L'UOMO IN PIU'
   

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REGIA:    
Paolo SORRENTINO

PRODUZIONE:   Italia   -   2001   -   Dramm.

DURATA:  100'

INTERPRETI:
Toni Servillo, Andrea Renzi, Nello Mascia, Ninni Bruschetta, Angela Goodwin

SCENEGGIATURA: Paolo Sorrentino

FOTOGRAFIA: Pasquale Mari

SCENOGRAFIA: Lino Fiorito

MONTAGGIO: Giogiò Franchini

COSTUMI: Silvia Nebiolo

MUSICHE: Pasquale Catalano

Trama

Napoli, anni Ottanta. Due persone che si chiamano allo stesso modo hanno analoghi problemi in ambito professionale e personale: uno è un calciatore la cui carriera, del resto ormai agli sgoccioli, è distrutta da un incidente di allenamento, l'altro un celebre cantante, che finisce nei guai e nel dimenticatoio a causa del suo amore per le ragazzine e la cocaina.

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Due vite e una sola sorte

Chi è "l'uomo in più" del titolo? E' solo l'invenzione tattica su cui Pisapia, lo stopper, cerca di fondare la propria carriera di allenatore, decisamente restia a decollare? Forse "l'uomo in più", anzi, gli uomini in più sono proprio loro, i due Antonio le cui esistenze si somigliano, si sfiorano e finiscono per sovrapporsi (nella "vendetta" finale): "in più" rispetto ad un mondo in cui, secondo Woody Allen, "oggi ti adorano e domani ti sparano", ad un ambiente nel quale proliferano gli adulatori, i parassiti, quelli che corrono in soccorso dei vincitori ed a causa del quale, alla fine, neppure le persone più ai margini, gli amici all'apparenza più cari (il ristoratore amico di Pisapia il cantante) sanno resistere al richiamo dei soldi facili.
Ennesima variazione sui temi sempreverdi dell'alter ego e dell'eroe solitario e "contro" (prima di tutto contro se stesso), l'opera prima di Sorrentino si presenta come una classica commedia drammatica, che si solleva dalla banale schematicità del soggetto attraverso una messinscena liquida e lunare, che inventa (anche grazie all'apporto del direttore della fotografia Pasquale Mari e dello scenografo Lino Fiorito) una Napoli inconsueta e spettrale e valorizza come meglio non potrebbe le prove diversissime, ma ugualmente emozionanti, dei due protagonisti: se Andrea Renzi opta per un sottotono disarmante quanto (auto)ironico, Toni Servillo, letteralmente scatenato, rende credibili gli eccessi e le malinconie di un personaggio potenzialmente macchiettistico.
Qualche passaggio inutile (gli amori di Pisapia lo stopper) è riscattato dalla struttura del racconto, coraggiosamente ellittico (ad esempio a proposito dell'incidente alla base delle difficili relazioni familiari di Pisapia il cantante). Il "non detto", in questo caso (ogni riferimento a "L'amore probabilmente" è tenacemente voluto), carica il film di un fascino oscuro quanto ammaliante.
Finora, il miglior film italiano al Lido.

(da Venezia) Stefano Selleri


Un debutto promettente

Due vite scorrono in parallelo: un cantante di successo con la carriera rovinata dalla cocaina e dall'irrequietezza e un calciatore professionista le cui ambizioni vengono infrante da un incidente al ginocchio. Che cos'hanno in comune i due personaggi?
Si chiamano entrambi Antonio Pisapia e dopo un periodo di splendore si ritrovano alla deriva in un mondo che li rifiuta e che non riescono più a comprendere. Il film di Paolo Sorrentino parte subito bene, grazie ad una regia attenta a dosare con equilibrio i vari elementi: una luce fredda a contrastare il kitsch di look e scenografie dei terribili anni ottanta in cui è ambientata la vicenda; una sceneggiatura ricca di sfumature nella costruzione dei due Antonio Pisapia a confronto; una colonna sonora ad effetto (anche se il tema conduttore, cantato anche da Toni Servillo, ricorda molto da vicino nei primi accordi il bellissimo "God thy will is hard ..." dal musical di Webber "Jesus Christ Superstar") e due attori in stato di grazia. Toni Servillo è a dir poco strepitoso e riesce a rendere perfettamente l'esuberanza e la fragilita' del suo personaggio. Andrea Renzi gioca invece di sottrazione e trasmette con intensita' le sfumature e l'angoscia del suo Antonio Pisapia.
Peccato che la seconda parte, nel momento in cui il rapporto tra i due protagonisti viene esplicitato, giri un po' a vuoto e non mantenga le premesse con una conclusione piu' irrisolta che convincente.
In ogni caso, un bell'esempio di cinema italiano in grado di coinvolgere ed emozionare, progetto fortemente voluto dal defunto Kermit Smith della "Key Films" a cui il film e' dedicato.
Irresistibile la didascalia che apre il film e che in qualche modo suggerisce lo spirito ironico che, almeno fino ad un certo punto, accompagna la visione: "E' meglio aver amato e perso che mettere linoleum nei vostri salotti".

(da Venezia) Luca Baroncini

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