M. Teresa Cabré
Istituto Universitario di Linguistica Applicata (IULA)
Università Pompeu Fabra (Barcellona)

La terminologia tra lessicologia e documentazione:
aspetti storici e importanza sociale


Indice:
1. Introduzione
2. Terminologia e cambiamenti sociali
3. Terminologia e esigenze professionali
4. Unità terminologiche e gruppi professionali
5. Le attività terminologiche dei gruppi professionali
6. Da prassi diverse a una duplice concezione della terminologia
7. La terminologia descrittiva, materia della linguistica
8. Conclusione: la terminologia si trova tra la lessicologia e la documentazione?
Bibliografia citata
 
 
1. Introduzione

È noto che il termine terminologia rinvia a vari significati. La gran parte dei manuali di terminologia introduce il lettore alla materia evidenziando questo aspetto e elencando di seguito i tre significati che la forma terminologia può avere.

In primo luogo, si usa questo termine per riferirsi alla materia o disciplina che si occupa dello studio dei termini, denominati anche unità terminologiche. I termini sono concepiti come unità lessicali che rappresentano e permettono di trasferire la conoscenza specialistica dei settori scientifici e tecnici.

In secondo luogo, si usa terminologia per riferirsi al versante applicativo di questa materia, ovvero alla prassi che consiste nella compilazione, descrizione, edizione e normalizzazione delle unità terminologiche. Tale prassi comporta diversi prodotti terminografici, tra i quali occorre segnalare, come modello esemplare, i glossari specialistici, denominati anche vocabolari tecnici o lessici specialistici.

Infine, utilizziamo la stessa forma terminologia anche per denominare l'insieme delle unità terminologiche di una disciplina o settore specialistico.

Il triplice significato del termine terminologia ha prodotto controversie nella concezione della materia, che hanno ritardato in modo evidente il consolidarsi della disciplina, la definizione e l'elaborazione scientifica delle sue finalità.

La terminologia si è costituita come disciplina nella seconda metà del XX secolo, grazie ai lavori di Eugen Wüster, ingegnere austriaco interessato alla univocità della comunicazione professionale. Wüster ha immaginato i termini come elementi del lessico che avrebbero dovuto assicurare univocità all'interno di un settore specialistico e, quindi, garantire una comunicazione priva di ambiguità; il tutto nella forma più economica e efficace possibile. Di fatto, secondo Wüster sarebbe stato più conveniente usare una sola lingua nella comunicazione scientifica, come risultato di un intervento basato sul consenso, grazie al quale tutti i segni potessero essere monosemici e i concetti univoci. Ma questa era soltanto un'aspirazione: nella realtà, la comunicazione professionale mostrava una situazione evidentemente lontana da questo ideale.

 

2. Terminologia e cambiamenti sociali

Il sogno di Wüster di raggiungere una lingua univoca per la scienza e la tecnica avrebbe potuto trasformarsi in realtà se l'evoluzione sociale non avesse favorito la diffusione della conoscenza specialistica mediante la democratizzazione dell'istruzione, il trasferimento generalizzato di informazione attraverso i mezzi di comunicazione, e il massivo trattamento dei dati reso possibile dalle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. In effetti, quando la conoscenza specialistica si trovava sotto il controllo degli specialisti strictu sensu, era relativamente facile verificare i sistemi di denominazione delle materie specialistiche, ma dal momento in cui gruppi inizialmente estranei si sono introdotti nei settori tecnico-scientifici e si sono determinati nuovi scenari della comunicazione specialistica, la possibilità di verificare le denominazioni è diminuita e la variazione denominativa si è presentata in tutta la sua complessità. I motivi sembrano evidenti.

Da un lato, la proliferazione di canali comunicativi ha richiesto l'istituzione di forme comunicative adatte alle diverse situazioni: l'insegnamento e la divulgazione della scienza a vari livelli, la trasmissione dell'informazione a distanza, l'autoapprendimento, il trattamento automatico dell'informazione, ecc.

Dall'altro, una molteplicità di gruppi professionali ha cominciato a occuparsi anche della conoscenza e dell'informazione specialistica, non dal punto di vista della sua produzione, che continua a essere detenuta dagli specialisti, ma nella prospettiva della sua elaborazione. In tal modo, gruppi professionali come quelli dei traduttori e degli interpreti, dei redattori tecnici, dei documentalisti, degli ingegneri linguistici o dei professori di linguaggi specialistici condividono con gli specialisti di ciascuna materia l'uso, il trattamento e il trasferimento della conoscenza specialistica, anche se in maniera diversa da quella degli specialisti.

