PROTOCOLLO T.S.L.

                                                                                     3° Parte

                                                                                 di Silvia Torrelli

 

                                                                                  NOVEMBRE

 

                                                       

                                                                Probabile ritratto della bambina in vita

Erano bastati dieci minuti di cottura a fuoco lento per far aleggiare nella cucina, e poi nel resto del salone, un odore buono di sugo al pomodoro, cipolle, aglio e carote.

La pentola con l’acqua per gli spaghetti aspettava quieta di venir messa sui fornelli, le tendine della porta finestra, linda opera della paziente mamma, separavano l’oscurità del cortile dagli allegri locali della casa illuminati dalla luce elettrica.

Era tutto a posto, tutto in ordine: sul tavolo campeggiavano il vassoio con le patatine fritte ed un’insalatiera con la macedonia ricavata da mele, pere ed arance avanzate dal pranzo, mentre nel forno le bistecche attendevano di esser cotte.

Eppure  c’era una vaga sensazione di oppressione nel loro animo: i ragazzi bivaccavano sul divano, le scarpe buttate distrattamente da una parte, fissando sconsolati vecchie macchie d’umido sul soffitto…Luigi si grattava meticolosamente la testa ( un antico vizietto che a Stefania dava ai nervi ), Marco era rimasto con la Settimana Enigmistica arrotolata in una mano e la penna nell’altra.

Antonella si era messa a piegare tutti gli strofinacci della cucina che aveva trovato nei cassettoni della credenza del salone, visto che erano rimasti appallottolati dopo diversi rovistamenti.

Stefania scrutava nervosamente il giardino fuori, in piedi e a braccia conserte accanto alla finestra: era l’unica che mostrava apertamente di stare pensando a ciò che era successo la sera prima, mentre gli altri, stoicamente o meno, facevano finta di nulla.

Questa storia la stava facendo esasperare: era assurdo che una bambina così piccola potesse girare sola a quell’ora, era assurdo che un evento del genere avesse condizionato così i loro umori ed era assurdo il presentimento che quella sera sarebbe stata capace di presentarsi nuovamente.

Decise perciò di movimentare la serata chiamando a raccolta il resto della ciurma e dirigerlo in cucina per farsi dare una mano; fu proprio mentre Marco e  Luigi punzecchiavano le bistecche e Stefania ed Antonella decretavano che la tal pasta teneva meglio la cottura, che sentirono un leggero ticchettìo alla porta.

Si bloccarono tutti e quattro, muti ed immobili nelle loro posizioni, come certi insetti che, appena avvicinati, fanno finta d’esser morti: Stefania guardò in direzione della porta ed ancora si udì nitidamente bussare.

“ Ok, ora basta con questa storia “ sbottò, e si incamminò decisa verso l’uscio.

“ Dove vai ? “ ringhiò rabbioso Luigi, prendendola per un braccio.

Si girò verso di lui, stupita e spaventata allo stesso tempo, mentre Marco  ed Antonella si erano come impalati in un angolo della cucina.

“ Ma insomma! “ riprese Stefania, dopo una manciata di secondi che parve durare un secolo:

“ La smettiamo di fare i ridicoli ? Hanno bussato e vado a vedere chi è…Se è quella ragazzina, dov’è il problema ? No, dico, ma siamo tutti matti ? “

Si liberò dalla presa di Luigi, che nel frattempo aveva allentato la mano, cercando di farsi convincere dalla razionalità della ragazza, ed anche dalla sua, mentre qualcosa di viscerale gli stringeva lo stomaco e gli suggeriva di impedire che quella porta venisse aperta.

Stefania si diresse a passo svelto e proprio un secondo prima che la sua mano si chiudesse sulla maniglia d’ottone, si pentì del suo piglio manageriale che l’aveva sempre contraddistinta, si pentì di aver sempre sentito il bisogno di condurre cose e situazioni, si pentì di non essere in grado di fregarsene di salvare la faccia.

Aprì decisa la porta senza neanche domandare chi fosse e l’amministratore del condominio sussultò di fronte a lei: era vestito con il suo solito completino da pesca invernale, lo stesso con il quale andava a trovare la famiglia di Stefania a Roma, per portare le ricevute dei pagamenti avvenuti.

Stefania quasi urlò di felicità e si trattenne dall’abbracciarlo:

“ Signor Cartini ! Anche lei qui per il fine settimana ? “

“ No, no, sono venuto stamane per controllare le  mie piante, ho visto che da voi era aperto e sono passato ad avvisarvi che stanno facendo dei lavori alla centrale, e probabilmente mancherà la luce in questi giorni a venire. Sto ritornando a Roma, mia moglie e i ragazzi hanno preferito rimanere a casa e…”

“ Sì, sì, certo, capisco “ si girò con un’espressione trionfante verso i tre rimasti in cucina: non aveva mai visto facce così bianche in vita sua.

