Incendi
– Disboscamento
Protezione
Ambientale
Suolo
e vegetazione sono strettamente interdipendenti e l’evoluzione (o la
degradazione) dell’uno procede concordemente all’evoluzione
dell’altra. L’azione dell’uomo sui vegetali risulta spesso
deleteria non solo per via diretta, ma anche per via indiretta, in quanto ha
delle conseguenze sulla
evoluzione del suolo, la quale a sua volta è un fattore determinante nel
processo di maturazione della copertura vegetale.
Il
suolo è un componente degli ecosistemi in continua trasformazione. I fattori
che sono responsabili dello sviluppo del suolo sono diversi e numerosi
(tipologia della roccia madre, clima, morfologia del territorio), ma l’azione
degli esseri viventi è certamente una delle
componenti
principali.
Anche
il tempo è da considerare un fattore chiave nell’origine e nell’evoluzione
del suolo. La formazione dei suoli è un processo rapido solo su scala
geologica, non nei tempi umani, in quanto richiede parecchi decenni o
addirittura secoli.
La
formazione o il ripristino di un suolo maturo e fertile
che permetta lo sviluppo di un bosco richiede parecchio tempo, perché è
il risultato di un lungo periodo di alterazione meccanica e chimica delle rocce,
associata alla decomposizione della materia organica, specialmente
vegetale ad opera di alghe, batteri funghi.
Altro
fattore influente è il clima :
-
la
temperatura condiziona l’attività chimica e biologica, tanto più intensa
quanto più quella è elevata;
-
le
precipitazioni
permettono i processi di lisciviazione e di dissoluzione (ma nelle zone
incendiate il clima tende ad essere arido ).
Perciò
nei climi umidi i
suoli tendono ad essere spessi, con l’acqua, che muovendosi
verso il basso, liscivia le sostanze minerali : nei climi aridi
i suoli sono sottili e l’acqua si
muove verso l’alto per capillarità ( diventano sottili i suoli dei
terreni percorsi
da incendi frequenti).
I
suoli sottili permettono la crescita di una vegetazione di piante pioniere, i
cui resti preparano un primo miscuglio di sostanza organica e sali minerali.
Per
superare questa fase evolutiva occorrono parecchi anni perché si deve attendere
la maturazione del suolo operata dall’azione concomitante degli animali, dei
vegetali e
dei fattori abiotici .
L’aspetto
più consistente del ruolo dei viventi sulla dinamica del suolo risiede
nell’apporto di sostanza organica fornito dai vegetali e nell’elaborazione
di questi materiali operata dalla microfauna, dai funghi e dai batteri. La
copertura vegetale fornisce infatti continuamente resti di materiale biologico
(porzioni aeree che cadono al suolo – foglie e fusti –
parti morte dell’apparato radicale). Questi materiali vengono
metabolizzati dagli organismi del suolo e convertiti in una miscela di sostanze
organiche, l’humus, che conferisce al terreno la capacità di assorbire acqua.
Di pari passo maturano le successioni ecologiche vegetali come la gariga, una steppa di piccoli
cespugli legnosi pulvinati ( dalla tipica forma a cuscino) e man mano che il suolo si evolve arrichendosi di sali minerali e di humus, fanno la loro comparsa i primi alberelli misti ai cespugli della macchia bassa ed in seguito della macchia alta; si ha così la presenza di formazioni vegetali via via più esigenti in fatto di spessore di suolo, e più mature ,che si evolvono verso la vegetazione potenziale (formazione del bosco).
Incendi
Gli
incendi possono classificarsi in
tre origini principali:
a)
origine
naturale (1%)
per fulmini od autocombustione
b)
origine
involontaria ( 24% ), appiccati dall’uomo per incuria od altro ( bruciare
stoppie o rifiuti, fuochi accesi
all’aperto )
c)
di
origine dolosa
( 75% ) vengono appositamente provocati dall’uomo con l’intenzione di
far danni o di
modificare il territorio ( pascolo, speculazione edilizia,
vendetta, vandalismo ).
L’errata
convinzione che
il fuoco renda fertile il terreno è tuttora radicata in ambiente pastorale
perché quella
poca cenere prodotta
ha un immediato effetto fertilizzante , di gran lunga
però superato dal danno della sterilizzazione del terreno poiché si bruciano
la microflora e la fauna che ne alimentano l’humus e l’humus stesso.
Riportiamo alcuni dati riguardanti gli incendi.
Gli incendi,
ancor più se ripetuti, distruggono tutte le forme di vita vegetale ed animale.
Nel caso di
ambienti isolati come la Sardegna, terra ricca di specie importanti e di
endemismi di pregio, il rischio di estinzione
di queste forme di vita è quindi molto elevato.
