L'epilogo di Edipo: arcana sparizione.


Errabondo e cieco, tentando col bastone la strada davanti a sé, Edipo giunge a Colono presso Atene.

La scena lo mostra in un boschetto, seduto su una pietra scabra, la figlia Antigone accanto.
Un viandante gli grida che il luogo dove siede appartiene a Dee venerande, figlie divine della Terra e dell'Ombra, che la gente del posto chiama Eumenidi, perché tutto vedono.
" Il luogo è sacro, nessuno lo può violare, sostarvi è un sacrilegio " avverte, turbato, il viandante, ma Edipo è allo stremo e, senza abbandonare il luogo inviolabile, si rivolge alle Sante Ospiti, supplicando compassione e asilo, la fine di quel vagare randagio, il compiersi di un destino orrendo: il suo, di vivere.
Così pregò Edipo, secondo Sofocle:
" O sguardi insostenibili, o Sante Vergini !
La terra del mio riposo è vostra.
A Febo e a me non mostratevi ostili.
Un giorno il Dio mi predisse mali grandi, ma, ricordo, che anche parlava a me di una quiete, allora lontana.
Ecco, forse è giunta.
Oh sì, è giunta: perché diceva che avrei trovato la quiete nell'ultima terra del mio triste cammino se là mi avessero accolto lietamente Dee venerande; e là sarebbe finita la mia sventura, questa di vivere; e avrei col mio soggiorno
portato vantaggio ai miei ospiti, rovina a quelli che mi hanno allontanato e bandito; e mi assicurava che sarebbero apparsi dei segni: un terremoto, un tuono, un chiarore divino per i cieli.
Ora sono certo: da Voi è venuta l'ispirazione che ha guidato i miei passi alle vostre ombre sacre.
E Voi, seguendo Apollo, il Dio che manda la voce del futuro, non fatemi attendere ancora il trapasso, se vi sembra che io abbia pagato abbastanza, sempre costretto sotto i mali più duri, estremi per un mortale.
Voi, dolci fanciulle dell'Erebo antico, e tu, Atene, città la più onorata fra tutte, che hai nome dalla grande Pallade, vi
prenda compassione di Edipo, quasi il ricordo di un uomo.
Questo non è più il mio corpo di un tempo: io sono un'ombra ormai, un'ombra di affanni che respira ".

La voce che un empio stava profanando il giardino delle Eumenidi e che si trattava di Edipo, un nome che da solo mette paura, radunò sul posto gente di Atene con a capo il principe Teseo quando, inatteso, vi giunse anche Creonte, con una lunga scorta di Tebani.
" La salvezza di Tebe proviene da Edipo " aveva sentenziato l'Oracolo nell'ultimo responso e, ora, l'esule doveva essere ricondotto in patria al più presto, vivo o morto, giacché la città sarebbe stata protetta dalle sciagure anche portando in terra tebana le sue sole spoglie.
D'ora in avanti, intorno al vecchio Edipo, sarà mischia di persone e di clamori, ma a vigilare sugli eventi provvederà Diche, la Giustizia divina, seduta al fianco di Zeus, che dalla mano invitta lancerà la folgore per il cielo e col tuono scuoterà l'etere a indicare che il Dio è presente e vede e ascolta.
Ecco, di seguito, le persone coinvolte nella vicenda e gli accadimenti ad esse legati:
Creonte, Signore di Tebe, tenterà invano di strappare l'esule ad Atene;
Ismene, l'altra figlia di Edipo, sopraggiunta per unirsi al padre e alla sorella, riferirà della contesa funesta in atto tra i fratelli Eteocle e Polinice per la conquista dello scettro, dando notizia di sette eserciti in marcia contro Tebe a sostegno di Polinice;
Polinice, il primogenito, venuto a chiedere il favore del padre nella lotta contro il fratello, conoscerà invece la maledizione che incombe su entrambi: quella di morire l'uno immerso nel sangue dell'altro, se eserciti in armi dovessero giungere alle mura di Tebe;
Antigone, la cara e solerte Antigone, cercherà con ogni mezzo di persuadere Polinice a sciogliere gli eserciti e a desistere dal marciare verso la rovina di sé e della patria, ma nulla potrà la sua appassionata esortazione avverso l'orgoglio del fratello deciso a seguire la sorte ... per quanto le parole di Polinice siano piene di mestizia mentre chiede alla sorella di ricevere una sepoltura semmai egli dovesse davvero perire sulle mura di Tebe;
infine Teseo, Signore di Atene, si ergerà a difesa di Edipo e delle figlie, in devozione al Dio Apollo.

Ma ecco, improvviso, un terremoto agitare il suolo e la terra aprirsi secondo una volontà divina.
A quel segnale che impietrì i presenti, Edipo fu pronto e, senza esitare, s'infilò nella fenditura, seguendo - lui cieco - la via che lo conduceva all'Ade misterioso.
Lo chiamava il Dio che ora guidava i suoi passi oltre la soglia segreta, giù per i gradini radicati nel profondo.
Tranne Teseo, nessun'altro vide il punto dove il vecchio Edipo prese a scendere sparendo e dove poi la terra si richiuse lasciando una distesa di erbe e asfodeli.

Un attimo e il mondo fu pervaso da una pace celeste ... Edipo aveva cessato di esistere.
Nel silenzio che seguì allo stupore - unico - si consumava il pianto sommesso di Antigone e Ismene.

Ai lettori, pochi.
Con devozione.

Carolus Emmanuel dr. Monguzz


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