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Sindone, Fatima e Lourdes:
il cardinal Biffi autorizza
a non crederci
La posizione ufficiale della Chiesa su reliquie e apparizioni è molto più liberale di quanto si creda
di Sandro Magister

C’è un Giubileo minore, accanto a quello di Roma. E si svolge a Torino. Attorno alla Sindone. L’afflusso di pellegrini è anche lì intenso e continuo, dall’Italia e da tutto il mondo. Molti si confessano: da 159 confessori che assicurano una presenza costante e un ascolto in tutte le lingue, anche in swahili, o in tamil, o in giapponese.

La Sindone è il telo che avrebbe avvolto Gesù nel sepolcro, con l’impronta del suo corpo. Avrebbe. Perché non c’è alcuna certezza razionale che così sia avvenuto in realtà. Un’analisi col carbonio 14 ha datato la Sindone al medioevo. Ma la validità di quest’analisi è anch’essa disputata. C’è insomma chi ritiene la Sindone una “reliquia” autentica della sepoltura di Gesù. E chi invece la giudica semplicemente una “icona”, un’immagine simbolica. Quando la polemica fra le due parti si accende, i primi si trovano accusati d’essere fondamentalisti, i secondi d’essere razionalisti, o peggio, protestanti e massoni.

La novità di questo Giubileo bis è che la Chiesa ha preso una posizione ufficiale nella disputa. Riconoscendo le ragioni di entrambi gli schieramenti. A esporre la posizione ufficiale è stato monsignor Giuseppe Ghiberti, professore di Sacra Scrittura e coordinatore del Comitato che presiede al Giubileo della Sindone. L’ha fatto in un articolo sulla rivista “Il Regno”.

Dice Ghiberti che è «quasi utopistico» cercare di individuare una posizione mediana tra le due in campo. Ma proprio «il margine di incertezza che ci lascia lo studio sulla Sindone» ha «una funzione educativa». Perché il corretto rapporto religioso con la Sindone «è di natura prescientifica». «Non si può chiamare certo ciò che è probabile». L’importante è «concentrarsi sull’essenziale del messaggio», che è Gesù crocifisso. Anche papa Giovanni Paolo II, in visita a Torino nel 1998, si astenne dal chiamare la Sindone «reliquia».

Sul discusso telo torinese si è anche pronunciato di recente il cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, in un’intervista a “Nuntium”, il periodico della Pontifica Università Lateranense: «Alla Sindone il credente può non crederci. Mentre il non credente non può credere all’autenticità della Sindone permanendo nell’incredulità rispetto a ciò che la Sindone significa».

Il cardinale Biffi mira a mostrare come il campo di scelta del credente, proprio grazie alla fede, non è più ristretto, ma più ampio di quello dell’incredulo. E a questo proposito ha fatto anche altre interessanti osservazioni.

«Penso che questa strana umanità», ha detto, «non credendo più a niente, finisce con il credere a tutto, persino a Fatima. È un paradosso, ma mentre i laici finiscono col credere ai miracoli, io che sono un credente non ci credo; credo totalmente alla possibilità del miracolo, ma prima di dire “questo è un miracolo”, eh cari miei, ce ne passa. Il credente è nello stesso tempo più rigoroso e più libero; è invece più facile che chi è disorientato creda a qualunque cosa. Io posso negare l’apparizione di Lourdes senza per questo essere eretico: Lourdes non fa parte del patrimonio della fede».

Espresso (23.08.2000)

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