taxonomy | a global taxonomical machine [AM 136]

Taxonomy is a project by self taught musician and composer Elio Martusciello. Electro-acoustic music has his main interest, but he also likes to be involved in live improvisation. His collaborations are many. As Schismophonia he forms a duo with guitarist Mike Cooper. He released albums together with his brother Maurizio. And of course we should not forget to mention Ossatura, his trio with Fabrizio Spera and Luca Venitucci. His newest project is also of a trio format. Taxonomy is Graziano Lella (computer), Roberto Fega (sampling and signal processing) and Martusciello himself on guitar and electronics. Fega is originally a sax and clarinet player who started his career in the avant-garde rock group Dura Figura. The same for bass player and sax-player Lella . Both discovered through workshops by Tim Hodgkinson a.o. new territories. And now with Taxonomy they enter the world of electro-acoustic and musique concrete. In 9 pieces they give a demonstration of their craftsmanship. According to the liner notes all tracks are composed by the three musicians, but I suppose improvisation played a role in the composing process. In most pieces they make use of a wide dynamic range. Noisy and loud sections disappear in long silent parts. Sound or prerecorded music coming from acoustical instruments is followed by and mi xed up with electronic soundsources. All tracks are built up in their own way and are colored by specific sounds. A track like 'Behind Me' is the outsider on this album. Its a long and silent track. Not much happening here, where as in most pieces it is an ongoing busyness of all kinds of sounds. The album is very well produced. The music sounds very clear, and so its impossible to miss any detail.

[Dolf Mulder, Vital Weekly]


An Italian trio is behind the bandname Taxonomy. Graziano Lella, Elio Martusciello and Roberto Fega together explore the possibilities between improvisation and noise. Martusciello and Fega are also part of the improvisation group Ossatura, so some of you will have an idea what to expect. Taxonomy presents nine tracks in which calm moments are followed by sudden outbursts, harsh noise is combined with real instruments. The music is full of details and action. A dynamic electro accoustic output.

[Paul Bijlsma, Phosphor]


A Global Taxonomical Machine is fascinating. It is unique. It is intelligently, carefully crafted. However, that doesn't mean you're going to enjoy listening to it. Art with a capital A, this collection of electronic sound collages and vast silences would have been confrontational a decade ago by virtue of its almost total lack of recognizable musical elements. In 2005, most listeners who don't buy their music at Wal-Mart are at least passingly aware of minimalism and sparse electronica, so Taxonomy aren't exactly offering a wholly revolutionary concept. It turns out you can get a pretty cool experience without melody or harmony. We already knew that. Still, if you're willing to invest the effort it requires and deserves, A Global Taxonomical Machine can be quite absorbing -- full of static, fuzz, subliminal clicks and sharp, modem-like sounds. On the rare occasion that something resembling a melody comes into focus, you'll latch onto it like a long-lost sailor to land. Still, a few elements, like the five minutes of complete silence that comes midway through the record, are a little too artsy for their own good. Stuff like that is the main reason you can't expect A Global Taxonomical Machine to provide a conventional reward; what you get out of it will be determined entirely by what you put in.

[Mike Meginnis, Splendid Magazine]


Martusciello, Fega e Lella, come se nulla fosse in punta di piedi e senza strepiti eccessivi ti vanno a generare un dischetto agile e snello che nel giro di pochi ascolti si ritaglia (impossessa) un suo spazio fisso accanto (dentro) al lettore cd. Microstatiche scariche granulose che s’intoppano e s’ingozzano di silenzi (mai troppo silenti) evocativi e placidi spesso interrotti da dolci incursioni acustiche subdole come bacio di serpente. La lente d’ingrandimento utilizzata dai tre è perfetta risultante del lavoro d’affiato creatosi nel corso di numerose pubbliche adunanze che, 1+1+1 generano un percorso acustico fatto di microscopiche celle d’isolamento per singole parti costituenti di ambienti ben più vasti. Elettroacustica vagabonda e ricerca del dettaglio, linea d’ombra acusmatica che come nella bellissima Behind Me attraversa e travalica con economia di suoni diversi strati stilistici non impantanandosi mai per un attimo in nessun luogo fisso. Migrazioni neurali veloci e serene lungo una serie di ellissi sensoriali affascinanti come poche altre in questo periodo razzolando bellamente fra spasmi improvvisativi ed istanze subdolamente minimali; un retrogusto sarcastico di fondo a far la differenza. Sembrano bellissime e strane creature balbettanti cresciute all’ombra di una montagna fatta di dubbi, sembrano creature semplici che subiscono un continuo ed involontario spostamento in avanti nel momento stesso che le si incontra, scorbutiche e poco loquaci; non concedono facili appigli interpretativi se non quello di una fragranza generale che resta a lungo nell’aria dopo il loro passaggio. Una particolare risonanza interiore che scuote nel profondo senza mai essere ostile. Armonia e consapevolezza. Azione e pratica.