Nel momento stesso in cui si è prodotta questa estensione del controllo nella diffusione della terminologia, si è anche determinata una crescita esponenziale della conoscenza specialistica che ha condotto a una gran ricchezza e diversità di proposte di conoscenze e tecnologie. Questa diversità si è prodotta sia sul piano estensivo che intensivo. Da una parte, le discipline hanno approfondito aspetti specifici del loro settore e hanno dato luogo a molte microspecializzazioni che hanno diversificato le possibilità di specializzazione all'interno di un medesimo settore; d'altra parte, i settori disciplinari hanno modellato teorie e applicazioni interdisciplinari e transdisciplinari che hanno sviluppato domini di conoscenza totalmente nuovi. In questo panorama, i concetti hanno espanso la loro multidimensionalità e poliedricità e sono sorti nuovi punti di vista rispetto al medesimo concetto, e molte variazioni concettuali. La differenziazione concettuale ha prodotto conseguenze anche nel controllo dei concetti e delle loro denominazioni.

 

3. Terminologia e esigenze professionali

L'aspetto più conosciuto della terminologia è stato ed è ancora oggi quello delle sue applicazioni. Il carattere concreto della società moderna ha messo in rilievo l'istanza applicativa dei settori di studio. La terminologia applicata ha dato una risposta efficiente a questa esigenza, sia nella forma di raccolte di termini, sia nei servizi di consulenza e normalizzazione. Nessuno può negare che la terminologia, in quanto insieme di termini, sia assolutamente necessaria in tutte le attività coinvolte nella conoscenza specialistica, perché la conoscenza specialistica si rappresenta e si consolida mediante i termini utilizzati nel discorso. È per mezzo dei termini che gli specialisti trasferiscono abitualmente le loro conoscenze e, mediante i termini, la comunicazione specialistica raggiunge il suo più alto livello di efficacia. Pertanto possiamo dire che la terminologia, in quanto insieme di unità rappresentative della conoscenza specialistica, è necessaria per rappresentare e far comunicare i settori specialistici, e che ogni prassi che abbia relazione con la rappresentazione e/o con il trasferimento della conoscenza specialistica richiede in misura più o meno consistente la terminologia.

Ma la formulazione unanime di questa esigenza non presuppone che la terminologia necessaria per le diverse applicazioni sia concepita nello stesso modo, né che coincidano i dati che hanno interesse rispetto ai termini.

Quanto fin qui abbiamo esposto ci permette di attribuire alla terminologia due grandi funzioni, sempre presenti, quali che siano l'uso e la situazione:

* la funzione di rappresentazione della conoscenza specialistica
* la funzione di trasferimento di tale conoscenza.

Se, però, analizziamo le diverse applicazioni professionali della terminologia, possiamo osservare che queste due funzioni si applicano a oggetti terminologici di natura diversa, perché gli obiettivi di ciascuna prassi professionale hanno necessità di utilizzare oggetti diversi.

Così, una verifica degli interessi terminologici dei diversi gruppi professionali che hanno necessità di terminologia ci ha permesso di tracciare un primo panorama di esigenze. A questo scopo, abbiamo analizzato la risposta che diversi tipi di professionisti hanno dato alle domande per quale motivo e con quali finalità si interessano o si servono della terminologia nel loro lavoro reale, e abbiamo potuto osservare un'ampia diversificazione. A partire da questa diversità, abbiamo analizzato la concezione che ciascun gruppo ha della terminologia adattata alle proprie esigenze.

Abbiamo preso in considerazione i seguenti gruppi professionali:

4. Unità terminologiche e gruppi professionali

Possiamo descrivere un gruppo professionale attraverso l'insieme di attività che compie in un determinato settore e attraverso le finalità che si propone di raggiungere con tali attività.

Partendo da questa ipotesi è il caso di domandarsi se i diversi gruppi professionali hanno le stesse esigenze di carattere terminologico. A tal fine abbiamo formulato alcune domande alle quali cercheremo di dare risposta. Quali sono le esigenze di ciascun gruppo? Perché hanno bisogno della terminologia per svolgere le proprie attività professionali? Come integrano la terminologia nelle loro esigenze?

La caratteristica che ci ha permesso di riunire i gruppi professionali elencati in precedenza è il loro coinvolgimento con la conoscenza specialistica. È logico affermare che le unità terminologiche svolgono una funzione centrale nella conoscenza specialistica, anche se con tre eccezioni:

* accanto ai termini esistono altre unità che svolgono funzioni simili
* talvolta i termini non sono le unità più rilevanti per le finalità centrali di una determinata professione
* i termini necessari per ogni professione variano in funzione delle proprie finalità, e per questo motivo può variare anche la concezione che quella professione ha della terminologia in rapporto alle proprie attività.

