IL NOSTRO NATALE
(R-Xmas)

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REGIA:    
Abel FERRARA

PRODUZIONE:  U.S.A./Fra   -   2001   -   Dramm.

DURATA:  83'

INTERPRETI:
Drea De Matteo, Lillo Brancato, Ice-T, Victor Argo, Naomi Morales, Lisa Valens, Janis Corsair

SCENEGGIATURA: Scott Pardo - Abel Ferrara

FOTOGRAFIA: Ken Kelsch

SCENOGRAFIA: Frank De Curtis

MONTAGGIO: Patricia Bowers - Bill Pankow - Suzanne Pillsbury

COSTUMI: Debra Tennenbaum

MUSICHE: Schooly-D

Trama

Marito (Lillo Brancato Jr.) e moglie (Drea De Matteo) spacciano roba. Lavorano in casa dopo che la loro bambina è andata a letto. Lui taglia, prepara le dosi e marca le bustine con la sua sigla. Lei riceve gli spacciatori di strada, consegna i quantitativi e incassa. Il tutto sotto le luci di Natale.

Recensioni

 

 

 

To be continued

“Dal '93 New York è cambiata in tanti modi... era prima dell'avvento di Rudolph Giuliani. Il mercato era in strada. Oggi, il Consiglio comunale ha ripreso il controllo delle strade e il traffico di droga è diminuito e cambiato... Prima  sapevi esattamente in quale edificio, a che piano e a che ora trovare la droga. E infatti c'era la fila. Ora invece è pieno di poliziotti... E la droga puoi averla solo direttamente a casa, chiamando su un telefono cellulare." sentenzia Ferrara.  E’ infatti prima dell’avvento di Giuliani, prima della sua tolleranza zero che ‘R Xmas si situa. Un giovane americano di origine dominicana e sua moglie, in ottemperanza alle “leggi” del banchetto consumistico, si adoperano ogni sera affinché il loro tenore di vita non scenda sotto una soglia, quella soglia che certa contaminazione sociale pretende. Sono bravi genitori che pur di non farsi mancare nulla e di non negare alla figlioletta il benché minimo status (la costosa scuola privata, la doviziosa recita di natale, la bambola all’ultimo grido ecc, ecc) spacciano droga come fosse la cosa più normale da farsi. Un certo tenore di vita richiede sacrifici, e qualsiasi sacrificio, in quanto tale, va rispettato. E Ferrara, forte dell’esperienza fatta sul campo, non cerca certo di condannare i suoi personaggi, di inquadrarli in un moralistico biasimo. La radicalità del cinema di Ferrara, l’ossimoro dominante che fa capolino in film come Il Cattivo Tenente, King of New York, The Addiction, è in quest’ultima pellicola ancor più impastato in un continuum narrativo                      che amalgama con sapienza alchemica i simboli oppositori del suo cinema. L’uso del piano sequenza, della dissolvenza incrociata determinano non solo un’estensione lineare, una successione ininterrotta di immagini, ma anche e soprattutto una miscela insolubile di quegli ingredienti che grazie al montaggio Ferrara riusciva a mantenere scissi.  La dicotomia di alcuni film precedenti curata nella fotografia da Ken Kelsch e nella sceneggiatura da Nicholas St. John, è in ‘R Xmas azzerata. Qui, l’assenza di St. John e del bianco e nero di Kelsch determinano di fatto una perdita del manicheismo estetico ed etico. Se questo è un passo avanti o indietro nella poetica ferrariana saranno le prossime pellicole a dichiararlo. E’ semmai interessante e non confortante notare che la famiglia di ‘R Xmas, come quella di Fratelli, esce ancora con le ossa rotte e registra, in seno alla società americana, l’ennesimo funerale. Lo stesso funerale celebrato dal valzer degli addii che Kubrick balla con Tom Cruise e Nicole Kidman in Eyes Wide Shut.  La scritta to be continued alla fine del film non è certo di conforto. Il testimone da Dinkins è gia passato nelle mani di  Rudolph Giuliani.

