà strada tra la favola e il dramma urbano, il film lascia un po’
spiazzati. Colpiscono, sia l'ennesimo tentativo di fondere bene e male e
di renderne difficoltosa la distinzione, che la straniante visione di un
Natale dove le luci e i festoni colorati sembrano proteggere il continuo
pulsare di una città sempre in movimento, che non dorme mai. Una
metropoli in cui l'illusione di felicità è figlia del lusso e comunque
sottintende unicamente beni materiali e status-symbol. La parabola dei due
protagonisti, amorevoli genitori di giorno e spacciatori di notte, non
convince però appieno. E il loro tentativo di regalare una costosa
bambola alla viziata figlioletta, vero motore della storia, risulta poco
credibile e una trovata un poco pretenziosa. Come risultano forzati i
presupposti narrativi della redenzione ipotizzata dal protagonista.
Come
al solito, Abel Ferrara costruisce un'atmosfera di inquietudine in cui i
personaggi si trovano a dover fare scelte difficili, ma rende il loro
destino impermeabile allo spettatore, che ha la sensazione di essere
volutamente escluso da quello che lo schermo racconta. Bravi gli
interpreti, in particolare Drea De Matteo, donna fedele e innamorata, vera
mente della coppia.
Luca
Baroncini
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