A VOLTE RITORNANO
LE AMMINISTRATIVE DEL MAGGIO 1998


Maggio 1998 pubblicato sul mensile Reds

 

Le amministrative di maggio segnano una conferma della tendenza registrata nelle amministrative di autunno, una tendenza che viene approfondita e precisata. Già in quella elezione si registrava come dato caratteristico il calo della destra e della sinistra e il risorgere del centro democristiano, pur nella sua frammentazione.

I mutamenti dell'offerta politica

I dati politici nuovi rispetto al novembre scorso, dal punto di vista dell'offerta politica, sono tre.

a) Il cambiamento del PDS in DS con l'inglobamento di piccoli gruppi (cristiano sociali, comunisti unitari, laburisti), che come vedremo ben poco gli hanno giovato dal punto di vista elettorale.

b) La ricomposizione dei frammenti sparsi del vecchio PSI craxiano con la costituzione del SDI. Sono rimasti fuori i Laburisti di Valdo Spini (confluiti nei DS) e i socialisti di De Michelis (che vorrebbe entrare nell'UDR).

c) L'iniziativa dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che ha dato vita ad un raggruppamento, l'UDR, che mira a determinare in Italia un quadro politico "alla tedesca": un centro cattolico forte (riunendo tutti da Forza Italia al PPI) alternativo ai socialdemocratici del DS con emarginazione di Alleanza Nazionale. La strategia comporta la rottura del Polo (l'alleanza tra FI, AN e CCD) di cui si é già visto un primo momento il mese scorso (con la rottura del CCD, da cui é uscito Mastella formando il CDR, e del CDU, con la lotta tra Buttiglione e Formigoni) e dell'Ulivo (allontanando il PPI dai DS, di qui l'offerta di sostenere il governo di Prodi in caso di necessità). L'UDR é costituita al momento dunque, oltre che da singole personalità, dal CDR di Mastella e da una parte del CDU, quello di Buttiglione. In queste elezioni l'UDR (e/o il CDR e/o il CDU) si sono presentati a volte insieme al Polo, altre volte da soli.

I dati

I dati mostrano una dinamica non omogenea a livello nazionale. Possiamo contare grosso modo per quanto riguarda gli spostamenti elettorali tre zone: il Meridione, il Centro e il Nord.

Il voto al Sud é stato quello più denso di novità.

a) Prima caratteristica, inedita per il Sud, lo scarso assenteismo. In alcune situazioni vi é stata addirittura una percentuale di partecipazione al voto superiore alle precedenti amministrative: Cagliari (90,6% contro il 76,1%), Enna (74,8% contro il 70,8%), Messina (78,2% contro il 74,6%) e altri.

b) Al Sud il Polo riconquista diversi capoluoghi o province, ma con performance e voti di lista seccamente diminuiti, specie dove il centro dell'UDR e del CDU si sono presentati separatamente dal Polo. Alcuni esempi significativi rispetto alle politiche: a Lecce le forze del Polo passano dal 56% al 41%, nella provincia di Catania dal 61% al 35%, a Reggio Calabria dal 54% al 30%. FI riduce di oltre la metà le proprie percentuali ad Oristano, Frosinone, alle provinciali di Caltanisetta, Siracusa, Trapani, Enna, ecc. Anche AN tracolla seppure con minor tonfo. Il Polo si afferma (ma non con percentuali superiori alle politiche) là dove si allea con il centro cossighiano.

c) Il centro cossighiano é la vera novità ed é vincente sia quando si presenta con il Polo sia quando si presenta da solo. Con il Polo si aggiudica alle provinciali di Ragusa il 16,6%, a quelle di Catania il 10%, e poi: 15% (Siracusa), 13% (Palermo), ecc. E senza il Polo a Frosinone il 18,5%, ad Enna il 22%, nella provincia di Caltanisetta il 14%, e così via. Il CCD paga la sua fedeltà al Polo: a Sud é l'unica forza centrista a non avanzare.

d) Il PPI va forte quasi ovunque: va al di là del raddoppio delle sue percentuali a Siracusa, Messina, alle provinciali di Siracusa, Reggio Calabria, ecc. Il SDI arriva a dei veri e propri exploit (provinciali di Reggio Calbria 6,2%, Caltanisetta 9,6%, ecc.).

e) Per quanto riguarda la sinistra, i DS calano ovunque in maniera sensibile, anche se non come il Polo: Lecce (-5,2%), Cagliari (-6,5%), Frosinone (-4,3%), ecc. Aumentano leggermente solo a L'Aquila e si mantengono stabili solo a Palermo. Il PRC tracolla. A Palermo passa dal 7,6% al 4,3%, a Trapani dal 5,6% al 2,7%, nelle provinciali di Catania dal 6,2% al 4,0%, a Trapani dal 8,1% al 3,2% e così via.