(da Torino) Simone Ciaruffoli


White Xmas

Dopo due film lontani dagli sche(r)mi, estremi e provocatori, Ferrara torna classico e lucido in questa sommessa favola alternativa, in cui marito e moglie, spacciatori di professione, cercano la bambola da donare per Natale alla loro figlioletta - perchè tenero è il cuore di mamma e papà, non conta il mestiere che si fa - e si trovano coinvolti in un'avventura allucinante. L'intervento di un gangsta dal cuore d'oro (non sfiora la donna, che bella lo è, neanche con un dito), risolve la questione: basta vendere morte, però, certe attività a lungo andare diventano pericolose; i due sembrano starci, di strizza ne hanno avuta tanta, ma la roba, anche verghiana, avrà ancora ragione di loro: non si sfugge al proprio destino. Perfetta è la resa di questo Natale canonico ma non troppo: la recita scolastica, lo shopping al negozio di giocattoli, i familiari, i manicaretti, l'alberello sotto il quale viene depositato, accanto ai pacchi infiocchettati, estraneo eppure perfettamente coerente, lo spaccato livido di un'umanità malavitosa che conduce un'esistenza tragicamente normale, che dispensa baci e carezze a casa e bustine di polvere in strada; la neve, dunque, non fiocca in queste feste newyorkesi, si taglia. Nonostante il carattere piuttosto lineare, molto freddo e rigoroso, restano tutti riconoscibili i caratteri del Ferrara che conosciamo, soprattutto nella rappresentazione di questi personaggi vivi e neri, sfaccettati e umbratili, nel girovagare metropolitano del film nel quale si inserisce una successione di eventi narrati con fluente naturalezza, una descrizione minimale di momenti e gesti che sanno di "anomala normalità" e che costituisce forse il dato più sorprendente e riuscito dell'opera. Meno dannazione, più (apparente, solo apparente) redenzione per una favola "R"ated e, dunque, non proprio per tutti. Un (bianco...) Natale in casa del pusher.

(da Torino) Luca Pacilio


Il natale, il suo controcanto dello smercio di droga, uomini mescolano polvere ad un tavolo, quotidiano come la festività, come la recita dei bambini e del racconto dickensiano, uno scivolamento d'altalena tra dimensioni che non si attendono contigue, eppure una continuità viene dalle vite di una coppia e dei loro affari.
Nell'ammasso cittadino azione ed inazione, i connettori interpersonali, si propongono per Ferrara come gli unici dati di emotività; come in una favola ma con i toni e gli scostamenti brucianti del noir: fattualità e sua percezione si scollano. Il rapitore (Ice T) può mostrare molto più della maschera, la sua umanità, una ricerca reciproca di corpi e sforzi strenui per mantenere la parvenza d'unità, sentimentale e spaziale: continue, lente, cupe dissolvenze connettono griglie metalliche e riflessi, sguardi a gesti, frammentazioni estetiche rari campioni di compostezza formale. NYC, molto più d'un set, latente ed oppressiva grava sul mondo e costringe gli spostamenti a gabbie di ricorrenza iterata. Parole, gesti, strade si chiudono su un breve strappo nel tessuto dell'esistenza, il trauma riassorbito, un equilibrio stabile.
Come un lento adagio, il nostro natale, accosta situazioni e persone in una composizione che assume le più svariate tinte: dall'ambito sociale, al crime movie, alla politica, mantenendo equilibrio e lucidità in uno sguardo che, si fa fatica a dirlo con Ferrara, ha molto della dolcezza.

Luigi Garella


Droga, Redenzione, New York e flashback: in poche parole Abel Ferra

Ci sono tutte gli elementi del cinema di Abel Ferrara in "R-XMAS": l'ambientazione in una New York tanto immersa nello sfavillio di luci e colori quanto crepuscolare; l'impossibilità di una redenzione; il fuori scena di alcuni momenti chiave che vengono lasciati all'intuizione dello spettatore; l'uso inconsueto del flashback che pare non aggiungere molto alla narrazione.
A metà strada tra la favola e il dramma urbano, il film lascia un po’ spiazzati. Colpiscono, sia l'ennesimo tentativo di fondere bene e male e di renderne difficoltosa la distinzione, che la straniante visione di un Natale dove le luci e i festoni colorati sembrano proteggere il continuo pulsare di una città sempre in movimento, che non dorme mai. Una metropoli in cui l'illusione di felicità è figlia del lusso e comunque sottintende unicamente beni materiali e status-symbol. La parabola dei due protagonisti, amorevoli genitori di giorno e spacciatori di notte, non convince però appieno. E il loro tentativo di regalare una costosa bambola alla viziata figlioletta, vero motore della storia, risulta poco credibile e una trovata un poco pretenziosa. Come risultano forzati i presupposti narrativi della redenzione ipotizzata dal protagonista.
Come al solito, Abel Ferrara costruisce un'atmosfera di inquietudine in cui i personaggi si trovano a dover fare scelte difficili, ma rende il loro destino impermeabile allo spettatore, che ha la sensazione di essere volutamente escluso da quello che lo schermo racconta. Bravi gli interpreti, in particolare Drea De Matteo, donna fedele e innamorata, vera mente della coppia.

