Il Capitolo VII esamina il Neolitico e il Calcolitico nell’Area Balcanica,
in Moldavia, in Ucraina, in Ungheria e in Slovacchia. I suoi contenuti attengono innanzitutto al Neolitico Antico di alcuni villaggi situati nella zona di Ovce Polje, in Serbia (Federazione Jugoslava), tutti datati VI millennio, di cui il principale, Anzabegovo, arrivò ad estendersi per 4,5 ettari. La Fase I della sequenza stratigrafica messa in luce in ciascuno di questi siti lascia trasparire un influsso culturale dalla Grecia settentrionale.

La Fase II rispecchia un diverso ambiente culturale, quello di Starcevo-Koros-Cris (tardo VI millennio-metà del V), che sappiamo essersi formato nelle pianure e vallate della Serbia e della Macedonia settentrionale, sulle sponde del Danubio vicino a Belgrado, dove si trova Vinca, una collina artificiale di 10 metri di altezza e 6 ettari di superficie; e che sappiamo essersi diffuso anche nella Bosnia nord-orientale.

Un aspetto particolare della Cultura di Starcevo è la "facies" di Lepenski Vir (metà del VII millennio-inizio del VI), così chiamato dall’omonimo sito serbo, situato in riva al Danubio, nei pressi delle "Porte di Ferro", e diffusa anche in altri siti, come Vlasac e Pladina. A Lepenski Vir gli archeologi hanno messo in luce numerose strutture (quasi tutte adibite ad uso funerario o di culto, e non ad uso di abitazione) e sculture in pietra, lische di pesci, ossa o interi scheletri di animali, 170 scheletri umani, molti frammenti, interpretati come le testimonianze superstiti di un villaggio di pescatori mesolitici in via di neolitizzazione, o di un sito periferico, magari funerario, della Cultura di Starcevo. I reperti indicano che i primi occupanti del sito non conoscevano la ceramica, vivevano di pesca fluviale, praticavano riti funebri, durante i quali venivano sacrificati pesci, cervi, cani e cinghiali, modellavano immagini sacre e oggetti cultuali associati alle sepolture. I più interessanti sono 54 massi fluviali di arenaria rossa, di forma ovale, scolpiti o incisi. Alcuni presentano fattezze per metà umane e per metà di pesce, con un lungo naso, grandi occhi sbarrati e bocche aperte, dalle labbra carnose e dagli angoli piegati verso il basso, zampe di uccello, vulva e seni, e con motivi incisi, labirintici o di corsi d’acqua In origine, le decorazioni erano campite con ocra rossa.

Della Cultura di Starcevo si conoscono due varianti: la Cultura di Koros (Vojvodina, Ungheria, Slovacchia) e la Cultura di Cris (Romania), a cui appartengono numerosi insediamenti, localizzati su terrazzi fluviali e costituiti da semplici abitazioni semi-interrate; e una ceramica dipinta che privilegia le forme semplici, emisferiche o globulari, ma comprende anche calici muniti di piede e vasi biconici.

Si può parlare dell’esistenza di un Neolitico con ceramica fin dall’inizio del VI millennio anche in Bulgaria. Lo dimostra la Cultura di Karanovo I-II, contemporanea della Cultura di Starcevo e affine alla Cultura di Cris, dalla quale si differenzia per una sedentarietò più marcata. Karanovo è una collinetta artificiale di 250 metri di lunghezza, 150 di larghezza e 12 di altezza. Vi sono stati messi in luce una trentina di livelli di abitato, raggruppabili in 7 fasi culturali principali, comprese fra l’inizio del VI millennio e l’inizio del V. Formato da 50 o 60 case a pianta rettangolare, con forni e focolari, il villaggio neolitico di Karanovo aveva circa circa 300 abitanti ed era inserito in un paesaggio boscato, ma con campi vicino alle case e piccoli recinti per gli animali. Dentro le case sono stati trovati macine e macinelli, strumenti in pietra levigata o scheggiata, fusaiole e pesi da telaio, e anche statuette in argilla o pietra, che forse rappresentano gli antenati o mitiche figure. Per terra, tutt’attorno al forno, che era addossato a una parete, vi era vasellame di argilla.

Nella seconda metà del VI millennio, le popolazioni della Cultura di Cris e quelle della Cultura di Karanovo I-II, incominciarono a utilizzare, per la fabbricazione mediante martellatura a freddo di piccoli oggetti più decorativi che utili, il rame nativo e i minerali cupriferi, di cui quei territori erano ricchi. I ritrovamenti metalllici attribuiti a questa età sono i più antichi fra quelli conosciuti in Europa.

