"Tracce: 2. Il primo Bronzo" si sofferma sul III
millennio a.C., un'epoca di intenso sviluppo, che, in termini di
cronologia relativa, corrisponde alla prima età del Bronzo.

Il Bronzo Antico vide l'origine, la fioritura di culture evolute e raffinate, che erano emerse nell'ambito di processi di accumulazione delle eccedenze alimentari e di radicale mutamento sociale, dovuti allo sviluppo dell'agricoltura, alla divisione e alla specializzazione del lavoro, all'emergere di gruppi dirigenti.

In ragione del carattere urbano, dell'uso della scrittura, dell'organizzazione sociale in forma di Stato, queste culture si possono definire "civiltà".

Quella Egizia, quella Sumerica e quella dell'Indo sono le prime civiltà agricole, urbane e anche storiche che ci siano note. Esse interessarono, dalla seconda metà del IV millennio a epoche diverse, rispettivamente, la regione alluvionale del Nilo, quella del Tigri e dell'Eufrate, quella dell'Indo, con campi e allevamenti, città e villaggi, déi e ideologie, sedi di culto e sacerdoti, intuizioni astronomiche, sistemi di simboli, metàfore e miti, classi sociali, attività artigianali e di scambio, forme d'arte, apparati militari, ecc.

Una molteplicità di ritrovamenti e di elementi culturali in comune dimostra che la Civiltà Sumerica e la civiltà Egizia intrattennero fin dall'inizio uno stretto legame. Su questa base è stata suggerita una derivazione della Civiltà Egizia da quella Sumerica, ma questa ipotesi convince sempre meno, via via che si esplorano le origini della Civiltà Egizia ed emergono indizi del ruolo che una sconosciuta civiltà occidentale, sahariana, può avere avuto nella genesi di questa civiltà. Invero, il principale tratto di somiglianza fra le due civiltà è il medesimo che lega le stesse civiltà alla civiltà dell'Indo: tutte e tre vengono classificate come "idrauliche", perchè nate e sviluppatesi sulle rive di corsi d'acqua, e perchè la prima preoccupazione dei loro governanti fu costantemente quella di controllare e distribuire opportunamente le acque dolci, indispensabili all'agricoltura intensiva e irrigua, base della prosperità economica del paese.

In "Tracce: 2. Il primo Bronzo" si parla pertanto, in primo luogo, della Civiltà Egizia, con particolare riferimento ai periodi iniziali della storia dell'antico Egitto: l'Età Thinita, o anche "arcaica"; l'Antico Regno; il Primo Periodo Intermedio.

Occorre dire in proposito, innanzitutto che le più grandi piramidi egizie, che ancor oggi si possono ammirare, assieme alla Sfinge e ad altre importanti costruzioni in pietra, nella piana di Giza, alla periferia del Cairo, furono costruite durante l'Antico Regno.

Quella degli Egizi fu una delle civiltà meglio organizzate, più colte, più avanzate tecnologicamente, più originale e più longeve del Mondo Antico, certamente una delle esperienze umane più ricca di risultati. Fiorì per 3.700 anni, rimanendo, sostanzialmente, sempre fedele a sé stessa.

3.700 anni siano un periodo di tempo lunghissimo, che si può confrontare, per esempio, con la distanza cronologica che ci separa dalla media età del Bronzo. Ci si potrà fare un'idea più chiara della lunga durata della Civiltà Egizia ove si consideri che Cleopatra VII, l'ultima regina-faraone con questo nome e la più celebre, è più vicina a noi di 500 anni che a Cheope, Chefren e Micerino, i costruttori delle grandi piramidi di Giza!

La Civiltà Egizia era l'espressione di una società multirazziale e multietnica, agricola e urbana, rigidamente strutturata in corpi sociali (funzionari, sacerdoti, artigiani, produttori di cibo, operai, marinai, soldati), governata da un re-dio, il Faraone, e inquadrata in uno stato unitario, centralistico e fortemente gerarchizzato. Lo Stato Faraonico aveva il suo centro nella città-capitale e nel Palazzo, ed era suddiviso in territori che scandivano il corso del fiume, ognuno per una lunghezza di 30 o 40 chilometri ciascuno, ed erano chiamati "setap" ("distretti", "province"), per i Greci dell'Epoca Tolemaica (XXXII Dinastia, o Dinastia Lagide, 304-30) "nomoi" (al singolare "nòmos", regione). Esistette, con alterne vicende, per oltre 2.700 anni, durante i quali si succedettero in Egitto almeno 140 sovrani (qualcuno arriva a parlare di 400), i quali regnarono in diverse capitali, talvolta in due o più contemporaneamente. La prima capitale d'Egitto fu Tjene/This (o Thinis), la seconda Menfi, la terza Nekhen/Hierakompolis. Nel Medio Regno il primato politico passò a Tebe, la città "dalle 100 porte" di Eròdoto, situata nell'Alto Egitto. Fra le città che, dopo Tebe, divennero via via residenza del sovrano, si segnalano Ity-Tawy, Avaris, Akhetaton, Bubastis, Tanis, Alessandria.

