IL MODELLO POLISEGNICO
Achille De Gregorio
in
Arti Terapie: i fondamenti teorici, a c. di
Palazzi C., Taverna A, Tirrenia stampatori, Torino, 2000
Un modello teorico emergente in arteterapia mette al centro del processo non la matrice psicologica, ma quella artistica come trampolino per arrivare a comprendere il mondo interiore e relazionale del paziente. I vari modelli presentati in questo volume, da quello psicoanalitico a quello analitico junghiano e a quello fenomenologico, hanno le loro regole fatte sulla misura delle teorie alle quali fanno riferimento, il modello polisegnico, così lo chiameremo, in Arteterapia fa riferimento alle regole che governano larte considerata come un linguaggio.
Punto di partenza per comprendere questo modello è accettare che larte non sia un fenomeno unico ed irripetibile del quale non si riesce a cogliere razionalmente lessenza, ma che sia un oggetto strutturato di cui si può comprendere il meccanismo di funzionamento interno, accettare in altre parole che larte abbia lo stesso statuto, regole e grammatica del linguaggio.
Limportanza che diamo così allarte come linguaggio, tecniche,
materie, estetica, è ciò che distingue larteterapia da altre forme di terapia
verbale e dalla psicoterapia a mediazione artistica. Il medium artistico non è da noi
proposto per accedere al verbale, non è usato per agevolare la comunicazione, la
relazione verbale. La questione non è quella di abolire o sottostimare la parola negli
atelier darteterapia, ma sicuramente di porla in secondo piano rispetto al codice
artistico. La validità di ciò che il paziente dipinge o scolpisce, va ricercata
nellevoluzione/involuzione del suo idioma artistico e principalmente in questo. La
relazione arteterapeutica e la decodifica devono essere interne allarte e riguardare
lorganizzazione plastica e la rappresentazione visuale in primo luogo. Larte
può essere usata in soccorso del colloquio, della diagnosi e della gestione dei gruppi,
ma la sua grande forza esprime un linguaggio a se stante che muove processi profondi e
conduce il paziente a lavorare su aspetti del proprio mondo interno e sulla frattura
presente con il mondo reale.
Si arriva a dare allarte il ruolo autonomo e principale quando si riesce a capire il
suo messaggio e le pieghe complicate del suo procedimento.
Sapere decodificare larte messa a punto dai nostri pazienti farà in modo che sempre meno ricorreremo ad interpretazioni, a contorni di verbalizzazioni, a spiegazioni, a titoli e temi, a schemi di protocolli nosografici.
La lettura che sarà possibile fare sarà perciò legata agli elementi del linguaggi visivo e plastico, le regole grammaticali con cui si formano le immagini su un foglio. Linea, colore, forma, luce ed ombra, spazio si combineranno insieme seguendo d regole di ritmo, peso, equilibrio, simmetria, movimento per trovare un significato.
Questo è ciò che avviene nella creazione artistica che non è, come spesso si credere, semplicemente espressione spontanea dei propri pensieri, ma appunto combinazione attenta, quasi scientifica di vari elementi per arrivare alla comprensione di un significato.
Applicato alle arti terapie, questo modello diventa un accompagnamento tra le regole grammaticali dellarte allinterno di unidentificazione del percorso intimo del paziente con il percorso artistico che permette la riorganizzazione delle forze interne a partire dallorganizzazione delle forme artistiche. Larte quindi come centro assoluto del processo, come nuovo linguaggio che presenta nella sua natura caratteristiche che hanno di per sé risvolti terapeutici: larte infatti, è capace di mettere armonia nel disordine, attraverso appunto lorganizzazione di forme, larte è lequilibrato rapporto tra confusione e controllo, è turbamento corretto con i confini, è scarica delle tensioni, è rappresentazione dei pensieri.
Licona dei pensieri andati
Quello che potrebbe creare della confusione e che quindi vorrei sottolineare è che il mettere al centro di quello che facciamo larte, non vuoi dire avere come obbiettivo la creazione di un prodotto estetico, affascinante, né significa escludere tutto quello che rientra in una sfera psicologica di elaborazione, di relazione tra paziente e arteterapeuta. Lobiettivo delle artiterapie non è quello di formare nuovi artisti e neanche quello di fare un corso di pittura, scultura, musica, danza o teatro ma quello di utilizzare le arti con le sue regole per entrare in comunicazione con il mondo del paziente che si esprimerà, nelle sue esigenze, nelle sue richieste e problematiche in un insieme di forme slegate, sgrammaticate.
