Più da caccia che da guerra  

Ecco un sovrapposto militare austriaco molto particolare, con una canna liscia e l'altra rigata, studiato per equipaggiare i tiratori scelti che nella seconda metà del Settecento sorvegliavano i confini dell'Impero degli Asburgo.

Regnante l'imperatore Giuseppe II d'Asburgo, il potente esercito austriaco decise di studiare un'arma specifica per i tiratori scelti che facevano parte dei corpi dislocati soprattutto lungo i vasti confini a est dell'Impero, con il compito di protezione e sorveglianza. La scelta cadde su un compatto e massiccio fucile a due canne, di cui quella superiore ad anima rigata (sette righe in senso destrorso) e quella inferiore ad anima liscia. L'arma venne adottata con la definizione ufficiale di Doppelstutzen M.1768 für Grenz-Scharfschützen, letteralmente: doppio fucile a canne corte modello 1768 per tiratori scelti di confine. Arma piuttosto rara, sia nel suo Paese d'origine (dove finì alla distruzione quando venne dismessa dall'esercito) sia nel resto dell'Europa in quanto non era destinata ai normali reggimenti di fanteria, è invece relativamente comune in Italia, in quanto preda bellica dell'Esercito Sardo nelle Guerre di Indipendenza, durante gli scontri contro le truppe austriache di frontiera dislocate nel Lombardo Veneto in appoggio alle divisioni di fanteria. Ne parliamo in queste note non soltanto per il suo notevole interesse collezionistico, ma anche perché, vista la sua struttura da fucile "combinato" ante-litteram, può rappresentare un'interessante scelta per un cacciatore di montagna, a patto che sia di braccia robuste e di gambe ancor migliori, in quanto l'arma pesa ben 5,5 chili, con le sue due massicce canne ottagonali e i grossi acciarini a pietra focaia. Dalla sua parte ha la compattezza, e in questo è molto più simile a una carabina da caccia che a un'arma da guerra, in più non ha nessun tipo d'aggancio per un'eventuale baionetta, ma semplicemente un anello in ferro sulla fascetta d'ottone che fa da bocchino alle canne, dove veniva appeso con una catenella un tappo in legno che serviva per otturare la canna che in quel momento non veniva utilizzata, in modo da evitare possibili errori di caricamento, come per esempio mettere la dose di polvere nera in una canna e poi, distratti da qualche situazione, inserire il proiettile nell'altra. Quest'insieme di fattori ci fa pensare che il Doppelstutzen fosse stato pensato più come arma da "survival", come diremmo oggi, che da guerra. Una tradizione che continuerà: durante la Seconda Guerra Mondiale, i piloti tedeschi avevano in dotazione nell'abitacolo dell'aereo una cassetta in alluminio con dentro un bel fucile drilling, cioè a due canne lisce e una rigata, prezioso per procacciarsi il cibo nel caso fossero sopravvissuti a un abbattimento e finiti in una regione selvaggia. E i territori di confine dell'Impero Asburgico erano sicuramente regioni boscose, montagnose e selvagge, dove non mancavano cervi, caprioli, forcelli, galli cedroni. E neppure i cinghiali e gli orsi. Se a ciò aggiungiamo il fatto che non doveva essere affatto agevole approvvigionare regolarmente di cibo i piccoli contingenti di Grenz-Scharfschützen, viene da pensare che questi soldati si procurassero da sé il cibo fresco. Usando appunto il loro Doppelstutzen, perfettamente adatto (peso a parte) per la caccia nel bosco o in montagna, essendo lungo appena un metro e cinque centimetri, con robuste canne ottagonali da 66 centimetri, larghe in culatta 33 millimetri e quindi in grado di sopportare una notevole carica di polvere nera (anche sei grammi e più). Ambedue le canne sono di calibro 14,9 mm, Quella superiore, solcata da sette profonde rigature elicoidali, è adatta a sparare con buona precisione una palla sferica di calibro 14,5 mm avvolta in una spessa pezzuola di cotone impregnato di grasso, risultando letale nel raggio di 100 metri nei confronti di qualunque tipo di selvatico europeo. D'altro canto lo schuber, ossia il contenitore con sportello scorrevole collocato nella parte destra del calcio (quello che gli anglosassoni chiamano patch-box) serviva proprio per contenere le pezzuole grassate, oltre al cavastracci e al tirapalla. Invece la canna inferiore, ad anima liscia, poteva indifferentemente essere caricata con la stessa palla sferica oppure a pallini, per cacciare i volatili e le lepri.

