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La
scimmia e la iena
al paese
di Ngor
Nel bel paese di Numbelan, il regno
degli animali, si insegna che la Verità è un’audace nottambula,
che però non dorme mai a cielo aperto: si dice tra l’altro che sia
un dovere, per lei, scegliere bene i suoi compagni, poiché, fra
i numerosi che le si presentano, non si contano più ormai le volte
che incappa nella Malafede. In quel periodo, il cielo di Numbelan aveva
per una volta versato così tanta acqua che stagni, fiumi e laghi
erano stracolmi. La vegetazione, sempre più folta e verde, dava
motivo ai contadini di passare più tempo nei campi per ammirarne
l’immensa bellezza e per ripulirli dalle erbacce che si formavano. Gli
allevatori non dovevano più tenere a bada le loro greggi, che non
si allontanavano più alla ricerca di cibo, ed usare il loro grosso
bastone perché ubbidissero.
La
iena, il cui nonno, in una stagione simile a quella in corso, era morto
sotto i colpi che gli abitanti dei villaggi gli avevano inferto abbondantemente,
decise di lasciare il luogo che aveva visto nascere i suoi antenati. Sulla
via del suo esilio incontrò la scimmia, che di campi così
frequentati dagli agricoltori non ne aveva mai sentito parlare dalla sua
famiglia. E si unì a lei.
Spinte tutte e due alla ricerca
di “facile” cibo, le nostre amiche imboccarono il sentiero per il villaggio
di Ngor, situato nel sole tramontante.
Ngor è, secondo la tradizione,
totem e cugino della iena. In ambienti bene informati si racconta che i
Serere, la tribù di Ngor, autentici nottambuli, avevano stretto
un patto di amicizia in tempi ormai dimenticati con la famiglia Ngur, famiglia
cui appartiene la iena: tutte e due le tribù sono maestre nello
spostarsi la notte. La scimmia, in virtù di questo forte legame,
accettò di seguire la direzione da lei indicata. Dopo alcune ore
di viaggio, il sole ardente e una terribile sete le costrinse a rifugiarsi
sotto un albero.
La
scimmia, per la quale gli alberi non hanno segreti, si arrampicò…
e scoprì sulla cima di una palma due ciotole piene di un liquido
chiaro e dolce, chiamato vino di palma. Chiese subito alla compagna di
raggiungerla e le mostrò il tesoro trovato. La iena, che sapeva
di essere nel territorio di suo cugino al quale era legata da un ulteriore
patto, vecchio come il mondo, non volle assolutamente aver nulla a che
fare con quella scoperta e declinò l’invito della scimmia a dissetarsi.
Quest’ultima, in cima all’albero, si scolò due ciotole e invitò
la sua compagna a proseguire la rotta.
Dopo un’ora di cammino sotto il
sole calante furono raggiunte da uno Ngor, arrabbiatissimo per il saccheggio
del suo vino.
“Ho riconosciuto le vostre impronte,
non potete mentire: chi di voi due ha bevuto il vino di quella palma?”
“Nessuno di noi”, rispose la iena.
“E cosa stavata a fare allora sotto
quell’albero?”
“Eravamo lì per riposarci
dai raggi del sole”, rispose sempre la iena.
“Vi sottopongo al giudizio del villaggio
e se siete colpevoli guai a voi”, concluse lo Ngor.
Arrivati al villaggio, i tre si
unirono al consiglio, e diedero il via alle spiegazioni. Per stabilire
la sentenza bisognava annusare la bocca di ciascuno e cercare così
di trovare il ladro del vino: la scimmia, che non aveva ancora aperto bocca,
disse:
“Il vino è una bevanda alcoolica:
chi ha bevuto tutto quel liquido deve camminare titubante e instabile.”
Allora un giudice disse:
“Andate avanti uno alla volta: vi
osserviamo… chi non si regge bene sulle gambe è il colpevole.”
Naturalmente la iena avanzò
barcollando e incrociando leggermente le zampe, poiché così
è la sua normale andatura. Il suo tentativo di fornire spiegazioni
in merito fu inutile e il verdetto non le diede alcuna possibilità
d’appello: venne condannata a cento colpi di un bastone che viene usato
normalmente per provocare solo solletico all’asino. Quando le bastonate
finirono era distrutta. Fu una prova terribile per lei.
Dopo alcuni giorni, quando si fu
ripresa, invitò la sua compagna a riprendere il viaggio, perché
la tribù Ngor, secondo lei, non era più quella di una volta.
Appena fuori dalle abitazioni, appiccò un fuoco nei granai per vendicarsi.
La scimmia cercò invano di fermarla, e non si accorse in tempo della
trappola mortale che l’amica le stava tendendo.
Nel
loro tentativo di scappare, furono raggiunte subito e riportate nuovamente
al villaggio. La scimmia avvisò immediatamente:
“È lei la colpevole, ha voluto
vendicarsi.”
Ma la iena non si fece sorprendere
e disse subito:
“Il colpevole deve avere le mani
coperte di cenere per avere appiccato questo fuoco. Guardateci il palmo
delle mani e troverete l’infame.”
Una verifica veloce incriminò
la scimmia, che per natura ha le mani sempre sporche. Questa volta fu il
suo turno di subire la legge degli uomini della tribù di Ngor.
Dopo la terribile prova, la scimmia
non accettò più la compagnia della iena e decise di proseguire
la sua strada da sola. Fu così che da questo episodio le due non
si incontreranno mai più, nemmeno allo stagno per dissetarsi. |