Il territorio che costituiva l'estensione e il limite della sovranità dallo Stato Faraonico aveva il suo fulcro nell'oasi nilotica, una doppia striscia continua di foreste e canneti, campi coltivati, pascoli, giardini e frutteti, estendentesi dalla Prima Cataratta al Mare Mediterraneo, e disseminata di città e villaggi, casolari, case sparse, impianti civili, templi e fortezze. Esso si divideva in Alto Egitto (Valle del Nilo) e in Basso Egitto (Delta). In momenti diversi, la parte predominante del paese fu la Valle o il Delta, sicchè il baricentro politico ed economico dello Stato Faraonico si spostò più volte. In certi periodi storici, lo Stato Faraonico si espanse territorialmente ben oltre i suoi confini tradizionali: nell'Asia sud-occidentale fino all'area di influenza hittita, nel Deserto Occidentale fino alla Catena delle Oasi, e anche nella Nubia settentrionale.

 

Gli Egizi amavano la vita, ma erano ossessionatti dal pensiero della Morte, che intendevano come il passaggio ad un'altra vita, che solo sarebbe stato possibile se il corpo del defunto si fosse conservato.

Il tipo tombale reale più imponente dell'antico Egitto è iI Complesso della Piramide, i cui esemplari sono fra le realizzazioni architettoniche più grandi, emblematiche e più spettacolari dell'antico Egitto, e, nel caso della Piramidi di Giza, in assoluto la più colossale. Da quel popolo profondamente religioso che erano, gli Egizi "sentivano" la costruzione di queste immense architetture come una grande impresa collettiva diretta ad affermare le credenze della religione attraverso la glorificazione del Faraone che si era spento. Ma erano anche persone molto riservate, che credevano nei misteri di una religione esoterica, accessibile ai soli iniziati. Le Piramidi sono mute testimonianze di questi misteri; sotto certi aspetti, sono dei misteri esse stesse.

Attualmente, si è molto incerti sul fatto che le piramidi siano delle tombe, o che siano "anche" delle tombe, dal momento che nessuno dei sarcofagi di granito collocati all'interno di esse, compresi quelli che sono stati rinvenuti ancora intatti e sigillati, conteneva alcuna mummia al momento della scoperta. La sola mummia che sia stata trovata nel luogo dove era stata deposta al momento della sepoltura è quella di Tuntankhamon, terz'ultimo sovrano della XVIII Dinastia: ma è stata trovata in una tomba scavata nella roccia, e non dentro una piramide. E' stata pertanto formulata l'ipotesi secondo la quale le piramidi avrebbero avuto bensìuna valenza funeraria, tuttavia quasi sempre non sarebbero servite come tomba, ma come cenotafio, cioè come "tomba vuota", simulacro della vera tomba del sovrano, collocata altrove. L'usanza del cenotafio si poneva in relazione con la ritenuta capacità della parola, dell'immagine o del simulacro di sostituire l'oggetto reale, ed era motivata dal desiderio dei faraoni di essere presenti, con la sepoltura, in ognuna delle Due Terre, oppure ad Abydos, presso Osiride.

Il Complesso della Piramide si componeva di diversi elementi: il muro di cinta; la Piramide principale, elemento culminante di tutto il complesso; una o più piramidi-satelliti; il Tempio Funerario, annesso alla Piramide principale; il Tempio a Valle; la lunga Rampa Processionale, che collegava i due templi. Le piramidi sono formate da una parte superficiale e da una parte sotterranea. La parte superficiale può essere a forma di torre gradonata o a forma geometrica, e siboleggerebbe il colle primordiale emerso dalle acque dell'Oceano in ritirata, al momento della Creazione.

Si conoscono 108 piramidi, di varie dimensioni e in stato di conservazione più o meno buono (molte sono ridotte ad un campo di rovine e riconoscibili solo dagli archeologi). Il centoottesimo esemplare è affiorato da poco dalle sabbie di Saqqara: è dedicato a una regina dell'Antico Regno e contiene "Testi delle Piramidi", scolpiti sui muri della camera sepolcrale. E' distrutto nella parte superiore, ma è rimasta la base, quadrata, di circa 25 metri di lato.

Tutte le piramidi conosciute furono costruite fra la III Dinastia (ca. 2514-2459, C.U. 2630-2575) e la XIII compresa, e si distribuiscono sulla riva occidentale del Nilo, in una lunga fascia al confine fra le coltivazioni e il deserto. Un importante gruppo, del quale peraltro rimangono pochi resti, è situato nell'immensa necropoli dell'antica città di Tebe, l'odierna Luxor, circa 700 chilometri a Sud del Cairo, nel Basso Egitto. Situate in particolare a Deir el-Bahari, uno dei luoghi più suggestivi della riva occidentale tebana, due di queste costruzioni in rovina sono tutto ciò che rimane dei templi funerari di Mentuhotep II e Mentuhotep III, rispettivamente primo e secondo sovrano del Medio Regno (XI-XII Dinastia). Nel Nuovo Regno, in particolare sotto le dinastie XVIII, XIX e XX, mentre i Faraoni facevano scavare le loro tombe nella roccia in una valle difficilmente accessibile, nell'area dell'antica Tebe Ovest, oggi nota come "Valle dei Re", alti funzionari, artigiani e artisti vollero costruire per sè piccole piramidi, come se ne vedono a Dra Abu'l Naga e a Deir el-Medina, entrambe nella zona di Tebe. Tali strutture rimasero in uso fino al VII-VI secolo.

