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LA CHIESA SI DIVIDE SULL'INFERNO
Io dico che non c'è, e io che è vuoto
In principio fu Lombardi Vallauri. Poi venne Prini. E perfino il papa. Con una
tesi sulle fiamme eterne che piace poco ai gesuiti...
di Sandro Magister
Non c'è pace per l'inferno. Quest'estate Giovanni Paolo II ne ha preso le difese. I
gesuiti della "Civiltà Cattolica" anche. Ma non sono riusciti a mettere a
tacere i due ribelli che hanno in casa: i professori Pietro Prini e Luigi Lombardi
Vallauri, entrambi negatori pubblici della dottrina della dannazione eterna. Domenica 22
agosto "Avvenire", il quotidiano dei vescovi, ha ospitato un contrattacco di
Prini e una controreplica del teologo principe della "Civiltà", padre
Giandomenico Mucci. Sempre con l'inferno di mezzo.
Il bello di Prini e di Lombardi Vallauri è che sono entrambi uomini di Chiesa. Il primo,
filosofo di fama e grande studioso dell'esistenzialismo, è stato a lungo corteggiato
dall'Opus Dei. E padre Mucci continua a definirlo tuttora «voce autorevole del pensiero
cattolico». Mentre il secondo è supercattolico già di famiglia. È cugino del gesuita
Federico Lombardi, l'attuale capo della Radio vaticana, e nipote di padre Riccardo
Lombardi, il celebre "microfono di Dio" degli anni Cinquanta. Non solo, per
vent'anni l'Università cattolica di Milano gli ha affidato la cattedra prestigiosa di
filosofia del diritto. Da cui l'ha licenziato un anno fa proprio per le sue tesi
dissacratorie sull'inferno.
Queste sue tesi, Lombardi Vallauri non le ha mai messe per iscritto. Tant'è vero che, per
controbattere, "La Civiltà Cattolica" ha dovuto prendere a bersaglio
l'intervista del professore all'"Espresso" del 19 novembre scorso. Ma le ha
insegnate per anni. Una sua allieva alla Cattolica, Elisabetta Rovati, ha riferito, sempre
all'"Espresso", che «il professore affermava che l'inferno non esiste. Dopo la
morte, egli riteneva, la nostra anima sarà investita da un calore fortissimo, di
intensità proporzionale alla gravità dei nostri peccati, per poi accedere, un volta
purificata, necessariamente e sempre al paradiso, aperto a tutti».
Prini, invece, ha esposto per bene le sue ragioni in un libro, "Lo scisma
sommerso", edito da Garzanti e giunto in breve alla seconda edizione. Nel titolo
allude allo scisma di fatto delle masse cattoliche d'oggi: al loro silenzioso rifiuto dei
dogmi non più in linea con le conquiste delle scienze umane contemporanee. Tra questi
dogmi respinti, Prini mette il paradiso terrestre e il peccato originale, la confessione e
i fulmini antisesso. E naturalmente l'inferno.
In effetti, la credenza nella dannazione eterna è sicuramente in ribasso. Stando alle
classifiche più accreditate, oggi in Europa si crede ancora parecchio in Dio, un po' meno
in Gesù Cristo, molto meno nel paradiso e ancor meno, sotto il 25 per cento, nel diavolo.
E l'inferno? Ancora più giù, in zona retrocessione. Prini, su "Avvenire", è
tornato a incolpare di questo la Chiesa. Perché si ostina a presentare l'inferno in modo
inaccettabile agli uomini dell'«epoca delle scienze»: come una vendetta del Dio offeso.
Per giunta eterna, nonostante la volontà dell'uomo non sia abbastanza libera per
meritarsi un simile contrappasso.
Nella sua controreplica il teologo della "Civiltà Cattolica", padre Mucci,
imputa a Prini di non capir nulla del «linguaggio simbolico» con cui la Bibbia parla
dell'inferno. E quanto alla libertà umana, ribadisce che sia l'inferno che il paradiso ne
sono proprio «la figura limite». Sono il «prolungamento dell'istante di quella
decisione libera» pro o contro Dio che fa la grandezza dell'uomo.
Ma c'è di più. Il pepe di questa polemica sull'inferno è che essa non solo prende di
punta i due cattolici ribelli Lombardi Vallauri e Prini. Ma sfiora anche Giovanni Paolo
II. Risvegliando dal sonno una teoria che percorre l'intera storia della Chiesa, e per la
quale anche l'attuale papa ha un debole.
La teoria è quella che il suo inventore del secolo III, Origene di Alessandria, chiamò
"apocatàstasi". Una sorta di bonifica dell'inferno, di sua finale
cancellazione, col ripristino di tutte le creature nella bontà originaria, compresi i
diavoli. Ai giorni nostri, a rilanciarla in campo cattolico è stato il grande teologo
svizzero Hans Urs von Balthasar, con la celebre tesi: «L'inferno c'è, ma è vuoto». E
se in antico Origene fu condannato, Balthasar, invece, Giovanni Paolo II l'ha fatto
cardinale. Non solo. Papa Karol Wojtyla, nel suo libro intervista "Varcare le soglie
della speranza", confessa d'essere attratto da entrambe le tesi: sia quella
dell'inferno eterno, «ultima tavola di salvezza per la coscienza morale dell'uomo», sia
quella della sua abolizione finale. «Il problema è rimasto», dice, per cui fa bene la
Chiesa a mantenere il silenzio sul destino finale degli uomini. «Di nessuno, neppure di
Giuda, si può parlare con sicurezza di eterna dannazione».
E "La Civiltà Cattolica"? Scrive che affermare che l'inferno è vuoto e che
l'infinita misericordia di Dio salverà tutti «non è teologicamente né pastoralmente
utile». Perché una simile affermazione «toglie ogni serietà alla vita umana». Gesuiti
più papisti del papa.
Espresso (02.09.1999)
http://www.espressoedit.kataweb.it/cgi-bin/spd-online.pl?tablename=e&ft_cid=31774