THE
UNSAID - SOTTO SILENZIO
(The Unsaid - Sins of the Father)
Scheda
Trama
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Voti
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REGIA:
Tom McLAUGHLINPRODUZIONE:
Can/U.S.A. - 2001 -
Thriller
DURATA: 103'
INTERPRETI:
Andy Garcia, Vincent Kartheiser, Linda Cardellini, Chelsea Fields,
Sam Bottoms, August Schellenberg, Brendan Fletcher, Teri Polo
SCENEGGIATURA:
Miguel Tejada-Flores - Scott Williams
(da un racconto di Christopher Murphey)
FOTOGRAFIA: Lloyd Ahern II
SCENOGRAFIA: Gregory Bolton
MONTAGGIO: Charles Bornstein
COSTUMI: Jodie Lynn Tillen - Michelle Martini
MUSICHE: Don Davis
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Trama
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Michael Hunter e' uno psicologo alla deriva dopo il suicidio del figlio. Un giorno una sua ex-studentessa riesce a convincerlo a seguire il caso di un ragazzo in cura presso un istituto dopo che da bambino e' stato testimone involontario dell'omicidio della madre. Tra i due si sviluppera' un legame profondo e pericoloso. |
Recensioni
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Due
traumi al prezzo di uno
Dopo i poco riusciti horror "A volte ritornano" e "Venerdi' 13 - capitolo VI", Tom McLoughlin si cimenta con un tradizionale "thriller psicologico". Nonostante il bel colpo di scena finale, la realizzazione e' assai di maniera e ripercorre i luoghi comuni del genere scontando piu' di una ingenuita'. "Se non puoi convincerli, confondili" sembra il motto del film, che infatti raddoppia i traumi: due i personaggi a confronto, entrambi con il loro bravo scheletro nell'armadio. Uno e' un affermato psicologo che non ha superato il suicidio del figlio, l'altro un ragazzo che sta ultimando la rieducazione in un istituto, dopo che da bambino e' stato testimone dell'omicidio della madre. Come in molti altri film, la professionalita' degli psicologi e' messa a dura prova: Andy Garcia, infatti, in piu' di una situazione dimostra una sensibilita' d'elefante nei confronti del suo paziente e non si capisce come sia potuto diventare un nume della categoria. Il giovane Vincent Kartheiser ha la faccia giusta per insinuare sospetti, ma il suo personaggio non sfugge al cliche' "l'apparenza potrebbe ingannare".
Come in moltissimi altri film poi, i lati oscuri della vicenda affondano nel torbido. Niente di piu' possibile, come la realta' che ci circonda insegna quasi quotidianamente, ma un vero e proprio tormentone a livello cinematografico, dove l'abuso sessuale e' diventato un troppo facile ripiego spiega-traumi.
La sceneggiatura cerca di sfumare le situazioni e i personaggi, ma ci riesce solo in parte. I due protagonisti sono ben motivati, mentre i personaggi di contorno (la moglie, la figlia, l'assistente, il ragazzo della figlia, la giovane al rave party) sono semplici pedine bidimensionali con una funzione puramente meccanica: permettere il fluire degli eventi e ritardare la resa dei conti. Difficile trovare complicita' anche nella edificante colonna sonora, che in piu' di un'occasione anticipa la climax anziche' contribuire a crearla.
Si esce quindi dalla visione piu' intorpiditi che avvinti, con la sensazione che la stessa vicenda, interpretata da una regia meno incolore e piu' attenta ai dettagli, avrebbe potuto sortire ben altri effetti.
Luca
Baroncini
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Commenti
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Uno
psicanalista perde tragicamente il figlio adolescente e nasconde il suo
trauma fino all’incontro con un ragazzo, prossimo ad uscire per buona
condotta da un istituto di riabilitazione.
Attraverso un’introspezione psicologica prima involontaria e
successivamente resa necessaria dal precipitare degli eventi, lo
psicanalista alzerà il pesante velo sul passato del ragazzo, sviscerando
un orribile trauma infantile. La disgrazia comune li avvicinerà e porterà
il ragazzo ad una lenta ma progressiva riabilitazione, mentre lo
psicanalista ritroverà in lui il figlio perduto prematuramente.
La sceneggiatura di Christopher Murphey non fa una grinza, la tensione e
la suspense si avviluppano in un crescendo mozzafiato, l’interpretazione
di tutto il cast è ragguardevole. Vincent Kartheiser, che interpreta Penny,
il ragazzo in cura riabilitativa, spicca su tutti con quella sua aria un
po’ androgina, eternamente sospesa tra innocenza e crudeltà, fino alla
liberazione dall’incubo che lo porta a sorridere “da dentro”,
illuminando due occhi cerulei incredibilmente intensi.
Andy Garcia si difende come può, ma a tratti la recitazione è sopra le
righe, quasi teatrale. Nel complesso però non si può dire che la sua
performance sia deludente.
Forse troppo giocato sulla psicanalisi, sui traumi infantili e
post-adolescenziali, tutto imperniato sulla ricerca di se stessi e del
proprio passato, come se chiunque celasse scheletri nell’armadio o
comunque terribili e inviolabili segreti, l’intreccio narrativo si
dipana velocemente, aprendo scenari di lucida follia dalle tinte macabre.
Pare che i recenti gialli made in U.S.A., abbandonato il cliché di legal
thriller, vadano sempre più scavando nelle meschinità umane, nella
melma di un vissuto da nascondere, nei sensi di colpa malcelati o
duramente covati fino all’esplosione.
Su ogni pellicola pare impressa la medesima sceneggiatura, un logoro
soggetto, troppo sbiadito per sembrare anche solo credibile. Forse gli
sceneggiatori dovrebbero reinventarsi un certo genere cinematografico,
dare linfa vitale a un filone ormai asfittico e senza futuro. Forse
produttori ed esercenti dovrebbero riflettere meglio prima di finanziare e
promuovere film di questo genere, mentre i distributori continuano a fare
il loro dovere muniti di paraocchi.
Forse il dio denaro dovrebbe smetterla di condizionare le scelte di chi
realizza soggetti, redige sceneggiature, dirige film.
A prescindere da questi aspetti, che andrebbero approfonditi in altra
sede, un plauso va comunque al regista per aver saputo ben comporre le
tessere di un puzzle che alla fine si disgrega, liberando una tabula
rasa su cui riscrivere la propria esistenza, un reset che riparte da
zero per risalire alla superficie. Strano che qualcuno della produzione
non abbia protestato per la maldestra versione italiana del titolo (mentre
il doppiaggio, come spesso accade, è impeccabile). “The Unsaid” è
stato erroneamente tradotto “Sotto Silenzio”, quando il senso del
film, se mai ne ha uno, è quello di portare alla luce, lentamente e senza
ulteriori traumi, proprio “ciò che non viene detto”, facendo
affiorare il mondo segreto che alberga dentro di noi.
Annalisa
Ghigo
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