Progressiva
riduzione degli areali del Cervo Sardo dal principio del secolo e
sua
reintroduzione nel Marganai
Si calcola
un tempo di circa 200 anni affinché un bosco ripetutamente incendiato riprenda
il suo aspetto originario e di circa 300 anni per far sparire le ultime tracce
di incendio.
Ecco i tempi di crescita di alcune piante:
pino
sughera leccio
|
20
anni 50
anni 75
anni |
Sia nel
processo di evoluzione sia in quello di degradazione del suolo e della
vegetazione, gli incendi ed i disboscamenti incontrollati sono azioni antropiche
di grande rischio per il territorio, ma anche per l’uomo, in quanto
determinano una retroazione positiva che porta spesso ad effetti catastrofici.
Si innesca una spirale incontrollabile di rapido e radicale cambiamento dell’ecosistema per la distruzione del manto vegetale che favorisce l’erosione del suolo ed inibisce il successivo ricupero della vegetazione stessa.
La
pioggia non più smorzata dalle
fronde, né frenata dalla macchia, cade direttamente sul terreno ove scorre con
violenza sviluppando un’azione meccanica di erosione ed asportando lo strato
superficiale, indispensabile per la crescita delle piante;
si scopre così la roccia di basamento e le acque acquistano ulteriore
velocità di scorrimento e tendono ad erodere anche i terreni boschivi
circostanti: è l’inizio del
fenomeno di desertificazione e di dissesto idrogeologico.
(Da: indagine sul pianeta terra)
È
quindi evidente come l’intervento antropico irrazionale e non regolamentato
possa essere origine di degrado dei suoli e della copertura vegetale, e come per
favorire il recupero spontaneo dell’intero ecosistema sia indispensabile
tutelare la vegetazione stessa. L’area del Buon Cammino è un caso emblematico
di degradazione della vegetazione e del suolo causata dall’intervento
dell’uomo.
Si
legge in “ Storia di
Iglesias “ di Vittorio Angius (
opera tratta dal Dizionario geografico - storico - statistico –commerciale
degli stati di SM il re di Sardegna, di Goffredo Casalis ), che
nel diciannovesimo secolo “
gli incendi devastarono i boschi annosi e che anche i pastori sulcitani
spargevano per tutto le fiamme “.
In
quel tempo si operò anche un disboscamento
sconsiderato per legna da ardere o
per far carbone o per uso industriale (ferrovie, miniere).
Nel
nostro secolo, soprattutto negli
ultimi 40 anni, gli incendi, cadenzati con ritmi piuttosto intensi, hanno
distrutto, sul colle, sia gran parte del bosco di sughera e di leccio , sia
interessanti specie faunistiche
cancellandole forse per sempre.
Tuttavia
il colle del Buoncammino è solo una fra le vaste aree sarde ineressate dal
fuoco: gli incendi in Sardegna sono pari a circa un terzo di quelli di tutta
Italia e ogni anno bruciano circa
6000 ettari di aree boschive; la provincia
di Cagliari è la più colpita in questi ultimi anni.
Abbiamo
raccolto dati a partire dal 1965
in cui si rileva la ripetitività degli incendi e la loro pericolosità,
fino al vasto incendio del 1987 che ebbe risonanza sulle cronache locali per
aver accerchiato l’ospedale Crobu.
Aspetto
del colle Buon
Cammino dopo l’incendio (Riproduzione fotografica
aerea datata
agosto 1987, concessa
dall’Ufficio Tecnico Comunale di Iglesias)
Mappa
della vegetazione dopo l’incendio del 1987
Incendi
avvenuti in località “Buon Cammino” in agro di Iglesias a partire
dall’anno 1965 (comprendono anche quelli di monte Cresia e Bingiargia
lato colle):
anno |
località |
superficie
(Ha) |
stato
culturale del terreno |
|
1965
|
Monte Cresia |
3 |
bosco (3Ha) |
|
1967
|
Buon Cammino |
2 |
bosco |
|
1977
|
Buon cammino |
2 |
bosco(1Ha)-
altre culture (1Ha) |
|
1985
|
monte Cresia |
9 |
bosco (5HA)- altre culture (4Ha) |
|
1987
|
S:Benedetto-4stagioni-
Bingiargia-Buoncammino- Campera |
1000 |
bosco (869Ha) altro ( 131 Ha ) |
|
1993 |
Buoncammino |
2 |
pascolo cespugliato |
|
1994 |
Buoncammino- S.Antonio |
11.5 |
bosco (7Ha), altro
(4,5Ha) |
|
1997 |
Buoncammino
28/6 Bingiargia 26/7 |
0,02 0,03 |
Substrato sterpi |
|
1999 |
Buoncammino- S.Antonio 27/6 Buoncammino 8/8 |
1 0,03 |
sughereta pascolo cespugliato |
Il ripetersi degli incendi, il pascolo, i tagli sconsiderati determinano fattori regressivi di vario genere: nel caso da noi studiato hanno prodotto l’involuzione nel terreno, tanto da poter osservare in alcune zone un suolo in regressione. secondo uno schema di questo genere:
Conseguentemente
la vegetazione è del tipo della prateria steppica con piante spinose ed erbe
poco appetibili per gli stessi
animali.
