.
STEFANIA ZACCHEDDU
e-mail:
jina@virgilio.it
Il momento caffè
Questo
è il momento in cui ci si chiede o in cui ci si dà delle risposte? E' troppo
complicato stare qui a disquisire sul motivo o sul fine della nostra
"esistenza", perché dentro questo universo di ricerca si intrecciano
le mille strade dei perché e dei percome, che si possono risolvere in tu e il
resto del mondo. Proprio come in una di quelle partite amichevoli
internazionali dove qualcuno deve comunque vincere, e non è detto che sia tu.
Hai cercato di districarti allora, hai acceso una sigaretta ,no non voglio
parlare in terza persona, d'altronde parlo di me.
Ho
acceso una sigaretta e le elucubrazioni sull'essere e sull'esserci sono mie. No,
non ho ancora trovato una risposta, ho messo anche il caffè sul fuoco. Vivo in
questa casa da vent'anni e se adesso sono ancora qui mi viene da pensare di non
avere fatto grandi progressi. Fumare nuoce e questo lo sappiamo tutti
soprattutto le multinazionali che proprio in questi ultimi tempi stanno
pagando, comunque chi se ne fotte? Nel mentre che fumo e che aspetto il mio
caffè realizzo di essere disoccupata da oltre un anno, o quasi, di essere
diventata inerme, di aver fatto terra bruciata intorno a me, e di sentirmi
spesso e volentieri depressa. Basterebbe poco in fondo, per riprendersi dico.
Ci ho provato: credevo fosse un problema psichico si insomma che qualcosa non
funzionasse correttamente e allora mi sono rivolta a qualche psicologo e non ho
evitato gli psichiatri, si quelli che ti fanno parlare per mezz'ora e poi ti
rifilano una bella ricetta ricca di pasticche miracolose…di quelle ne ho fatto
a meno….brutte esperienze con quelle pillole della felicità!
La
persona che mi ha colpito di più è forse quella che mi ha fatto capire che
contorcersi su supposizioni fosse pericoloso è stata una dottoressa. Erano
circa le sette quando sono entrata nello studio e circa le dieci quando sono
uscita. Mi ha accolto calorosamente qualche battuta di convenienza e mi ha
offerto una sigaretta. Tutta questa scena mi ha ricollegato ad un libro che ho
letto durante il liceo, di Italo Svevo , e già lì nuotavo nell'imbarazzo dato
dal confronto con la mia immaginazione. La immaginavo forse un po' austera
invece era una donna piacevole e molto affascinante ma inquieta d'animo…più di
me senza dubbio. La discussione toccava i punti limite: famiglia, relazioni
sociali, insomma gli affetti e per ultimo il problema scatenante. Dopo avere
confessato che il Problema mi aveva spinto da lei, non solo fisicamente ma
anche in senso pratico, d'altronde il Problema aveva pagato la seduta(50 euro
di seduta) e lei mi ha tenuto ferma su queste affermazioni, ha insinuato che il
Problema volesse controllarmi e che sicuramente stava facendo un gioco ambiguo
su entrambe per tenere in mano la situazione. Io in cuor mio sapevo che il
problema voleva solo levarsi un senso abnorme di colpa ,quindi sapevo
altrettanto bene che la discussione si era ormai esaurita e che farsi mille
seghe mentali non poteva che nuocermi supportate poi da un'analista ancora di
più. In quel momento avrei voluto un caffè, oltretutto non riuscivo a capire il
senso di quelle discussioni , insomma pagare qualcuno perché ti ascolti è
veramente triste anche se lo si giustifica…non riesco a trovarlo plausibile,
non me ne capacito. Comunque qualcosa avevo risolto il mio essere un po'
"Zeno" mi aveva dato ragione la malattia era un po' come la vita, o
così credo. Ora il caffè è quasi pronto, non penso ancora al domani, non ho
grandi progetti anzi in verità non ne faccio da un po', d'altronde sono
spiantata e che m'ingegno a fare se non ho una lira?
