Corce astile, inizio sec. XVII

L'Arciconfraternita  dei Genovesi possiede un'interessante collezione di suppellettili e arredi sacri in argento, beni artistici che illustrano il corredo dell'Oratorio dei SS. MM. Giorgio e Caterina a partire dalla sua fondazione. 
Le norme prescrittive posteriori al Concilio di Trento e le Istruzioni di S. Carlo Borromeo (1577) su materia e tipologia degli strumenti liturgici, costituivano il riferimento d'obbligo per un sodalizio nato negli ultimi anni del Cinquecento e confluivano in una tradizione già consolidata di valenza artistica, oltreché funzionale, dell'oggetto. 
Ai primi inventari dell'Arciconfraternita, redatti nel 1615 si possono ascrivere due calici in argento e ottone tuttora esistenti, mentre una coppia di candelieri d'altare e un secchiello per l'acqua benedetta - con l'effigie incisa dei Santi titolari Giorgio e Caterina - documentano la produzione degli argentieri sardi nel primo Seicento, sospesa tra sobrietà delle forme di impronta classica e motivi di sapore manierista. 
Genova, la madrepatria, fu naturalmente il canale privilegiato nell'importazione di arredi destinati alla chiesa cagliaritana e, nella fattispecie, rappresentava un centro importantissimo fin dal Medioevo per la lavorazione artigianale dell'argento nelle botteghe dei fraveghi. lo stile espressivo delle officine liguri, forse riconoscibile in una pisside del 1629 commissionata dall'obriere Ambrogio Durante, è inequivocabile nella bellissima croce processionale  con il caratteristico marchio a "torretta" della Corporazione degli Orefici e Argentieri di Genova. L'opera, di gusto tardorinascimentale, si deve a un abile argentiere attivo all'inizio del XVII secolo identificato dal punzone personale con le iniziali MM. 
Nel corso del Settecento la dotazione dell'Arciconfraternita si arricchì di svariati argenti genovesi, contrassegnati dalle mosse cadenze lineari del rococò; tra questi un calice con una patena, un servizio di cartegloria e delle corone per statue. Altri addobbi di immagini sacre, come alcune corone e la palma del martirio di S. Caterina (1725), si devono invece a botteghe locali. 
Alla fine del secolo (1789-1792) risale un vero e proprio capolavoro di oreficeria, l'ostensorio in argento e rame dorato con raffigurazione a tutto tondo di S. Caterina d'Alessandria, assegnabile a un artista di area torinese. 
Dal 1832, si segnala la presenza dell'argentiere ligure Luigi Montaldo, - trapiantato a Cagliari e attivissimo nel meridione dell'isola - in qualità di membro dell'Arciconfraternita. Per la stessa, contribuì al rinnovo delle suppellettili con un servizio per l'incensazione, composto da turibolo e navicella, in stile marcatamente neoclassico.