[Marco Carcasi, Sands-zine]


Ipotizziamo che l'utopia dell'organizzazione 'scientifica', che i tre strapazzano, venga dall'astrofisico Graziano Lella. D'altra parte, solo Bach è riuscito a portare a 'sistema sonoro' l'universo. Da tempo l'avanguardia (soprattutto elettronica, o che sembra tale) ci 'suona', invece, la deriva dell'umanità (senza dirlo esplicitamente, negandolo anche a se stessa, troppo laica com'è...) e lo squassarsi delle superfici sulle quali camminiamo. Ricordate la frammentarietà leggera degli ultimi dischi di Fega ("Metafonie" e poi "Agosto Romano")? Qui s'addensa e si acciglia, sicuramente, per gli umori di Martusciello, non più solo linee, 'unsettled surfaces', ci viene d'acchito. Dopo l'entrée di Bear Witness against Themselves, semi-elegiaco rondò elettroacustico in bilico su chitarra sghemba, è una speleologia tra suoni e rimbombi, clarinetti registrati chissà dove, frequenze acufeniche, dripping di campionamenti (Light the Fires of Insubordination). Se vi piacciono gli Ossatura accomodatevi, il 'brodo di coltura' è lo stesso: magari al gioco svuotamento-rovesciamento, al calambour di post-produzione si sostituisce un elettro-e-poi-chissà-cos'è-orizzontale, sconnessa, sfregiata da sublimi malfunzionamenti. Dipinto sul Nulla - i Matmos dopo un corto circuito - alla fine si spegne in un'atmosfera-drone tra crepitii terminali e ritorni di segnale. Una classificazione stocastica dell'anima in nove eterodossi frammenti-microcosmi: capitoli isolazionistici, musica sottile e diffusa come una minaccia d'epidemia (Behind Me), un 'inutile macchinismo' servodigitale pieno di sampling e umanità (Eme), glitch da pesce abissale (Euglena). Ci piacerebbe sapere se questa 'tassonomia' vada intesa in senso linguistico, biologico oppure pedagogico. Qual'è la 'globalità' di questo laboratorio sonoro nel quale s'aggirano i fantasmi della sperimentazione... - ancora a sperimentare... a tentare di vivere.

[Dionisio Capuano, Blow Up]


Attendevo con una certa curiosità questo esordio del trio (quasi) romano, e l’attesa è stata ampiamente ripagata da un CD pubblicato con il prestigioso marchio canadese della Ambiances Magnétiques. “A Global Taxonomical Machine” è, assecondando l’idea della eccelsa confezione, un disco di graffiti sonori, scampoli in perenne bilico fra ordine e disordine: più il loro stato di equilibrio appare precario e più il loro aspetto risulta affascinante. Un’altra nota riguarda le strutture che, per quanto ardite, non prevaricano mai il piacere dell’ascolto. La prima pista, Bear Witness Against Themselves, fa immediatamente eco alle mie parole, con quel suo tema da zampognari che si perde, si dissolve, in grumi di voci incontrollate, colpi di tosse e risonanze metalliche. Light The Fires Of Insubordination mantiene la tensione piuttosto alta, con uno spericolato contrasto fra una prima parte molto rumorosa ed una seconda dalle pulsazioni impercettibili, quasi silenti. Ma è nella bellissima melodia tracciata dal clarinetto (Roberto Fega?) e continuamente ‘svergognata’ da suoni illogicamente a-melodici, (Ad Esempio, che il trio raggiunge il suo vertice espressivo. Dopodiché ogni probabilità entra nel limite del possibile, anche il ritmo classicamente jazzy sottinteso nella sezione iniziale di Dipinto Sul Nulla… ma questo ‘avant le désastre’, cioè prima che un voltafaccia trasformi lo stesso titolo in una cosa che rolla come fosse una Gimme Some Lovin’ per la città dell’utopia digitale. È così che Behind Me, una sottile lezione di ambientologia minimale, finisce per essere il momento più scontato di tutta la raccolta. La tensione torna subito su alti livelli con Eme, il pezzo più aggrovigliato e ricco di variazioni, un autentico colpo basso ad ogni idea di stabilità. Segue un breve tratteggio ripetitivo intitolato Exaust Utopias e un frammento di otto secondi ricollegabile a In primo luogo degli Starfuckers (Creare Metafore). Il disco si chiude sulle avvolgenti linee secanti di Euglena che, insieme a Ad Esempio, candiderei per il podio. Un disco super consigliato e da affiancare, nel caso vogliate approfondire, ad alcune ottime realizzazioni soliste dei tre musicisti: “Unoccupied Areas” (ReR) di Elio Martusciello, “Arg” (SIRR.ecords) di Arg / Graziano Lella e “Metafonie” (Aleatory prod.) di Roberto Fega.

