CARL GUSTAV MODELLO 38 BY HUSQVARNA
di Marco Dell'Acqua

Quando l’esercito svedese decise di dotarsi di un fucile da guerra moderno, venne scelto il Mauser quale arma d’ordinanza.  Le prime forniture vennero dalla Mauser stessa, ma ben presto gli svedesi si attrezzarono per la produzione locale di quest’ottima arma, che venne costruita, forse con gli standard produttivi piu’ elevati mai visti su questo tipo di fucile, dalla Carl Gustav, nei modelli 94 e 96.
All’alba della II GM pero’,  il lungo fucile modello 96 risultava eccessivamente ingombrante e inutilmente potente per gli scopi della guerra moderna.  Si passo’ pertanto a un design piu’ compatto, quello della carabina mod. 38 di cui parlero’ in queste pagine.  Di fatto esistono due tipologie di carabina mod. 38, sebbene l’esercito svedese non abbia mai badato alla differenza.  Alcune vennero ricavate per modifica degli esistenti fucili mod. 96, altre vennero prodotte dopo il 1941 ex novo presso la Husqvarna Vapenfabrik.
La Husqvarna Vapenfabrik e’ una delle piu’ antiche fabbriche d’armi note.  Si sa che il governo svedese possedeva un impianto per la produzione di armi alimentato a energia idraulica spostato nell’attuale posizione dalla vicina citta’ di Jönköping, nel 1689.
A tutt’oggi il piccolo villaggio degli artigiani della Husqvarna ha lo stesso aspetto che aveva nel 1890, con la sola differenza che adesso una strada asfaltata passa proprio accanto alle casette che formano il piccolo complesso.

