Attualità
Biologia
Ecologia
Medicina
Psicologia
Storia
Religione
Recensioni

Areopago >Attualità

Il fanatismo islamico colpisce Milano
Attentato nel metrò, l’ipotesi: stessa mano di Agrigento

L’opera di un esaltato, messo in movimento dal mutato clima intorno all’Italia dopo la partecipazione alla campagna militare in Afghanistan o una strategia pianificata e di ampio respiro riconducibile ad Al Qaida e alle sue mille articolazioni internazionali. Sono queste le ipotesi investigative sull’attentato di sabato sera nella metropolitana milanese. Finora un solo elemento certo: gli strumenti utilizzati (una bombola di gas), il modus operandi (benzina per innescare l’esplosione) e la rivendicazione (un lenzuolo scritto a mano inneggiante ad Allah) sono praticamente gli stessi di altri tre attentati avvenuti in Sicilia, l’ultimo dei quali il 4 novembre sulla scalinata del Tempio della Concordia ad Agrigento. Lo stesso comandante provinciale dei carabinieri, Pasquale Muggeo, pur mantenendo la consueta prudenza, ha ammesso che «ci sono delle evidenti similitudini tra gli attentati». L’attentato - Sabato scorso, a poche settimane dallo schianto di Luigi Fasulo contro il grattacielo Pirelli, Milano si è ritrovata ancora una volta vulnerabile, questa volta colpita nel suo sottosuolo, in quel labirinto di corridoi della metropolitana attraversati giornalmente da milioni di persone. Alle 22,10, in un momento fortunatamente in cui di passeggeri ne circolano pochi, una bombola di gas da trenta chili prende fuoco nel passaggio che collega la linea 1 alla linea 3 della metropolitana all stazione di Duomo. I corridoi si riempiono di fumo, nella stazione è il panico. Per fortuna dopo pochi minuti intervengono gli agenti della Polmetro che con un estintore spengono le fiamme. Due di loro rimangono intossicati. Dopo aver domato le fiamme, a poche centinaia di metri dalla bombola gli agenti trovano in un cestino dei rifiuti un lenzuolo con una scritta in pennarello blu: «Combattiamo per la causa di Allah e non ci fermeremo finché non vi sarete sottomessi ad adorare un solo Dio. Dio è grande». L’ultima frase è scritta in arabo, il resto è in italiano. Nel punto dove si è incendiata la bombola non ci sono telecamere, ma sistemi di sorveglianza sono collocati a tutti gli ingressi delle stazioni, e il dipendente che sta nel gabbiotto del mezzanino, dai monitor può controllare chi sale e scende dai treni, il problema è che l’apparato che sorveglia il corridoio non è collegato a un videoregistratore. L’attentatore potrebbe aver preparato il suo attentato con calma nei giorni scorsi, magari camuffandosi tra gli addetti alle pulizie, che in maggioranza sono extracomunitari e che lavorano anche a tarda notte. Forse avrebbe anche potuto nascondere il borsone e lo striscione che poi ha lasciato come rivendicazione, in uno dei magazzini usati dai lavoratori. Le ipotesi - L’attentato nella metropolitana milanese ha, come ammesso dagli stessi inquirenti, delle evidenti similitudini con altri tre azioni terroristiche compiute ad Agrigento, nel tempio della Concordia (4 novembre 2001), davanti al carcere (14 febbraio 2002) e alla chiesa evangelica (26 febbraio). Bombola di gas, benzina per l’innesco, e lenzuolo scritto a pennarello con frasi inneggianti ad Allah e contro la chiesa cattolica, sono gli elementi che accomunano i quattro episodi. Persino la calligrafia della rivendicazione sembra la stessa. E, nonostante il procuratore di Milano, Gherardo D’Ambrosio, sostenga che è solo «una» delle ipotesi, la pista dell’autore unico, magari un esaltato utilizzato da un’organizzazione eversiva, o del gruppo di fanatici è la più seguita. Agli inquirenti resta da accertare se le azioni possano essere ricondotte alla ragnatela internazionale costruita da Al Qaida. Ipotesi, quest’ultima, comunque esclusa dal ministro dell’Interno Claudio Scajola che però sottolinea come sia un’azione «sempre nell’ambito dell’esasperazione di alcuni settori del mondo musulmano».

13.05.2002

Areopago >Attualità