A dimostrare che si trattava di un'arma di precisione ci sono gli accurati organi di mira: un sottile mirino e un alzo fisso con una stretta tacca per i 100 metri e un'altra a foglietta abbattibile per i 200 metri. Inoltre, ogni arma veniva fornita assieme alla relativa Hacken-Lanze modello 1768, un picca in legno lunga due metri e mezzo, che alla base era semplicemente appuntita a colpi d' ascia, mentre al vertice era munita di una stretta punta d'acciaio lanceolata, in modo da potersi difendere efficacemente da un soldato a cavallo (o per finire un animale ferito). Ma la caratteristica più interessante della Hacken-Lanze stava nel fatto che era dotata di numerosi fori in cui inserire un apposito gancio all'altezza desiderata, in modo da poter avere in qualunque situazione di tiro (in piedi, in ginocchio, seduti, in luoghi senza rocce né alberi) uno stabile appoggio per le canne dell'arma, e sfruttarne così il massimo della precisione che poteva dare. Come si vede dalle foto, l'arma non comprende la bacchetta di caricamento, che infatti veniva tenuta a parte, ossia infilata nella tasca del budriere, accanto alla corta sciabola d'ordinanza; anche se illustrazioni dell'epoca ci mostrano che, quando volevano averla più a portata di mano, i Grenz-Scharfschützen tenevano la bacchetta di ferro semplicemente appesa per il suo pomolo in legno dentro un anello di cuoio infilato nella fibbia del budriere, proprio in mezzo al petto. Con questa soluzione non dove essere infrequente perdere la bacchetta, specie nella concitazione di una scaramuccia. Per questo la versione successiva del Doppelstutzen, il modello 1795, verrà dotata della relativa bacchetta di caricamento, collocata sul lato sinistro dell'arma, alloggiata tra le due canne e tenuta in posizione da tre appositi passabacchetta. La costruzione di quest'arma imperiale piuttosto complessa e relativamente fragile, dato il preponderante peso delle parti in ferro rispetto all'esiguità di quelle in legno (sempre di noce) non avveniva negli arsenali di stato ma era data in appalto a "maestri d'armi" privati, 20 in tutto, il più noto dei quali era il viennese Joseph Frühwirth (1722-1797) discendente di una grande dinastia di armaioli, che proseguirà con il figlio Johann (1766-1824). Nel nostro caso, il Doppelstutzen porta sul codolo il numero reggimentale "Z13" ed è firmato sulla canna, dietro l'alzo, "Michael Spook A. Neusta", armaiolo (scritto anche Spoeck, o Spöck) attivo a Wiener Neustadt, nella Bassa Austria, tra il 1765 e il 1790. Un'arma di questo tipo, originale in ogni minima parte (cosa piuttosto rara) e in condizioni da buone a eccellenti ha un valore che si colloca tra gli otto e i 14 milioni di lire. Recentemente (maggio 2001) la Casa d'aste tedesca Hermann Historica di Monaco ha messo all'incanto proprio un Doppelstutzen M 1768 partendo da un prezzo base di 10.000 marchi. L'arma non è stata aggiudicata semplicemente perché denunciava il segno di una vecchia spaccatura (riparata con maestria) sull'impugnatura del calcio. E questo ci ricorda la prima regola del collezionista d'armi antiche: "I tanti soldi necessari per acquistare un'arma perfetta non sono spesi, sono soldi investiti". (Roberto Lanzone)

 

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