È su queste, quindi, che possiamo fare delle elaborazioni e cominciare un accompagnamento terapeutico, rispettando quelle che sono le richieste del paziente e non cercando invece una gratificazione personale. In questo spazio che possiamo chiamare spazio creativo o processo terziario, quello appunto della creazione, il paziente impara ad organizzare, dapprima colori e linee, poi parti di sé, riuscendo a mettere a fuoco parti del proprio mondo interiore o ad avere relazioni con il mondo esterno, la realtà.
Larte di cui parlo io, quella di cui conosco le regole, la pittura e la scultura, non vuole superare le angosce della vicenda personale, siano esse nevrotiche, psicotiche o esistenziali. Larte vuole invece dirle simbolicamente, esporle, manifestarle pur nascondendole, svelarne un ritratto. Larteterapeuta non dà conforto, più che compagno di viaggio, ascoltatore o visitatore, è coprotagonista ottimista che arricchisce il paziente fino al punto che egli possa continuare, anche dopo la fase dellatelier la cifra dellarte.
Ciò che è più importante, in questo modello polisegnico, è che lutente diventi proprietario di un linguaggio, che impari questa grammatica, come ha imparato a leggere ed a scrivere, ora impari a mettere a fuoco e visualizzare, pensare per immagini e rendere visibili i pensieri attraverso le immagini.
Il paziente impara che ci sono delle regole, delle procedure del fare legate ai materiali, alle tecniche, alla sperimentazione per questo acquisisce una strumentazione che poi riesce a collocare sui suoi stati danimo, è il paziente stesso al centro della terapia artistica, è lui che si fa la propria arte, il percorso che lui fa sarà perciò un percorso che sorregge, appoggia la sua parte sana.
Loperatore esperto ha allinizio il compito di mettere il paziente nella condizione di essere sedotto dallarte, fargli capire che nellarte non cè un compito, non cè un farmaco da prendere ma un autofarmaco che si costruisce da sé.
Il risultato paradossalmente è quello di far diventare il paziente artista, non come artefice di soluzioni estetiche ma come pensiero, come procedura interna. Il paziente capisce che è magico usare larte, che è una lingua con cui parlare, a se stesso e agli altri, e questo spazio creativo di comunicazione può diventare il pensiero terziario, tra il conscio e linconscio, capace di utilizzare come risorsa una parte sana del paziente.
Quindi Larteterapia come appropriazione di un linguaggio, non di unestetica: il paziente scopre che organizzando i vari elementi del linguaggio visivo, riesce a dire e a non dire, a far vedere o a nascondere, riesce a elaborare oppure a sottendere, riesce in definitiva a mettere le mani sul mondo interno conflittuale oppure sulla frattura che il mondo interno ha con il mondo esterno.
Questa è la magia dellarte di comporre elementi diversi. Il paziente capisce con il tempo che attraverso il linguaggio artistico e le sue regole può avere accesso al proprio mondo interno, comunicare con la realtà, modificare il rapporto con gli altri.
Larteterapeuta con le sue competenze deve essere in grado di stimolare nel paziente il fare arte: non indirizzarlo eccessivamente ma rispettare il percorso naturale dellespressione grafico-plastica, patrimonio dellindividuo indipendentemente da fattori patogeni.
Spesso il paziente non sa o non vuole comunicare attraverso la parola, il terapeuta deve utilizzare altri codici per entrare in relazione con lui. In arteterapia il codice è appunto il disegno, la pittura, la scultura.
Scontrandosi.con limpossibilità della comunicazione, loperatore deve compiere lesperienza di apprendere e migliorare la semiotica dellarte. Il paziente poi, trasforma la mancanza comunicativa in una nuova possibilità e apprende a sua volta il linguaggio verbale del terapeuta.
In questa simmetria delle parti si stabilisce quella profonda intesa necessaria a comporre insieme i pezzi dinformazione, indispensabili per avere accesso alla storia della sofferenza.
Ovviamènte non può scomparire completamente la parte verbale, si parla negli Atelier di arteterapia, si discute con il paziente di ciò che ha fatto e vorrebbe fare, ma in minima parte. La gran parte, e quindi anche la restituzione, dellintervento è fatto e proposto graficamente, artisticamente.
Questa è la forza delIarteterapia. Debole è colui che si arrampica alle parole in cerca dinterpretazioni e concetti per dare un senso al lavoro delle immagini e della scultura perché non sa, non riesce a decifrare questo codice e cerca via duscita nel tradizionale linguaggio verbale.
Limportanza dell osservazione senza intrusioni
Entriamo ora nello specifico di un percorso arteterapeutico condotto secondo un modello polisegnico e quindi dove il linguaggio artistico con le sue regole occupa uno spazio predominante.
