Viaggio
nelle terre e nei miti della conquista cristiana
La guerra santa dell'Occidente
di
GAD LERNER
GERUSALEMME - Ai corni di Hittin
non c'è neanche una croce. Solo il vento rovente di luglio incanalato tra due speroni di
roccia, e l'erba gialla pronta a trasformarsi in fuoco, ricordano l'atroce beffa
dell'esercito crociato in preda alla sete che vedeva laggiù, a una galoppata di distanza,
l'acqua del Mar di Galilea, con la cittadella di Tiberiade sotto assedio ma ancora
resistente in mano alla moglie del conte Raimondo, proprio lì dove oggi sorge un aquafan
israeliano. Gli sterpi incendiati dall'esercito di Saladino tutt' intorno, le armature dei
Templari affumicate, il nitrire dei cavalli terrorizzati, annunciavano il primo naufragio
della neonata idea di Occidente; la prima riscossa dell' Oriente colonizzato dalla
Cristianità.
Per questo Hittin è un lembo di Terrasanta da dimenticare.
Nessuno, turista o pellegrino, si spinge fin quassù. A metà salita i seguaci di una
moderna Chiesa della Profezia provenienti da Cleveland, Tennessee, hanno lasciato un
versetto di San Marco inciso su lapide e una lattina di Coca Cola: del tutto ignari
riguardo al destino dei loro confratelli, milleduecento cavalieri e quindicimila fanti,
caduti all'alba del 4 luglio 1187 nella gola sovrastante, proprio in mezzo ai due Corni,
quando ancora combattere per il Vangelo poteva dirsi opus Dei. Il sentiero prosegue fin
là dove si consumò la distruzione dell'esercito crociato e fu catturato un reuccio
mediocre come Guido di Lusignano, succeduto con l'intrigo all'ottimo re lebbroso Baldovino
IV, mancato a 24 anni dopo undici di regno e al nipote di lui, re Baldovino V, morto
all'età di 9 anni. Nello stesso luogo, uccidendo il vescovo di Acri, gli infedeli
saraceni si erano impossessati in battaglia della reliquia più preziosa, il Vero Legno
della Santa Croce, ponendo infine le basi dell'evento ricordato nei loro libri come
"La liberazione della Sposa", cioè la riconquista di Gerusalemme.
Da allora la città di Cristo non avrebbe mai più avuto un re cristiano, se si eccettua
la tracotanza dello scomunicato imperatore Federico II che nel 1229, raggiunto un
compromesso con i musulmani, varcò la soglia del Santo Sepolcro e da solo, con le sue
stesse mani, si pose in capo la corona di un regno fasullo durato non più di quindici
anni. Si sarebbe dovuto attendere l'11 dicembre 1917 perché di nuovo un occidentale, il
generale Allenby, varcasse la porta di Jaffa da vincitore: con superbia tutta britannica
dichiarò ai funzionari turchi di essere venuto a restaurare l'antica gloria di Riccardo
Cuor di Leone, quasi vi fosse un diritto crociato da ripristinare su Gerusalemme. Ma anche
lui aveva sbagliato paragone, perché neppure il grande re Riccardo era mai riuscito a
piegare il Saladino che tra una battaglia e l'altra gli inviava nella tenda pere, pesche e
neve del monte Hermon, ma lo rispedì in Inghilterra senza aver messo piede nel Santo
Sepolcro.
Raggiungo finalmente lo spiazzo dell'ecatombe di Hittin, col panorama rigoglioso di una
Galilea davvero latte e miele ai miei piedi. Due cactus, gli ulivi sull'orlo del dirupo,
una quantità incredibile di escrementi equini come lascito di ben altre cavalcate, una
coppietta di ragazzi israeliani venuti su col gippone per fare l'amore. Fingo di non
vederli e col vento che strappa le pagine provo a leggere i cronisti medievali, in fondo
così simili ai teorici contemporanei delle etno-religioni. Qui aveva termine, a
ottantotto anni precisi dalla sua nascita, quel regno franco di Gerusalemme che avrebbe
lasciato un segno indelebile nella civiltà europea e mediterranea, scaturito dal furore
mistico dell'Anno Mille e dall'avventura vittoriosa della Prima Crociata di cui celebriamo
oggi i novecento anni.
