|
L’epopea
di Yennega
In
Africa Nera si parla molto della bella e incredibile guerriera Yennega.
Per capire certi avvenimenti storici in Africa bisogna fare molte concessioni
alla leggenda. Spesso nelle società senza scrittura, come è
stato a lungo per le società africane, storia e leggenda sono intimamente
legate. L’epopea di Yennega, l’antenata emblematica dei Mosse (Mossi) è
un perfetto esempio. Ecco la sua storia.
Una figlia del re di Gambaga (a
Nord del Ghana di oggi), Yennega, aveva superato l’età della pubertà
senza che suo padre si occupasse di farla sposare perché si diceva
che fosse una amazzone dl qualità da cui il padre non voleva separarsi.
Yennega decise di dare una lezione a suo padre: piantò davanti al
palazzo reale un campo di gombo. Il re di Gambaga le chiese il motivo e
lei rispose: «Come trovi il gombo invecchiato?».
Il padre non si arrabbiava mai,
ma continuava a non occuparsi del suo matrimonio. Yennega ebbe allora rapporti
con un uomo e rimase incinta. Suo padre, informato della situazione, cercò
un mezzo per vendicarsi di lei: promise nientemeno che di ucciderla.
La
principessa, avuto sentore delle intenzioni di suo padre, prese un cavallo
e fuggì dalla casa paterna, seguita da molte persone. La corsa a
cavallo provocò alla principessa un aborto. Continuò però
la strada intrapresa, sempre con i suoi fedeli; Yennega raggiunse così
la regione attuale di Yanga, allora abitata dai Bissa chiamati ancora Bussanse.
Yennega si fermò nella boscaglia davanti a una casa che credeva
solitaria e abbandonata, ma che in realtà era una delle dimore di
un cacciatore di elefanti chiamato Rialé, un principe Malinké
per gli alcuni, un Bissa per altri.
Quando quest’ultimo ritornò
dalla caccia riservò una buona accoglienza a questo “potente straniero”,
cioè a Yennega: la principessa era infatti vestita come un uomo
e dava ordini come un re ai suoi fedeli; era molto difficile immaginare
il suo sesso.
Un giorno Yennega confidò
il sua segreto a Rialé dicendogli che era la figlia del re di Gambaga.
Poi si offrì a Rialé e il loro matrimonio venne solennemente
celebrato. Da questa unione nacque un figlio. Rialé voleva dargli
un nome, ma fu Yennega a sceglierlo e nominò il bambino Ouedrago
(letteralmente, cavallo) in ricordo del cavallo con il quale era fuggita
dal domicilio paterno.
Quando
Ouedrago raggiunse i 15 anni, sua madre lo mandò a visitare il nonno
a Gambaga. Si dice che quest’ultimo riempisse di ricchezze il suo piccolo
nipotino (gli diede tra l’altro quattro cavalli e una cinquantina
di mucche). Il paese dei Dagomba era a quell’epoca sovrappopolato. Quando
Ouedrago ripartì da Gambaga, molti Dagomba se ne andarono con lui,
attratti dalle sue fortune. Egli formò con queste persone una banda,
in un posto abbandonato al suo arrivo dai Bissa, un villaggio che nominò
Tankourou (attualmente Tenkadago, letteralmente vecchio paese). Da allora,
la sua potenza non fece che aumentare: continuarono ad arrivare a migliaia
i Dagomba, attratti dalla sua autorevolezza.
Ouedrago e i suoi cavalieri Dagomba
sposarono alcune donne Bissa e le loro unioni diedero origine a un nuova
popolo, i Mossé o Mossi. È così che Ouedrago fu considerato
come l’antenato dei Mossi e sua madre Yennega come la loro nonna.
A proposito dell’epopea di quest’ultima,
molti aspetti rimangano ancora poco chiari agli studiosi delle tradizioni
e della storia. Così, il motivo della partenza della principessa
dalla casa paterna è diverso da quello spiegato dalla tradizione.