In Atelier per procedere secondo una metodica arteterapeutica è fondamentale una prima fase di osservazione partecipata dellutente senza che da parte nostra ci siano molte indicazioni, garantendo al massimo la spontaneità nellespressione del paziente.
Solo da una prima fase, cioè analizzando una quindicina dopere, veramente elaborate spontaneamente, possiamo riuscire a farci unidea dellutente - la diagnosi di arteterapia - non condizionata dalle nostre aspettative e dai nostri obiettivi.
Bisogna riuscire a vincere lansia davanti al vuoto di comunicazione e di passività che il paziente ci mette di fronte, aspettare, saper sopportare la sua inutilità e il senso dinadeguatezza che ci tramanda.
Saper aspettare è accontentarsi di non avere subito risultati, nè risposte da dare agli invianti, ai responsabili, alle famiglie che vogliono risultati estetici o spiegazioni su quello che emerge. È non andare in ansia e cercare rassicurazioni dando temi, consigli, immagini di quadri da copiare, non inventare escamotage quali mostre, murales e opere collettive, tutte soluzioni spesso adottate negli atelier di arteterapia che sottolineano soprattutto limportanza della dimensione di elaborazione e del significato gruppale, ma, a mio avviso, questo può servire maggiormente per le famiglie o gli operatori che si gratificano con il talento dei pazienti e ha poco a che vedere con il lungo e misterioso cammino che larte permette alla persona sofferente.
Noi non operiamo per inserire il paziente in difficoltà nel circo delle emozioni e nel palcoscenico della vita sociale. Stare in gruppo o fare opere collettive non è una caratteristica dellarte grafico-plastica che da sempre privilegia lelaborazione intima e individuale con imprevisti di percorso tipici della materia e della forma e risultati mai certi che possono dare gratificazioni e riconoscimento.
L arteterapeuta che conosce il codice a fondo e sa gestire nel lungo tempo le problematiche psicologiche, non avrà timore nel basare il proprio intervento comunicando principalmente se non esclusivamente -su materia e forma, su composizione e volume, su prospettiva e campo.
Processo e modalità espressive
Ogni paziente si differenzia nellimmagine: ci sono utenti che preferiscono il contenuto, altri in cui predomina laspetto estetico. Per questo, nella decodifica darteterapia bisogna fare una lettura seguendo un percorso di molti lavori, avendo presente landamento dellespressione artistica influenzata dalla padronanza dei materiali e delle tecniche.
Il paziente, quando è spinto da unespressione autentica ricorre ad un modello codificato, che è bloccato, e non saltella creativamente da uno stile allaltro come si potrebbe invece credere. La struttura formale appartiene al profondo di ognuno di noi ed è ciò che permette, oltre la nostra visione del mondo e delle relazioni, anche di esprimerci ad un determinato livello nelle opere.
È necessario utilizzare per la decodifica, non una singola immagine, ma piuttosto un percorso di immagini create tutte senza intrusioni delloperatore, con manufatti originali, non condizionati.
Questa prima fase dinquadramento servirà dunque alloperatore per comprendere quali sono le capacità artistiche preesistenti, a che livello si trova il paziente.
I primi disegni, quelli sui quali dobbiamo pensare una diagnosi specifica di arteterapia, molto spesso sono già il prodotto di una relazione, sono falsificati. Il paziente magari vorrà impressionare loperatore e disegnerà così immagini convenzionali mandandolo però fuori strada. Spesso i primi disegni, come avviene alle prime tavole del test di Rorschach sono una presentazione.
Il paziente, allo stesso modo di grandi artisti come Picasso, Pollock o Kandinsky i quali passarono da uno stile giovanile accademico ad uno stile personale sul quale poi lavorarono, fa diverse prove in questa fase iniziale fino ad arrivare al proprio stile espressivo ed è a questo punto, quando cioè ci è possibile individuare il potenziale iconico del paziente che possiamo cominciare laccompagnamento nel percorso creativo.
Tutto questo è molto difficile farlo allinterno di un gruppo e basandosi su temi e istruzioni che rappresentano una sorta di rituale collettivo cui si partecipa.
Larteterapia non gestisce i pazienti ma gestisce limmaginario del paziente. Al centro dellarteterapia non poniamo limmagine ma limmaginario e limmaginario è una dimensione in cui lutente precipita e in cui poi ci chiama dentro.
Dobbiamo perciò coabitare limmaginario del paziente, non la singola immagine, attraverso una concatenazione di materie e forme, un percorso di icone che è una sorta di viaggio iniziatico di consapevole cambiamento.