Nell’ambito della cronologia preistorica dell’Area Balcanica, il periodo compreso fra il 5300 e il 4300 abbraccia il Neolitico Medio (5300-4700), il Neolitico Recente e Finale, e il Calcolitico (4700-4300). Esso registra lo sviluppo del Complesso culturale Vinca-Tisza-Butmir, nelle stesse zone dove, nel Neolitico Antico, si era diffuso il Complesso culturale Starcevo-Koros-Cris. Il sito eponimo e di riferimento di questo ambiente culturale è Vinca. La Cultura di Vinca si evolvette in due fasi: A-B (Neolitico Medio, 5300-4700) e C-D (Neolitico Recente e Finale, Calcolitico, 4700-4300). Sono elementi caratteristici di Vinca A-B le case di abitazione, l’ottima ceramica, le figurine, le "pintaderas", le sculture, l’uso di contrassegnare gli oggetti di argilla con segni incisi (marchi di fabbrica?). Vi sono poi i "marchi di fabbrica", forse una forma primitiva di scrittura; e alcuni pendenti, perline, ami da pesca, punteruoli, e spilloni con capocchia a doppia spirale, tutti datati intorno al 4800. I ritrovamenti metallici testimoniano il passaggio dalla martellatura a freddo del rame nativo a una nuova tecnica (riscaldamento del rame nativo su un fuoco aperto e alla martellatura del metallo quando è ancora caldo), messa a punto per evitare che l’oggetto martellato a freddo divenga così fragile da rompersi, e per poter rifinire l’oggetto e dotarlo di bordi taglienti o aguzzi.

Una variante della Cultura Vinca A-B è la "Cultura di Vinca-Tordos", dal sito di Tordos in Transilvania.

Contemporaneamente a Vinca A-B, a Vinca-Tordos, alla Cultura di Sesklo e alla fase arcaica della Cultura di Dimini si sviluppano in Bulgaria le fasi III e IV della Cultura di Karanovo.

Nell’Area Balcanica, il Calcolitico ebbe un’origine autonoma e iniziò quando, nella fase di passaggio fra Vinca A-B (Vinca-Tordos) e Vinca C-D (Vinca-Plocnik), il rame nativo divenne raro a trovarsi in superficie e le popolazioni incominciarono a cercarlo nel sottosuolo, non solo nei monti della Transilvania, ma anche in localitàa Sud del Danubio, che ne erano ricchi, mediante lo scavo di miniere alquanto estese e ramificate, come quelle di Rudna Glava, Rudnik e Aibunar.

Vinca C-D occupò la parte centro meridionale della regione compresa fra l’Ungheria meridionale e il Danubio, confinando a Ovest con la terza e ultima fase della Cultura di Sopot, nello stesso periodo in cui, nei territori più a Est, a Nord e a Nord-Est, fiorivano altre culture calcolitiche:

  • quella di Kodzadermen-Gumelnitza-Karanovo VI (grandi valli della Bulgaria, nel bacino di Sofia e nella Romania meridionale);
  • quella di Petresti (Transilvania, nella Romania settentrionale);
  • quella di Cucuteni e la sua variante Cucuteni-Tripolie (Transilvania sud-orientale, Moldavia, Ucraina occidentale);
  • quella di Tiszapolgar-Bodrogkeresztur (Ungheria).

La più brillante e la più rappresentativa fra queste culture è quella di Kodzadermen-Gumelnitza-Karanovo VI (d’ora in poi, per abbreviare, "Cultura KGK VI"). Essa fiorì nel Calcolitico Finale ma si diffuse in Tracia, nella Bulgaria nord-orientale, nella Romania meridionale e sulle coste egea e turca.

La Cultura KGK VI era espressione di una società fortemente strutturata, con un’organizzazione politica molto sviluppata, prossima allo Stato. Verosimilmente, nei suoi villaggi vi erano officine specializzate, laboratori ceramici e santuari. Ne sono caratteristiche la ceramica decorata con motivi in negativo dipinti a grafite, l’architettura e lo sfruttamento delle risorse metallifere alla ricerca di vene di rame. Il rame veniva utilizzato sopratutto per la fabbricazione di utensili per la deforestazione e per la lavorazione del legno.