Un'appendice alla storia delle piramidi si ebbe dal 663 a.C. al 300 d.C., quando i sovrani nubiani "egittizzati" di Napata e Meroe, nel tentativo di rinnovare i fasti dell'Antico Regno, recuperarono il complesso della piramide come modello canonico del monumento funerario regale. In origine, le piramidi che costituivano la necropoli reale di Meroe, nel Butana (Alta Nubia), fra la VI Cataratta e la V erano 57: oggi ne sono visibili meno di 40.

Si situa nell'ambito della storia delle piramidi un periodo di tempo più breve, che incomincia con la III Dinastia (ca. 2514-2459, C.U. 2630-2575) e termina con la VI (ca. 2224-2082, C.U. 2323-2150), durante il quale furono costruite le piramidi più grandi. Questo periodo viene chiamato "Età delle piramidi per eccellenza". Nel corso di esso furono costruite 28 piramidi, tutte nell'area della immensa necropoli menfita, compresa fra Abu Roash e Meidum. I maggiori sforzi costruttivi furono compiuti dalla IV Dinastia (ca. 2459-2350, C.U. 2575-2465), la quale peraltro eresse solo 7 piramidi, pari a 1/4 del totale, ma il materiale usato per costruirle è il 75% di tutto il materiale usato nel corso dell'intera storia delle piramidi, oltre 30 milioni di tonnellate di pietre di cava. Non sono compresi in questa quota gli altri elementi dei Complessi delle Piramidi, il cui insieme forma una massa aggiuntiva di 2 milioni di tonnellate di pietre di cava.

I Complessi delle Piramidi più giganteschi sono legati alla memoria di tre sovrani della IV Dinastia: Cheope, Chefren e Micerino; e costituiscono la grande attrattiva di Giza, un sobborgo del Cairo. Non esistono in tutto il mondo antichi monumenti più noti e celebrati di questi, ad eccezione, forse, del Colosseo. Essi testimoniano la grandezza di sovrani molto potenti, i quali regnavano su uno stato saldo e prospero, ben organizzato e forte. Quando erano ancora integralmente rivestite di bianco calcare, riflettevano come specchi la vivida luce solare e, nei periodi di piena del Nilo, emergevano dal terreno inondato come candide isole. La loro vista era uno spettacolo senza pari.
Il Complesso della Piramide di Chefren comprende un elemento aggiuntivo agli elementi del modello canonico, la Sfinge, la statua più colossale che sia mai stata scolpita in Egitto, raffigurante un leone accovacciato con il volto umano incorniciato dal nemes (il copricapo reale), e dal sorriso enigmatico. E' comunemente ritenuto che questo immenso simulacro raffiguri Chefren come immagine vivente del dio-leone arcaico chiamato Ru - che in egiziano significa, appunto, "leone" - al quale gli antichi attribuivano una funzione di guardiano (non a caso, la Sfinge si trova a fianco della rampa processionale). Durante il Medio Regno, il culto di Ru venne meno, ma fu recuperato nel Nuovo Regno con un'identificazione diversa: la Sfinge rappresentava Harmakis, ovvero "il dio Horus all'orizzonte", in relazione al fatto che Horus il Giovane, figlio di Osiride e Iside, era anche assimilato a Atum, un altro dio rappresentato dalle forme leonine.

La civiltà che ha preso il nome dai Sumeri ha incominciato a formarsi intorno al 3400, due o tre secoli prima di quella Egizia. Senza dubbio, i suoi meriti principali furono la Trasformazione Urbana e l'elaborazione dello Stato. Ad essa si devono, inoltre, l'invenzione della scrittura cuneiforme, quella della ruota e quella del tornio veloce, le prime leggi scritte, biblioteche e scuole di scrittura, lo sviluppo di discipline scientifiche come l'astronomia, la matematica, la medicina, la botanica, la zoologia. Ne erano tipici elementi anche la progettazione architettonica, l'impiego del mattone, la copertura a cupola, la lavorazione dei metalli. Nacque dall'unione del genio di due popoli particolarmente fertili e ingegnosi, i Sumeri e gli Accadi, attingendo anche alle tradizioni di predecessori e di popoli vicini.

Le origini e parentele dei Sumeri sono incerte. Di sicuro questo popolo non era né semitico né europeo, e la sua lingua, il Sumero, non è confrontabile con alcuna altra lingua conosciuta. Non si conosce neppure il suo vero nome. Il termine "Sumero, Sumeri" viene da "Shinar" ("Sumer"), che vuol dire "Mesopotamia meridionale". Non gli abitanti avrebbero dato perciò il nome al paese, ma quest'ultimo avrebbe dato il nome agli abitanti. Si ignora se siano giunti in Mesopotamia da fuori o se siano stati indigeni, cioè discendenti da una più antica popolazione mesopotamica. Sono state fatte al riguardo alcune ipotesi: via via, è stato suggerito di cercare la zona di origine in Anatolia, in Caucasia, nelle steppe dell'Asia centrale, nella Valle dell'Indo. Peraltro, i nomi delle città più antiche della Mesopotamia, per esempio Eridu, non sarebbero parole sumeriche, e denoterebbero l'insediamento di una o più popolazioni arcaiche, pre-sumeriche.