Larteterapeuta, esperto dei processi di creazione artistica potrà distinguere cinque fasi, non necessariamente concatenate e realizzate da ogni individuo, che costituiranno il punto di partenza di un processo arteterapeutico che, in quanto centrato sullarte, con larte si propone di pensare ad un percorso fatto su misura della capacità artistica del paziente.
Così come ogni essere umano, non solo i pazienti, potrà avere sviluppato la capacità di produrre immagini come attività precorritrice, sarà quindi in grado di esprimersi utilizzando scarabocchi e macchie che costituiranno unesperienza positiva ed egosintonica come esplorazione dei materiali, ma non saranno in grado di creare delle configurazioni simboliche.
Altri nostri utenti potranno essere in grado di utilizzare larte come liberazione caotica, cioè rovesciare, pestare, spruzzare come messa in atto di comportamenti distruttivi che favoriscono la perdita di controllo, intesa quindi come distruzione delle barriere costruite dalle difese, ma anche come manovra diversiva di mascheramento, e le scariche dellaggressività. Facilmente collegabile a questultima modalità despressione, altri saranno in grado di usare il mezzo artistico al servizio delle difese, riproducendo delle immagini stereotipate, delle copie intese anche come falsificazioni, o dei prodotti banali e convenzionali, dimostrazioni tutte delle difese in atto.
Migliorando nelle capacità di esprimersi attraverso il linguaggio artistico, altri ancora potranno essere in grado di eseguire delle pittografie, forma di comunicazione figurativa che sostituisce o integra la parola impregnandola di simbolismo. Proprio a Causa del forte simbolismo questa è una modalità di comunicazione espressiva frequente nella psicoterapia e nei rapporti molto stretti nei quali si condivide un codice riconosciuto da entrambe le parti, spesso difficilmente comprensibile ad estranei. Le pittografie sono un sistema espressivo frequente nelle psicosi anche se, eseguite rozzamente raggiungono raramente lintegrazione, il potere evocativo dellarte.
Allultimo modello despressione appartengono quegli individui che utilizzano il linguaggio artistico-creativo come espressione strutturata, quella che può essere chiamata arte, la produzione cioè di configurazioni simboliche che diventano uno strumento utilissimo ed efficacissimo per lautoespressione e per la comunicazione.
Per formulare una diagnosi arteterapeutica, o meglio per fare un corretto inquadramento della persona da trattare, abbiamo a disposizione tre strumenti da integrare:
- lanalisi fenomenologica in quanto interessata a capire il livello di espressione artistica attraverso i colori utilizzati, il rapporto figura-sfondo, luso degli spazi, il contenuto, la tecnica usata, lanalisi del tratto e della materia, gli elementi dì novità, la citazione, la ripetizione, gli estetismi;
- lanalisi della relazione che lutente ha con larteterapeuta, quindi le impressioni soggettive, le sensazioni da lui suscitate, gli atteggiamenti e le posture, il transfert ed il controtransfert;
- le ipotesi interpretative cercando nelle immagini prodotte dal paziente elementi che permettano di osservare la continuità e le modificazioni rispetto ai avori precedenti e che permettano di fare dei paralleli con gli eventi della vita
L arteterapeuta a mio avviso, dovrà condividere il motivo di invio del paziente in Atelier, la sua anamnesi personale e familiare, la storia clinica, la sua diagnosi psicologica e psichiatrica, discuteme con i colleghi delle équipe e partecipare al progetto globale su di esso, ma non solo.Tutto questo è di fondamentale importanza, ma bisogna essere in grado di fare una diagnosi darteterapia, utilizzare gli strumenti messi a disposizione dal codice artistico, poiché è con questo che condurremo il percorso con il paziente.
Non si può intervenire sullutente basandosi su intuizioni di terzi, non si costruisce una relazione arteterapeutica basandosi su diagnosi ed indicazioni elaborate da altri professionisti. È riduttivo vedere larteterapia come il braccio creativo ed animato di una pratica terapeutica ufficiale e riconosciuta, sia essa medica, psicologica o educativa.
Cè anche una grandissima richiesta di strumenti di decodifica tra gli arteterapeuti e gli allievi di corsi di formazione che, pur avendo scelto questo come linguaggio preferenziale, soffrono dellabitudine descrittiva, interpretativa e di restituzione proprie della parola.
In questo semplice concetto, spesso casca la capacità di tanti conduttori datelier che non sanno vedere correttamente limmagine o il percorso delle forme prodotte. Sono costretti, a volte, a ricorrere allaiuto della diagnosi psicologica e psichiatrica o di una valutazione estetica dei manufatti dai pazienti perché non riescono a cogliere sufficientemente ed adeguatamente quello che limmagine trasmette.