In effetti, attraverso l'analisi di testi prodotti da specialisti, abbiamo potuto osservare che accanto alle cosiddette unità terminologiche (unità lessicalizzate che hanno morfologia e anche classi grammaticali diverse) esistono altre unità che rappresentano la conoscenza specialistica. Con il termine unità di conoscenza specialistica (UCS) ci riferiamo all'insieme di queste unità la cui caratteristica definitoria è la rappresentazione della conoscenza specialistica di un settore. Le UCS possono essere sia linguistiche sia non linguistiche, e possono includere una o più UT. Riserviamo il termine unità terminologica (UT) per riferirci alle unità lessicali che rappresentano la conoscenza specialistica. Le unità nominali costituiscono un prototipo delle UT, perciò in genere si ritiene che la terminologia si limiti fondamentalmente ai nomi. La condizione lessicale delle UT attribuisce loro il carattere di entrata di dizionario.

Le unità di carattere lessicale possono avere diversi tipi di struttura. Possono essere monorematiche (virus, virale, retrovirus) o polirematiche (virus dell'Aids, bacillo di Kock) e tra le monorematiche possono esservi sia unità monomorfematiche o semplici (virus), sia complesse: derivate (virale) o composte (virologia, antivirus, retrovirus). Le sigle e gli acronimi, soprattutto quando si sono lessicalizzati, rappresentano un tipo di unità apparentemente semplice, ma originariamente complesso (Aids, laser). Anche le forme abbreviate sono unità apparentemente semplici, ma possono procedere da termini composti (bici, moto, auto). I diagrammi seguenti espongono in sintesi questa diversità di strutture:


 



 
 
5. Le attività terminologiche dei gruppi professionali

Neanche le attività compiute dai diversi gruppi professionali in relazione con la terminologia coincidono totalmente. Di fatto, le diverse professioni implicate nella terminologia che abbiamo elencato fanno parte di uno stesso gruppo, perché le loro attività riguardano la conoscenza specialistica, ma si diversificano tra loro, perché i loro interessi pratici nei confronti di tale conoscenza sono differenti, come lo sono anche gli aspetti della conoscenza che ciascun gruppo considera pertinenti alle proprie attività.

I tipi di attività concernenti la terminologia che abbiamo individuato nei gruppi elencati precedentemente sono quattro:

* produrre conoscenza specialistica
* trasmettere conoscenza specialistica
* trattare o elaborare conoscenza specialistica
* gestire conoscenza specialistica.

Anzitutto, è necessario precisare che, quando parliamo di conoscenza specialistica, ci riferiamo a un'astrazione (un tipo di conoscenza) che si materializza nella documentazione, nel testo o nel discorso.

Ciascuna attività suppone distinzioni nella concezione della terminologia e nelle diverse forme di applicazione. Di conseguenza, la produzione di conoscenza specialistica originale è un'attività esclusiva degli specialisti nel contesto della ricerca e del discorso. Sono loro che, a seguito dell'individuazione e dell'analisi di nuove unità di conoscenza, stabiliscono la terminologia mediante il discorso condiviso nella comunità scientifica o tecnica, delimitando così i confini della nuova conoscenza, in relazione con le conoscenze già costituite nel settore specialistico. Questo processo di delimitazione e accettazione collettiva della terminologia mediante il discorso orale e scritto è stato descritto come una operazione di negoziazione non esplicita che si manifesta anche nei testi con più alto livello di specializzazione. In questo processo ci si accorda sul significato e sulle unità che lo esprimono, stabilendo così la terminologia di un settore che qualche volta non è uniforme neppure all'interno di una stessa scuola di pensiero.

La trasmissione di informazione comprende sia gli specialisti quando si trovano a insegnare o a divulgare le loro conoscenze, sia i cosiddetti mediatori della comunicazione, i quali esercitano una funzione di ponte tra un emittente e un destinatario in situazione di disparità. Questa disparità può riferirsi a due aspetti: alla diversità di lingua o alla diversità di gradi di conoscenza. I traduttori e gli interpreti agiscono per superare le diversità linguistiche, i professori e divulgatori per superare quelle cognitive.

Il trattamento della conoscenza forma anche l'oggetto del lavoro di diversi gruppi professionali, per ciascuno dei quali occorre specificare l'oggetto e la forma di trattamento adeguati ai suoi obiettivi professionali. I documentalisti trattano la conoscenza sulla base della documentazione prodotta dagli specialisti e dai mediatori. L'oggetto di tale conoscenza è il contenuto di ciascun documento; la loro sfida consiste nel modo con cui rappresentare il contenuto di un documento e la sua finalità, nel favorire un recupero pertinente e efficace dell'informazione. Per ottenere ciò, i documentalisti si avvalgono di strumenti di verifica della descrizione del contenuto dei documenti, e più concretamente di thesauri e di classificazioni, che in certa misura sono opere di carattere terminologico.