Si tratterebbe di un motivo dinastico. Il re di Gambaga, non avendo avuto
un maschio per la sua successione, mise tutto il suo cuore su Yennega e
la educò come un maschio. Le insegnò il mestiere delle armi,
a cavalcare, a combattere come un uomo. Yennaga divenne un cavaliere
potente e condusse le truppe del padre su tutti i fronti dl battaglia.
In combattimento, il suo arco era munito di due frecce: una che mirava
al suo avversario, l’altra al suo cavallo. Era diventata il terrore dei
nemici dei Dagomba. Tutti la immaginavano, un giorno, sostituta del padre
sul trono. Ma i suoi cugini, gelosi del suo prestigio, decisero di
liberarsene. Nel corso di una battaglia drogarono i cavalli della principessa,
l’animale si perse nella foresta, Yennega e i suoi guerrieri persero a
loro volta l’orientamento ed è in quel momento che Yennega incontrò
Rialé nella foresta di Bitou.
Molti
punti di vista divergono anche sulle circostanze del luogo della sua morte.
Per Delafosse, Rialé e sua moglie vissero per lunghi anni a Bitou
dove Yennega morì. Il suo corpo fu trasportato a Gambaga dove fu
sepolta. La sua tomba diventò oggetto di venerazione e di pellegrinaggio
per i sovrani dei Mossi fino a epoca recente; alla morte di ogni Naba,
da Ouagadougou veniva inviato a Gambaga uno dei suoi cavalli e una delle
sue mogli per essere sacrificati a Yennega.
I guardiani delle tradizioni della
corte di Tenkodogo affermano invece che Yennega ritornò a Gambaga
dopo la nascita di Ouedrago, lì aveva regnato e lì era morta.
L’unico punto di intesa è
la discendenza di Yennega. Ouedrago fu grande nella tradizione guerriera
dalla sua popolazione, poi si lanciò alla conquista di uno spazio
vitale per lui e per le sue truppe e così fu fondato il regno di
Tenkadoga. Fu allora che il figlio di Yennega divenne il capostipite dei
Massi; i suoi figli e suoi nipoti andarono a loro volta a conquistare
altri regni che rimasero saldamente uniti anche se ognuno di loro aveva
una grande autonomia.
Fra i molti figli di Ouedrago, la
storia ne ricorda tre: Zoungourana, Raoua e Diaba. A ciascuno di loro era
demandato il comando di una delle province di un impero nascente: Zoungourana
ricevette il comando dell’ovest, Raoua quello del nord e Diaba quello
dell’est. Fu l’origine dei tre Stati di Ouagadougou, di Ouahigouya e di
Fadan-Gourma.
Dalla leggenda si possono ricavare
molti degli insegnamenti dell’epopea di Yennega. Prima di tutto, i Mossi
non hanno sempre occupato il paese dove sono oggi. Provengono probabilmente
dal nord dell’attuale Ghana.
Le
donne occupavano a quell’epoca un posto non trascurabile nella società.
Yennega non fu un caso particolare. Altre donne hanno illustrato la storia
dei Mossi. Tale Pugtwenga (la donna barbuta) fu la madre di Naba Oubri,
che fu una consigliera molto ascoltata; la principessa Pabré nel
XIV secolo fu un’artista della fondazione di Yatenga. Un’altra donna liberò
lo Yatenga dal dispotismo dei Naba Kaongo nel XVII secolo. Nelle guerre
le donne parteciparono alle battaglie. Esse accompagnarono i guerrieri,
gli eserciti e avevano come missione di uccidere i feriti del campo nemico.
Yennega appare in questa epopea
come il simbolo della rivolta contro l’autorità paterna, avendo
superato i divieti che limitavano la libertà delle donne. I regni
costituiti si caratterizzarono per la tolleranza, quella stessa che Yennega
aveva imposto al proprio padre. E alle popolazioni conquistate fu lasciata
la loro identità culturale, con diritti pari a quelli scritti nella
Dichiarazione dei Diritti dell’uomo che i Mossi hanno chiamato il Burkindlum.
Colui che ne fruiva era un Burkina, cioè un uomo libero.
E Yennaga fu la prima Burkina. |