Non può esservi unindicazione terapeutica (la ricetta che tanti allievi e operatori inesperti chiedono allarteterapia) che vada bene per ogni utente: da ognuno emerge unarte individuale, il suo stile di lavoro; il processo terziario e lapertura al cambiamento, si possono manifestare in diverse forme che presenterò di seguito sotto laspetto di sei funzioni illustrandone le caratteristiche, gli effetti e le tecniche metodologiche per incoraggiarle e modificarle.
Fare arteterapia in questa prospettiva significa collaborare con il paziente nel costruire una gerarchia negli atti creativi esaminando problemi, tematiche, muse e motivi ispiratori. Proporre materiali e metodi artistici per correggere, inquadrare, capire, assecondare e infine trasformare secondo le caratteristiche e le potenzialità del singolo utente.
Le immagini che curano
Terminato un primo periodo di inquadramento diagnostico, comprese quali sono le capacità creative del paziente, quale è il suo stile di fare arte e di relazionarsi con il terapeuta artistico potremo decidere attraverso quale processo arteterapeutico potrà essere accompagnato.
Dalle modalità espressive con le quali si esprime ad unidentificazione di esse con il proprio mondo interno, mediante larte come funzione di gestione delle problematiche relative al vissuto psichico o di gestione delle sue relazioni, dei progetti personali e delle difficoltà di inserimento.
Ho insistito sullaspetto dellaccompagnamento per sottolineare come la scelta del percorso sia fatta dallutente e come loperatore funzioni da guida nella scoperta di sé e del mondo, ponendo larte come medium principale e facendo ben attenzione a non interferire sui contenuti del paziente. Il ruolo delloperatore, che non è per niente sminuito, varierà secondo il modo in cui verrà utilizzato il mezzo artistico: dovrà infatti curare le forme esterne prodotte per agire su quelle interne o elaborarle per capire un bisogno relativo al mondo esterno.
Basarci sulle immagini vuoI dire guardare i manufatti e scoprire che non hanno segreto, che tutto appare chiaro e al paziente si può dare una restituzione, sulla stessa lunghezza donda del suo medium prescelto. Imparare a cogliere nelle opere il significato comunicativo, i punti di forza e di debolezza, i meccanismi di difesa, senza nostre proiezioni, senza interpretazioni prese in prestito dal linguaggio verbale.
Le immagini ed i manufatti vanno decodificati in una visione complessiva, dinsieme. Il percorso che il paziente fa nel nostro atelier e i suoi bisogni espressivi e comunicativi vanno studiati prima nella sua parte generale e poi nel particolare.
Questa è una modalità propria dellartista: la visione dinsieme, andare dal particolare al generale e viceversa, utilizzando sì le cose che il paziente ci dice sapendo però che il linguaggio verbale è spesso falso, mentre le immagini dicono sempre la verità e permettono di scoprire le ambiguità e svelare la struttura del pensiero e dellimmaginario.
Non voglio naturalmente lasciare da parte la parte psicologica, bene infatti lasciarsi andare a libere associazioni, fare collegamenti con la storia clinica del soggetto, ma rimane fondamentale capire e decodificare la struttura formale delle opere.
È perciò basilare per chi gestisce pazienti con larte discernere gli elementi del linguaggio visivo (linea, colore, forma, spazio, eccetera), le regole della composizione (ritmo, peso, equilibrio, simmetria, movimento, eccetera) e, infine, la materia e le tecniche nei suoi significati. Questi elementi che sono alla base dellesperienza degli artisti raggiungono nei pazienti la capacità di procedere parallelamente ai vissuti e concorrere alla chiarificazione dei pensieri che ad essi si collegano in un percorso di osmosi: è un procedere contemporaneo, ad ogni modificazione estetica si ripercuote una modificazione nellutente, ad ogni cambiamento nellutente corrisponderà un cambiamento nellopera. Lavorando sullopera si lavora dentro lutente e viceversa.
Larte sarà poi utilizzata dal paziente con funzioni diverse secondo le proprie capacità e i bisogni che vuole soddisfare.
La funzione strumentale o catartica, quella regolatoria e quella immaginativa riguardano i pazienti che con larte vogliono accedere al loro mondo interno; la funzione interattiva/comunicativa, quella personale e quella conoscitiva invece coloro che vogliono rappresentare il mondo esterno ed il proprio rapporto con esso.
Gli elementi del linguaggi visivo
Funzione strumentale
È la funzione di catarsi, di sublimazione, di scarica pulsionale che supera i meccanismi di difesa. Si pensi per esempio al disegno gestuale, utile rispetto ai blocchi espressivi del paziente, che il disegno stesso aiuta a superare. Questa modalità espressiva del paziente ci fa capire il suo stato emozionale e di agitazione che si lascia andare alle pulsioni di segni e colori o si accanisce sul pezzo di creta.