Accanto ai documentalisti, anche i linguisti computazionali e gli ingegneri linguistici che lavorano nella conoscenza specialistica hanno bisogno della terminologia per simulare una conoscenza esperta in un'applicazione informatica. Anche loro, come i documentalisti devono rappresentare questa conoscenza per far sì che un sistema simuli il comportamento di un essere umano. Essi realizzano questa attività mediante la costituzione di grandi banche di dati terminologici che, insieme con quelle testuali, lessicali, morfologiche, grafiche o fonetiche e fattuali, costituiscono il bagaglio di conoscenze di un sistema esperto.

Anche i professionisti coinvolti nella normalizzazione di conoscenze specialistiche trattano e gestiscono la terminologia, e per un motivo molto semplice, al quale abbiamo fatto riferimento all'inizio di questo testo: le unità che veicolano conoscenza specialistica nella forma più prototipica sono quelle terminologiche, le quali, pur non essendo le uniche, sono quelle che esprimono tale tipo di conoscenza nel modo più sintetico.

Tuttavia occorre precisare che, nonostante l'omogeneità con la quale abbiamo appena presentato i professionisti implicati nella normalizzazione, questo gruppo presenta una forte differenziazione professionale rapportata alla diversità di materie e funzioni professionali. Il termine normalizzazione nasconde una polisemia importante. Da un lato parliamo di normalizzazione per riferirci al procedimento di riduzione a una norma. Dall'altro, utilizziamo questo stesso termine per fare riferimento all'insieme di atti volti a far sì che un oggetto (nel nostro caso, una lingua) divenga normale in quanto tale (nel caso di una lingua, che sia usata in tutte le situazioni di comunicazione). Nell'ambito della pianificazione linguistica, per riferirsi a questa distinzione si usano i termini pianificazione del corpus e pianificazione dello status di una lingua. Nel nostro caso, ci riferiamo soltanto alle procedure relative al corpus, cioè ai termini in sé e non al loro uso.

Ma anche nel primo significato di normalizzazione, se si considera che i termini sono unità di forma e di contenuto1 , normalizzare la terminologia può implicare due atti distinti: intervenire sulla forma e sul contenuto, e intervenire solo sulla forma. Pertanto, la normalizzazione nel significato di ridurre a o rinviare a una norma presuppone che si specifichi a che norma, o che cosa si intende per norma. La normalizzazione di concetti e unità che li denominano è l'attività propria degli organismi internazionali che sono impegnati a promuovere una unificazione della terminologia come mezzo per garantire la comunicazione professionale plurilingue. Tale attività, rappresentata in primo luogo dai lavori dell'ISO, consiste nel trovare un accordo tra i rappresentanti di diversi paesi, entità e settori specialistici sul concetto da denominare, e successivamente sulla scelta di una espressione (e sottolineiamo il numerale una) per denominare questo concetto in ciascuna delle lingue che costituiscono l'oggetto del consenso.

Parallelamente a questo tipo di normalizzazione, i paesi con lingue in situazione di minoranza conducono una normalizzazione della forma dei termini, con l'obiettivo di stabilire uno standard proprio del registro professionale, che favorisca l'uso controllato di una lingua che non è totalmente consolidata e non può contare su canali spontanei sufficientemente rappresentativi delle decisioni.

I lessicografi da un lato e i terminologi dall'altro si occupano di raccogliere la terminologia in uso nei settori specialistici con lo scopo di pubblicarla in forma di glossari propriamente detti o di inserirla tra le entrate di un dizionario. Per realizzare questo compito si devono avvalere delle fonti nelle quali compaiono i termini: la documentazione orale e scritta prodotta dagli specialisti, o in sua assenza, di quella prodotta dai mediatori. Il complesso delle attività che compiono durante questa raccolta (che comprende: la definizione, la progettazione e l' organizzazione di un lavoro terminografico; la ricerca di fonti d'informazione; l'individuazione, la raccolta, la registrazione nelle basi di dati e l'analisi delle unità terminologiche individuate; l'integrazione di ulteriori informazioni; l'individuazione degli equivalenti in altre lingue; la normalizzazione e infine l'edizione e diffusione) è conosciuto con il nome di gestione della terminologia.

Accanto alle diverse attività, o meglio in relazione con esse, osserviamo che i differenti gruppi professionali considerano pertinenti al loro lavoro unità di diversa natura, tutte di conoscenza specialistica. Così, una ricerca condotta da Rosa Estopà (1999) ha mostrato che, di fronte a diverse possibilità di scelta, ogni gruppo sceglie come pertinenti un insieme di unità. Tale scelta comprende i tipi di unità selezionate, il tipo più rappresentativo e i parametri che limitano o favoriscono la scelta.