Luca Baroncini

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Scatole cinesi sotto l’albero

Il nuovo film di Abel Ferrara, che a un primo sguardo può sembrare ben più lineare e “semplice” delle sue ultime prove (in particolare del labirintico “New Rose Hotel”), rivela progressivamente la propria natura composita, (dis)articolata.
L’elemento portante della struttura sembra essere il cancello, la recinzione, l’idea che esista una sorta di spazio protetto da delimitare e difendere ad ogni costo. Il film è costituito da una cornice (i cartelli che, durante i titoli di testa e di coda, descrivono concisamente la situazione di New York) che avviluppa, cinge d’assedio la fabula (le disavventure natalizie dei coniugi). All’interno della vicenda narrata troviamo diversi spazi chiusi e recintati, in senso metaforico e non: la scuola privata frequentata dalla figlioletta della coppia (con tanto di robusto cancello che si chiude in coincidenza con la fine dei credits d’apertura), il condominio, l’automobile. Lo stesso titolo originale dell’opera, basato su abbreviazioni gergali, costituisce un messaggio in codice che occorre decifrare; in grande rilievo l’aggettivo “nostro”, collocato in apertura.
La vita quotidiana, somma di regioni fisiche e psichiche note e perciò rassicuranti, è incrinata da un trauma (il rapimento del marito) proprio in quel periodo dell’anno che dovrebbe essere l’apoteosi della regolarità. Se questo fosse tutto, “R – Xmas” non sarebbe che una pièce de sauvetage come tante altre, destinata a concludersi, secondo consuetudine (altro meccanismo rassicurante), con il superamento di tutti i problemi ed il trionfo dell’amor coniugale. Ma Ferrara si rifiuta di giocare le sue carte prima di averle mescolate: le barriere sono molto fragili, il loro crollo, anche se non definitivo, destabilizza le certezze dei personaggi in maniera irrimediabile.
Il regista evita ogni semplificazione morale: tutti (eccetto, forse, la bimba) compiono azioni non adamantine per scopi più o meno nobili. Nobili per chi? Per gli interessati, ovvio. Ragione e Morale sono definibili solo se inquadrate in un contesto: all’interno di una sola “persona” convivono molte maschere. La realtà è frammentata, percepita in varie maniere a seconda degli schermi che la riflettono, come testimoniano i tanti “occhi” (dalla telecamera digitale usata dal padre durante la recita a quelle televisive che riprendono i discorsi del sindaco e le retate della polizia) che la restituiscono allo spettatore. Sotto il medesimo albero di Natale coesistono pacchi dono e confezioni di droga: gli emblemi della vita e della morte si fondono e divengono indistinguibili (se la droga consente ai coniugi di guadagnarsi da vivere, sono i giocattoli destinati alla figlia a metterli, almeno indirettamente, in pericolo).
“R – Xmas” si avvicina a “New Rose Hotel”, oltre che per la moltiplicazione di voci e sguardi narranti che dissolve il racconto tradizionale, per il carattere cameristico: brevità (meno di un’ora e mezza), essenzialità (tre personaggi principali, due uomini e una donna, esattamente come nel film già citato), rigore geometrico.  E se il punto di partenza è realistico, non lo è l’approdo: Ferrara disegna, su una storia malavitosa delle più trite, una fiaba metropolitana con (improbabile) lieta fine. Ma si tratta di un finale davvero positivo? Ancora una volta ci si pone il problema del significato di una parola come “bene”: in assenza di risposte assolute, il dilemma non può che essere procrastinato in eterno (vedi la scritta conclusiva). Ambiguità, incertezze, disillusioni, dissolvenze incrociate percorrono gli schermi e le menti in una New York sospesa fra il chiarore accecante del Guggenheim, le luci dei centri commerciali e la notte cupa dei ghetti.
Il regista che ha fatto rinascere (con “Fratelli”) la tragedia greca ci guida alla scoperta di un dramma domestico solo in apparenza consolatorio. La verità non esiste, se non come somma di voci contraddittorie, l’amore non implica la sincerità, anche se, come nel Canto di Natale di Dickens, resta l’unica via (abbastanza affidabile) di salvezza.
Lievemente dispersivo nella parte centrale, non sempre irreprensibile nella scrittura e nella recitazione (Ice T è un pesce lesso), “R – Xmas” trova i suoi punti di forza nello sguardo penetrante di Ferrara, cui bastano pochi dettagli per definire una scena e gli stati d’animo che l’abitano (emblematica la conclusione), e nella prova stupefacente offerta da Drea de Matteo e Lillo Brancato.

Stefano Selleri

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Simone
Ciaruffoli
7

Luca
Pacilio

Luigi
Garella

Luca
Baroncini
Stefano
Selleri
7
Daniele
Bellucci
7
           
 

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