Lutente inventa, scarica, reagisce e lascia emergere il materiale inconscio senza organizzazione, né estetismi, né organizzazione formale e di significato. La funzione strumentale è più una sublimazione che una formazione reattiva. Lutente usa il foglio e la creta come una pattumiera: espelle i suoi bisogni e va via leggero e magari soddisfatto dellesserci riuscito.
Da un punto dì vista tecnico questi pazienti utilizzano prevalentemente degli stili legati allarte informale, allo scarabocchio, al tachisme, allastratto/gestuale, non perché non sanno fare o perché si aspettano che venga loro proposto il tema, ma perché la loro dimensione è quella dellevacuazione, della catarsi. Il loro problema è quello di mettere fuori, dopo di che si può cominciare ad organizzare ed andare verso un astratto decorativo. Si può pertanto dire che con il processo arteterapeutico si cerca di dare unorganizzazione ad uno scarabocchio, inizialmente completamente disorganizzato nelle sue regole grammaticali.
Ad un paziente che presenta questo stile nella prima fase di osservazione è sbagliato dare indicazioni diverse, per esempio rapportarsi maggiormente alla realtà perché significherebbe essere indifferenti alla sua richiesta ed al suo bisogno di catarsi.
La terapia artistica, come ho sottolineato più volte, si fa necessariamente partendo dagli elementi formali che il paziente propone, più o meno consapevolmente. Il paziente deve perciò scoprire qual è il suo stile spontaneo, inizio del processo terziario, qual è la sua dimensione estetica al cui interno larteterapeuta metterà elaborazione, controllo, relazione, riabilitazione, fermo restando il rispetto dello stile deI paziente.
Funzione regolatoria
È la modalità privilegiata dellattività riparativa. Latto creativo è visto come il procedimento che riguarda il controllo delloggetto: il paziente vuole riparare loggetto dipingendolo e manipolandolo.
È la seconda delle funzioni dell arte scelta da quei pazienti che hanno la preoccupazione del mondo interno, sono rivolti verso se stessi, tendono a comunicare episodi interni, sono condizionati dalla memoria e abbisognano di elaborazioni intime di vissuti. Il paziente che sceglie e si esprime in questo stile tenderà a ripescare ricordi ed episodi dalla memoria. Avremo manufatti che rappresentano gli oggetti e le relazioni dellinfanzia, drammi della preadolescenza, sogni rimossi e situazioni mai elaborate.
Graficamente si manifesta con la comparsa, la ricomparsa, la scomparsa doggetti nel modo e nel tempo desiderato; un fare artistico che allenta e contiene langoscia della perdita delloggetto e mantiene un senso di controllo sulla realtà.
Questi pazienti si esprimono, mettono a fuoco, utilizzando materiali secchi, e tecniche definite, per esempio i pennarelli e le matite, cercano di riprodurre nel modo più preciso i tasselli di memoria, cercano di collegare, nel percorso arteterapeutico, limmagine che viene fuori con i pezzi della propria storia, con il cambiamento.
Il paziente dipingendo ripara loggetto e lattività creativa ripara il soggetto stesso. Il concetto della riparazione degli oggetti caro alla Klein (1921-1958) e alla Segal (1973) è fondamentale per capire il lavoro degli artisti. Latto creativo è rendere visibile gli oggetti cari, è modellarli utilizzando la creta, è aggiustare loggetto in un atto riparativo il cui significato conclusivo è anche la riparazione del sé.
Da un punto di vista artistico, avremo dallutente immagini in forma dapparizioni, vedremo disegnati reperti e frammenti darcheologia interna, fantasmi e sogni dellinfanzia, spazi e suppellettili della vita familiare.
Questa è una dimensione più sofferta della precedente perché il paziente è alla costante messa a fuoco delle immagini dolenti, meccanico di se stesso, in un aggiustare continuo dei ricordi e vissuti. Se si sta facendo un lavoro su un ricordo traumatico, su un pensiero sgradevole, questo è un modo per metterci le mani, per trasformarlo, modificarlo, renderlo presentabile e quindi più sopportabile.
Funzione immaginativa
È il desiderio che si esprime; il paziente crea con le immagini e le manipolazioni plastiche un mondo illusorio, basato su icone, simboli e metafore. Realizza aspirazioni e desideri inconfessabili, risolve graficamente problemi e aspettative. È la fuga nel mondo immaginario: paradiso artificiale costruito e dipinto per abitarlo: in questa fuga dalla realtà quotidiana la pratica artistica assume una funzione magica che dà vita a mondi irreali e sconosciuti dove il paziente si rifugia.
