Protocollo TSL          

                                                                    di  Silvia Torrelli

                                                     Quattro ragazzi

                                                                         2°  puntata

 

                                          

 

Il fine settimana che stava per arrivare era come un bicchiere d’acqua nel deserto: il lavoro era stato duro, quel mese, per tutti, ed i ragazzi non vedevano l’ora di tirare un po’ il respiro.

Avevano programmato quel weekend da diverso tempo, sperando che all’ultimo non fosse uscito qualche grattacapo,come il dirigente che ti obbliga a controllare le schede dei movimenti azionari dei clienti più preziosi il sabato pomeriggio, come la preside che indice una riunione straordinaria dei docenti per permettere o no la cogestione scolastica ai vulcanici liceali, come la meticolosa collega di corsia che ti ricorda che tante volte ti ha sostituito in qualche turno in ospedale ed è arrivato il momento di contraccambiare.

Le previsioni del tempo erano state attendibili nelle ultime due settimane, un fine Ottobre sereno, caldo quanto basta a lasciare sciarpe e cappelli nei cassetti in compagnia della naftalina ancora per un po’, e così, dita incrociate infilate nelle tasche, si erano accordati telefonicamente dopo il pranzo del venerdì per decidere l’orario della partenza.

                                          

                                                                 "il canale di Tor San Lorenzo"

 

L’appuntamento era alle 17.30 sotto casa di Antonella: la spesa l’avevano fatta la sera prima nel luminoso supermercato nuovo di zecca,avevano diligentemente spartito il pieno di benzina dell’auto di Marco e si erano assicurati che la casa fosse fornita di coperte, nonostante venisse abitata principalmente d’estate.

“ Ma sì, non vi preoccupate.” aveva sorriso Stefania.

“ Al limite ci scalderemo l’un l’altro, no?” aveva aggiunto Luigi, il suo fidanzato, dando una gomitatina a Marco.

La battuta aveva messo in imbarazzo Antonella, che cercava con gli occhi lo sguardo di Stefania per mostrarle il suo disappunto.

Ma Stefania era tutta intenta a stipare buste e pacchi nel portabagagli dell’auto.

La Pontina era semideserta: mentre il cielo rosseggiava tutt’intorno e le chiome dei pini in fila si fondevano tra loro, l’auto scivolava silenziosa sul nastro di strada bigio, Stefania chiacchierava senza posa, Luigi osservava distratto le casupole di campagna, inconfondibili, che precedono Pomezia, Marco guidava attento e Antonella aveva preso una rivista e la sfogliava nervosa.

I patti con l’amica erano stati chiari: non avrebbe dormito con Marco nello stesso letto, ma la battuta di Luigi le aveva fatto capire che erano state parole al vento. Marco era un caro amico, nulla più.

 

                                   

                                                          "La strada maestra"

 

Arrivarono al Consorzio giusto in tempo per osservare l’ultimo stralcio di tramonto: la parete di vite americana accanto al cancello era fiammeggiante, la palla infuocata che si era tuffata nella linea dell’orizzonte gettava a ventaglio gli ultimi raggi di luce mentre nel punto opposto il cielo già si tingeva di un colore violetto.

Una taccola dal collo grigio gracchiò improvvisamente sul tetto di una casa dietro a loro e li fece trasalire.

 L’amica era stata di parola: Antonella e Marco avevano a disposizione una stanza ciascuno con letto singolo, cassettiera e comodino.

La casa, poco distante dalla spiaggia e vicina alla strada che i villeggianti chiamano litoranea, era molto carina, con un grosso salone e cucina antistante il giardino al piano terra e le camere da letto con i bagni al primo piano.

Il televisore posto sul mobile del salone aveva ceduto già verso la fine dell’estate e nessuno di loro aveva pensato di portarsi una radiolina, per cui ammisero che quello sarebbe stato in weekend di autentico distacco dal quotidiano.

La considerazione non avrebbe potuto essere più giusta.

 Dopo la cena sparecchiarono e lavarono i piatti, e si misero sul grande divano accanto alla porta d’ingresso.

 Stefania aveva sempre qualche storiella bizzarra da raccontare sul suo lavoro in ospedale, Antonella era brava a tracciare le caricature dei genitori dei suoi alunni, conosciuti durante i colloqui di fine trimestre, mentre Luigi e Marco ascoltavano divertiti, rassegnati da tempo sul loro noiosissimo lavoro in banca.

 

                                                     

                                                                       "La casa dell'apparizione"

Fu allora che sentirono bussare alla porta.

All’inizio credettero di aver udito male, forse un rumore lontano, nel giardino, od uno scricchiolio d’assestamento della casa, per cui si ammutolirono tutti e quattro ed attesero guardandosi con gli occhi spalancati.

Quando sentirono bussare una seconda volta non ebbero più dubbi: ma chi poteva essere a quest’ora, in un triangolo sperduto di campagna a fine Ottobre? Una volta giunti a destinazione Stefania notò subito che non c’era ombra dei vicini di casa nei dintorni, osservando la via vuota, senza auto, e le tapparelle di tutte le villette abbassate.

“ Chi è?” chiese pronta.

Dall’altra parte si udì un vocino flebile:

“ Ho sete, datemi dell’acqua.”

Le ragazze aprirono la porta e tutti quanti osservarono increduli chi stava loro di fronte: era una bambina, di sei anni appena, in camicia da notte con gli elefanti rosa, le moppine pelose ed un giacchetto di lana viola con i bottoni a forma di fiore gialli.

“ Ho sete, voglio un bicchiere d’acqua.”

Stefania allungò la mano per farla entrare, ma lei si scostò leggermente indietro.

“ Entra” fece in un secondo momento, e la bambina entrò, si accoccolò sulla sedia di fronte al loro divano e li fissò con uno sguardo immoto.

 Dapprima rimasero imbambolati a guardarla, poi Antonella si ricordò del motivo per cui era entrata, andò in cucina e le porse il bicchiere con l’acqua.

La bambina bevve, posò il bicchiere sul tavolo, saltò in piedi e schizzò attraverso l’ingresso che era rimasto aperto.

Stefania la vide sparire nell’oscurità totale, lungo il vialetto del giardino che conduceva alla strada principale.

“ Che buffa bambina.” disse Marco, rompendo il silenzio, con un ghigno sarcastico.

Ma da dove veniva, tutta sola, a quell’ora della notte, con una camiciola ed un golfino, se tutte le case intorno sembravano deserte?

 Il mattino dopo nessuno commentò l’accaduto. Era sabato ed il programma che si erano prefissati era quello di fare una lunga passeggiata sulla spiaggia, verso sud.

Ancora Stefania si guardò intorno per scorgere abitazioni aperte nel Consorzio, ed ancora quella mattina sembrava tutto deserto.

 Pranzarono di gusto e si accorsero che per la colazione ed il pranzo del giorno dopo non avrebbero avuto pane e latte a sufficienza.

Decisero quindi che l’indomani di buon’ora sarebbero andati in paese per fare acquisti.

Il pomeriggio trascorse velocemente, sdraiati in giardino a godere degli ultimi raggi di un sole benevolo, mentre qualche timido refolo di  vento sollevava, di tanto in tanto, un tappeto di foglie di platano giallo ocra.

Le taccole tornarono a gracchiare verso le cinque ed i ragazzi rientrarono in casa.

Nessuno voleva dire ad alta voce ciò che tutti segretamente temevano, e cioè che quella notte la bambina sarebbe tornata.

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