I risultati della ricerca, basati su un campione sperimentale di un corpus di medicina realizzato da quattro gruppi professionali (medici, traduttori medici, documentalisti specializzati e terminografi che hanno lavorato sulla terminologia medica), mostrano che le loro scelte coincidono soltanto nel 9,3% delle unità. Questo si spiega almeno per due motivi: in primo luogo, perché le esigenze dei diversi gruppi trovano riscontro nei diversi tipi di unità (termini, collocazioni, fraseologia, parafrasi, ecc.); e, in secondo luogo, perché la pertinenza della scelta di un'unità è in rapporto diretto con la natura delle esigenze (indicizzare un testo con lo scopo di facilitare il recupero più capillare possibile dell'informazione, essere esaustivi nella raccolta, estrarre tutta la conoscenza medica, selezionare soltanto le unità di un certo tipo che possono presentare problemi nella traduzione) 2.

Se poniamo in relazione ciascuna di queste attività con le finalità di ogni gruppo professionale, possiamo osservare la diversità di interessi della terminologia applicata, come si riscontra nella tabella seguente:
 
 
 

 

Produrre conoscenza specialistica
Trasmettere conoscenza specialistica
Trattare conoscenza specialistica
Gestire conoscenza specialistica
Specialisti
Lessicografi
Terminologi
Consulenti e pianificatori linguistici
Normalizzatori
Traduttori
Ingegneri linguistici e linguisti computazionali
Documentalisti
Professori di linguaggi settoriali

Se poi aggiungiamo i tipi di UCS che possono interessare ai quattro gruppi professionali (specialisti, documentalisti, traduttori specializzati e terminografi) le opzioni si moltiplicano:
 
 
 
Specialisti
Documentalisti
Traduttori
Terminografi
 
produrre
trasmettere
trattare
acquisire
trasmettere
gestire
UCS in generale            
UT in particolare            
Simboli            
Nomenclatura            
Nomi propri            
Fraseologia            

 

6. Da prassi diverse a una duplice concezione della terminologia

Fin qui abbiamo analizzato le diverse esigenze sociali, tutte in relazione con la rappresentazione e la comunicazione della conoscenza specialistica, e abbiamo potuto mostrare che esistono diversi gruppi professionali che hanno bisogno della terminologia per svolgere una parte delle attività del loro lavoro. Abbiamo anche visto che le unità di cui ha bisogno ciascun gruppo dipendono dalle sue esigenze di rappresentazione e/o di trasferimento della conoscenza specialistica. Allo stesso modo, abbiamo osservato che le cosiddette unità terminologiche non sono l'unico tipo di unità che rappresenta questa conoscenza e che, accanto ad esse, i diversi gruppi professionali individuano come pertinenti alle loro attività altre unità espressive dotate di struttura superiore o inferiore a quella dei termini. Perciò abbiamo preferito analizzare i diversi tipi di unità di conoscenza specialistica che abbiamo denominato UCS e vi abbiamo ricompreso le unità terminologiche tradizionali (UT) come un tipo di UCS, la cui caratteristica consiste nell'essere unità lessicali che possono costituire l'entrata di un dizionario canonico. Tra le UT abbiamo messo in evidenza che quelle a carattere nominale sono prototipiche della terminologia, per la loro condizione denominativa (dare il nome a un oggetto, o a un concetto, secondo i punti di vista teorici).

Affronteremo di seguito un aspetto che coinvolge profondamente la diversità della terminologia nelle sue applicazioni: la sua uniformità. Tutti sanno che la teoria generale della terminologia elaborata da Wüster (Wüster 1979) ha sottolineato la separazione tra la terminologia e la linguistica e, più concretamente, tra la terminologia e la lessicologia. Per giustificare tale separazione Wüster si è basato su una serie di ipotesi concernenti la lingua (ipotesi che ha denominato comportamenti) relativi a due aspetti:

* i suoi elementi (che ha riunito in un paragrafo intitolato lo stato della lingua [Par. 0.21])

* la sua evoluzione [Par. 0.22].

Nel primo gruppo di ipotesi, Wüster ha stabilito il carattere onomasiologico della terminologia, la preesistenza del concetto, l'autonomia del concetto in rapporto alla denominazione, e l'interesse esclusivo per il lessico, anche se da una prospettiva strettamente sincronica. Nel secondo gruppo, ha teorizzato che la terminologia debba essere oggetto prioritario di prescrizione e che nell'intervento sui termini debbano avere prevalenza il carattere internazionale e la forma scritta.

