Carattere degli animali nelle fiabe

di Karim Alassane


Il camaleonte è di solito saggio e cauto, ma la sua solitudine gli fa a volta commettere delle imprudenze. La iena è furba, timida e cupida; la lepre, furba e maliziosa, rimedia agli errori al momento giusto; il toro è innocente e stupido. Il caimano è idiota, goloso e ingordo; l’elefante è il principe onorifico. La pantera, agile, ipocrita e con la pelle macchiata, è disturbata come il suo corpo. La cerva è intelligente e sa tutto, ma la sua sapienza è troppo prematura. Il cane, discreto, ha molto imparato ma porta solo ciò che gli piace. 

E gli altri, la cui enumerazione non finirebbe mai. O possiamo ancora citarne alcuni: lo sciacallo, il topo, la termite, il rospo, l’ape, il cavallo, il facocero, lo sghimbezio, il pappagallo. Ciascuno è disegnato da alcuni tratti vivi e penetranti che rivelano l’anima, aldilà dell’aspetto estetico. Poiché gli animali vivono, sentono, pensano, parlano come gli uomini, pur conservando sempre la loro natura dl animali.

Non c’è confine in questo mondo meraviglioso. Tutti questi animali rappresentano la vita degli uomini. È vita, colori, odori, grida, sorrisi, lacrime, cioè l’Africa prodiga, piena di succo e di senso. E l’arte in tutto ciò non è assente.

Il primo merito del narratore nero africano come di ogni vero artista è legarsi al reale, di ridare la vita. Egli dipinge gli uomini, gli animali e la natura dell’Africa così come viene percepita. E non soltanto gli uomini e gli animali, ma anche la boscaglia e la savana  con i loro villaggi immensi e pieni della sabbia dei fiumi che li attraversano. Anche gli  animali sono della savana o della foresta, indipendentemente dal fatto che il narratore sia sudanese o bantu; attraverso tutto ciò il narratore rivela il suo essere, le sue realtà interne che sono le sue miserie e i suoi sogni, i suoi lavori e le sue preoccupazioni, le sue passioni; del posto che occupa il cibo in questi villaggi minacciati periodicamente dalla siccità e la fame. Niente per il narratore africano è nuovo in Africa Nera. Egli integra alle realtà tradizionali le realtà dl oggi.

In Africa Nera ogni fiaba, ogni racconto è l’espressione immaginaria di una verità morale volta alla conoscenza del mondo e lezione di vita sociale; la spiegazione morale di un fatto naturale, la spiegazione di un costume: quasi sempre il simbolo è “doppio”. Mentre il racconto si immerge nelle forze cosmiche alla maniera dei miti, la fiaba è  spesso l’illustrazione di un principio morale pratico, di un proverbio. In questo lungo viaggio potremmo scoprire come la cupidigia e la cattiva fede siano punite e l’amore del denaro generi ingratitudine. E se il favolista si serve delle maschere dei fatti irreali  è per farci perseguire con fermezza una verità psicologica umana. 

Che siano fiabe o racconti, il narratore nero africano traduce, attraverso la legge dell’interazione delle forze vitali, la dialettica della vita, che è quella dell’universo. All’anarchia e alla morte si oppone l’ordine della vita. Sono i viventi, gli esistenti, posti al centro del mondo, a essere i protagonisti dl questa vasta commedia umana. A volte si levano contro la stupidità e l’ingiustizia dei potenti, a volte si sottomettono o si fanno complici attraverso la vigliaccheria. Ma la pace, la verità finiscono sempre col vincere. La pace sotto l’effetto delle sue virtù, tipicamente dei neri, che sono la pietà, il buon senso, la lealtà, la generosità, la pazienza, il coraggio.

Il lettore potrebbe pensare che ci siamo allontanati dall’arte. Ma si deve ricordare che l’arte in Africa Nera non si separa dalla conoscenza né dalla morale. In altri termini, in Africa Nera tutto è arte, tutto è morale. E il narratore non sarebbe artista se non sapesse mescolare il reale e l’immaginario, se non fosse dotato del dono della fabulazione; immergendosi aldilà del reale, ci fornisce immagini e ritmi che danno alla vita il suo colore e il suo senso. 

Il racconto e soprattutto la fiaba si presentano come i drammi. E il narratore gioca i suoi personaggi con sicurezza di gesti e di intonazione raramente sbagliato. A volte la voce ironica, a volte la grossa voce come un elefante, canta le sue poesie che danno il ritmo dell’opera: a volte le balla. Si tratta dl veri spettacoli che possono essere teatrali,  in scene e a volte in atti come le opere teatrali. Ciò che è difficile a un non africano è gustare pienamente l’arte dei narratori nel dialoghi e nei canti. L’umorismo che si trova nelle opere nere africane non è un tratto di spirito, ma semplicemente una esposizione dei fatti. 

Più ancora, ammirevoli sono i dialoghi, animati e nutriti da grida e da pianti, che si mescolano nel gesto e nelle tonalità del narratore, dialoghi che non finiscono, che sembrano girare in cerchi concentrici, con le ripetizioni… Dialoghi ritmici. Perché il ritmo domina e anima tutti le arti nere africane: anche il racconto, la fiaba sono ritmici. 

In tempi antichi, è vero, la prosa differiva dalla poesia. Il racconto era ritmico. dl un ritmo solamente un po’ più libero di quello del poema. Era richiamato con un tono monotono, su una nota un po’ più alta rispetto a quella della conversazione. Ritmo dei dialoghi, di cui abbiamo parlato prima, ritmi delle opere-racconti o fiabe, divise in scene, che richiamano il ritorno periodico di un canto-poesia. 

Mentre in Europa il ritmo è basato sulle ripetizioni e i parallelismi - cioè provoca un rallentamento e un movimento statico -, in Africa Nera ripetizioni e parallelismi  provocano una  progressione drammatica. Tenendo in considerazione che non si tratta qui di una semplice ripetizione.

Spesso in Africa Nera, così come le cose sono a volte positive a volte negative, il ritmo provoca anche effetti comici, e ciò dipende del contesto; tale è l’arte di un narratore nero africano come discepolo della tradizione africana al servizio della cultura in genere… dalla realtà coloniale a quella del futuro: il bianco colonizzatore, il nero schiavo, la libertà, le guerre, la scuola, l’ambulanza, la macchina, il totem, il missionario, la modernità, il libanese, l’usura, la corruzione…

Non esistono confini in Africa Nera, neppure tra la vita e la morte. Il reale non acquista il suo spessore, non diventa verità che rompe angoli rigidi, allargandosi fino alle dimensioni del surreale. Ciò significa che il surrealismo nero-africano è un naturalismo cosmologico; per i neri africani i viventi, gli esistenti sono al centro del mondo: ciò implica il singolo posto che occupa la persona umana, non i singoli esseri. L’uomo vive perché dotato della libertà; è capace di rafforzare la propria  forza vitale o tramite la negligenza di sforzarla, ma può farlo solo facendo agire le altre forze o lasciando che esse agiscano su di lui.


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