[Etero Genio, Kathodik]


La realtà muta continuamente a seconda del punto di osservazione. Una strada non è soltanto una strada, è stata montagna, foresta, probabilmente mare aperto; forse anche poco più di nulla. Il concetto di tempo stesso il più delle volte non è altro che un puro distillato di commercio che poco aggiunge alla vita di un individuo; anzi! Martusciello, Lella e Fega paiono estremamente consapevoli della doppiezza che si agita sotto ogni cosa ed evento, nella loro produzione in solitaria risulta evidente la continua necessità di travalicare gli schemi abusati di certa impro elettroacustica, il modello ideale è la perdita; non la certezza. Il linguaggio di questa uscita unitaria sembra ampliare di molto le singole prospettive offrendosi come ipotetico specchio convesso generante visioni alterate della realtà circostante. Il passaggio di Ad Esempio con la sua linea clarinettistica sibillina a punto interrogativo che si muove su una serie di disturbi di fondo è esemplare nel suo incedere enigmatico, gli scossoni in lontananza paiono reali disturbi del quotidiano che irrompono sulla scena; un cattivo sogno consapevole di essere cattivo ? Probabilmente si. Quando in Eme, fra silenzi e disturbi vari una voce femminile esclama, scamorza e prosciutto prima di essere reingoiata dal suono tutto si chiarifica come d’incanto. Ipotetica colonna sonora per documentario su un Miles Davis che non produce una nota, ipotetica colonna sonora per un documentario sui Throbbing Gristle alle prese con il sugo per la pasta durante le registrazioni di "20 jazz Funk Greats"; ipotetica colonna sonora per un film che deve essere ancora girato. Perfetta conchiglia da accostare all’orecchio in caccia di tesori nascosti, se poi si sente il rumore del mare o meno questo non è un problema; l’importante è la conchiglia e quel che si vuol sentire. Il resto arriverà in seguito da solo, in un’altro momento e non richiesto. Le contorsioni lunari o circensi a seconda del proprio stato d’animo che agitano Dipinto Sul Nulla sono, se possibile, l’ennesima conferma di quanto si diceva prima. Il travalicamento del vedere e sentire. Una strada che parte come strada e poi si tramuta all’improvviso in bosco e poi diventa pietra e poi torna ad essere strada. Senza ombra di dubbio uno degli snodi cruciali della nostra contemporaneità nostrana. Uscite e fatelo vostro ad ogni costo.

[Marco Carcasi, Kathodik]


Si les musiques hors normes vous font peur, la formation italienne TAXONOMY vous propose de traiter cette curieuse frayeur grâce à une thérapie électro-bruitiste. Le traitement consiste à noyer ses oreilles dans un mix de bruits concrets, d’effets électroniques abstraits et de passages acoustiques. Avec ce remède expérimental, vous ferez disparaitre cette terrible phobie sonore…

[Solénoïde]