Le proposte di Wüster sono del tutto coerenti con l'idea che egli aveva di quello che dovrebbero essere le lingue e con la pratica che aveva esercitato nella redazione del suo dizionario sulle macchine utensili [The Machine Tool. An interlingual dictionary of basic concepts, London: Technical Press, 1968]. In effetti, Wüster, seguace delle idee del Circolo di Vienna e strenuo difensore della filosofia idealista, considerava che la lingua comune o generale non permette di fare riferimento agli oggetti in modo univoco e efficace; per questo motivo, in un registro comunicativo come quello professionale, si devono utilizzare sistemi espressivi che non diano luogo a ambiguità e favoriscano la concisione. La terminologia, così come egli l'aveva concepita, era un sistema di denominazione, le cui unità dovevano essere biunivoche (una forma per ogni concetto e un concetto attraverso una sola forma), e che doveva servire per designare senza connotazioni un sistema strutturato di concetti universalmente stabilito.

È evidente che le idee di Wüster rappresentano un'aspirazione, e non hanno riscontro nella realtà. I dati dimostrano che i concetti non sono universali, le discipline non sono del tutto unificate, e non esiste una sola denominazione per un medesimo concetto. In realtà, Wüster ha stabilito una terminologia prescrittiva fondata sull'accordo tra professionisti: quello che dovrebbe essere la terminologia. Il solo punto della teoria di Wüster al quale potremmo muovere obiezioni è che ha ridotto il campo della terminologia alla terminologia prescrittiva: è per questo che nel corso degli anni si è lavorato su una teoria che non ha consentito di rendere conto delle unità terminologiche nella realtà della loro produzione discorsiva3.

Solo recentemente si sono registrate critiche che, pur senza negare i principi delle proposte di Wüster, hanno messo in discussione la sua validità universale. Certamente, a nostro avviso, la concezione di Wüster (che considera le unità terminologiche come univoche e monosemiche, di carattere denotativo e statico, rappresentative di un concetto stabilito uniformemente in tutte le lingue e culture, circoscritte a un solo settore specialistico all'interno del quale acquisiscono un valore preciso, e interessanti fuori del contesto per la loro funzione essenzialmente designativa) ha iniziato ad arretrare o, meglio ancora, a circoscriversi alla comunicazione tra professionisti con alto livello di specializzazione, interessati a condividere le loro conoscenze, o a esperti che si propongano di unificare i loro scambi commerciali. In questo scenario, nel quale si cerca l'unificazione in modo esplicito, la terminologia normalizzata acquista il suo valore più alto e guadagna la sua efficacia rappresentativa e comunicativa. I glossari normalizzati pubblicati in forma di norma, o di dizionario abitualmente plurilingue, sono il prodotto privilegiato di questo tipo di terminologia applicata. Si presuppone che in quei glossari i termini stabiliti per ciascuna lingua corrispondano a un unico concetto uniforme per tutte.

Ma, parallelamente allo sviluppo di questo tipo di terminologia, l'osservazione dei termini nel loro contesto naturale -i testi orali o scritti prodotti dagli specialisti o dai loro mediatori comunicativi- ha contribuito a offrire una visione diversa delle unità lessicali specialistiche. In primo luogo, l'analisi della conoscenza specialistica nel contesto comunicativo ha mostrato che i termini non sono l'unico tipo di unità che rappresentano la conoscenza specialistica: accanto ai termini esistono altre classi di UCS, come si è visto in precedenza. In secondo luogo, ha permesso di osservare che i termini nel loro contesto perdono il carattere monosemico senza distinzione che i glossari attribuiscono loro, e si presentano mostrando separatamente sfaccettature diverse del loro significato. Ha consentito anche di osservare che un concetto può ricevere nei testi diverse denominazioni, alcune apparentemente identiche, mentre altre rivelano differenze cognitive importanti. Ma, soprattutto, l'osservazione in contesto ha messo in evidenza una distinzione concettuale molto importante in terminologia: la necessità di differenziare la terminologia raccolta dai dizionari dalla terminologia che presentano i testi, ovvero, per usare denominazioni che già abbiamo utilizzato altrove (Cabré 1999a), la terminologia in vitro dalla terminologia in vivo.

 

7. La terminologia descrittiva, materia della linguistica

Fin qui ci siamo occupati della terminologia nel suo significato di insieme di unità di rappresentazione e comunicazione specialistica e abbiamo analizzato due concezioni della terminologia in rapporto con le attività svolte dai gruppi professionali. Quindi abbiamo considerato la terminologia come complesso di esigenze che danno luogo a un insieme di operazioni pratiche destinate a soddisfare le stesse esigenze. Ma la terminologia è anche, più che le diverse esigenze, un settore di conoscenza che può essere oggetto di descrizione e spiegazione. Per descriverlo, è necessario assumere una prospettiva di osservazione e isolare le unità pertinenti. Per spiegarlo, è assolutamente imprescindibile situarsi in una teoria coerente, che abbia capacità esplicativa su come funzionano gli elementi che intende considerare.