La Civiltà dei "tell" dell’Europa sud-orientale si basava sull’eguaglianza dei sessi e non conosceva una divisione in classi tra governanti e governati, o tra padroni e lavoratori. Non c’erano Palazzi, nè tombe regali o principesche, mentre erano numerosi i templi e altri luoghi di culto, con grandi "tesori". Questo fa pensare che la religione avesse un ruolo centrale e che le eventuali gerarchie sociali potessero essere connesse al culto.

Questa civiltà, inoltre, aveva i suoi rituali e grandi tradizioni architettoniche, artigianali e artistiche. Essa raggiunse il culmine della sua traiettoria nei primi secoli del V millennio.

Complessa e varia, tecnologicamente progredita, possedeva centri abitati a scala quasi urbana, con sistemi di governo locale e un sistema economico evoluto, che si basava specialmente sulle coltivazioni di grano, orzo, lenticchia, e sull’allevamento di buoi, pecore, maiali (quali attività di sussistenza complementari, venivano praticate sia la pesca, che poteva essere fluviale o lacustre, sia la caccia, rivolta specialmente al cervo, al cinghiale e all’uro, e forse praticata con l’aiuto dei cani) . Ne erano ulteriori caratteristiche l’elevata densitò e le dimensioni dei centri abitati, mediamente formati da 20-30 case, con una popolazione di 100-150 persone.

I villaggi erano ubicati in luoghi aperti, ricchi di campi e di terreni arabili, o sull’alto di modesti rilievi, comunque in luoghi pienamente accessibili e privi di difese artificiali, a parte qualche modesta palizzata. Le abitazioni erano autonome e distanziate fra loro, a pianta rettangolare, talvolta con due o tre ambienti, ed erano costruite in legno massiccio, con rivestimenti di argilla e paglia. All’ingresso vi era uno spazio riservato alla preparazione dei cibi e alla fabbricazione o riparazione di attrezzi, più internamente vi erano un modesto impianto di riscaldamento e giacigli per la notte.

L’artigianato vascolare e la metallurgia del rame e dell’oro rispecchiavano i progressi maturati nella tecnologia del fuoco. I vasai producevano una ceramica raffinata e di ottima fattura, i metallurghi e gli orefici adoperavano il rame per la fabbricazione di arnesi di lavoro e di armi, e l’oro per la fabbricazione di ornamenti e di armi da parata. Gli uni e gli altri fabbricavano oggetti altamente sofisticati, che richiedevano il possesso di nozioni tecniche e abilitò non comuni, e l’uso di forni idonei a raggiungere temperature di oltre 700 gradi centigradi e a consentire un controllo del flusso dell’aria. Senza dubbio, erano artigiani specializzati, cioè lavoratori che dedicavano il loro tempo, in tutto o in parte, alla fabbricazione di una sola classe di prodotti. Probabilmente, formavano corporazioni, per accedere alle quali bisognava subire una iniziazione e al cui interno i segreti del mestiere erano gelosamente custoditi e tramandati.

L’industria metallurgica si basava sulla capacità di utilizzare il rame nativo e di estrarre e fondere il minerale cuprifero; inoltre, conosceva il principio della colata in stampi bivalve, compreso l’uso di un’anima di materiale refrattario per ottenere il foro per l’immanicatura. La metallurgia dell’oro era tanto sviluppata quanto quella del rame, almeno nella Bulgaria settentrionale; ed era utilizzata non tanto a scopi direttamente pratici e utilitaristici, quanto a fini rivelatori di una funzione sociale, perciò come una ostentazione di ricchezza e una distinzione di rango.

L’artigianato specializzato, inoltre, produceva figurine in osso e strumenti in selce, nonchè, sulle rive del Mar Nero, braccialetti e anelli di conchiglia.

Lo scambio era praticato (in una forma primitiva, quella della donazione reciproca); era intenso e a largo raggio, e costituiva l’occasione di rapporti con il mondo egeo, l’Europa centrale e le steppe della Russia occidentale.

Nella fase finale della traiettoria della Civiltò dei "tell", si osserva la comparsa di sistemi di fortificazione, come muraglie, fossati e valli. Sembra plausibile che ciò sia da collegare al profilarsi da Est di una minaccia alle sicurezza delle popolazioni. Il pericolo sarebbe divenuto reale intorno al 4300, quando i Popoli delle Steppe compirono la loro prima emigrazione-invasione verso Ovest, muovendo dall’alto e dal medio bacino del Volga, nella Russia meridionale, e da zone a Ovest del Mar Nero.