Se la zona di insediamento dei Sumeri era la Mesopotamia meridionale, il resto della Mesopotamia era occupato da un popolo di stirpe semitica, discendente da un gruppo di pastori nomadi emigrato in Mesopotamia dalle frange settentrionali del deserto siro-saudita probabilmente durante il VI millennio. In principio, questo popolo si era stanziato al margine settentrionale dell'Assiria. Lì si sarebbe trasformato in semi-nomade dapprima, quindi si sarebbe sedentarizzato. In seguito, probabilmente nella seconda metà del IV millennio, si espanse nella grande pianura alluvionale meridionale, limitatamente alla Mesopotamia centrale.

I Sumeri differivano dai Semiti per l'aspetto fisico, il temperamento, le tradizioni, la lingua, la struttura sociale, la proprietà, la gestione delle terre. Nonostante le diversità, però, i due popoli non costituivano gruppi distinti e le loro lingue erano in qualche misura commiste. Il Sumero, infatti, evidenzia prestiti dall'Accadico; inoltre, re e regine di grandi città sumeriche avevano nomi accadici, e i re di Kish avevano nomi sia sumerici sia accadici.

Con la fondazione dell'impero di Sargon I, "Il Grande", la componente etnica semitica ascese a una posizione di prevalenza, in danno di quella sumerica. Il potere politico si spostò dalle città sumeriche (Lagash, Umma, Ur, Uruk, ecc.) alla capitale imperiale, Akkad, o Agade, situata nella Mesopotamia centrale; e la lingua diplomatica divenne l'Accadico. Il mondo sumerico entrò in crisi e le aristocrazie semitiche presero il sopravvento in tutta la Mesopotamia.

Sotto la Dinastia di Akkad, i Sumeri furono sottomessi. Il primato degli Accadi durò circa 130 anni, dopodichè la Mesopotamia fu invasa dai Gutei, discesi dai Monti Zagros. I Gutei tennero soggiogata gran parte della Mesopotamia per un centinaio di anni. La loro dominazione era però meno stringente della precedente e ciò consentì alle città sumeriche, che godevano di una parziale autonomia, di rafforzarsi e di recuperare gradualmente l'iniziativa politica. Nel 2200, una coalizione di città sumeriche capegiata da Utukhegal, principe di Uruk, cacciò i Gutei dalla Mesopotamia. Seguì l'egemonia politica della III Dinastia di Ur (2113-2004), i cui sovrani si definivano "re di Sumer (Ki-en-gi) e di Akkad (Ki-uri, le regioni a Nord di Nippur)".

Il periodo lungo oltre un secolo durante il quale i re della III Dinastia di Ur si susseguirono sul trono è chiamato "Rinascimento Sumero", o "Periodo Neo-Sumero". Esso vide il ripristino del primato della lingua e della cultura dei Sumeri, e il connubio più intimo fra lo spirito sumerico e quello accadico. Sotto la III Dinastia di Ur, la Civiltà Sumero-Accadica registrò la massima fioritura, raggiungendo vette molto elevate, sia dal punto di vista materiale sia culturale.

Con il passar del tempo, crebbe la pressione ai confini dell'Impero, a causa da un lato delle infiltrazioni nella grande pianura alluvionale meridionale, attraverso il Deserto Siriaco, di etnie straniere, come quella semitica degli Amorrei, o Amorriti; dall'altro, a causa dei difficili rapporti con l'Elam. L'Impero dovette cedere porzioni sempre più vaste del suo territorio, infine si ridusse alla regione di Ur. Si giunse così alla caduta e alla distruzione di Ur. Sotto l'urto dei barbari, l'Impero Accadico andò in pezzi.

Era il ventinovesimo anno di regno di Ibbi Sin (2038-2004), quarto e ultimo successore di Ur-Nammu ("La gioia di Ur", 2113-2094), fondatore della III Dinastia di Ur. Le truppe di Kindattu, re del Shimanski, Susa e Anshan, investirono Ur, ne travolsero le difese, la conquistarono con immensa strage, la saccheggiarono, la rasero al suolo. Ibbi Sin cadde prigioniero e fu condotto a Susa, dove finirà i suoi giorni. Anche le statue di culto strappate ai templi di Ur fuirono portate a Susa. Una guarnigione elamita prese posizione fra le rovine di Ur. Con la distruzione di Ur venne meno il centro di cultura sumerica più importante, e, poichè nessun'altra città raccolse l'eredità di Ur, la storia dei Sumeri si concluse.

