Storia del Mastro

Home

    Mastro Matteo nasce a Fiorentino il 30 Giugno 1230, da Messer Ruggero e Donna Matilda.

Dal padre, abile e fine artigiano del cuoio, Matteo apprende i segreti della concia delle pelli e tutto ciò che fa della lavorazione del cuoio una vera e propria arte.

Lo zio paterno, Niccolò, è un valente balestraio e poiché i due fratelli tengono le botteghe vicine, fin dalla più tenera età Matteo respira odori di legno intagliato di fresco, di colle animali, di pelli, di metalli forgiati in quadrelle e punte di frecce.

Con questi odori, entrano in lui anche l’antico sapere di cui, di generazione in generazione, sono custodi il padre e lo zio, e che faranno di Matteo un artigiano abile e versatile.

Ed è proprio grazie alla sua bravura che il suo nome, passato di bocca in bocca da armigeri e cavalieri che hanno avuto occasione di passare per la sua bottega, giunge fino alle orecchie dell’Imperatore .

Il sovrano, appassionato cacciatore, rimane talmente soddisfatto  dei suoi manufatti che non solo commissiona a Mastro Matteo molte delle sue balestre manesche e dei suoi archi saraceni per le guarnigioni dei suoi castelli, ma lo prende talmente a benvolere da consentirgli di unirsi a lui durante le battute di caccia.

Così,  è ancora Mastro Matteo a confezionare le lunghe palandrane di pelle che ricoprono i canattieri dell’Imperatore. Suoi sono i collari ed i lunghi guinzagli che a fatica trattengono i cani latranti ed infervorati dall’imminenza della caccia.

Di sua produzione le scarselle, le faretre, le calzature d’ogni pregio e valore.

Di Mastro Matteo sono anche i guanti dei falconieri, ornati di nappe e campanelli, nonché i delicati e perfetti cappucci dei rapaci.

Ma sono di Mastro Matteo anche i guanti delle gentildonne che seguono il sovrano e i suoi cortigiani durante le battute di caccia, guanti di un pellame tanto fine e pregiato da poter essere ricamato al pari della stoffa più delicata.

E’ proprio nel corso di una di queste battute di caccia in territorio Foggiano che Federico II, colto da malore, viene trasportato a Castel Fiorentino, dove purtroppo morirà, il 13 Dicembre del 1250.

Cinque anni dopo, durante l’assedio di Fiorentino da parte delle truppe papaline di Alessandro IV al comando del Conte Ruggero Sanseverino, Mastro Matteo partecipa attivamente alla difesa della sua città che tuttavia, nonostante la strenua lotta dei suoi abitanti, finirà col soccombere e verrà distrutta.

Fortunosamente scampato all’eccidio Mastro Matteo, unitamente ad un manipolo di altri sventurati, riesce a fuggire dalla città in fiamme e si mette in cammino verso Terra Maggiore, dove trova asilo presso la badia di S. Pietro il cui abate, Leone, simpatizza per la casata di Svevia.

L’accoglienza dell’abbazia è delle migliori e i fuggiaschi a poco a poco tornano ad una vita normale, stabilendosi nelle vicinanze.

Durante la fuga, Mastro Matteo aveva conosciuto una giovane donna, Maria, figlia di mercanti che avevano perso tutto nel sacco di Fiorentino. Innamoratosi di lei, la sposerà qualche tempo più tardi.

Ripresa l’attività artigiana, si stabilisce nei pressi di un castrum normanno, su una collina dal lato opposto dell’Abbazia. Prende casa in un edificio posto alle spalle della chiesa del Santo di Mira, consacrata a San Nicola, la cui effige era stata vessillo e consolazione degli abitanti di Fiorentino durante la triste fuga dalla loro città insanguinata e distrutta.

Passano gli anni e, se i ricordi delle violenze patite si fanno più labili, la gente tuttavia non dimentica chi, come Mastro Matteo, nell’immediatezza dell’attacco si pose fra i primi a contrastare il nemico. Per questo, nonché per la franchezza e l’amabilità dei suoi modi, i concittadini decidono di conferire a Mastro Matteo il titolo di Borgomastro.