Recensioni
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Come
ammazzare la propria moglie e vivere felici
Sin
dai tempi di Adamo ed Eva fra uomo e donna non è mai corso buon sangue.
Ne è corso tanto, troppo, ma non dei migliori.
Il film di Becker ribadisce lo stereotipo del marito pacifico e lievemente
rimbambito oppresso da una moglie al cubo e, sulla carta, presenta tutti
gli elementi caratteristici della commedia nera: ambientazione e
personaggi estranei al glamour, scherzi atroci e un delitto. Ma
“Omicidio in Paradiso” non è un divertimento macabro.
Il teatro dell’azione, la fattoria Paradiso, ha un nome che, più che
ironico, è rivelatore della natura del film. Se fossero stati mossi da
intenti realmente dissacranti, gli autori avrebbero dovuto descrivere
l’ambiente come un Inferno, un deserto di devastazione fisica e
psichica. Ora, il piccolo borgo della provincia francese in cui si
svolgono gli avvenimenti è tutto, meno che un postaccio, anzi, sembra
proprio l’ultimo baluardo di una convivenza dal volto umano
altrove impossibile (risultano invece estremamente isterici i
“cittadini”, dalla farmacista pignola alla viscida fauna giudiziaria).
I paesani si scambiano gentilezze dalla mattina alla sera, non fanno che
interessarsi ai problemi altrui, si ritrovano di continuo per il consiglio
municipale o anche solo per festeggiare il compleanno dell’ostessa.
Eccezione alla regola è la scorbutica Lulu (un’inarrivabile Josiane
Balasko), che pare sforzarsi, ogni giorno, di essere sempre più cattiva
nei riguardi di chiunque entri nel suo campo visivo (la scena al negozio
emana un delizioso profumo di zolfo). La vita di Lulu, segnata da un
doloroso ricordo infantile e dal lento esaurirsi di ogni chance
d’appagamento, ad ogni livello, trova la sua valvola di sfogo negli
ininterrotti dispetti giocati all’imbelle marito Jojo (Jacques Villeret,
perfetto), un omino preoccupato solo delle sue capre e del quotidiano
cicchetto nella taverna del villaggio. Una goccia fa traboccare il vaso
del risentimento di Lulu, che decide di eliminare il marito: ma non ha
fatto i conti con la sagacia rappresentativa del consorte, che rivela di
essere l’uomo che non c’era, ma ci faceva.
Strutturato come una commedia in due atti, il primo dei quali è di pura
preparazione e decisamente il migliore, “Omicidio in Paradiso” fa di
possibili difetti come staticità, teatralità, verbosità le proprie armi
vincenti. Ogni elemento dell’intreccio e della realizzazione
contribuisce a creare un clima fiabesco screziato di malinconia e, se non
cattiveria, dubbio: mancano personaggi veri (o neri), ma non ci sono
neppure eroi o i famigerati “santini”. In ogni figura convivono tratti
patetici e sgradevolezze, e quella che dovrebbe essere la coscienza morale
della storia (l’anziana maestra) presenta lati torbidi, quasi da dark
lady: come un’amante vera e propria s’inserisce fra i coniugi
litigiosi, funge da confidente del marito e, alla fine, si sostituisce
alla moglie, se non altro in modo simbolico. Una sorta di Lady Macbeth
sotto forma di suocera spuria, che fa balenare a più riprese il fantasma
della gerontofilia. Per non parlare del marito, così mite e al tempo
stesso timoroso delle conseguenze degli “scherzetti” che infligge a
sua moglie (è probabilmente sua la responsabilità della lunga degenza in
ospedale di Lulu). La morte di Lulu fa sparire la minaccia alla
tranquillità del paese, “l’alieno”, e forse per questo i compaesani
sono così pronti a difendere Jojo.
La seconda parte, quella più brillante dal punto di vista strettamente
verbale, riprende senza troppa fantasia il tema della realtà come
artefatto squisitamente insincero.
A un certo punto l’Azzeccagarbugli della difesa, alla sua ennesima
assoluzione di un omicida, ricorda a Jojo, con fare moderatamente faceto,
“le delizie della procedura”, le stesse che rendono piacevole un film
come questo, solido, brillante e, nelle pieghe, inopinatamente acuto.
Sarebbe stata gradita una maggiore cattiveria e, soprattutto, un più
attento scavo psicologico, anche nelle figure di contorno.
Il
doppiaggio svilisce parecchi giochi di parole, soprattutto quelli che
coinvolgono il nome del protagonista, Braconnier.
Stefano
Selleri
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