La linguistica si è occupata solo molto di recente dei termini. Di fatto, fino a poco tempo fa, non ha ritenuto che le unità terminologiche potessero rientrare nel suo ambito di interesse, il linguaggio naturale. L'orientamento prescrittivo, dominante nella terminologia, e l'insistenza dei suoi fondatori nell'allontanare la teoria della terminologia dalla teoria delle lingue hanno favorito la separazione tra i due settori di studio. Oggi, tuttavia, l'interesse di alcuni linguisti per la terminologia ha portato a formulare un teoria diversa per i termini, tenendo conto della loro appartenenza al linguaggio naturale e -senza negare la loro idiosincrasia- includendoli nel sistema che descrive una lingua; in concreto, all'interno del lessico.

Per ottenere ciò è stato anche necessario che la linguistica ampliasse la sua visione del linguaggio, introducendo nel suo paradigma gli aspetti semantici e cognitivi. Le cosiddette unità terminologiche usate nei settori specialistici differiscono dalle unità lessicali non specialistiche per il loro contenuto e il loro uso o, più precisamente, per le loro condizioni cognitive e pragmatiche. Da un punto di vista cognitivo, un termine e una parola si distinguono solo per il loro modo di significare. I termini hanno alcuni limiti concettuali precisi stabiliti esplicitamente nel discorso specialistico e accettati più o meno da tutta la comunità esperta mediante il discorso specialistico. Anche le parole sono unità il cui contenuto è stato accettato socialmente senza un discorso esplicito. Perciò i contorni delle parole sono più imprecisi e i loro usi permettono un margine più ampio di ambiguità. Ma, da un punto di vista formale, parole e termini non presentano differenze. Di più, molto spesso una medesima forma può essere al tempo stesso un termine o una parola, a seconda che si usi nell'uno o nell'altro tipo di discorso.

Prendiamo un esempio: l'unità innesto [in spagnolo, injerto] serve per denominare

"qualsiasi azione che consiste nell'estrarre una parte di un oggetto o entità per applicarla a un'altra". Questa parola, usata in agricoltura, significa: "l'applicazione di una parte di un ramo con una o più gemme a un ramo o tronco di altra pianta, in modo che si stabilisca un'unione permanente". [NdT: Nella lingua spagnola injerto si usa anche con il significato di trapianto. Per questo motivo, il testo originale aggiunge:

E in questo stesso significato injerto si usa in medicina per denominare:

"qualsiasi operazione chirurgica consistente nel trapiantare una porzione di un tessuto vivo in una parte danneggiata, in modo che si stabilisca un'unione organica". E più concretamente si parla di injerto de cabello (in italiano: trapianto di capelli) in chirurgia estetica per denominare: "l'operazione chirurgica che consiste nel trapianto di piccoli cilindri di cuoio capelluto da una zona sana a un'altra danneggiata". ] Possiamo osservare che la forma innesto può essere un termine o una unità del lessico generale a seconda che si usi in un ambito specifico nel quale acquista un valore concettuale preciso.

Questa prospettiva ha suscitato l'interesse della linguistica per le unità terminologiche, dal momento che possono essere trattate come unità che fanno parte del patrimonio lessicale di una lingua. Ma ancor di più, se i termini sono unità che hanno caratteristiche comuni a quelle delle parole (sono unità formali, semantiche e funzionali ricomprese nel lessico del parlante di una lingua, che fanno parte della sua competenza professionale in un settore specialistico), e al tempo stesso hanno aspetti che li rendono particolari (il loro significato ha contorni precisi perché è stato delimitato esplicitamente nel discorso professionale), una teoria del lessico deve, a nostro avviso, farli propri. E ancor di più, una teoria del lessico potrebbe spiegarli come valori di un'unità lessicale, e non come unità indipendenti, fornendo così una spiegazione generalizzata teoricamente più adeguata. Questa possibilità presupporrebbe che ogni parlante possieda una conoscenza del lessico della sua lingua che comprenda una serie di unità che possono acquistare valenze diverse, a seconda delle condizioni in cui sono usate. La valenza terminologica o specialistica di un'unità si attiverebbe quando le condizioni di un contesto di comunicazione professionale lo richieda. Tale attivazione consisterebbe nell'attivazione di un significato costituito da una selezione di tratti semantici precisi e corrispondenti al significato specialistico di un'unità in un settore specialistico determinato. Nel medesimo tempo, resterebbero inibiti altri significati formati da una selezione di questi stessi tratti insieme con altri non attivati. Ciò presuppone come fondamento che ogni lessico contenga un insieme di unità lessicali che non sono in sé stesse né parole né termini ma che comprendono nella loro descrizione valori distinti. L'attivazione di una valenza specialistica sarebbe determinata dalle condizioni pragmatiche di una situazione. In questa prospettiva le cosiddette unità terminologiche passano a far parte dell'oggetto di studio della lessicologia. Tali unità hanno le caratteristiche che solo il lavoro descrittivo può loro attribuire. L'informazione sull'essere o meno unità normalizzate farebbe parte della conoscenza enciclopedica che ogni parlante possiede, associata alle diverse unità del linguaggio.
 

