In Italia ogni anno si eseguon o circa cinquemila interventi chirurgici avvalendosi di metodi alternativi alle trasfusioni da donatore
L a ASL del Friuli occidentale è stata condannata a versare 94.000 euro
a un testimone di Geova come risarcimento dei danni fisici e morali causati
da una trasfusione per la quale il paziente non aveva dato il consenso e in
seguito alla quale aveva contratto l'epatite B. L'uomo, vittima di un incidente
stradale, era in stato di incoscienza quando gli è stata praticata la
trasfusione, ma pochi giorni prima aveva firmato una dichiarazione in cui si
diceva contrario, per motivi religiosi, a essere sottoposto a questa procedura.
I fatti risalgono al 1990.
Sistemi diversi
Le alternative all'impiego di sangue proveniente da donatori durante gli interventi
chirurgici sono oggi numerose e, forse, se fosse avvenuto una decina di anni
dopo l'episodio avrebbe avuto un finale diverso.
Infatti, sempre più persone chiedono che al posto delle trasfusioni da
donatori i medici utilizzino tecniche che permettono di ridurre il sanguinamento
durante gli interventi, di rendere l'organismo in grado di affrontare perdite
di sangue anche consistenti, o di utilizzare lo stesso sangue del paziente,
depositato prima di entrare in sala operatoria oppure recuperato e riutilizzato
nel corso dello stesso intervento chirurgico. In Italia ogni anno si eseguono
circa 5.000 operazioni avvalendosi di metodi alternativi alle trasfusioni da
donatore, mentre si calcola che il cinque per cento di tutto il sangue conservato
nelle sacche che vengono aperte in sala operatoria sia destinato agli stessi
pazienti da cui è stato prelevato in precedenza.
Le motivazioni
I motivi che spingono i malati a richiedere tecniche alternative non sono soltanto
religiosi. L'uso di sangue proveniente da donatori, infatti, espone al rischio
di infezioni e, secondo studi recenti, rallenta il recupero fisico dopo l'operazione
rispetto all'utilizzo del sangue proveniente dal paziente stesso. Inoltre, le
trasfusioni tradizionali indeboliscono le difese immunitarie dellorganismo
ed espongono al rischio di infiammazioni e infezioni anche dopo l'intervento
chirurgico.
«A questo si aggiunga il fatto che la necessità di rendere sicure
le trasfusioni ha comportato una selezione sempre più stringente dei
donatori e che in alcune aree geografiche la disponibilità a donare sangue
è limitata», spiega Lelio Mario Sarteschi, esperto di metodi alternativi
alle trasfusioni dell'Università di Pisa. «Questo si traduce in
una pericolosa riduzione delle scorte di sangue, specialmente in certi periodi
dellanno».
MARGHERITA FRONTE