Le
esplorazioni geografiche
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Tra
Settecento e Ottocento vi furono numerose esplorazioni dell’interno
del continente africano, per sete di conoscenza e spirito di avventura,
ma soprattutto per scoprire e inventariare le risorse fino ad allora sconosciute.
Così lo scozzese James Bruce compì un viaggio in Etiopia
(1770), l’inglese Clapperton raggiunse il Ciad (1823), il francese Caillié
penetrò in Timbuctù (1828), il tedesco Barth percorse dal
1850 al 1855 tutto il Sudan, gli inglesi Burton, Spike, Baker si avventurarono
alla ricerca delle fonti del Nilo, ecc. Ma fu con le spedizioni di Livingstone
e Stanley ebbe inizio un nuovo capitolo: le esplorazioni geografiche non
ebbero più carattere prevalentemente scientifico, ma furono volte
ad aprire la strada alla conquista.
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Stanley ritrova Livingstone,
1872
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Una delle prime strade ferrate
in Africa
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Il
colonialismo
Fino al XIX secolo gli europei non
avevano conquistato e imposto il loro diretto dominio su alcun territorio
africano. Unica importante eccezione era stata nell’Africa meridionale:
qui la Compagnia olandese delle Indie orientali aveva costruito
un forte (1652) attorno al quale si era venuta creando una colonia olandese,
passata poi all’Inghilterra nel corso delle guerre napoleoniche (Sudafrica).
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Possedimenti europei
in Africa nel 1890
Il secondo intervento europeo in
Africa fu la conquista dell’Algeria iniziata da Carlo X di Francia
(1830) e portata avanti in seguito. L’interesse francese nella prima metà
dell’Ottocento andava a questa regione e all’Egitto: la Francia riuscì
a ottenere la concessione di scavare e porre in opera il Canale di Suez, portato
a termine nel 1869. Le spese per la costruzione del canale e la politica
economica sbagliata del governo egiziano portarono l’Egitto alla bancarotta
nel 1879 e all’instaurazione di un controllo franco-inglese (più
avanti solo inglese).
Nel 1881 i francesi, approfittando
di analoghe difficoltà finanziarie, riuscirono a imporre il loro
protettorato sul bey di Tunisi. La “gara” per la conquista dell’Africa
(colonialismo) era così cominciata e doveva concludersi nel giro
di due decenni.
La spartizione geografico-politica
del continente fu codificata dalla Conferenza di Berlino del 1885:
la Gran Bretagna aveva imposto il suo controllo su Egitto, Sudan, Kenya,
Uganda, Costa d’Oro, Nigeria, Gambia, Sierra Leone, Rhodesia, Niassa. Con
la guerra anglo-boera del 1899-1901 riuscì a conquistare le repubbliche
boere del Transvaal e dell’Orange (i territori dell’Africa del Sud si fonderanno
nel 1909 nell’Unione Sudafricana).
La Francia aveva aggiunto
all’Algeria e alla Tunisia l’Africa occidentale francese e l’Africa equatoriale
francese, la Costa francese del Somali e Madagascar e, nel 1911, il Marocco.
La Germania riuscì ad assicurarsi Togo, Camerun, Africa orientale
tedesca e Africa di sud-ovest. L’Italia ottenne l’Eritrea, la Somalia
e nel 1911 la Libia; il Belgio l’enorme e ricchissimo territorio
del Congo; il Portogallo l’Angola e il Mozambico; la Spagna una
parte del Marocco e il Rio de Oro. A eccezione dell’Etiopia – che doveva
cadere vittima dell’ultima impresa coloniale dell’Italia nel 1936 – e della
piccola Liberia – fondata nel 1821 da alcuni filantropi americani per dare
una patria agli schiavi liberati e dichiarata Repubblica indipendente nel
1846 pur restando di fatto protettorato statunitense – tutta l’Africa era
stata così assoggettata al dominio coloniale.
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L'Africa agli inizi
della Seconda guerra mondiale
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