La Valle dell'Indo è una grande e fertile pianura alluvionale, situata a cavaliere fra il Pakistan e l'India, 2.500 chilometri più a Est della Mesopotamia. Stretta fra zone montuose a Ovest (Baluchistan), l'alta Valle del Gange a Nord-Est, steppe (grande deserto indiano del Thar) e pendici montuose (Monti Aravalli) a Est, lagune costiere (Ram di Kuth) e fertili pianure (penisola del Guiarat) a Sud-Est, essa è irrigata naturalmente da piogge invernali e da violente precipitazioni estive, è bagnata a Sud dal Mare Arabico (Oceano Indiano) e, oltre che dall'Indo, è solcata anche dai 5 affluenti dell'indo a Nord (Punjab) e da 2 altri corsi d'acqua a Sud. Questa regione fu la culla della Civiltà dell'Indo, senza dubbio uno delle civiltà più importanti del mondo antico, e assai longeva, iniziata, sembra, con la "città" neolitica di Mergarth.

La fase della fioritura delle grandi città dell'Indo è stata classificata come "fase dell'integrazione", o "harappica", e andrebbe compresa fra il 2700 e il 1900 circa. La cultura materiale di questa fase risulta diffusa lungo le sponde dell'Indo e di altri fiumi in Pakistan e in India, su una superficie di 800.000 chilometri quadrati, assai più vasta della superficie interessata dalla fioritura, rispettivamente, della Civiltà Sumerica e della Civiltà Egizia. In particolare, la Civiltà di Harappa è attestata dall'Himalayah a Nord al fiume Godavari a Sud, e dalla Valle dell'Indo a Ovest alla pianura del Gange e a quella dello Yamuna a Est. Non va sottaciuto che siti harappani sono stati scoperti anche in Afghanistan e in Iran.

Gli oltre 2.500 siti harappani appartengono a vari periodi e sono per la maggior parte situati sulle rive di un fiume o nelle sue vicinanze, comunque sul lato orientale della Valle dell'Indo. Fra essi si segnalano Harappa, Mohenjio Daro, Ganweriwala, Rakhigarhi, Dholavira, Kalibangan, Lothal.

La Civiltà di Harappa ha preso il nome dall'omonima, antica città. Essa fu l'espressione di una società complessa e molto numerosa, e stratificata in sacerdoti, guerrieri, artigiani, mercanti, servi. Era diretta da "èlite" politico-religiose e si distribuiva in villaggi, cittadine e in numerosi centri urbani, di grandi dimensioni e di assetto geometrico. Gli Harappani si nutrivano dei prodotti delle coltivazioni di grano e orzo, e dell'allevamento di bestiame bovino, ovino e caprino, di cani e di polli. Abitavano in case costruite. Usavano carri con le ruote per il trasporto, il tornio lento per la fabbricazione della ceramica, un sistema di misurazione decimale, bilance e pesi di grande precisione (evidentemente, conoscevano la matematica e la geometria), e anche un sistema codificato di scrittura (quest'ultimo sarebbe stato inventato in un periodo più o meno contemporaneo a quello in cui la scrittura nasceva in Mesopotamia, e di cui gli archeologi hanno rinvenuto migliaia di esempi, rimasti però indecifrati). Inoltre, utilizzavano su larga scala il mattone cotto per le costruzioni edilizie, ed erano abili nella lavorazione dei metalli. La sega da falegname sarebbe una loro invenzione. Producevano ceramiche, gioielli, vasellame in rame o in bronzo, tessuti di cotone. Cremavano i defunti. Negli scavi harappani, non è emersa traccia di grandi templi, nè di sontuose sepolture; nè sono state trovate stele di pietra con iscrizioni.

Il materiale rinvenuto comprende anche sigilli a timbro, rettangolari o quadrati; statuine di terracotta, antropo- o (più frequentemente) zoo-morfe; altri oggetti di terracotta, forse giocattoli per bambini; spille e monili cesellati con figure di animali. I sigilli sono migliaia e recano incisi motivi umani o di animali (bue gibboso, ufalo, capra, tigre, rinoceronte, elefante). Uno di essi rappresenta "Il Signore degli animali". Quanto ai manufatti artistici, i principali consistono in due busti maschili in pietra e in una statuina in rame, che raffigura una giovane donna nuda, in posizione stante, con collana e bracciali. Non va sottaciuto il ritrovamento di una testa di bronzo a grandezza naturale, datato con il C 14 a 3700+/-800 anni a.C.

Le città harappane erano unite da legami di consanguineità e dalle attività mercantili e marittime, praticate anche sulle lunghe distanze, per terra, lungo i fiumi, e per mare, lungo le rotte dell'Oceano Indiano e del Golfo Persico. Le principali erano Harappa, Mohenjio Daro, Ganweriwala, Rakhigarhi e Dholavira. Quelle meglio note sono le prime due. Harappa e Mohenjio Daro rappresenterebbero la fioritura finale della Civiltà di Harappa. Si somigliano in modo impressionante, sia per le dimensioni (presentano ciascuno un diametro di 5 chilometri) sia per l'urbanistica, che è "a scacchiera", con strade principali rettilinee e non pavimentate, fornite di fognatura e di tombini, alcune larghe fino a dieci metri, e con grandi isolati serviti all'interno da vicoli tortuosi. La città bassa abbracciava i quartieri residenziali, e comprendeva anche botteghe, magazzini e officine. La città alta, o "cittadella", era situata a Ovest e "copriva" una superficie di circa 400x200 metri. Era edificata sopra una piattaforma di fango e mattoni, ed era difesa da alte mura merlate. Gli edifici erano costruiti con l'impiego di mattoni cotti, legname e fango. Spesso le case di abitazione avevano diverse stanze che si disponevano attorno a una corte centrale, e uno o più piani sopraelevati, con finestrelle munite di grata, a cui si accedeva mediante scale in muratura, che portavano anche alla terrazza. Quelle meglio attrezzate disponevano di sale da bagno, con una piattaforma per le abluzioni e gabinetti sorretti da mattoni, e i loro scarichi venivano convogliati tramite tubature alle fognature cittadine. In molti casi la porta d'accesso all'abitazione si apriva su una via laterale.

