Areopago > Medicina


sabato 6 ottobre 2001 - Il Tirreno
Sangue infetto, casi in Versilia
Trasfusioni a rischio: 122 le richieste di indennizzo

Ma in cinque anni il ministero della Sanità ha riconosciuto il danno solo a 21 pazienti su 92


VIAREGGIO. Colpisce anche in Versilia il sangue infetto. Dal 1997 a oggi all'Asl sono arrivate 122 richieste di indennizzo per malattie o infezioni contratte (si presume) da trasfusioni. Ma le richieste sono molte di più, visto che l'Asl è si occupa di queste pratiche solo da cinque anni e che non ha traccia delle richieste di danni inviate, fra il 1992 e il 1995, direttamente al ministero della Sanita. Il quale, comunque, non riconosce molto facilmente il danno da sangue infetto. Le cifre versiliesi lo confermano: su 92 pratiche già concluse, solo 21 (il 22,8%, poco più di un quinto) hanno avuto un esito positivo. Hanno, cioè, ottenuto l'indennizzo (si parte da un minimo di un milione al mese in su) per un danno ricollegabile a una trasfusione effettuata con sangue infetto.
Questa percentuale non proprio incoraggiante non frena le richieste di danni. Solo nel 2000, infatti, l'Asl ha ricevuto 18 nuove richieste (il 14,7% del totale) di indennizzi per malattie e infezioni contratte - a detta dei pazienti - in seguito a trasfusioni. Infezioni - precisa la dottoressa Silvia Vitelli del servizio di medicina legale - sempre «nell'ambito delle epatiti. Non abbiamo alcuna richiesta di indennizzo di persone che sostengono di aver contratto il virus dell'Aids con una trasfusione o emoderivati. Abbiamo, invece, avuto tre casi di persone che hanno sostenuto di aver contratto un'infezione da vaccino. Oggi, comunque, siamo in grado di dare risposte abbastanza rapide alle richieste di risarcimento: da quando, a gennaio, la competenza su queste pratiche è passata dal ministero della Sanita alle Regioni, la pratica viene definita in 6-7 mesi». E non nei 4-5 anni impiegati fino a quando la gestione degli indennizzi faceva capo a da Roma. Oggi le pratiche seguono questo iter: la domanda, con la documentazione clinica, viene mandata all'Asl che la gira alla commissione militare ospedaliera di Firenze la quale chiama il paziente per una visita. Il parere della commissione, poi, torna all'Asl che invia la documentazione completa a Roma. È il ministero della Sanità che quantifica l'indennizzo da erogare in base al danno subito. «Abbiamo ancora alcune (poche) pratiche aperte da anni - riprende la dottoressa Vitelli - ma sono di pazienti che non hanno completato la documentazione medica richiesta». Le domande, comunque - garantisce la dottoressa - vengono esaminate in base al numero di protocollo. Quindi in rigoroso ordine di arrivo. «Ottenere l'indennizzo - conclude la dottoressa - non è facile. Soprattutto per chi sostiene di aver contratto un tipo di epatite (B o C) in seguito a una trasfusione. Per il riconoscimento del danno è necessario che la domanda sia presentata con tempestività, che sia evidente il nesso di causalità fra trasfusione e patologia e che il paziente abbia subito un danno, in seguito all'infezione (ad esempio che si ritrovi con il fegato rovinato). Talvolta le pratiche arrivano fuori tempo massimo. O talvolta - specie quando il donatore è ancora attivo - è stato dimostrato che il sangue utilizzato non era infetto». Per questo in Versilia, a oggi, le domande bocciate sono state 71. Ma i verdetti possono essere impugnati davanti al Tar, se non sono trascorsi più di 60 giorni dal diniego.

Areopago > Medicina