Lequilibrio
mentale può essere compromesso da delusioni cocenti, contrarietà e sofferenze. "La
semplice oppressione può far agire follemente il saggio" (Ecclesiaste 7:7). Chi si
sente frustrato può trovare difficile controllare i propri sentimenti. Le condizioni di
demoralizzazione e di depressione (intesa questa sia come sintomo che come vera e propria
entità nosologica) possono indurre il suicidio. David Satcher, la massima autorità
sanitaria U.S.A. ha rivelato: "E difficile credere che siano morte più persone
per suicidio che per omicidio, ma è una triste realtà". Lespressione greca
tradotta anime depresse di I Tessalonicesi 5:14 significa alla lettera quelli
di poca anima. Questo termine illuminante delle Sacre Scritture ci presenta il
depresso (o con il solo sintomo o malato veramente) come se avesse o sentisse di avere
meno vita). Questo è quanto riscontrano i medici e chiunque osservi un depresso con un po
di partecipazione. Cè meno vitalità e, non raramente, meno voglia di vivere. E
un momento di pericolo. E giusto impiegare il termine momento, perché la
depressione è un turbamento temporaneo con un trend di autorisoluzione. Nel frattempo
occorre impedire che si complichi, che degeneri, che si comprometta irrimediabilmente con
un gesto autolesionistico anche estremo. Limitare i danni è la parola dordine.
Chi
si sente debole o depresso non decida, deleghi i poteri
di Francesco Alberoni
Non dobbiamo mai prendere
decisioni quando siamo depressi.
Non dobbiamo mai prendere
decisioni quando siamo ammalati.
Non dobbiamo mai prendere
decisioni quando siamo deboli.
E'
meglio restare immobili e nasconderci come fanno gli animali feriti. Dobbiamo anche
diffidare dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti, delle nostre previsioni. In questi
giorni la televisione ed i giornali riportano il caso di due ragazzi che si sono
suicidati. Il primo perché aveva visto il suo nome pubblicato in mezzo a quello dei
pedofili, l'altro perché arrestato dopo una rissa. Due giorni dopo veniva scagionato. Per
fortuna talvolta le conseguenze sono riparabili. Un mio amico, lasciato dalla moglie,
rovinato economicamente, si era lasciato schiacciare dal pessimismo. Abbandonata la
città, rotti i rapporti con tutti, si era messo a vivere come un barbone. Poi,
lentamente, ha ritrovato la fiducia in sé stesso, ha iniziato una nuova attività e
riconquistato il successo. Quando siamo depressi, deboli, incerti dobbiamo anche diffidare
delle pressioni e dei suggerimenti che ci vengono dall'esterno, perché non li sappiamo
valutare obiettivamente, perché non abbiamo forza critica, perché siamo suggestionabili
e facili prede dell'ansia. Possono diventare pericolosi perfino i nostri amici, che, in
buona fede, ci bombardano di informazioni, ci impegnano in discussioni, ci danno
suggerimenti, ci spingono all'azione. Essi non si rendono conto che, così facendo,
aumentano la nostra angoscia e ci fanno prendere decisioni errate. La vittoria di Cesare
su Pompeo è dovuta, in buona parte, alle pressioni che i senatori, i generali, tutti i
ricchi profughi che avevano seguito Pompeo in Grecia, continuavano a fare su di lui.
Pompeo era stanco, voleva la pace. E loro lo spingevano alla guerra, a dare battaglia. Lo
stordivano con i loro consigli, le loro strategie strampalate, le loro recriminazioni.
Cesare, invece, non rispondeva che a sé stesso. Nello scontro decisivo, ha tenuto
nascosto il piano di battaglia perfino ai suoi generali. Solo all'ultimo momento ha dato
ordini fulminei alle truppe scelte che, sbucate dal nulla, hanno messo in rotta lo
stupefatto esercito avversario grande il doppio del suo. La situazione peggiora quando
entrano in campo coloro che ci vogliono male e approfittano della nostra insicurezza e
della nostra fragilità. Ci mandano informazioni tendenziose per deprimerci, e poi ci
suggestionano fino a farci eseguire i loro piani a nostro danno. Nei famosi processi di
Stalin, i vecchi comunisti rivoluzionari venivano arrestati, diffamati, torturati. Poi,
quando avevano perso la speranza, li convincevano ad autoaccusarsi per il bene del Partito
e con la promessa della libertà. Tutti hanno ceduto. E tutti, poi, sono stati uccisi.
Chi è debole, fragile, malato perciò non discuta, non prenda decisioni, non avalli le
decisioni prese dagli altri. Non ceda né a suggerimenti, né a lusinghe. Se ha una
posizione di grande responsabilità, convochi i suoi tre collaboratori più fidati e
deleghi a loro, in modo totale, ogni potere. Decidano essi, a maggioranza, come agire.
Questa regola non vale solo per i politici e gli imprenditori, ma anche per il padre o la
madre quando sono invalidi. Mentre stanno ancora bene, mentre sono ancora lucidi, scelgano
con cura la persona più intelligente e più saggia, quella che saprà fare l'interesse di
tutti. E, nel momento del bisogno, diano a lei, e solo a lei, ogni potere e comando.
Pubblico & Privato 09/10/2000 Corriere della sera