L'anniversario avrebbe dovuto condurmi subito a Gerusalemme, perché il 15 luglio 1099
Goffredo di Buglione per primo col suo castello di legno su ruote costruito dai genovesi
s'impossessava della Porta dei Fiori e spalancava all' intero esercito crociato l'accesso
alla città dalla più larga porta di Damasco. Ma le dure lezioni della Storia inducono a
cominciare dalla fine, non dalla Gerusalemme liberata bensì dalla Roncisvalle
palestinese, e per trovare il perché basterà attraversare stasera la Valle del Giordano,
risalire il deserto dall'oasi di Gerico, trafficatissima per via del nuovo casinò, e
godersi infine il tramonto dal Montjoie (Monte della Gioia) con gli occhi dei crociati che
dalla sua cima il 7 giugno 1099 videro per la prima volta il profilo della Città Santa,
dopo tre anni di marcia. Lì la commozione dei pellegrini armati diede vita a una
basilica, oggi in rovina, mentre le sono sopravvissute, poste una su l'altra, la sinagoga
e la moschea invano a suo tempo cancellate dai seguaci di Cristo, entrambe dedicate a
onorare la tomba del profeta Samuele e dunque in perenne conflitto tra loro. Il panorama
biblico innaturalmente ricoperto di troppe case, con la vecchia Gerusalemme e le sue mura
che ormai s'intravedono appena incassate dietro al Monte degli Ulivi, parlano da soli e
dicono alla Chiesa cattolica le dimensioni epocali della sua sconfitta nel luogo in cui
nacque.
I vasti conglomerati edilizi con cui invano gli israeliani cercano di sfregiare la
bellezza di Gerusalemme, brulicano di ebrei, e da lontano molti sembrano perfino
scarafaggi neri vista la prevalenza degli ortodossi sui laici che preferiscono emigrare a
Tel Aviv. Dunque alla fine del Millennio la città è piena di chiese e vuota di
cristiani: su 600 mila abitanti, circa 450 mila sono ebrei e 140 mila musulmani. I seguaci
di Cristo sono ridotti a 14 mila appena e divisi in trenta confessioni diverse. In tutto
il Medio Oriente, i cattolici rappresentano l'1,6 per cento della popolazione. Esiste
forse una risposta più chiara sull'esito delle Crociate? E sul perché il viaggio del
ricordo comincia da Hittin?
Annientato a luglio l'esercito crociato, Saladino - il condottiero curdo artefice di
un'unità musulmana vasta dallo Yemen fino all'Egitto - avrebbe potuto permettersi di
entrare nella Città Santa venerdì 2 ottobre 1187 da signore generoso, senza più
spargervi sangue cristiano. Purificò dunque i luoghi sacri all'Islam cospargendovi acqua
di rose, e decise di conservare intatta la chiesa del Santo Sepolcro ponendola sotto
custodia di una famiglia musulmana il cui erede, Waji Nusseibe, ancor oggi ne detiene le
chiavi e vi regola l'accesso. Ben altro era stato il comportamento dei crociati, nel 1099,
quando non un musulmano né un ebreo sopravvissero entro la cinta muraria. Ma per non
farsi troppe illusioni sulla generosità del Saladino, sarà bene ricordare che i suoi
conti con la Guerra Santa il Sultano li aveva già regolati qui a Hittin.
Lasciamo che a parlare sia Imad ad-Din, suo segretario personale, testimone oculare, nella
traduzione di Francesco Gabrieli. Dopo aver ricevuto con ogni riguardo nella sua tenda re
Guido e gli altri nobili franchi sconfitti (da allora in arabo "franchi"
significa "europei"), Saladino fece radunare i Templari e gli Ospitalieri, cioè
i monaci- cavalieri della Terrasanta che per la prima volta nella storia della
cristianità avevano preso i voti e la spada al tempo stesso, come accadrà ancora nel
nostro secolo in Spagna e in Croazia: "Purificherò la terra di queste due razze
impure", fu il suo annuncio. "C'era presso di lui tutta una schiera di dottori e
sufi, e un certo numero di devoti e asceti: ognuno chiese di poterne ammazzare uno, e
sguainò la spada, e si rimboccò la manica. Il Sultano era assiso con lieto viso, mentre
i miscredenti eran neri, le truppe stavano schierate, gli emiri ritti in doppia fila. Ci
fu chi fendette e tagliò netto, e ne fu ringraziato; e chi si ricusò e fallì, e ne fu
scusato; e chi fece ridere di sé, e altri prese le sue veci. Vidi lì chi sghignazzava e
ammazzava, chi diceva e faceva: quante promesse adempì quante lodi acquistò, e premi
perpetui si assicurò col sangue fatto versare, e opere pie si aggiudicò con un collo da
lui troncato! Quante lame tinse di sangue per una ambita vittoria... quante infermità
curò col rendere infermo un Templario...".
