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Un gruppo di ricercatori inglesi è riuscito a infettare
una pecora con una trasfusione da un ovino malato


Mucca pazza, studio dimostra
il contagio attraverso il sangue

Se la malattia umana si comporta allo stesso modo di quella
animale, ci sarebbero rischi per le donazioni ematiche

 


LONDRA - La Bse, l'encefalopatia spongiforme bovina nota come morbo della mucca pazza e la variante della malattia di Creutzfeldt Jakob, l'equivalente umano della Bse, possono essere trasmessi attraverso trasfusioni di sangue, secondo uno studio condotto da scienziati britannici, i cui risultati sono stati pubblicati dall'autorevole rivista "Lancet".

I ricercatori dell'Institute for Animal Health di Edimburgo sono riusciti ad infettare una pecora con l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) attraverso una trasfusione di sangue prelevato ad un'altra pecora malata che non aveva ancora manifestato i sintomi.

Il primo passo dell'esperimento è stato contagiare alcune pecore nutrendole con cervelli bovini infetti. Poi, a 19 di queste, prima ancora che si manifestassero i sintomi del morbo della mucca pazza, è stato prelevato del sangue, successivamente trasfuso in pecore sane provenienti dalla Nuova Zelanda. Dopo 610 giorni, la prima pecora neozelandese ad avere avuto la trasfusione ha cominciato a mostrare segni della BSE. Tutte le altre sono ancora sane, ma l'esperimento non è concluso.

Gli scienziati, guidati dal direttore dell'istituto Chris Bostock, hanno tuttavia deciso di pubblicare sull'ultimo numero di 'Lancet' i risultati preliminari dell'esperimento perchè li ritengono significativi. In che senso? Nel senso, hanno spiegato i ricercatori del gruppo di Bostock "che trasfusioni di sangue da persone infette dalla versione umana del morbo ma prive di sintomi, potrebbero rappresentare un rischio di diffusione della Bse". Insomma, se la "mucca pazza", nella versione animale può passare attraverso il sangue, non si vede perché la stessa cosa non dovrebbe succedere tra esseri umani. Il rischio andrebbe individuato nel fatto che, data la lunga incubazione del male (anche anni), potrebbero esserci, tra i donatori abituali di sangue, delle persone malate che non lo sanno e che farebero in tempo, prima dell'apparire dei sintomi, ad infettarne molte altre.

"Lancet" lascia il commento a uno dei suoi esperti il quale, in sintesi, afferma che lo studio "fornisce prove convincenti del contagio", ma invita alla cautela nella considerazione "che si tratta di risultati preliminari".

(15 settembre 2000)
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