8. Conclusione: la terminologia si trova tra la lessicologia e la documentazione?

In questo testo abbiamo fatto un'analisi della terminologia concepita come insieme di termini propri dei settori specialistici. Abbiamo dimostrato che i termini acquisiscono la loro pertinenza in relazione con le esigenze di ciascun gruppo professionale e che queste esigenze generano attività che consentono di stabilire il profilo dei lavori di ogni professionista. Alcune di queste attività riguardano la terminologia. Abbiamo osservato anche che la terminologia come materia potrebbe essere concepita da due prospettive diverse: come insieme di termini isolati dal loro contesto, e come insieme di termini inseriti nel loro contesto. Abbiamo sostenuto che non è la professione, bensì ciascuna attività condotta nell'ambito di una professione, il parametro che ci deve guidare nella scelta di un'opzione terminologica, per adeguare in tal modo il lavoro sulla terminologia agli obiettivi di ciascuna attività. In questo senso, abbiamo fatto una distinzione tra la terminologia in vitro, uniforme e biunivoca, adeguata alla rappresentazione e al trasferimento della conoscenza basati sul consenso degli specialisti, e la terminologia in vivo, diversificata sia da un punto di vista concettuale sia da un punto di vista denominativo, adatta a fornire risposta alle esigenze della comunicazione reale tra specialisti, ma soprattutto tra specialisti e altri gruppi di destinatari.

In questa panoramica abbiamo visto che la documentazione utilizza per l'indicizzazione una terminologia normalizzata, al fine di assicurare un efficace recupero dell'informazione. E che invece l'attività di traduzione richiede una terminologia diversificata, per far sì che il testo tradotto risulti adeguato e naturale.

La linguistica attuale, e al suo interno la lessicologia, hanno cominciato a mostrare interesse per la terminologia, in considerazione del fatto che i termini fanno parte della competenza lessicale di un parlante, in quanto esercita una funzione professionale. Per questo motivo hanno iniziato a descrivere le unità specialistiche e il loro passaggio tra i registri generali e quelli specialistici, man mano che si divulga la conoscenza specialistica.

Con questa nuova posizione la linguistica ha esteso l'ambito del lessico e la terminologia prescrittiva si è ridotta a un'esigenza legata a determinate funzioni e necessità.

In tal modo, riprendendo il titolo di questo contributo e interrogandoci sul suo contenuto, possiamo affermare che la terminologia fa parte dell'ambito della lessicologia come l'informazione costituisce l'oggetto della documentazione, ma che, per svolgere determinate attività che riguardano l'informazione, i documentalisti, avvalendosi della terminologia, si muovono tra i termini reali, che trovano nei documenti che descrivono, e i termini normalizzati, che devono usare per rendere efficiente il loro lavoro. In tal modo, la terminologia reale e quella normalizzata convivono nel lavoro documentale. In quanto insieme di unità effettivamente usate nella comunicazione professionale, la terminologia costituisce parte della lessicologia, integrandosi in essa come una valenza delle unità lessicali, valenza che è alcune volte reale, ma sempre potenziale. E la valenza normalizzata o meno dei termini si riduce a un'informazione enciclopedica, della quale non si può dare spiegazione mediante le regole e i principi che governano le unità di cui si occupa una teoria del linguaggio.

 

Bibliografia citata

CABRÉ, M.T. (1999a). La terminología: representación y comunicación. Barcelona, IULA.

CABRÉ, M.T. (1999b) "La normalización de la terminología en el proceso de normalización de una lengua". Politicas lingüísticas para América Latina. Actas del Congreso Internacional. Universidad de Buenos Aires.

DIKI-KIDIRI, M. (1999). "La diversité dans l'observation de la réalité". Terminología y modelos culturales.Barcelona, IULA.

DIKI-KIDIRI, M. (1999). "Terminologie pour le developpement". Terminología y modelos culturales.Barcelona, IULA.

ESTOPÀ, R. (1999) Extracció de terminologia: elements per a la construcció d'un SEACUSE

CABRÉ, M.T. ESTOPÀ, R. (1999). "On the units of specialized meaning used in professional communication". Comunicazione presentata al TKE'99 Terminolgy and knowlwedge engineering. Innsbruck.

WÜSTER, E. (1979) Traduzione spagnola: Introducción a la teoría general de la terminología y a la lexicografía terminológica. Barcelona, IULA, 1998.
 
 


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Ultimo aggiornamento: 8 ottobre 2001