Taxonomy est un trio italien formé en 2003 et composé de Elio Martusciello (guitare et instruments électroniques), Graziano Lella (ordinateur portable), également connu sous le pseudonyme arg, et Roberto Fega (échantillonnage et traitement). Martusciello n’est pas un inconnu, puisqu’il mène une carrière de compositeur électroacoustique et a remporté de multiples concours dans le monde entier. Mais ici, les musiques sont co-composées avec les autres membres de la formation. De plus, l’improvisation occupe également une large part dans la construction de ces musiques (Martusciello et Fega font d’ailleurs partie du groupe d’improvisation bien connu Ossatura). Les matières sonores présentes A Global Taxonomical Machine démontrent un savoir-faire certain dans l’utilisation de l’outil électroacoustique au travers de la qualité de facture, presque équivalente à ce qu’on peut trouver dans des pures musiques de studio. Taxonomy parvient à relier de manière heureuse des univers variés et des atmosphères sonores contrastées, tantôt agitées, tantôt d’un calme olympien. Malgré ces qualités indéniables, il manque à ces musiques un peu de densité dans l’écriture et surtout une forme. En effet, la succession d’états statiques basés sur des figures sur fond ne donne pas à percevoir une réelle dynamique à l’œuvre dans le temps.

[Roald Baudoux, Les Cahiers de l’ACME]





[Petr Ferenc, Uni]


La breve frase di una chitarra ripetuta e sporcata da una serie di disturbi elettronici che lentamente hanno il sopravvento sull’interno paesaggio sonoro di questa macchina tassonomica globale. Dietro al glitch si nasconde oggi tutto ciò che viene processato, ovvero allontanato da qualsiasi evocazione gestuale a tal punto da far scomparire l’idea stessa del musicista e suggerire invece quella di un’intelligenza artificiale che plasma la musica secondo un proprio disegno, razionale, quanto incommensurabile. Certe esperienze come quelle di Taxonomy (alias Elio Martusciello, Graziano Lella e Roberto Fega) andrebbero lasciate sedimentare a lungo (anni o decenni), prima di poterne trarne un qualsivoglia tipo di giudizio. Non si tratta di pusillanimità critica, bensì di consapevolezza della necessità di un maggiore distacco storico da molte di quelle esperienze estemporanee che si stanno adunando attorno alle apparentemente infinite possibilità dei processi di manipolazione digitale. Molte delle sperimentazioni che si compiono oggi sono da ascriversi in un contesto che trova l’inizio della propria storicizzazione in molte di quelle musiche del recente passato in stretta relazione con le innovazioni tecnologiche che hanno consentito di allargare le capacità percettive di una buona fetta di ascoltatori. Certo oggi il laptop senza il giradischi, i nastri Ampex, le valvole AEG e i circuiti modulari farebbero senz’altro un’altra musica, così come i Taxonomy senza Schaeffer, Cage, Riley, e… Marino Zuccheri. Ci sono costruzioni che però sembrano logiche, stabili, incrollabili pur nell’estemporaneità della loro edificazione (vedi l’Electro-Acoustic Ensemble), altre sfuggono il processo ricreativo che ognuno di noi innalza a Gestalt nell’ascolto di un lavoro anche complesso. Martusciello e compagni sembrano voler continuamente spostare l’angolo di tiro, per rendersi imprendibili e sfuggire ogni inquadratura. Una caratteristica del genere appartiene senz’altro ai grandi, anche se la creazione di una tassonomia basata sulla forza dell’errore può rilevarsi un progetto tanto utopico, quanto inutile, come già Pierre Schaeffer ha dimostrato con il suo tentativo, andato frustrato, di voler classificare tutti i rumori secondo decine e decine di categorie diverse. Anche la memoria di un laptop, o di mille laptop, per quanto umanamente non quantificabile, si pone come uno spazio segnato da un limite. Ma forse per capirne davvero le potenzialità si dovrà aspettare ancora.

[Michele Coralli, Altremusiche]


Taxonomy (che sta per Elio Martusciello, Graziano Lella e Roberto Fega) suona e improvvisa esplorando terreni di un sincretismo elettronico da tempo esso stesso terreno di ricerca. La combinazione di suoni (quale che sia la loro provenienza) non è un monolite freddo all’ascolto, ma al contrario A Global Taxonomical Machine, è una vera e propria macchina in grado di classificare ogni particella e da cui fluiscono luci e ombre di una musica ricchissima di dettagli e di sfumature. Statica e dinamica, silenzio e ipertensione dello spazio acustico sono campi di indagine di questo lavoro che riesce a mantenere un’impronta piacevolmente attenta all’acustica. Tre essenze affiatate che disseminano nella trama di questo lavoro sapienza ed essenza. Non sono da nessuna parte (solo un clarinetto ci ricorda che siamo in presenza di un fiato, di una vita, di una persona), eppure è così pregna di loro questa musica…

[Francesca Odilia, All About Jazz]