Egli rischia in questo pratica stilistica di esprimersi in deliri stereotipati e dati non modificabili in unimmaginario da ipertrofia simbolica che lascerà poco spazio alle variazioni. È quindi un atteggiamento sì creativo ed espressivo ma che va controllato dall arteterapeuta.
Infatti, i deliri resi visibili possono essere cosi convincenti da non riuscire più a staccarsene, non essere più capace di credere alla realtà, di collegare ad essa i sogni, di elaborare sapientemente i dolori vissuti. Accompagnare i pazienti in questa modalità creativa può pertanto essere pericoloso perché rende affascinante la visione del fantastico, così coatto e ripetitivo da far risultare assolutamente difficoltoso una presa di coscienza della realtà.
Aiuteremo i nostri pazienti a non abbandonarsi totalmente al pensiero immaginario, alla realtà virtuale, e consigliare, per esempio, elementi realistici, prospettargli diversi punti di vista.
Tecnicamente avremo immagini composte di emblemi, simboli, metafore, immagini di fantascienza e viaggi su altri mondi, deserti e animali inesistenti, geometrie assurde e labirinti del pensiero, immagini agglutinate e non identificabili.
Molti sono gli artisti che hanno utilizzato questa funzione espressiva, si pensi ai Preraffaeliti, ai visionari dellOttocento, ai Surrealisti, ai pittori della Metafisica, allarte psichedelica degli anni settanta.
Una soluzione per questi pazienti che producono immagini devasione sta spesso nel cercare di insegnare loro il disegno dal vero, il rapporto con le misure e gli spazi della realtà. Questa proposta di arteterapia ha qualcosa di moralistico, di paternalistico, oscilla tra leducativo ed il correzionale, come se i sogni, i deliri e le immaginazioni, come prodotti dellinconscio, si potessero correggere.
Lobiettivo resta lo stesso, quello che il delirante cominci ad avvicinarsi alla realtà del mondo, ma è importante che per farlo assecondiamo il suo immaginario, lo utilizziamo nelle risorse inventive, agiamo nella modificazione implicita della procedura artistica.
Funzione interattiva/comunicativa
In alcuni casi, larte è utilizzata per conoscere la realtà, per entrare in contatto con il mondo esterno. Il paziente in questo caso non è interessato alla messa a fuoco di contenuti del proprio universo interiore ma cerca la relazione con il mondo, un affermazione, un riconoscimento sociale.
Nella funzione interattiva/comunicativa larte viene usata dal paziente per stabilire o mantenere una relazione privilegiata con larteterapeuta. Il fare artistico media la relazione, è codice di comunicazione, il segno e la forma diventano sostituti del verbale. Avremo, dal nostro utente, richiesta di continua mediazione, richiesta di temi e consigli, negoziazione su modalità desecuzione e risultati, collaborazione diretta e partecipe con il conduttore.
I pazienti vengono in Atelier principalmente per avere con larteterapeuta una relazione, non ansiogena perché mediata dalloggetto creato: ciò che li lega non è lo strumento artistico utilizzato, ma appunto la relazione gratificante dellavventura estetica.
Da un punto di vista grafico si pensi alla tecnica del fumetto, delle immagini pubblicitarie, delle fiabe, dei disegni che si fanno racconto, le costruzioni visuali che descrivono avvenimenti ed episodi, utilizzando per lo più materiali secchi, asciutti come i pastelli, ma anche linchiostro di china, le incisioni, le biro e i pennarelli.
Quello che questi pazienti ci disegneranno sarà limmagine della casa dove sono andati in vacanza, il laghetto o la stanza delladolescenza, larte serve per comunicare, rende visibile lintenzione di comunicare, lo scopo è di essere interagente e comunicativo con larteterapeuta.
Lobiettivo è aiutare i pazienti, in questa modalità, a mettere insieme i pezzi dei loro racconti, consentirgli di fare una comunicazione articolata, dove episodi frammentari diventano parti di una storia che si racconta, le cose rese visibili diventano anche giustificate, in altre parole, sinsegna a queste persone a parlare attraverso le immagini.
Funzione personale
È il prodotto che dà autostima e gratificazione al paziente. Egli ricompone attraverso il processo artistico il confine del sé, a volte in maniera tanto adeguata da convincere gli operatori ad organizzare esposizioni, vendita di quadri e a promuoverlo come artista. Si punta sulla sua bravura svestendo i panni di terapeuta per diventare talent-scout e critici darte. Si pensi a quella psichiatria che ha creduto e ancora incoraggia operazioni sullo stile Art Brut e sullArte patologica ingenerando confusione sulla validità e definizione dei processi arteterapeutici.