Il modello 38 prodotto dalla Husqvarna si distingue per due aspetti dal 96 modificato.
Il piu’ evidente e’ il manubrio dell’otturatore incurvato verso il basso, la’ dove il manubrio dell’otturatore del 96/38 e’ diritto.  Il secondo aspetto riguarda le finiture, meno curate che non nel 96/38, a causa della produzione di periodo bellico.  Ora, intendiamoci: le finiture sono “meno curate” dal punto di vista svedese, perche’ l’arma, come si puo’ vedere dalle fotografie, presenta lavorazioni eccellenti ovunque.
La carabina ricevette una calciatura piuttosto massiccia, e una tacca di mira tarata, con raro senso pratico, fino a 600 m, laddove molte armi contemporanee avevano limiti alquanto ottimistici, che si spingevano spesso fino ai 2000 metri.
La distanza minima, molto saggiamente, e’ stata posta a 150 metri.  Con questo azzeramento, infatti, la cartuccia 6,5x55 colpisce il punto mirato tanto a 150 che a 50 metri, risultando alta di appena 5 cm a 100 metri, e bassa di circa 10 a 200, offrendo cosi’ un ampio raggio di tiro entro il quale si puo’ approssimare il punto mirato a quello colpito.
Si puo’ stimare che circa 30.000 carabine 96/38 siano state prodotte, mentre per quanto riguarda i 38 Husqvarna la cifra si aggira sugli 80.000 esemplari, prodotti tra il 1941 e il 1944.  Le migliori finiture e la relativa rarita’ rendono la 96/28 piu’ appetibile per il collezionista, cosa che ne fa inevitabilmente lievitare il prezzo.
Per il resto la meccanica e’ identica.  Si tratta della tradizionale meccanica mauser, con il lungo estrattore esterno, la sicura a bandiera che blocca percussore e otturatore (o il solo percussore,a seconda della posizione)e il caricatore bifilare capace di 5 colpi interamente racchiuso dalla calciatura.
Le carabine prodotte da Husqvarna vennero marcate in modo meno pignolo che non quelle prodotte da Carl Gustaf.  Alcune parti, specie le minuterie dell’otturatore, sono dotate di numeri di serie scritti a penna elettrica, invece che punzonati.
Alcune parti che sui modelli Carl Gustav risultano punzonate col numero di serie o le ultime cifre di questo, come le fascette che trattengono l’azione al calcio, non lo sono sul modello 38.
I mauser svedesi si differenziano dalla controparte teutonica principalmente per il calibro.  Sono infatti camerati per il 6,5x55 Swedish Mauser, una munizione che ha fama di precisione estrema.  Fama che, possiamo garantire, e’ decisamente meritata, basti  osservare la rosata ottenuta in poligono con l’arma fotografata.
L’azione e’ estremamente fluida, e si caratterizza per il caricamento del percussore effettuato alla chiusura dell’otturatore, mentre su molte armi questo avviene in due fasi, in parte all’apertura dell’otturatore, in parte alla chiusura.  Se questo richiede una certa decisione nella manovra dell’otturatore, va anche detto che qualsiasi sforzo venga effettuato all’apertura serve esclusivamente all’estrazione del bossolo in camera, a tutto vantaggio dell’affidabilita’.  Le critiche secondo le quali questo sistema renda difficile l’uso dell’arma mi paiono davvero assurde.  Lo sforzo e’ tutt’altro che erculeo, e se non ce la fate a chiudere l’otturatore, e’ improbabile che riusciate anche solo a sollevare il 38, il cui peso e’ tutt’altro che trascurabile.
La lunghezza di canna di 23,5 pollici rende l’arma di ingombro pari a quello di un qualsiasi fucile da caccia moderno e, se e’ vero che non si tratta precisamente di un peso piuma, va anche detto che il peso aiuta nella stabilita’ di tiro e a mitigare il rinculo, che comunque e’ tutt’altro che vigoroso.
Per il resto, si tratta di un normale Mauser.
Vale invece la pena di soffermarsi con attenzione sulle piastrine che si trovano avvitate sulla parte destra della pala del calcio. Si tratta infatti di un particolare che spesso lascia sconcertati coloro che vedono l’arma per la prima volta, o non si intendono di questo bel fucile.
Bisogna sapere che la munizione 6,5x55 non nacque inizialmente con palla spitzer, ma con le lunghe palle ogivali tipiche dei primi del XX secolo. 
In seguito si passo’ a una munizione piu’ efficiente, dotata di un proiettile aerodinamicamente migliore, denominata M41.  Anziche’ modificare l’intera dotazione di fucili, sostituendone le tacche di mira, si decise di dotare ciascun fucile di una placchetta rettangolare su cui si trovavano le correzioni da effettuare per compensare le differenze balistiche tra i due tipi di proiettile.  Siccome poi una quantita’ enorme delle vecchie munizioni si trovava negli arsenali, anche i modelli nuovi, come il 38 di cui trattiamo, vennero dotati di analoghe placchette, che servivano pero’ allo scopo opposto, consenitre cioe’ di adattare le tacche di mira sviluppate per la nuova palla spitzer alla vecchia munizione, ancora utilizzata per l’addestramento.
Queste placchette sono talvolta in ottone, tal altra son costituite da etichette cartacee che venivano incollate al calcio prima che questo venisse verniciato.
Quando acquistate un 38, verificate che sul fianco del calcio si trovi la placchetta, con la corretta dicitura.  Questa, oltre che indispensabile su un fucile storicamente “corretto”, potrebbe esservi d’aiuto usando l’arma per caccia con proiettili a punta tonda, anziche’ spitzer.
Esiste poi una seconda placchetta, quella che porta a piu’ controversie.  Si tratta della famigerata placchetta tonda su cui gli arsenali svedesi incidevano lo stato generale dell’arma.
Questa reca due spicchi, uno con due differenti serie di numeri, l’altro recante i numeri 1,2 e 3.
Il primo indica il diametro effettivo dell’anima della canna. Esistono, come detto, due sequenze:
1. 6,46 7 8 9 0
2. 6,51 2 3 4 5 6 7 8 9
Un fucile che rechi un punzone triangolare che indica il 9 della prima sequenza indica un’arma il cui calibro reale e’ di 6,49 mm, mentre l’identico punzone che punti al 5 della seconda sequenza indica un calibro reale di 6,55 mm.
L’ideale, ovviamente, sarebbe di avere una canna forata per 6,50, ma anche 6,49 o 6,51 non sono un problema.  Sono invece da evitare le canne forate davvero larghe, visto che comporterebbero uno scadimento di precisione.
Basti dire che la differenza tra il calibro reale di un fucile in 308 e quello di uno in un calibro 7,62 sovietico (di calibro reale 311) e’ di 3 millesimi di pollice, pari a 0,0762 mm, e questa differenza e’ sufficiente a far decadere enormemente la precisione di un Mosin Nagant caricato con palle calibro 308.  Ecco dunque che un 38 marcato “7” sulla seconda sequenza avrebbe pressoche’ la stessa differenza di calibro, con uno scadimento di precisione probabilmente superiore, visto il minor calibro del proiettile.