Buon Cammino: Suoli di regressione con roccia affiorante – Compositae: Carlina corimbosa
Liliaceae: Asphodelus microcarpus:
Compositae: Ptilostemon Casabonae
Compositae Galactites tomentosa (endemismo Sardo – Corso e Toscano)
Il
patrimonio forestale è dunque un bene di primaria importanza, se conservato con
razionalità perché.
a)
un suolo in buone condizioni può trattenere
tramite le radici delle piante più del 80
% dell’acqua
meteorica ;
b)
le piante restituiscono all’ambiente
sotto forma di vapore circa il 60-80
% dell’acqua da esse assorbita, ( un
pioppo può liberare circa 400 litri di
acqua al giorno );
c)
le piante di giorno assorbono anidride carbonica ed
emettono ossigeno;
d)
le piante riducono il pulviscolo atmosferico,
trascinandolo a terra con la caduta delle foglie, ( un ettaro di conifere
assorbe anche 30-40 t/anno di
pulviscolo, I faggi arrivano anche
a 70
t/anno );
e)
le piante con le loro radici trattengono il terreno
e diminuiscono il rischio di dissesto idrogeologico di frane ed
alluvioni.
Due importanti funzioni del suolo sono quella di assorbire l’acqua, creando la riserva fondamentale per la crescita della vegetazione arborea e la possibilità di dare rifugio alla fauna; nella fotografia sono riconoscibili delle tane di conigli scavate nel sottosuolo.
Inoltre, la presenza di una
copertura vegetale protegge il suolo dall’erosione esercitata dagli agenti
climatici (principalmente le intense precipitazioni), e tale azione di
protezione è tanto maggiore quanto più evoluta è la copertura vegetale. La
vegetazione, inoltre, protegge il suolo dall’azione diretta dei raggi solari e
ritarda la degradazione della sostanza organica favorendo la conservazione
dell’humus.
L’ambiente
è oggi non più solo una risorsa
naturale, ma è la risorsa economica di maggior valore di cui disponga
l’umanità per il proprio futuro e per uno sviluppo equilibrato e duraturo.
Sarebbe
imperdonabile responsabilità delle classi dirigenti e dei cittadini se questa
risorsa venisse sciupata e distrutta lasciandola in
balia dell’inerzia dei molti e della speculazione dei pochi.
Aree protette: difesa del
territorio
L’unico concreto gesto di protezione dell’ambiente che la nostra società è in grado di compiere, è la realizzazione di parchi e di riserve naturali. Essi hanno in comune luoghi notevoli per bellezze naturali, per interesse faunistico e floristico, per fenomeni geologici o storici di speciale rarità, che vengono tutelati dallo stato, o da altri enti pubblici, quali le Regioni e i Comuni. In questi territori è solitamente vietato cacciare, pascolare bestiame, tagliare piante, raccogliere fiori o prodotti della terra, per non intervenire nel delicato equilibrio animali – piante – ambiente; vi sono peraltro zone con tutela meno rigida, ma mirata alla corretta e non dannosa convivenza delle attività umane e dell’ambiente. A partire dal 1832, data di istituzione del parco di Jellowstone (U.S.A.), questo modello si diffuse in tutto il mondo. Alcuni dati messi a confronto, ci indicano che nel nostro paese (ancor più in Sardegna) vi è al riguardo ancora molto da fare; paesi densamente popolati come la Gran Bretagna hanno destinato a parco vaste aree del loro territorio.
Rapporto
aree protette / superficie dello Stato
Germania
|
26 % |
|
|
|
Austria
|
18 % |
|
|
|
Giappone
|
14 % |
|
||
U.S.A.
|
14 % |
|
||
Gran Bretagna |
11 % |
di cui il 9 % sono
parchi nazionali |
|
|
Francia
|
8 % |
|
|
|
Italia |
5 % |
|
|
|
Sardegna |
0,6 % |
|
|
Le aree
protette in Italia
In
Sardegna muove i primi passi
la Legge Regionale 31 del 1989, che si
propone di
istituire e gestire un
sistema di parchi e di riserve naturali ; perciò fra breve avremo, oltre al
parco nazionale del Gennargentu, 8
parchi regionali, 60 riserve naturali, 22 monumenti natura.
Carta dei complessi forestali
I monti dell’iglesiente (Marganai, m.te Linas, Oridda), verranno raggruppati in un unico parco regionale, il cui confine ovest sarà la s.s. n 126; l’area del Buon Cammino ne resterà quindi esclusa.