I Sumeri conoscevano la Valle dell'Indo come "Melukkha" e intrattenevano con i suoi abitanti intense relazioni. Il sistema di relazioni fra la Mesopotamia e il Melukkha è attestato dai numerosi oggetti di stile harappano affiorati in diverse città mesopotamiche, in strati datati a partire dal 2550 in poi, con episodiche attestazioni anche in fasi più recenti: da sigilli a stampo in steatite, da elementi di collana, da oggetti di conchiglia. Per contro, l'evidenza di oggetti occidentali nelle città harappane è minima. Se ne deduce che il commercio indo-mesopotamico si svolgeva in modo indiretto, per il tramite dei Paesi del Golfo Persico (Magan, Dilmun) e del Sud del Baluchistan.

Dalla Valle delll'Indo, giungevano pertanto alle città della Mesopotamia, attraverso quei paesi, carichi di argento, rame, stagno, arsenico e piombo, legni pregiati (quercia, tek, ebano), avorio, pietre dure come la diorite e l'alabastro, pietre semi-preziose, come la cornalina del Gujrat, tridacne dell'Oceano Indiano, cani di razza come l'Afghano, i pavoni originari dell'India, e una varietà di altri beni, fra cui diverse spezie.

I testi mesopotamici parlano di comunità di stranieri del Melukhkha, probabilmente imprenditori indipendenti, non rappresentanti di istituzioni statali, mescolatisi con la popolazione locale; inoltre, un sigillo cilindrico raffigura un interprete di Melukkha accreditato presso una corte locale.

Nel III millennio che va inquadrata pure la fioritura della Civiltà Paleo-siriana, costituitasi nelle aree dell'Oronte e del Quweyq, il fiume di Aleppo, con tutti i caratteri delle grandi culture urbane primarie dell'Egitto e della Mesopotamia, ma in un ambiente etnico e sociale, e in un contesto economico, del tutto differenti. Questa civiltà, per alcune centinaia di anni, recitò un ruolo da protagonista nell'Alta Siria e in zone adiacenti, prima che la Dinastia di Akkad conquistasse l'egemonia in tutta l'area compresa fra il Mar di Levante e il Golfo Persico. Il suo principale centro di elaborazione e irradiazione era Ebla, una città-stato d'impronta culturale sumerica (il più antico centro storico di cultura sumerica finora conosciuto al di fuori della Mesopotamia meridionale), dotata di complesse strutture di organizzazione amministrativa, caratterizzata da un'intensa attività scribale di cancelleria, arricchita da un sofisticato patrimonio ideologico di già lunga tradizione.

Di Ebla sono emersi cospicui resti dal sottosuolo di Tell Mardikh e di una vasta superficie circostante, delimitata e racchiusa da terrapieni, 55 chilometri a Sud-Ovest di Aleppo, una piana ondulata del tavolato calcareo nord-siriano, dove, in un paesaggio di terre rossiccie, senza rilievi, quasi privo di alberi, si susseguono piccoli agglomerati di case di fango coperte di cupole oblunghe, e dove, da tempo immemorabile, i contadini sfruttano la falda freatica con un sistema di nòrie. I terrapieni racchiudono un'area urbana di forma irregolarmente ellittica, di 1100x800 m., con un'acropoli fortificata centrale costruita sull'alto e sulle pendici d'una collinetta; e risalgono al periodo compreso fra il 1800 e il 1600.

L'identificazione di Tell Mardikh con il sito di Ebla, che era già noto dalle fonti, e lo scavo scientifico dello stesso sito ad opera di una missione dell'Università di Roma "La Sapienza" guidata dal prof. Paolo Matthiae, sono stati definiti "la più grande scoperta archeologica del secondo dopoguerra e una delle magLgiori del nostro secolo". Gli scavi di Ebla procedono da oltre 30 anni, con grandi successi. Sono infatti venuti in luce numerose strutture, fra cui grandi complessi architettonici, come per esempio il "Grande Palazzo 'G' degli Archivi di Stato", sull'alto dell'Acropoli, e molti altri ritrovamenti, fra cui opere d'arte (sculture votive reali o miniaturistiche, teste di statua, bacini lustrali scolpiti, stele delle divinità, avori lavorati, intarsi figurativi marmorei), placchette, sigilli, talismani, gioielli (monili maschili o femminili, orecchini, bracciali, catenine, spille), armi ed equipaggiamento militare (elmi, cinture, asce, lance, pugnali), piccole immagini in argilla della religiosità popolare, vasellame in pietra o in terracotta, teste di carro, arnesi da lavoro (macine, mazze, magli, chiodi, vomeri, rasoi, zappe). Ciò che più conta, sono stati trovati, fra le rovine del Grande Palazzo "G" degli Archi di Stato, circa 25.000 testi in Cuneiforme, fra cui si segnalano il più antico trattato politico e alcuni vocabolari bilingui sumerico-eblaita.