Il secondo spicchio indica, secondo i sempre pignolissimi parametri degli arsenali svedesi, lo stato dell’anima della canna.
Si possono avere quattro differenti situazioni.
1)  Nessun punzone.  La canna e’ nuova, mai utilizzata.  Decisamente la situazione migliore desiderabile.  Difficile da trovare.
2) Punzone triangolare che indica il numero 1.  La canna e’ in condizioni eccellenti, pressoche’ nuova.
3) Punzone triangolare che indica il numero 2.  La canna e’ considerata usurata, ma ancora valida.
4) Punzone triangolare che indica il numero 3.  La canna e’ considerata ancora utilizzabile, ma alla fine della sua vita operativa.
Se da un lato e’ bene conoscere il significato nominale di queste indicazioni, per poter scegliere un fucile in buono stato, va anche detto che queste punzonature van prese, come si suol dire, “cum grano salis”.
Basti infatti dire che il fucile fotografato, che ha prodotto la rosata che potete vedere, e che ha sparato 3 colpi a 100 metri in una rosa di 20 mm, ha una canna marcata “2”.
Esaminando la canna a occhio nudo non e’ possibile vedere alcuna anomalia ne’ segni evidenti di usura,  Probabilmente l’ispettore svedese era dotato di un’ottimo boroscopio e aveva dormito male il giorno che decise di marcare “2” questo fucile.  Se l’avessi scartato a causa del giudizio non ottimale, avrei scartato un fucile di precisione eccellente.
Controllate dunque sempre visivamente la canna, prima di decidere l’acquisto, dato che la placchetta ha un’importanza relativa, anche perche’ questa vale solo per fucili di provenienza d’arsenale, dato che non c’e’ modo di sapere quanti colpi ha sparato un’arma comprata usata da un privato.
L’ultima porzione della placchetta, marcata “Torped overslag str” indica un’eventuale errore di taratura dell’arma.  Un numero indica quanto alto la palla boat tail M41 colpisce il bersaglio a 100 metri, in streck.  Lo  streck e’ una misura angolare, analoga al millesimo.  Ci sono 6300 streck in 360° (i millesimi in 360° sono invece 6400), dunque 1 streck e’ pari a 0,057 gradi, cioe’ 3,4 minuti d’angolo.  Visto che un minuto d’angolo e’ pari a 2,9 cm a 100 metri, un fucile che colpisca alto di 1 streck colpira’ alto di circa 10 cm a 100m.
I fucili marcati in questa zona son davvero pochi, nella maggior parte e’ presente la sola dicitura “Torped Overslag Str” senza alcuna cifra impressa.

Infine esistono dischi presenti sulla pala del calcio che indicano il reparto di appartenenza dell’arma.  La lettera che si trova su alcuni di questi, pero’, puo’ fornire indicazioni sull’uso principale che si faceva dell’arma:
U - Utlaningsgevar ? Armi che potevano essere date in prestito a societa’ di tiro civili.
S - Skarpskjutningsvapen ? arma usata per esercitazioni con munizionamento reale (disco di alluminio).
L - Losskjutningvapen ? Arma usata con munizionamento a salve
K - Kammarvapen ? Arma utilizzata con munizionamento da camera
B - Befalsvapen ? Arma utilizzata dagli ufficiali per esercitazioni.
D - Kompanigevar ? Arma che apparteneva  a una certa compagnia.
M ? Marindistrikt ? Arma appartenente alla marina svedese.
 

Ora che abbiamo sollevato il velo di mistero che avvolgeva queste piccole placchette metalliche, vediamo come spara, all’atto pratico, questo fucile.
L’arma e’ stata provata alla distanza di 100m, su rest, con cartucce commerciali Sako, palla da 139 grani.
Il risultato lo potete vedere in fotografia.  I primi due colpi sono di aggiustaggio.  L’arma infatti, spara leggermente a sinistra e il tiro e’ centrato se si pone non il centro, bensi’ l’angolo sinistro del mirino sotto la verticale del centro.  La cosa mi va anche bene, perche’ mi permette una mira migliore, pertanto non ho apportato correzioni all’incastro a coda di rondine del mirino.
L’arma tira anche leggermente alto, rispetto ai 5 cm previsti a 100 m dalle tavole balistiche relative alla munizione impiegata, il che mi ha aiutato perche’ a 100 metri era sufficiente mirare alla base del nero per colpire al centro.
L’ultimo colpo e’ il risultato di un tiro affrettato.  Il poligono stava chiudendo e il sottoscritto ha voluto a tutti i costi “buttar dentro” l’ultima cartuccia che, ovviamente, e’ andata a spasso…
La rosata (tolto l’ultimo colpo) misura 45 mm, pari a 1,5 minuti d’angolo.  La numerazione dei colpi e’ solo indicativa, dato che posso esser certo dell’ordine di tiro solo dei primi due colpi e dell’ultimo, perche’ purtroppo non stavo prendendo nota dell’ordine dei colpi sparati.
Non si tratta comunque di un caso, visto che una successiva prova ha portato a una rosa di 3 colpi in 20 mm, pari a 0,68 minuti d’angolo!  Niente male davvero per un arma con 59 anni alle spalle, specie considerato che i risultati non sono stati ottenuti con un’ottica, ma con le normali mire metalliche e sono quindi potenzialmente migliorabili.

