SPLENDIDI AMORI
(Splendor)

Scheda
Trama
Recensioni
Commenti
Voti

REGIA:    
Gregg ARAKI

PRODUZIONE: U.S.A.   -   1999   -   Comm.

DURATA:  93'

INTERPRETI:
Kathleen Robertson, Jonathon Schaeck, Matt Keslar, Kelly McDonald, Eric Mabius

SCENEGGIATURA:
Gregg Araki

FOTOGRAFIA:
Jim Fealy

SCENOGRAFIA: Patti Podesta

MONTAGGIO: Gregg Araki - Tatiana S. Riegel

COSTUMI: Susanna Puisto

MUSICHE: Daniel Licht

Trama

Timida ragazza middle-class si ritrova piacevolmente coinvolta in un tenero e trasgressivo menage-a-trois in compagnia di due scimmioni molto svampiti e a tratti simpatici, poco propensi a curarsi del versante pratico-tecnico economico della vita e di una relazione così particolare. Uno è un batterista muscolosissimo con le pezze al culo, l'altro un proto-scrittore tabagista un po' meno muscoloso, un po' più timido, un po' meno ingenuo ma sempre con le pezze al culo. Allora? Ah, sì, l'antagonista, un regista privo di muscoli, timidissimo, privo di talento, permanentemente sotto osservazione psicanalitica, probabilmente assai poco interessante sotto le lenzuola. Cercherà di strappare la bella Veronica ai due simpatici scimmioni muscolosi. 

Recensioni

 

 

 

Stereotipi, sciatterie, banalità, luoghi comuni, demenzialità non-sense e regressione di una scommessa perduta del cinema indipendente USA..

Pur non essendo certo un sostenitore del suo cinema, provo una certa simpatia per Gregg Araki, sarà l'aura di feroce indipendenza e spietato anticonformismo che gli è stata cucita addosso in questi anni, o forse il nome, allo stesso tempo così ruvido ed esotico, orientaleggiante e tagliente, chissà. Comunque, per la cronaca, mi arrendo.
Un'immagine, da "Doom Generation": primo piano dei Doc Martens della protagonista. Oh! Guardate quant'è giovane, ribelle, alternativa e supercool la nostra eroina! Insomma, veste Doc Martens, era di questo che avevamo bisogno, no? Un paio di Doc Martens e il cinema rinasce nel nome dell'indipendenza più feroce! Non credo. Piuttosto un errore imperdonabile, una breve sequenza di fotogrammi che smaschera Araki e il suo cinema, o meglio, l'ideologia (piccola piccola, e così conformisticamente anitborghese da risultare così anticonformisticamente borghese da far drizzare i capelli) che sta dietro al suo cinema. Ma "Doom generation" era obiettivamente un film che poteva anche lasciarsi guardare, anche se portava con sé il seme del peccato, però avevamo bisogno di "Splendidi amori" per renderci conto della pochezza di Araki, intendo dire, ora non ci sono più dubbi. Questo film è francamente indifendibile, talmente sciatto, banale, falso e mal scritto da non meritare nemmeno la visione del trailer. 
Un polpettone di luoghi comuni mal assemblati che possono essere frutto solo di chi, biecamente, tenta un goffo e improponibile "salto di qualità" dall'underground alla gloria dello star-system passando per la via più breve, una via talmente breve che il buon senso vorrebbe che non fosse battuta da nessuno. Semplice no, basta non scontentare nessuno, confezionare un filmetto leggero leggero a prova d'idiota cavalcando ancora di tanto in tanto la via di un qualche poco chiaro sperimentalismo vagamente underground, il solito montaggio frenetico sui dialoghi, qualche trovata visiva interessante (interessante sarà poi soltanto una, quella di Veronica e Abel che dialogano in un locale con le loro immagini televisive che incorniciano i loro volti dietro di loro. Del tutto priva di significato e decisamente fine a se stessa ma, per lo meno, piacevole allo sguardo) e, naturalmente, il tutto condito dal feroce (??) anticonformismo di cui sopra, il tocco di trasgressione che non può mancare in un vero film per giovani ribelli sboccati e dall'elettroencefalogramma irrimediabilmente piatto… Il culmine dell'idiozia arriva quando, dopo averci ricordato che il film tratta un argomento scottante (???) come quello del triangolo amoroso ("no, non è una sequenza onirica…" recita la voce fuori campo della protagonista a inizio film quando la cinepresa inquadra i tre sotto le lenzuola. Ma per cortesia…) si arriva finalmente al punto in cui la protagonista si denuda del tutto su un tavolino e (sorpresa!) viene inquadrata dal collo in su, in un primo piano (ancora una sequenza chiave del cinema di Araki ed è di nuovo un primo piano) "autocensorio" che permette così all'attricetta fresca si serie tv di successo pronta per essere lanciata nell'olimpo delle star di non compromettere la sua squallida carriera mostrando le sue grazie. Roba che nemmeno negli anni '30… (A proposito di questo leggete l'illuminante recensione di American Pie apparsa qualche mese fa su Cineforum).
Per il resto il film si protrae davvero stancamente e sembra non finire mai, nonostante la solita demenzialità da quattro soldi (a onor del vero, nel mezzo di una sceneggiatura talmente orripilante e stupida da far impallidire chiunque ci sono un paio di battute discrete) nel vano tentativo di "buttarla sul ridere", ma per la verità qui c'è ben poco di che essere allegri. Non solo questo film è ideologicamente risibile, ma anche cinematograficamente nullo e privo di ritmo, patinato e vuoto, inconcludente e fastidioso. L'unico punto che salva questo film dall'umiliazione (?!) del 3 ½ è che i due protagonisti maschili, se non altro, risultano a tratti molto simpatici e ben caratterizzati, per quanto si possa parlare di caratterizzazione del personaggio…
Una nota giornalista de La Stampa parlava di "Jules et Jim" in chiave moderna. Le solite braccia tolte all'agricoltura, questo lo sapevamo, però adesso siamo certi che anche il simpatico Araki farebbe meglio a rivolgere i suoi sforzi verso qualche cosa d'altro, il cinema per cortesia, lo lasci a gente più onesta e capace di lui.

Stefano Trinchero

Commenti

 

 


Stefano
Trinchero
4

Luca
Pacilio

 

     
           
 

Torna all' indice dell'Archivio