Il nome "Ebla" corrisponde a un vocabolo semitico per "roccia bianca", che, a Tell Mardikh, può avere indicato l'altura calcarea sulla quale fu edificato il primitivo insediamento e dove furono scavati diversi pozzi di acqua potabile. Intorno al 3300 (Tardo Calcolitico Siriano), questo nome fu dato a uno dei modesti villaggi rurali che costellavano laValle dell'Eufrate, i tavolati della Jezirah e la zona al di qua del fiume.

Nel Periodo Protosiriano (Bronzo Antico, 3100-2300), Ebla era ormai diventato una delle entità politiche che dominavano le pianure della Siria settentrionale e quelle della Siria centrale, occupate da diversi gruppi etnici e linguistici: semitici, hurriti, sumerici. Tra questi gruppi, quelli sumerici erano in minoranza, ma erano molto attivi e ben inseriti in una rete di traffici mercantili che si estendeva ben oltre i confini della regione siro-palestinese, connettendo la Mesopotamia alle coste del Levante, al Tauro e al suo retroterra anatolico. I Sumeri di Siria vivevano in insediamenti ad economia fondamentalmente agricola, non scevra di una componente artigianale; talvolta, in centri urbani pienamente sviluppati, sedi di altrettanti stati arcaici, ma con sviluppate strutture proprie a uno stato territoriale (città-stato).

Queste città-stato erano in contatto diretto con le grandi città sumeriche della Mesopotamia. Rispetto a Uruk, si ponevano nello stesso rapporto che intercorre fra una colonia e la sua metropoli. Una di esse era Ebla, che dal 3100 in poi aveva conosciuto un rapido sviluppo e aveva acquisito caratteristiche urbane (Protosiriano I, o arcaico).

Ebla protosiriana era una città ricca e potente, di dominante potere regionale; la capitale di un fiorente impero commerciale, retto in regime di monopolio reale dall'amministrazione palatina. Nei secoli centrali del III millennio (Protosiriano II, o Maturo), la città si estendeva per 50 ettari, entro una cerchia di mura di fortificazione in pietra e in mattoni crudi, con torri emergenti, quadrangolari o semicircolari;ed era il fulcro di un'egemonia politica estesa dalle montagne occidentali che proseguono a Nord il Libano e l'Antilibano fino alla Valle dell'Eufrate e al bacino del fiume Balikh, e dalle catene del Tauro alle steppe meridionali che circondano l'oasi di Damasco. La sua struttura sociale era retta da una monarchia, e questa, coadiuvata da governatori, sovrintendenti e agenti vari, alle sue dirette dipendenze, spingeva il suo controllo a una parte considerevole del Vicino Oriente, che si estendeva a tutta la Siria, alla Palestina e a una parte della Mesopotamia. La sua economia traeva immenso profitto dall'integrazione di varie attività economiche produttive: coltivazione dell'ulivo, del grano e della vite; allevamento del bestiame, specialmente ovino, praticato su vasta scala, nei pascoli sia delle colline sia delle steppe; sfruttamento di risorse naturali (foreste di cedri del massiccio dell'Amano - grande riserva di legname di ottima qualità; giacimenti di rame e argento dei Monti del Tauro); artigianato tessile; lavorazione a freddo o a caldo dei metalli, e sulla fusione degli stessi, dalla quale i metallurghi ricavavano la lega bronzea di rame e arsenico, o di rame e stagno, e l'elettro, una lega di argento e oro in rapporto di dieci a uno; la produzione tessile, in specie di stoffe di lana o di lino, e di damaschi (stoffe di lane e lino intrecciati con fili d'oro). Inoltre, sviluppava relazioni politiche e commerciali, intense e ad ampio raggio, incentrate sullo scambio di materiali di pregio.

Occorre sottolineare la vocazione mercantile di Ebla. Gli Eblaiti avevano rapporti commerciali con Regni di rango pari al suo localizzati in tutto l'Oriente compreso fra il Mediterraneo e i Monti Zagros, e forse perfino oltre, entro un raggio di azione che raggiunge e supera i 1.000 chilometri di distanza e talvolta persino i 2.000 chilometri! Vi è ragione di credere che le carovane di Ebla si siano spinte fino a raggiungere l'Anatolia a Nord, a Est sicuramente l'Iran, a Sud-Est il Golfo Persico. Ebla era il terminale occidentale di itinerari di traffico mercantile che si sviluppavano dalla Valle dell'Indo e dall'Afghanistan verso Occidente, attraverso l'altopiano iranico e la Mesopotamia meridionale, l'Assiria e la zona del Khàbur e dell'Alto Eufrate. Inoltre, mediava lo smistamento di materie prime e di manufatti verso la costa mediterranea del Levante, in specie verso la città-stato di Byblos, da dove le merci, in parte, avrebbero proseguito quindi per l'Egitto. Importava metalli preziosi dall'Anatolia (specialmente l'argento, che era ricercato perchè serviva come normale mezzo di pagamento per le transazioni commerciali, ma anche oro, rame, piombo, stagno), legname dal Libano, pietre dure dall'Iran e dall'Asia centrale; ed era probabilmente un centro di smistamento del lapislazzuli afgano.