Esiste poi un modo, alquanto economico, di tarare finemente la tacca di mira per una distanza specifica.  Basta sostituire il grano di fine corsa del cursore con una vitarella di ottone di lunghezza acconcia a tenere sollevata la tacca della quantita’ esatta, finemente regolabile, desiderata per colpire con precisione a una distanza intermedia tra quelle marcate sulla tacca.  Il trucco vale per una distanza sola, si badi bene, ma visto il costo risibile, vale la pena menzionarlo.   Conviene usare una vite di ottone, per non rovinare l’azione, e la vite deve avere passo americano, visto che le viti con passo europeo non van bene.  Se la vite e’ d’ottone, e’ teoricamente possibile farle prendere la filettatura giusta, forzandola.  Se e’ vero che non si corre il rischio di rovinare la filettatura originale sulla tacca di mira, va anche detto che meccanicamente e’ una barbarie.  Procuratevi la vite corretta.

La carabina 38 e’ estremamente docile allo sparo.  Il proiettile da 6,5mm, del peso di 139 grani, viene spedito verso il bersaglio a velocita’ moderate: 2790 piedi al secondo alla bocca, cioe’ 915 metri al secondo circa. Considerando il peso dell’arma, anche stando seduti pesantemente impuntati contro il duro calciolo d’acciaio, il rinculo si sente appena.
Gli scatti sono molto buoni, un primo tempo seguito da una breve corsa, il tutto pulito e assolutamente privo di grattamenti o collasso.  L’azione e’ estremamente fluida e priva di impuntamenti, l’elevatore blocca l’otturatore in apertura a caricatore vuoto, pertanto volendo sparare a colpo singolo occorre abbassare lievemente la soletta con un dito.
Il tiro a colpo singolo e’ preferibile per la massima precisione, dato che l’alimentazione alternata porta la punta della palla di ogni cartuccia a impattare bruscamente contro le due rampe d’alimentazione.

Un’ultima prova e’ stata condotta effettuando un tiro rapido a 50 metri con fucile imbracciato.
La cinghia di cuoio finemente regolabile di cui e’ dotato il fucile consente di trovare una buona stabilita’ anche in questa posizione, anche se, ovviamente, non ci si puo’ aspettare di ottenere la stessa precisione che si ottiene in appoggio.  I risultati sono stati molto buoni e l’arma non ha evidenziato migrazioni del punto d’impatto dovute al surriscaldamento.

La Husqvarna mod. 38 e’ dunque una carabina precisissima, molto ben realizzata, camerata per una cartuccia facile da trovare e relativamente economica.
Il suo impiego elettivo sono sicuramente le gare ex-ordinanza, oppure la caccia al capriolo, per cui la 6,5 e’ perfettamente tagliata, ma anche ad altri animali di mole medio-piccola, dotandosi di cartucce caricate con palle adatte.
Il peso non e’ trascurabile, ma come detto ogni cosa ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi.
Il costo, d’altra parte, e’ decisamente interessante: si puo’ diventare proprietari di una di queste eccellenti armi sborsando poco piu’ di 400 _, appena una frazione del prezzo richiesto per armi piu’ moderne, magari con calci in compositi fantascientifici, ai quali  all’atto pratico il 38 non ha proprio niente da invidiare.
Con un piccolo adattamento, e’ pure possibile montare un’ottica su questa carabina, senza apportare alcuna alterazione permanente.
Ma di questo parleremo un’altra volta…

Una rara munizione per il tiro indoor.  Il proiettile e’ costituito da una coppetta di rame. La munizione contiene una carica ridotta.
 
 

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