Recensioni
|
Gente comune fra commedia e melò
Storie come questa sono molto di moda, e lo spunto
è tanto accattivante quanto poco originale. Viene subito da pensare
alle recenti pellicole ispiratrici e non si potrà non riconoscere in
"Sai che c'è di nuovo?" un collage tra "L'oggetto del mio
desiderio" (la commedia con Jennifer Aniston inaspettatamente
apprezzata negli Usa pochi anni fa) e "Il matrimonio del mio migliore
amico" (da cui partì la rinascita inarrestabile di Everett e la
scoperta del suo talento comico). Si prende da entrambi i film la figura
dell'amico ideale omosessuale nonché la difficoltà del rapporti uomo -
donna, e solo dal primo l'idea di una famiglia alternativa in cui i
genitori sono solo amici e non amanti. Nonostante questi evidenti richiami
l'intreccio conserva un notevole interesse ed è piacevole veder scorrere
con leggerezza temi come l'amicizia tra uomo e donna, il desiderio di
maternità che si scontra con una vita sentimentale fallimentare,
l'irrinunciabile bisogno d'amore (confessato sempre più spesso e sempre
più apertamente negli ultimi tempi). La commedia sembra funzionare e le
risate non mancano, soprattutto grazie all'istrionico Everett
(indimenticabile la scena in cui va a recuperare le chiavi di casa
dell'amica dal suo ex e quella in cui riceve il nuovo corteggiatore di
lei). Le prime stecche arrivano però impercettibili osservando il
quadretto un po' stereotipato di gay simpaticissimi, beceri intolleranti,
genitori incapaci di accettare, amici morti di AIDS. Si percepisce una
forzatura, un intento dimostrativo e didascalico che rischia di rompere la
magia e togliere naturalezza a ciò che si vuol dipingere come naturale.
Tutto rimane comunque gradevole fino a quando, nella seconda parte, il
film vira bruscamente e si appesantisce di una drammaticità decisamente
stridente con il tono della storia. Arriviamo dalle parti di "Kramer
contro Kramer" (con tanto di madre con gli occhi perennemente lucidi
ed insofferenza per i colpi bassi che il proprio avvocato tira
all'avversario) e benché lo sviluppo narrativo sia plausibile viene
trattato in modo pesante; lo spettatore rimane disorientato e senza
sorrisi fino alla fine, con la sensazione chiara che un film del genere
non abbia la statura per permettersi un cupo dramma processuale né i
risvolti melodrammatici ostentati che ci vengono mostrati con poco stile.
E' questo cambiamento di registro che rovina quella che poteva essere una
commediola godibile.
Il film comunque prende vita fin dall'inizio grazie a Rupert Everett che
come di consueto ruba del tutto la scena ai suoi partner, in questo caso
addirittura a Madonna. La tanto vituperata protagonista di certo si
impegna ma non convince mai del tutto, senza contare il fatto che
guardandola non si può fare a meno di vedere sempre, invece del suo
personaggio, la cantante e rockstar. Anche perché i collegamenti con la
vita vera non mancano, dalla maternità da single di Madonna
all'omosessualità di Everett. E pensare che la diva aveva anche provato
ad usare autoironia ed autocritica sottolineando i segni del passare del
tempo e la paura della vecchiaia, facendosi lasciare in modo poco
dignitoso e restando sola a lungo. Ma quanto è credibile Madonna che
prega Dio di farla rimorchiare? In ogni caso la si nota relativamente: è
Rupert Everett che ci fa ridere, è il suo personaggio a coinvolgere e
rivelarsi migliore, padre perfetto che rinuncia all'amore per suo figlio
(lei non lo farà e tratterà malissimo l'amico di sempre). Sicuramente
però gli riesce meglio sfoggiare la sua eccentrica e sfrontata simpatia
che una esasperata disperazione. Ora che è evidente quali siano le sue
potenzialità comiche tutti scrivono che Everett dovrebbe interpretare (da
protagonista assoluto) una screwball comedy come quelle che si facevano
una volta, e in effetti in pochi saprebbero mostrarsi al tempo stesso
buffi e fascinosi come lui (in stile Cary Grant, ma più trasgressivo).
Buoni anche i fugaci squarci di romanticismo alla "Another country",
ma che spreco se fosse rimasto solo il tenebroso di un tempo.
La regia di John Schlesinger questa volta delude un po'.
Oboo
Amori particolari nella città degli angeli
Niente di nuovo sotto il sole della California, e soprattutto niente d'originale da questo film. Ennesima commedia sulla coppia americana del 2000, lei donna, insegnante di yoga (quanti altri film dovremmo vedere con attori che si dilettano e addirittura insegnano lo yoga dei poveri?), emancipata e proprio per questo non accettata dagli uomini più preoccupati alla loro libertà che all'amore; lui giardiniere, uomo ideale padre perfetto ma gay, contornato da amici omosessuali ridotti a macchiette teatrali (penso che i veri gay abbiano storto la bocca in più di un'occasione). La loro amicizia tocca il culmine e decade con l'arrivo di questo bambino e di un uomo macho e muscoloso ma dal cuore d'oro, che conquisterà la sempre giovane Madonna, e la costringerà a fare i conti con la realtà. Causa legale per l'affidamento del bambino e "inaspettato" colpo di scena con la scoperta che il padre non è Robert ma un ex boyfriend di lei. Affidamento alla madre che però tormentata dal rimorso consentirà al bel Rupert Everett di vedere il bambino. Questo è un film scontato, noioso, che si può commentare solo raccontando la trama perché altro da dire proprio non c'è. Dal disastro generale si salva solo Everett, veramente bravo e completo nel suo ruolo, anche se a fare bella figura a fianco di Madonna non ci vuole molto. Sinceramente non si sentiva i bisogno di questo film soprattutto da parte di un regista, John Schlesinger, che c'aveva abituato a ben altre riflessioni sulla famiglia e sul rapporto tra i genitori e i figli. Se potete risparmiate i soldi del biglietto.
Matteo Catoni |