L'esecuzione di massa dei monaci-guerrieri fu orrenda. Ma il massacro crociato del 15
luglio 1099 a Gerusalemme era stato senza eguali. "Si vedevano mucchi di teste, di
mani, di piedi", scrive compiaciuto il cronista Raimondo di Aguilers. Il normanno
Tancredi, giunto dall'Italia meridionale con lo zio Boemondo, aveva raggiunto per primo la
spianata sacra agli ebrei e ai musulmani. Nel 638 il califfo Omar vi aveva eretto la
Cupola d'oro sopra la Roccia del sacrificio di Isacco, dove secondo il Corano Maometto
pregò con Abramo, Mosé e Gesù prima di ascendere al Cielo; poco distanti il califfo,
amico del Profeta, aveva edificato la moschea di Al-Aqsa sulle fondamenta del Tempio di
Salomone. È qui che prosegue il racconto di Raimondo di Aguilers: "Se dirò la
verità, essa supererà la vostra capacità di credervi. E quindi vi basti questo: nel
Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava nel sangue fino alle ginocchia e alle
briglie. Senza dubbio, fu una punizione divina giusta e splendida il fatto che questo
luogo fosse riempito del sangue dei non credenti, poiché per tanto tempo aveva sofferto
dei loro atti blasfemi". Dobbiamo aggiungere che il Duomo della Roccia fu trasformato
in chiesa (templus Domini) e la moschea di Al-Aqsa (templus Salomonis) dapprima in reggia
e poi in sede dell'Ordine dei Templari. Oggi ai cristiani e agli ebrei vi è rigorosamente
vietato pregare. Neanche Dio può essere più lo stesso dopo una tale guerra combattuta
nel suo nome? La Crociata bandita il 27 novembre 1095 al Concilio di Clermont-Ferrand da
papa Urbano II al grido di Deus lo vult, sommergendo in una colossale ondata di fede le
anime inaridite del Medio Evo d'Occidente, scioglieva così il suo voto quattro anni dopo
nel sangue degli infedeli. Cammin facendo aveva già provocato in Germania il primo
massacro europeo degli ebrei, accomunati da Pietro l' Eremita e dagli altri predicatori ai
musulmani in quanto figli degeneri della stessa terra, l' empio Oriente; aveva
saccheggiato le popolazioni slave dei Balcani; insidiato la metropoli imperiale cristiana
di Costantinopoli e la sua eterna Chiesa di rito bizantino; sottratto ai turchi
selgiuchidi le recenti conquiste di Nicea, Antiochia, Edessa. Finalmente riunito sotto le
insegne pontificie, l'Occidente cristiano si ergeva insomma a nemico storico di tutti i
popoli mediterranei contraddistinti da alfabeti diversi da quello latino (cirillico,
greco, arabo, persiano ebraico). Il suo stesso tragitto da Worms a Belgrado, dall'Albania
all'Asia Minore, segnerà i confini di un'ostilità perdurante nei secoli fino ad oggi.
Per 300 anni il Medio Oriente era stato cristiano e imperiale, da Costantino a Eraclio.
Poi erano venuti quattro secoli di egemonia dell'Islam. Ora i nobili e gli straccioni
crucesignati avventurosamente giunti dalla Francia, dall'Italia, dalla Germania,
dall'Inghilterra, chi per fede e chi in cerca di fortuna, nell'affermare la cristianità
dei Luoghi Santi escludevano qualsivoglia spirito missionario, trattavano i confratelli
orientali alla stregua dei miscredenti e si presentavano come i dominatori del Tempo
Nuovo. Noi oggi sappiamo che il regno latino di Gerusalemme durerà solo 88 anni, fino al
fatidico 1187, annus horribilis della cristianità. Ma gli storici c'insegnano a
considerarlo davvero l' inizio di un Tempo Nuovo che si protrae fin nell'oggi. Per usare
le parole dell'israeliano Joshua Prawer, quel regno va considerato il primo esperimento di
società coloniale europea. Anzi: "L'Europa divenne maggiorenne alla fine dell'XI
secolo" e su quelle stesse basi nei successivi cinquecento anni "un'irrompente
Europa sarebbe dilagata con forza per tutto il mondo, diffondendovi le sue genti, le sue
istituzioni, la sua cultura". È come dire che l'idea di Occidente s'inaugura
attraverso le Crociate, e il loro furore mistico - oggi diremmo l'indirizzo etico
dell'Alleanza Occidentale - assume la forma di un progetto coloniale.
Al vecchio Prawer giovedì intitoleranno una via di Gerusalemme proprio sotto il Montjoie,
nel corso di una conferenza internazionale di studiosi. Il maggior esperto italiano di
Crociate, Franco Cardini, ha curato la traduzione del suo libro fondamentale (Joshua
Prawer, Colonialismo medievale, Jouvence editore) che reca in epigrafe il sogno di
Fulcherio di Chartres, cronista e cappellano di re Baldovino I: "Riflettete, di
grazia, e considerate come ai nostri tempi Iddio abbia trasferito l'Occidente in Oriente.
