Attualità
Biologia
Ecologia
Medicina
Psicologia
Storia
Religione
Recensioni

 

Areopago > Psicologia e Società

Avversita’, sofferenze ed equilibrio mentale

 Decidere di non decidere?

 

L’equilibrio mentale può essere compromesso da delusioni cocenti, contrarietà e sofferenze. "La semplice oppressione può far agire follemente il saggio" (Ecclesiaste 7:7). Chi si sente frustrato può trovare difficile controllare i propri sentimenti. Le condizioni di demoralizzazione e di depressione (intesa questa sia come sintomo che come vera e propria entità nosologica) possono indurre il suicidio. David Satcher, la massima autorità sanitaria U.S.A. ha rivelato: "E’ difficile credere che siano morte più persone per suicidio che per omicidio, ma è una triste realtà". L’espressione greca tradotta ‘anime depresse’ di I Tessalonicesi 5:14 significa alla lettera ‘quelli di poca anima’. Questo termine illuminante delle Sacre Scritture ci presenta il depresso (o con il solo sintomo o malato veramente) come se avesse o sentisse di avere meno vita). Questo è quanto riscontrano i medici e chiunque osservi un depresso con un po’ di partecipazione. C’è meno vitalità e, non raramente, meno voglia di vivere. E’ un momento di pericolo. E’ giusto impiegare il termine momento, perché la depressione è un turbamento temporaneo con un trend di autorisoluzione. Nel frattempo occorre impedire che si complichi, che degeneri, che si comprometta irrimediabilmente con un gesto autolesionistico anche estremo. Limitare i danni è la parola d’ordine.Scrisse Voltaire: "L’uomo che in un accesso di malinconia oggi si uccide, di qui a otto giorni vorrebbe vivere".    La sofferenza emotiva del depresso è uno stato di vulnerabilità mentale transitorio, ma pur sempre di vulnerabilità. Il pericolo maggiore è prendere decisioni sbagliate; entrare in un labirinto senza via d’uscita. Questo è un fatto accertato. Più sarà capito da chi soffre e da chi gli sta attorno, minori saranno le conseguenze del periodo d’umor nero.  "Tu cosa faresti al posto mio?" è spesso l’implicita (ma non sempre) richiesta degli occhi di chi è attanagliato dal dolore emotivo. "Mi devo separare dal coniuge, devo abbandonare quel lavoro, devo….? La decisione che non si intravede personalmente, che non abbia la forza della convinzione, ma che poi comunque deve essere personalmente sostenuta, quante probabilità ha di essere ben concepita e ben realizzata? Se non è assolutamente inderogabile, è meglio consigliare a se stessi o all’amico depresso di aspettare che la nebbia della disperazione si sia un po’ diradata per vederci meglio. La decisione spesso rivelatasi più utile è quella di non decidere subito.

 

 

 

Chi si sente debole o depresso non decida, deleghi i poteri
di Francesco Alberoni

Non dobbiamo mai prendere decisioni quando siamo depressi.

Non dobbiamo mai prendere decisioni quando siamo ammalati.

Non dobbiamo mai prendere decisioni quando siamo deboli.

E' meglio restare immobili e nasconderci come fanno gli animali feriti. Dobbiamo anche diffidare dei nostri pensieri, dei nostri sentimenti, delle nostre previsioni. In questi giorni la televisione ed i giornali riportano il caso di due ragazzi che si sono suicidati. Il primo perché aveva visto il suo nome pubblicato in mezzo a quello dei pedofili, l'altro perché arrestato dopo una rissa. Due giorni dopo veniva scagionato. Per fortuna talvolta le conseguenze sono riparabili. Un mio amico, lasciato dalla moglie, rovinato economicamente, si era lasciato schiacciare dal pessimismo. Abbandonata la città, rotti i rapporti con tutti, si era messo a vivere come un barbone. Poi, lentamente, ha ritrovato la fiducia in sé stesso, ha iniziato una nuova attività e riconquistato il successo. Quando siamo depressi, deboli, incerti dobbiamo anche diffidare delle pressioni e dei suggerimenti che ci vengono dall'esterno, perché non li sappiamo valutare obiettivamente, perché non abbiamo forza critica, perché siamo suggestionabili e facili prede dell'ansia. Possono diventare pericolosi perfino i nostri amici, che, in buona fede, ci bombardano di informazioni, ci impegnano in discussioni, ci danno suggerimenti, ci spingono all'azione. Essi non si rendono conto che, così facendo, aumentano la nostra angoscia e ci fanno prendere decisioni errate. La vittoria di Cesare su Pompeo è dovuta, in buona parte, alle pressioni che i senatori, i generali, tutti i ricchi profughi che avevano seguito Pompeo in Grecia, continuavano a fare su di lui. Pompeo era stanco, voleva la pace. E loro lo spingevano alla guerra, a dare battaglia. Lo stordivano con i loro consigli, le loro strategie strampalate, le loro recriminazioni. Cesare, invece, non rispondeva che a sé stesso. Nello scontro decisivo, ha tenuto nascosto il piano di battaglia perfino ai suoi generali. Solo all'ultimo momento ha dato ordini fulminei alle truppe scelte che, sbucate dal nulla, hanno messo in rotta lo stupefatto esercito avversario grande il doppio del suo. La situazione peggiora quando entrano in campo coloro che ci vogliono male e approfittano della nostra insicurezza e della nostra fragilità. Ci mandano informazioni tendenziose per deprimerci, e poi ci suggestionano fino a farci eseguire i loro piani a nostro danno. Nei famosi processi di Stalin, i vecchi comunisti rivoluzionari venivano arrestati, diffamati, torturati. Poi, quando avevano perso la speranza, li convincevano ad autoaccusarsi per il bene del Partito e con la promessa della libertà. Tutti hanno ceduto. E tutti, poi, sono stati uccisi.
Chi è debole, fragile, malato perciò non discuta, non prenda decisioni, non avalli le decisioni prese dagli altri. Non ceda né a suggerimenti, né a lusinghe. Se ha una posizione di grande responsabilità, convochi i suoi tre collaboratori più fidati e deleghi a loro, in modo totale, ogni potere. Decidano essi, a maggioranza, come agire. Questa regola non vale solo per i politici e gli imprenditori, ma anche per il padre o la madre quando sono invalidi. Mentre stanno ancora bene, mentre sono ancora lucidi, scelgano con cura la persona più intelligente e più saggia, quella che saprà fare l'interesse di tutti. E, nel momento del bisogno, diano a lei, e solo a lei, ogni potere e comando.

 

Pubblico & Privato 09/10/2000 Corriere della sera

Areopago > Psicologia e Società