Il lapislazzuli è un minerale di colore blu, o azzurro cupo, duro e fragile, lavorato fin da epoca anteriore all'Età del Bronzo per ricavarne vari tipi di oggetti, ma sopratutto perle ed elementi di intarsi. Esso giungeva nell'Alta Siria dalle zone estrattive e di esportazione nel lontano Afghanistan, al termine di un lunghissimo viaggio attraverso l'altopiano iranico, l'alluvio mesopotamico e la Jezirah, e da Ebla proseguiva poi per l'Egitto via Byblos.

Ebla protosiriana toccò l'apogeo della sua traiettoria durante il Protosiriano III (2700- 2250), con una straordinaria fioritura politica, economica e culturale. La sua egemonia politica e commerciale, estesa a una parte considerevole della Mezzaluna Fertile, e probabilmente anche alla Palestina, fu spezzata dalla conquista accadica. L'evento comportò il tracollo del potere politico ed economico di Ebla, e verosimilmente, la dispersione della sua popolazione. In seguito, Ebla fu attaccata militarmente e presa dopo un assedio da un esercito accadico dal sovrano accadico Naram Sin, che la saccheggiò e la distrusse. Ma si riprese e tornò ad essere la capitale di un regno. I primi 4 secoli del II millennio (Paleosiriano arcaico e maturo), furono quelli del dominio in Mesopotamia e Siria delle dinastie amorree, parallelo alla fioritura del Medio Regno egiziano. Nel corso di essi, Ebla visse una nuova stagione di grande prosperità e potenza. Insieme con Karkemish, Aleppo, Urshu, Alalakh e Qatna, era uno dei massimi centri urbani fra l'Anatolia e la Mesopotamia. Quando, alla fine del sec. XVIII, o durante il secolo successivo, l'alta Siria era dominata dal Regno di Yamkhad, che si affacciava sull'Eufrate con l'importante porto di Emar (Meskene), si estendeva anche lungo il fiume Balikh e aveva la capitale in Aleppo, la famiglia reale eblaita si legò con quella di Alalakh (Tell Atshanah), dov'era al potere un ramo cadetto della dinastia di Aleppo (Ebla e Alalakh attribuivano il titolo di "gran re" al sovrano di Yamkhad).

Situata sulla costa mediterranea del Levante, ai piedi di una catena montuosa ammantata di boschi di conifere, Byblos prosperò per oltre tre millenni come centro emporiale e religioso fra i più importanti della costa siro-palestinese, fulcro della storia medio-orientale e luogo di incontro e osmosi di diverse civiltà: egizia, sumero-accadica, greco-ellenistica, romana. Come ossa sparse, calcinate dal sole, le sue vestigia giacciono sul promontorio di Jbeil, circa 30 chilometri a Nord di Beirut. Fra esse si segnalano quelle che si riferiscono ai templi egizi, alla necropoli reale fenicia, all'anfiteatro romano. Byblos sorse all'epoca della transizione dal Calcolitico all'Età del Bronzo del Libano, intorno al 3200. I suoi abitanti fenici, i quali la chiamavano Gébal, la consideravano già come una città molto antica e ne attribuivano la fondazione al dio El, che l'avrebbe circondata di mura. Le maggiori risorse economiche della città erano rappresentate dalle fitte foreste di cedri e di conifere che ricoprivano i Monti del Libano e che, all'epoca, rappresentavano un'enorme riserva di legname da costruzione di ottima qualità, utilizzabile per ogni tipo di costruzione architettonica e navale; e dal commercio con l'Egitto, legato sopratutto all'esportazione di resina e di legname. Nei secoli centrali del III millennio Byblos viveva le sue fortune, legate al commercio a lunga distanza, sopratutto di legname da costruzione.

Troia era una città-fortezza e un centro. Le civiltà e culture egee del III millennio avevano in comune l'elemento mercantile e marittimo. Ci riferiamo alla Civiltà Cicladica, alla quale si riferiscono celebri statuine di marmo; alla Cultura Elladica (Grecia continentale e peninsulare), spezzata dall'arrivo dei Protogreci, intorno al 2300; alla Cultura di Troia Marittima, o anche "Egea Settentrionale". Questultima era irradiata dai centri protourbani di Poliòchni, Therm" e Emporio, sedi di officine metallurgiche e di attivissimi navigatori-imprenditor;, ma sopratutto da Troia, la città-fortezza e centro metallurgico di prima grandezza che, dall'alto del colle di Hissarlik, sulla costa asiatica, dominava l'accesso da Ovest allo Stretto dei Dardanelli, passaggio obbligato delle navi in viaggio verso le coste del Mar Nero.

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