Electroacoustic improv (one-sheet calls it "electro-noise"). Many of the tracks feature staticky or "thrummy" noise passages. Oddly, even though the only conventional instrument listed is a guitar, the most recognizable tones on the album are reeds. Many of the tracks run the gamut from near-silence to out-and-out noise, though check individual descriptions. All FCC clean. Track 1 is by far the best; in fact, it justifies the whole album IMO. Other good tracks: 3, 4, 9
1. Reeds and strings move in and out; mournful melody. Staticky, some speech samples and high pitches. Occasional gongy sound. Excellent.
2. Low-grade mechanical-sounding gentle noise. Gradually becomes harsher, then pure white static at 3:30 in. Silence at 3:53 for ~30 seconds; it remains very quiet.
3. More low-grade noise, this time with clarinet accompaniment. At times the background electronics approach ambience, other times they obtrude. The last two minutes are very quiet.
4. Starts out rhythmically with what sounds like treated mallet percussion of some sort. Very mellow---following the intro even the swooshy noises 4:00 in sound pleasant. That doesn't last—there's about a minute of abrasive electronic noises, which fade out and in for the rest of the track.
5. Quiet whooshy sounds, for five minutes. Or rather: *a* quiet whooshy sound.
6. Busy electronic opening, samples of a dinner conversation over some warm tones. Less busy electronic ending.
7. What sounds like bass harmonics and a modem trying to connect above some warm staticy sounds.
8. A dude talking for 8 seconds.
9. 7 seconds of silence, then some watery echo-y tones and electronic scribbles. Last 11 seconds very quiet.

[Ben Wolfson, KZSU]


Aux côtés de Giuseppe Ielasi, Alessandro Bosetti, ou encore Domenico Sciajno, Elio Martusciello est une des grandes figures de la musique expérimentale italienne. Pour son projet Taxonomy, Elio Martusciello (ici à la guitare et aux instruments électroniques) s'adjoint des services de Graziano Lella a.k.a. Arg (laptop) et de Roberto Fega (traitements du signal et sampling). "A Global Taxonomical Machine" déborde de vieux enregistrements, des crépitements à outrance, de musique de synthèse fine, stridente ou brusque, de sons de cordes maltraitées, le tout entrecoupé de silences parfois bienvenus. Il est clair que l'improvisation est le maitre mot de ce disque bien stimulant.

[Ash Boltagone, La Librairie Circulaire]


Taxonomy réunit deux membres des improvisateurs d'Ossatura (Elio Martusciello, guitariste, et Roberto Fega, échantillonnage), à Graziano Lella, au « laptop ». Ce trio italien propose un mélange de séquences électroniques et de bruits concrets agrémentés de passages acoustiques. Le travail présenté sur cet album sent la minutie à plein nez. S'il y a eu improvisation, c'était avant les traitements informatiques, d'une formidable précision. Loin d'être brouillonne, la musique de Taxonomy se savoure en prêtant attention aux détails dans la texture, la variété et la profondeur des sons. Plusieurs niveaux de lecture (ou d'audition, si vous préférez) sont ainsi possibles. Les titres sont plutôt contrastés (la ballade Bear witness against themselves précède le rocailleux voyage sidéral de Light the fires of insubordination), mais il y a pourtant un fil conducteur qui unit ces enregistrements datant des années 2003-04. Intéressant !

[Nicolas Pelletier, emoragei magazine]


Voici une musique sans querelle, sans parti pris agressif. Qu’elle soit élaborée électroniquement (une guitare par ci, une clarinette samplée par là) ne change rien à l’affaire; rien ne se désarticule ici, tout se distille avec gourmandise, élégance et évidence. Les balayages se construisent par petites touches et s’ils envahissent l’espace, ce n’est pas par orgueil ou par désir de marquer un territoire mais parce que la musique devaint en passer par là pour atteindre (attendre) le silence. Le voici, ce silence, dense, constructif, troué de quelques imperceptibles soubresauts. Il reviendra plus tard, s’ouvrant alors à des soleils bienveillants, des astres filtrants.
Cette musique possède son rhytme, sa navigation. Je ne saurais dire si elle est lente, hypnotique ou cabossée. Ce que je sais, c’est qu’elle s’engage avec sincérité dans des bras de fleuve aux destinées secrètes et protectrices. A mettre entre toutes les oreilles.

[Luc Bouquet, ImproJazz]