Al Centro si ha un quadro di aumento dell'astensionismo, le forze del Polo diminuiscono senza tracollare come a sud con percentuali tra l'1 e il 5%. È assente la riscossa del centro cossighiano. Il PPI cala un po' o sale in mezzo a formazioni laiche centriste (lista Dini, SDI, ecc.). I DS calano: ad Ancona, Parma (-10%), Lucca (-9,4%) e aumentano solo a Piacenza. Il PRC cala ovunque in valore assoluto e aumenta in percentuale a Parma (+2,8%) e ad Ancona (+1,4%), crolla a Lucca (-5%). A Parma e ad Ancona in realtà il favorevole dato percentuale é dato dallo straordinario astensionismo che ha colpito soprattutto il centro-destra: a Parma ha partecipato al voto il 75,1% contro il 90,1% delle scorse politiche, ad Ancona si é passati dal 86,4% al 64,8%. La conferma viene dai dati dati assoluti: a Parma il PRC passa da 12.084 voti a 10.317, ad Ancona da 33.346 a 26.202. Ma se al Centro tutti perdono un po', chi vince? Pezzi sparsi: ad Ancona e Pistoia appaiono il PRI e il SDI, a Parma Mario Tommasini, a Lucca la lista civica di Lazzarini, e così via.

Al Nord la destra é da un pezzo più forte sia nella versione Lega sia in quella targata Polo. Sono dunque state confermate le precedenti vittorie delle varie destre. Anche qui però si é registrato un forte astensionismo con le punte maggiori alle provinciali di Treviso (-11,4% rispetto alle precedenti provinciali) e Como (--11%). Il Polo é in calo, più AN che FI, ma certo non come al Sud, il centro cossighiano é inesistente, il PPI é stabile e in alcuni casi tendente al calo. La Lega Nord é in leggero calo ovunque, ma in maniera contenuta. I DS aumentano leggermente quasi ovunque. Il PRC cala invece dappertutto con percentuali contenute tra l'1% e il 2%. Anche al Nord successo degli "anomali": Movimento Nord Est di Cacciari alle provinciali di Treviso, varie liste civiche, ecc.

Interpretazione dei dati

Come interpretare il successo del centro cattolico nelle sue varie espressioni, al Sud? Di quali forze sociali é espressione?

In Italia la borghesia che conta dal punto di vista economico é quella del grande capitale del Centro-Nord. In Italia le banche, ad esempio, venendo da una tradizione di scarsa autonomia dal politico e infiacchite da un regime non concorrenziale, hanno sempre esercitato pochissima influenza: quando un paio di mesi fa si sono rifiutate di abbassare il proprio tasso di sconto invece di seguire le indicazioni della Banca d'Italia, i quotidiani in mano alla borghesia industriale (pressoché tutti) hanno lanciato una campagna di stampa durissima (inventandosi una rivolta di massa) che le ha costrette subito a retrocedere. La grande borghesia (che ha nomi e cognomi: gli Agnelli, i Tronchetti Provera, i Marzotto, i Benetton, ecc.) ha sempre scommesso su questo governo, dato che non poteva contare su una propria rappresentanza politica (Berlusconi é sempre loro parso un personaggio che curava più i propri interessi che quelli della sua classe e AN era giudicata troppo "statalista"), condividendo l'ormai famosa frase di Agnelli: "certe riforme impopolari é meglio che le faccia la sinistra". Fossa ricopre un altro ruolo: é a capo di Confindustria che é un organismo che raccoglie anche medi e piccoli capitalisti, che invece sono piuttosto rozzi, impolitici, con scarsa esperienza storica e una ridotta visione strategica. Questa platea ha sempre avuto simpatia per il Polo e nel NordEst anche per la Lega. Ma in questi ultimi tempi ha dismesso i modi barricadieri che manteneva fino alla primavera dell'anno scorso (all'epoca delle manifestazioni antitasse): i dati macroeconomici per loro positivi e l'entrata in Eurolandia, li hanno convinti che con questo governo si possono ottenere ancora più vantaggi negoziando e patteggiando. Un segnale tra i tanti é costituito dal contributo di pezzi di borghesia del NordEst (Carraro, presidente degli industriali del Veneto) a favore del movimento promosso da Cacciari e che si propone un federalismo non eversivo, teso ad emarginare la Lega, rosicchiando vantaggi per la borghesia della regione.