Noi, che eravamo occidentali, siamo divenuti orientali... Alcuni hanno preso moglie, e non
già soltanto una proveniente dalla nostra gente, ma magari una Siriana, un'Armena,
perfino una saracena che abbia ricevuto la grazia del battesimo". Magari fosse andata
davvero così; in verità i coloni europei rimasero corpo estraneo e separato, nonostante
la costellazione preziosa di chiese e castelli, segno inconfondibile impresso su tutta la
Palestina: la stessa Città Vecchia di Gerusalemme è stata conservata dai turchi fino ad
oggi più o meno come l'avevano ereditata dai crociati.
Le armate brancaleone dei crociati avrebbero globalizzato il mondo dell'XI e del XII
secolo, facendo la fortuna delle Repubbliche marinare italiane, antesignane delle grandi
compagnie commerciali inglesi e olandesi. Quel mondo descritto ancora dall'ultimo romanzo
di Abraham B. Yehoshua (Viaggio alla fine del millennio, Einaudi) come ricco ed evoluto al
Sud, povero e barbaro al Nord, stava così per capovolgersi. Vi irrompe l'equazione che lo
storico Emmanuel Sivan rintraccerà in tutta la cultura successiva, fino a oggi:
Occidente-Materialismo, Oriente-Spiritualità. A tal punto che in Salman Rushdie il
disorientamento, la perdita dell'Oriente, corrisponderà alla perdita del senso stesso
della vita.
Ma cosa cercavano davvero i crociati? Nello studioso cattolico Paul Alphandéry lo spirito
di crociata è eterno, meravigliosa manifestazione di fede. Il nostro Franco Cardini
esalta nonostante tutto il valore dell'incontro con l'Islam rispetto al trauma della
guerra santa. Steven Runciman, autore dell'ottima Storia delle crociate pubblicata da
Einaudi, pone l'accento sulla ricerca di terre, soldi e potere. Un racconto cupo, gotico,
disperato è quello che lo scrittore israeliano Amos Oz dedica a Guglielmo di Touron,
immaginario signorotto che prende la croce inseguendo le sue angosce, ossessivamente
antisemita, destinato a scoprire che "la Gerusalemme tanto desiderata non era una
città, ma l'ultimo legame con una vita ai bordi dell'agonia". Tutto questo dovremo
attingerlo dentro le biografie straordinarie, irripetibili, degli uomini che lasciarono
l'Europa all'alba del nuovo Millennio. Dovremo viaggiare insieme a loro, intorno alle
radici assurde di una guerra santa che ancora ci affligge. Tra la vittoria di Gerusalemme
e la sconfitta di Hittin possono darcene la misura due figure agli antipodi come Goffredo
di Buglione e Rinaldo di Chatillon. L'eroe e l'infame, entrambi belli e affascinanti.
Goffredo, duca di Lorena, che la leggenda voleva discendente da un cigno, aveva venduto
ogni suo bene per inquietudine e fede religiosa. Non era un gran soldato e fu la sua
modestia a valergli il regno di Gerusalemme cui mai egli avrebbe osato aspirare. A quel
punto fu sopraffatto dal dubbio: come osare di assumere il titolo monarchico, "nella
città del Re dei re"? E fu così che preferì definirsi più umilmente Advocatus
Sancti Sepulchri, uno scrupolo che non sfiorò neppure il suo abile fratello Baldovino,
già conte di Edes e poi primo re dei latini.
L'avvenente Rinaldo invece era uno spiantato cavaliere giunto dall'Europa in cerca di
fortuna. Conquistò il cuore della principessa di Antiochia, e con esso le sue proprietà.
Di lì perpetrò il saccheggio della cristiana Cipro e umiliò il patriarca greco
ricoprendolo di miele e piume. Caduto prigioniero per lunghi 14 anni dei signori musulmani
di Aleppo, appena liberato prese la mano e la signoria di Eschiva di Transgiordania. Ne
fece la nuova base delle sue scorrerie, fino a concepire una spedizione corsara per
impossessarsi niente meno che di Medina e della Mecca. E poi fu sempre lui a depredare una
ricca carovana di pellegrini islamici, violando la tregua stipulata dai franchi col
Saladino. Davvero non c'è da stupirsi se infine, tra i prigionieri dei corni di Hittin,
il Sultano lo onorò della sua attenzione, provvedendo personalmente a mozzargli la testa
con un colpo di spada.
(13 luglio 1999)
http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/crociate/lerner/lerner.html