Questi popoli appartenevano a diversi gruppi regionali (Mariupol, Novo-Danilovka, Petro-Svitustuvno, ecc.), i quali avevano in comune diversi elementi, tra cui la domesticazione del cavallo e il rituale funerario; e sono stati riuniti nella Cultura di Srednij Stog. I Popoli della Steppa erano nomadi o semi-nomadi, praticavano l’agricoltura a scala ridotta ed erano dediti sopratutto all’allevamento di animali domestici, sopratutto bovini e suini. I loro insediamenti erano piccoli, formati da case quadrangolari semi-interrate, spesso ubicati su alture e fortificati, e avevano una durata effimera. Più che villaggi, erano accampamenti, facili ad essere smontati per essere ricostruiti altrove. La loro società era patriarcale e patrilineare. La loro religione si basava sul culto di una divinità maschile. Non è attestata una produzione metallurgica locale, ma sono state rinvenuti oggetti metallici di importazione. Il cavallo rivestiva un ruolo primario e veniva frequentemente deposto nelle tombe. L’uso del carro è attestato da numerosi ritrovamenti. I defunti venivano inumati in posizione supina e cosparsi di ocra rossa in tombe che venivano usate più volte. Il corredo funerario era costituito essenzialmente da vasi di terracotta piuttosto rozzi e a fondo appuntito, decorati a impressione. In parte questo rituale è un retaggio della precedente cultura neolitica di Dnepr-Donec, in parte comprende nuovi elementi, come i tumuli e le camere funerarie in legno.

I Popoli delle Steppe erano rozzi e aggressivi, audaci, irresistibili e feroci. Quando si misero in movimento verso Est, intorno al 4300, investirono e travolsero la Cultura di Cucuteni-Tripolye. Varcato il Dnepr, si riversarono quindi sulle pacifiche e sedentarie società dei Balcani centrali e orientali, mettendo fine alla Civiltà dei "tell". In tutte le zone occupate, essi sostituirono alle culture locali la propria, nota da questo momento in poi come "Cultura delle Tombe a Fossa", o anche come "Cultura dei Kurgàn", o più semplicemente "Cultura Kurgàn", dalle caratteristiche le sepolture di personaggi importanti ricoperte da un tumulo circolare (in russo, "kurgàn").

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2. Il Neolitico Medio

2.1. La Cultura di Karanovo (fasi I-II)

3. Il Neolitico Recente e Finale

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4. Il Calcolitico

4.1. La Cultura di Vinca (fasi C-D)

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Tiszapolgar (Ungheria)

Bognar-Kutzian I., 1963, The Copper Age cemetery of Tiszapolgar-Basatanya, Akadèmiai Kiadò, Budapest.

Bognar-Kutzian I., 1972, The Early Copper Age Tiszapolgar culture in the Carpathian basin, Acadèmiai Kiadò, Budapest.

Kalicz N., 1970, Clay gods: The Neolithic period and Copper Age in Hungary, Corvina Press, Budapest.

4.3. La Cultura di Cucuteni-Tripolye

Cernych E., 1981, Formyrovanye Tripoluisko-C

Mucutensko kulturnae obshnoste, in "Studia Paehistorica" 5-6, pp. 5-47.

Ellis L., 1984, The Cucuteni-Tripolye culture: a studi in technology and the origins of complex society, Oxford, British Archaeological Reports.

4.4. Apogeo e fine della Civiltà dei "Tell"

Anthony D.W., 1986, The 'Kurgan Culture’, Indoeuropeans Origins: a reconsideration, in "Current Archaeology" 27, pp. 291-313.

Anthony D., Telegin D.Y. & Brown D., 1991, The origin of horseback riding, in "Scientific American" 265, pp. 44-48A.

Mallory J.P., 1976, The chronology of the early Kurgan tradition (part. I), in "Journal of Indo-European Studies" 4, pp. 257-94.

Mallory J.P., 1976, The chronology of the early Kurgan tradition (part. 2), in "Journal of Indo-European Studies" 5, pp. 339-68.

Mallory J.P., 1989, In search of the Indo-Europeans, London, Thames and Hudson.

 

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Riguardo alle illustrazioni, la redazione si è curata della relativa autorizzazione degli aventi diritto. Nel caso che questi non siano stati rintracciati, si resta comunque a disposizione per regolare eventuali spettanze.

 

Capitolo VII

Area Balcanica: la crescita spezzata.

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