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Home Torna a testi ed articoli Tutti gli arcieri storici che si rispettino, usano frecce in legno, con impennaggi naturali, punte di ferro, etc., ma quanti vedendo la loro cuspide penetrare nel paglione, estraendo la freccia o semplicemente incollandole, si sono chiesti come venissero effettivamente fabbricate le punte nel medioevo? Molti! Sicuramente tutti quelli che hanno provato a costruirsi parte della loro attrezzatura arcieristica (arco, penne, cocche, incollare punte…) Beh….molto umilmente, sulla base delle mie esperienze artigianali, considerazioni e deduzioni, posso provare a rispondere a questo interrogativo, senza scendere troppo nei particolari delle tecniche metallurgiche. Innanzitutto non tutte le punte erano di ferro! A seconda dell’uso che se ne faceva potevano essere anche di pietra, di osso, oppure le frecce potevano esserne completamente sprovviste, ma la loro parte terminale a forma di cono era indurita sul fuoco. Questo accadeva soprattutto per la caccia a piccoli animali e piccoli volatili. Ad esempio i Signori del tempo avevano l’abitudine nei grossi banchetti di farsi servire la selvaggina….intatta, cioè che sembrasse quasi viva. Stessa cosa per i “pelliciai” che acquistavano le pellicce a patto che fossero in buono stato. A tal proposito c’erano i cacciatori professionisti, che per evitare danni alle penne, o alle pellicce, usavano punte di pietra, arrotondate, così da uccidere l’uccello con l’urto senza danneggiare il piumaggio o la pelliccia (ovviamente stiamo parlando di piccoli animali)! Pensate che molti cacciatori professionisti usavano per questo anche “l’arco a palla” o la “balestra a palla” che scagliava pallottole di argilla, dopo di ferro. L’uccello era poi privato delle penne, cucinato e rivestito delle stesse penne….pronto per il banchetto, con notevole effetto per gli invitati! Chi cacciava per fame ovviamente non guardava alla pelliccia, né alle penne, ma alla carne, ma questa è un’altra storia! Veniamo ora a quelle metalliche: -Sin dall'antichità, quando non c’erano i tornii per metalli, le punte erano ottenute per semplice fusione: si fondeva il ferro, bronzo o altre leghe e le si colava in uno stampo di pietra o altro materiale....dopo si ripulivano dalle impurità ed il gioco era fatto (Fig.1). Si trattava però di punte da inserire direttamente nell'asta, tramite una fessura praticata nel legno detta “cocca”, che ospitava il suo “codolo”, il tutto poi legato e/o incollato all’interno della fenditura stessa (incoccatura). Non
potevano quindi essere munite della "gorbia", cioé l'imbuto per
innestarci dentro l'asta della freccia, dato che le ridotte dimensioni non
permetteva di inserire uno stampo nello stampo per accogliere il materiale in
fusione. Circa il peso vorrei farti un esempio che però calza poco con le nostre punte ma rende l’idea sull’abilità degli artigiani dell’epoca. Tutti oggi
pensano che un'armatura di un cavaliere completa (siamo oltre il 1200, ma
è solo un esempio) pesasse...chissà decine e decine di kg.....ebbene questo
accadrebbe se noi la costruissimo con i laminati moderni, già pronti,solo
da curvare e sagomare, ma all'epoca le lamine erano ottenute spianando a
martellate una barra, per cui questo procedimento rendeva la piastra molto più
leggera di quanto si possa pensare e compatta....non so se rendo l’idea. Tale
procedimento era ad esempio usato per costruire la lama Una spada di allora per questo era sicuramente più leggera di una fatta tutta in acciaio di oggi, e sono pochi i fabbri in grado di costruire lame del genere. Inoltre
il ferro al centro aveva la caratteristica di attutire gli urti e
difficilmente partivano schegge che potevano ferire agli occhi i 2
La gorbia poteva essere ottenuta in tre modi. Con la “cesellatura”, cioé “cesellando" la punta: semplicemente battendole dietro con un cuneo così da spingerlo dentro il ferro in modo da infossare ottenuta facendo la cuspide della punta, spianando dopo la sua parte posteriore e poi arrotolandola a cono, servendosi sempre di un cuneo di ferro come stampo. La gorbia in questo modo poteva anche non essere chiusa completamente, ma se l’artigiano ci sapeva fare con la bollitura poteva letteralmente “saldare” i due margini ottenendo un cono chiuso.
Troppo comodo per gli abili fabbri dell’epoca! Passiamo ora ad
analizzare le varie tipologie di punta e vediamo l’uso cui erano destinate: Questa era più
spesso inserita direttamente inserita nell'asta e poi fissata con collanti
naturali e legature, raramente poteva Era usata soprattutto per la caccia, le sue lame erano tenute sempre affilatissime dal cacciatore per permetterle di tagliare il più possibile le carni dell'animale. Le "barbe" facevano sì che la freccia venisse ritenuta nelle carni senza che potesse essere estratta dall'animale coi denti o durante la corsa qualora fosse stato solo ferito, anzi così facendo l'animale metteva in oscillazione l'asta e quindi la punta nel suo corpo provocandosi lesioni interne mortali!
Sembra che in
qualche modo i sistemi di protezione fossero modificati di conseguenza,
applicando ad esempio del cuoio al di sopra della maglia di ferro e frenando in
tal modo la penetrazione della cuspide.
Anche qui le più lunghe e sottili penso avessero le stesse funzioni delle "quadrelle", le più larghe e tozze quelle delle "barbate", quindi ad uso più venatorio. L’aria passandoci dentro durante il volo della freccia emetteva un sibilo….molto suggestivo ad udirsi oggi, ma utile allora per mandare segnali. Si evitava così che con l’urto contro il bersaglio o durante il volo la stoppa si spostasse verso la coda della freccia, rendendo così meno efficace l’azione destruente del fuoco. Se infatti si doveva incendiare un portale la fiamma della freccia doveva venire a contatto col legno, non poteva esserne distante. Se si voleva incendiare un tetto coperto di paglia, beh…la cosa cambiava, anche se lo stoppino si spostava un po’, la paglia avrebbe preso fuoco ugualmente. Spero quindi di aver chiarito le idee dei Signori lettori o quantomeno di averli incuriositi a tal proposito. Mastro Matteo |