La Lega così é molto meno di ieri espressione del capitalismo del Nord Est. Il segnale lo si ha nella fortissima attenuazione del suo liberismo economico (é l'unica forza politica ad aver attaccato con forza la legge sul commercio tesa a sfoltire i ranghi della piccola borghesia) e nel suo novello antieuropeismo. Fino a un anno fa la Lega si proponeva di ricongiungersi ad una specie di impero austroungarico e di porsi sotto l'ala protettrice della Germania: scommetteva tutto sul fatto che con questo governo e il nostro Meridione l'Italia non sarebbe mai entrata in Europa. Quando invece ciò é avvenuto la Lega é diventata improvvisamente l'unico partito antieuropeo e antigermanico (con buona pace di coloro che a sinistra spiegavano i successi leghisti coi finanziamenti bavaresi...). I voti sono diminuiti, l'equilibrio di forze che regge la Lega vede sempre meno borghesi e dunque il suo discorso é probabile che evolva in senso antiliberale e precapitalista, specie se dovesse scoppiare una crisi economica che finisse per sfoltire i ranghi delle fabbrichette del Nordest.

La grande borghesia rimane dunque senza rappresentanza. L'Ulivo non é il suo partito, perché dominato da una forza di sinistra con fortissimi legami col mondo sindacale, il Polo nemmeno, per le ragioni che accennavamo. Ma ora si vede spuntare qualcosa che teme sopra ogni cosa: il risorgere della Democrazia Cristiana. Per liberarsi della DC e del PSI aveva appoggiato correndo numerosi rischi anche personali (incriminazione di Romiti, ecc.) l'offensiva della magistratura che ha spazzato via il vecchio apparato politico all'inizio degli anni novanta, ma non é riuscita a favorire la nascita di un moderno partito liberale, che si proponesse di rappresentare i suoi interessi. Ora si ritrova di nuovo tra i piedi personale politico coinvolto con la mafia (un ostacolo agli investimenti a Sud), con il clientelismo (pericoli di assunzioni nel pubblico impiego, di amministrazioni inefficienti), con la corruzione, con l'influenza della Chiesa che rischia di attizzare scontri politici e sociali su temi che alla borghesia interessano pochissimo (aborto, fecondazione artificiale...), con uno scarsissimo interesse per i problemi che la concorrenza internazionale comporta, con resistenze passive alle privatizzazioni, ecc.

Certo, alla borghesia un partito cattolico come la CDU tedesca andrebbe anche bene, ma la tradizione italiana é diversa e una CDU italiana, come già si vede con l'UDR, non potrebbe che servirsi del personale politico proveniente dalla vecchia DC. Questa é la ragione per cui all'indomani delle elezioni i quotidiani pubblicavano editoriali scaramantici che giuravano che "il bipolarismo ha tenuto" (come dire: per il ritorno al pantano centrista democristiano non c'é spazio), dichiaratamente allarmati della possibilità che la DC risorgesse dalle ceneri, tesi a nascondere i dati di fatto (assecondando anche le "analisi" di Berlusconi sulla "vittoria" del Polo).