Le immagini in questa modalità espressiva che definiamo personale, sono copie di maestri del passato, immagini commerciali, quadri artistici, fatti a regola darte, dove ciò che è cercato è il bello, immagini stereotipate e convenzionali, estetizzanti, che fanno il verso ai veri artisti; si fanno opere banali pensando alla cornice, alla mostra, alla vendita, ai complimenti che si avranno dagli operatori in primo luogo e magari da un pubblico compiacente.
Questi pazienti non frequentano gli Atelier per finalità espressive e comunicative, di messa in discussione e per lelaborazione di vissuti, vengono generalmente perché vogliono rafforzarsi socialmente con larte, vogliono identificarsi con il ruolo dellartista. Sono persone che si gratificano nel prodotto, ricompongono i confini del sé, si rendono più accettabili, cercano una professione, un io sociale, una maniera di stare con gli altri, non più come deviante ma come pittore.
Il conduttore in questo caso deve evidentemente conoscere molto bene le tecniche artistiche e i materiali, perché il paziente vorrà consigli per specializzarsi, vorrà che il conduttore sia un artista, lo chiamerà maestro e lo idealizzerà come modello di capacità e conoscenze tecniche.
Funzione Conoscitiva
È la scoperta con occhi nuovi, educati nellestetica, della realtà, dellambiente, degli oggetti e delle persone che stanno intorno al nostro paziente. Egli farà attenzione ai minimi particolari della percezione e chiederà allarteterapeuta consigli tecnici, segreti e indicazioni per affrontare paesaggi, nature morte, ritratti ed autoritratti. Farà uso della tecnica del collage per impossessarsi duna realtà ancora estranea e lontana dal suo universo quotidiano.
In questo caso il paziente usa larte per manipolare, migliorare la visione che ha della realtà e costruirla nei dettagli a propria immagine e somiglianza. Inoltre, utilizza larte per impossessarsi del mondo, per capire comè fatta la realtà, usa limmagine come una specie di grimaldello per entrarci, una lente dingrandimento, per scoprirlo.
Scopre nellarte una soluzione per superare quel blocco che ha con la realtà, il mondo conosciuto e riprodotto attraverso larte farà meno paura, così come si accompagna un bambino nella costruzione del progetto di vita anche larte accompagna il paziente al possesso della realtà.
Conclusioni
In genere, nellesperienza maturata in anni di frequentazione di un Atelier darteterapia, il paziente, dopo un periodo dassestamento e sperimentazione dei materiali, sceglie uno stile espressivo e lo mantiene.
Arteterapia vuole perciò dire che il paziente si sperimenta allinterno di una dimensione estetica dellesperienza ed è compito degli operatori accompagnarlo in questo percorso per precisare i contorni e le definizioni del suo immaginario, cioè come vengono vissuti e corretti gli oggetti della memoria, i traumi, le aspirazioni.
Nel modello polisegnico è prioritario il massimo rispetto per la struttura formale espressa dal paziente allinizio del percorso. Il lavoro delloperatore è essenziale sia nellaiuto al paziente in questa scoperta estetica, che nellesperienza intima, senza influenzarlo con i propri gusti e interessi formali.
Molto spesso il paziente non è posto al centro dei processo arteterapeutico, a volte, fatta la scelta di un tema, lo stile è plagiato da scelte del terapeuta. La terapia artistica si deve innescare su degli elementi del paziente, deve fare i conti con quella che è linvenzione creativa del paziente, deve fare conto con la modalità immaginativa, catartica o riparativa, e su questo rispettare si fonderà la metodologia dellintervento specifico.
Infine, vorrei tornare a quella che è la maggiore pena dellarteterapia: molti operatori incontrano difficoltà nella decodifica, perché non hanno una conoscenza approfondita del codice utilizzato, e per lessenza stessa dellarte in bilico tra scienza e magia.
Bisogna capire la presentazione che i pazienti fanno del linguaggio artistico contaminato dalle problematiche interne, essere in grado di comprendere se il manufatto di un nostro paziente è un cavallo di Troia, se cioè cè un contenuto celato da un altro, se si tenta di nascondere qualcosa camuffandolo da qualcosa daltro, oppure se quello che prevale nella struttura è lorganizzazione o la disorganizzazione, oppure se limmagine è un labirinto, un tentativo di seduzione nei confronti dellarteterapeuta, un disegno centrato sulla relazione, per catturare lattenzione.
Concludo richiamando allimportanza dellarte come codice e linguaggio e alle sue regole, che ne fanno un complicato sistema estetico che si ordina e si scompone secondo un meccanismo di funzionamento psichico.
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