Il caffè è uscito , è spettacolare mi rilassa
bere il caffè anche se so di esagerare ne bevo sempre 3 o 5 tazzine al giorno e
sono perennemente in fibrillazione. Siamo in una società di tossicomani ,
drogati mentali, con delle priorità assurde: il caffè alla mattina
indispensabile, il fumo, l'alcool…….insomma una generazione viziosa, non che
sia del tutto malvagio anzi qualche volta mi piacerebbe esagerare , come facevo
un po' di tempo fa. Dopo il lavoro uscire con il mio uomo o con qualcuno di
altrettanto interessante, passare la notte in casa nel bagno, immergersi in una
vasca piena di caffè zuccherato non bollente un po' più che tiepido. Le
candele, gli incensi ,una bella canna d'erba e fare sesso leccandosi il caffè
dalle spalle dalle labbra dalle bocche insomma mangiarsi un po', assaporarsi.
Invece ora assaporo questo caffè, certo non ci saranno quelle sensazioni
inebrianti ma è gustoso ugualmente. Non sono eccessivamente nevrotica, solo un
po' disadattata ecco ho avuto un periodo nero e prima o poi doveva arrivare,
arriva per tutti lo chiamerei "momento caffè". Nessuno sfugge è il
momento della prova in cui occorre fare un salto dopo il dolore, insomma devi
stare di merda per poter risalire. Come dice mia madre sibilla megera "ti
devi sbattere per ottenere qualcosa" questa affermazione è terrificante, insomma
devi affrontare il mondo con i suoi annessi e connessi , in più devi essere più
che conscia che varrà la legge per cui se oggi va male una cosa domani andrà
sicuramente peggio e devi comunque cercare di essere felice. Ebbhè lineare no?
No, ci deve essere almeno uno spiraglio, una via d'uscita nascosta o meno
attraverso la quale scappare Ma lei non si è mai occupata di farmi vedere
quella zona in ombra di speranza. Un po' ignobile da parte sua, non credo di
perdonarla per questo.
Ho
avuto tanti momenti caffè uno è stato durante il liceo, non ero effettivamente
una ragazza tranquilla e soprattutto detestavo il fatto che qualcuno potesse
dubitare delle mie azioni e di me, così il momento caffè è arrivato con la mia
professoressa di lettere. Questa dopo due giorni di cattedra ha voluto fare il
classico tema di valutazione, la mia è stata un tre con l'insinuazione di aver
copiato il compito. Bhè non ho più fatto un compito di italiano fino all'esame
di maturità perché mi ero semplicemente offesa e il nostro conflitto si
accendeva ad ogni tema in classe, consegnato regolarmente in bianco o con proteste
scritte in fondo al foglio. Lei mi detestava ed io altrettanto, ma dopo l'esame
abbiamo concluso con un caffè, una sorta di rito di pacificazione. Questo tipo
di rito l'ho ripetuto più volte in diversi momenti caffè, un altro è stato con
una mia collega di lavoro con cui in un periodo abbiamo condiviso tutto,
mutande soldi sigarette letto uomini droga giochi sorrisi lacrime tutto e
niente, ma soprattutto noi due ci siamo un po' perse l'una nell'altra come
succede in amore…una notte siamo riuscite a bere più di dieci caffè e siamo
rimaste sveglie fino all'alba parlando delle nostre vite poverine e dei nostri
sogni ma non ci siamo toccate io ho avuto paura ma il momento caffè è arrivato
ugualmente ci siamo sporcate un po' nel dolore, e ci siamo divise poi per
sempre più o meno.
Le
donne della mia vita sono state tutte delle tazze che io riempivo di caffè
per poterle assaporare, legami forti viscerali quasi ossessivi. Ho avuto una
madre, una dottoressa, una professoressa, più amiche, una fidanzata e purtroppo
una figlia che non sono riuscita a riempire, l'ho rotta prima di poterci mettere
dentro un po' di caffè. La mia ultima tazzina di caffè non ci sarà credo che
continuerò ancora a riempire tazzine e a svuotarle perché in fondo la vita
è così, è un susseguirsi di "momenti caffè".
ARTURO Arte e Letteratura (finchè non si spengono le stelle)registrati |
|
Fotografia | Racconti | Poesie | Pensieri | Letture | Osservatorio | Il Grande sonno | home | scrivimi Registrati |
|
home<© artfer 2002 Arte e Letteratura diritti riservati vietata riproduzione e distribuzione |