Immediatamente si sentì in colpa nei loro confronti, salutò ringraziando il vicino e chiudendo la porta ebbe come un senso di spossatezza, come quando studiava per gli esami e, a notte fonda, si concedeva un breve sonno agitato.

Nessuno ebbe il bisogno di dire nulla.

La cena proseguì in un clima quasi allegro, i ragazzi avevano cominciato a scherzare e a fare commenti sulle misure pettorali della signora Cartini, Antonella si era sciolta i capelli e rideva, era quasi carina, Stefania li guardava sorniona, tenendosi il mento sul palmo della mano.

Sicuramente fu a causa del vociare alto che non udirono il lamento dapprima flebile e poi sempre più forte che proveniva fuori, dal giardino: lo sentì Antonella prima di tutti, e si alzò convinta che fuori ci fosse un gattino.

Nessuno degli altri ebbe modo di realizzare, rilassati dalla stanchezza e dalla cena appena consumata, e quando Antonella aprì la porta si trovarono di fronte la bambina.

Cantarellava sommessa, seduta sui talloni, con la sua camicina ed il golfino, ma stavolta era scalza e aveva dei graffi sulle guance.

Rimasero tutti impietriti: era lì, era tornata, e diceva di aver sete, di volere un bicchiere d’acqua fissando immota un punto inesistente avanti a sé.

 Antonella, come in trance, si girò verso il tavolo, prese il suo bicchiere con dell’acqua e glielo porse.

Per la seconda volta aveva abbeverato quella strana creatura, pensò Stefania, e per la seconda volta lei li aveva colti alla sprovvista, senza difese, senza preavviso.

La bambina bevve, posò il bicchiere, si dondolò tenendosi le ginocchia con le braccia, poi si drizzò in piedi e prese a correre verso l’uscita del giardino.

Ancora una volta non furono in grado di fermarla.

                                                         

                                                            gen - 2003 terrore nel viso durante le ricerche di alcuni elementi

 

La mattina seguente era Domenica, 31 Ottobre.

I ragazzi si svegliarono e si prepararono per uscire, simulando una tranquillità misurata, una normalità apparente, ma la tensione era tangibile.

Il programma prevedeva un rifornimento di viveri per i pasti del giorno, a partire dalla colazione fino al pranzo del Lunedì, 1 Novembre, finito il quale avrebbero poi smontato le tende per tornare a Roma.

Il paesino, posto verso l’entroterra rispetto al Consorzio, aveva un aspetto addormentato quella mattina, il cielo era coperto di una coltre sottile e lattiginosa di nuvole biancastre e la luce intorno si rifletteva sui muri chiari delle abitazioni, dando fastidio alla vista.

Il negozio di alimentari era aperto, come ogni Domenica mattina, e il signor De Rocchis si sorprese di vedere così presto quei quattro ragazzi dall’aspetto non proprio pimpante.

“ Buongiorno “ salutò e, riconoscendo Stefania, aggiunse: “ Ciao, cara, come va ? Sei venuta per il ponte ? “

Stefania ricambiò con un sorriso stanco e, senza riflettere, mentre Antonella e Marco incominciavano a guardarsi intorno per decidere cosa prendere, si avvicinò al bancone e chiese all’uomo:

“ L’altra sera e ieri, dopo cena, una bambina in pigiama è venuta a casa e ci ha chiesto un bicchiere d’acqua, poi è sparita.”

Si interruppe mentre Luigi accanto a lei aggiunse, posando sul bancone alcune scatolette:

“ Si può sapere chi sono gli scellerati che la mandano in giro da sola, di notte ? Non riusciamo a farcene una ragione, e sinceramente…”

“…sinceramente ci hanno impensierito, queste visite.” stavolta intervenne Marco, che non aveva aperto bocca dalla sera precedente.

Il signor De Rocchis li guardava senza enfasi e aveva preso a passarsi una mano sul mento, strofinandoselo ben bene:

“ La bambina è un frutto della vostra fantasia, ragazzi “

“ Che sta dicendo ? “ scattò Antonella “ Io gli ho dato un bicchiere in mano per ben due volte ! “

“ Lo so “ rispose pronto “ ma semplicemente è capitato a voi ciò che è successo ad altre persone, qui nel paese.

La bambina è un fantasma: morì risucchiata dalle sabbie, dove per gioco gli zii l’avevano ricoperta fino al collo, sul bagnasciuga, e un’onda insolitamente grande la fece sparire.”

Fece una pausa per guardare in volto i ragazzi:

“ E’ successo in un pomeriggio di una decina d’anni fa, verso il tramonto.”

“ Sciocchezze…” balbettarono le ragazze

“ Nel cimitero di Ardea c’è una lapide piccola, a mo’ di ricordo con una sua foto, perché logicamente il corpicino non venne mai ritrovato…”

Non fece in tempo a finire, il signor De Rocchis che i quattro si erano già precipitati in macchina, lasciando tutte le cose sul bancone.

 

                                                           

                                                  Volti nel muro della casa diroccata dove si diresse la bambina

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