Se centro deve essere ai borghesi piacerebbe dunque che non fosse cattolico: la Chiesa in Germania é lontana, in Italia é troppo vicina. La Chiesa ha propri e separati interessi da quelli della borghesia. L'interesse della gerarchia ecclesiastica é quello di rafforzare ed estendere se stessa e il proprio potere e ciò lo può fare solo consolidando la tradizione e il radicamento della propria ideologia, che é il cattolicesimo romano. Solo in questa chiave possono essere lette le periodiche "crociate" delle quali é protagonista. Il problema della Chiesa é molto semplice: mantenere il monopolio in Italia (ed estenderla nel mondo) della religione cattolica. Questa é l'ideologia di quella che Trotskij chiamava la burocrazia più antica del mondo: la gerarchia ecclesiastica. Perché le generazioni rimangano "credenti" fin da piccoli i bambini devono essere abituati a considerare la religione cattolica come l'unica, quella "normale". Per questo é fondamentale fin dalla materna indottrinarli. O si fa presa fin da piccoli con il cattolicesimo, oppure questa religione, se insegnata a diciotto anni, apparirà ben astrusa alla maggior parte delle persone. Queste devono abituarsi a pensare che é cosa bizzarra il ramadan, ma"normale" la dieta del venerdì santo, da inorridire il velo delle donne iraniane, ma normali le palandrane delle suore, condannabile la "moda" della new age, ma da incoraggiare i carismatici che pensano di parlare lingue defunte, terribile il "fanatismo" islamico, ma accettabile quello di Ratzinger, e così via. Per questo é fondamentale l'insegnamentio della religione cattolica, la diffusione delle scuole cattoliche e dunque il loro finanziamento. Per questo é importante incoraggiare l'esistenza di famiglie "normali" dove l'autorità non sia riconosciuta ai suoi membri (che potrebbero decidere di far da sé anche sul terreno religioso): i giovani e le donne. La Chiesa sogna famiglie dove la donna sta a casa ad accudire i figli e la famiglia unita va a messa alla domenica. Un mondo precapitalista e aconflittuale. Per questo la Chiesa é contro il capitalismo nella sua versione liberista: sa che questo spazza via le famiglie e dunque anche la possibilità materiale che il cattolicesimo si riproduca.

La borghesia ovviamente non é interessata a questi aspetti, ed anzi li vede tendenzialmente con sospetto. Li asseconda solo in un caso: quando il consenso di massa della Chiesa può assicurargli la vittoria contro il movimento operaio. Come é accaduto nel secondo dopoguerra quando la borghesia é stata costretta ad appoggiarsi alla DC per sconfiggere PSI e PCI e ridurre sulla difensiva una classe operaia che teneva nascosta tra l'altro una discreta quantità di fucili. Ma oggi non ha questa necessità. Il movimento operaio é debole e in pieno riflusso.

Tutto ciò appare abbastanza incomprensibile per chi tra i marxisti é abituato a considerare i partiti come espressione diretta delle classi sociali. In realtà i partiti sono il risultato di rapporti di forza e serbatoi di interessi e compromessi sociali tra settori anche non direttamente classisti. Un partito di centro o di destra può nascere totalmente al di fuori della volontà della borghesia, anche se con questa o con i lavoratori deve prima o poi rapportarsi. Prendiamo il caso dell'UDR di Cossiga: qual é il borghese che l'ha appoggiato? Forse é più semplice trovare un capitalista che voti il PRC che l'UDR.

E dunque qual é il significato sociale del risorgere del centro cattolico?

Sud

A Sud é arrivata l'ondata moderata che aveva investito il Nord a causa dell'approfondirsi del riflusso operaio. La vittoria del centro sinistra é stata casuale e dovuto solo al fatto che la destra si é presentata divisa. A Sud però il crollo del sistema democristiano e l'offensiva dello stato contro la mafia, hanno liberato delle aspettative che, pur in assenza di movimenti sociali, si sono riversate a sinistra con un aumento a volte spettacolare dei voti al PDS e al PRC.

Ciò a cui stiamo assistendo oggi é semplicemente il riflusso e la delusione di quelle aspettative. La delusione riguarda soltanto il Sud, perché al Centro-nord c'é già stata e si é espressa in voti antisistema (la Lega) o nell'astensione. I dati confermano il permanere o forse un leggero peggioramento di queste condizioni.

La delusione riguarda anche il Polo che aveva al Sud uno scarso radicamento sociale e il cui successo aveva avuto anche un significato di generica e qualunquista protesta. Oggi destra e sinistra cedono il posto al centro e alle vecchie forze del pentapartito, a quell'area che più di ogni altra si é mostrata tiepida verso un'Europa troppo lontana e che in anni non lontani tramite favori e clientele si mostrava capace di lenire gli effetti della disoccupazione di massa.

Le vecchie forze della prima repubblica avevano stabilito un reticolo di quadri e di relazioni che l'offensiva della magistratura incoraggiata dalla borghesia aveva messo in discussione (al Sud nella lotta contro la mafia e al Nord contro il craxismo). Ora queste relazioni si stanno piano piano ristabilendo. Queste relazioni non hanno bisogno di contrapposizioni ideologiche tipo quelle animate da FI. È significativo che Musotto, avvocato arrestato per mafia, sia stato rieletto a Presidente della provincia di Palermo, ma che FI abbia dimezzato i suoi voti. Berlusconi era andato giù con toni da crociata, che Musotto chiaramente non condivideva. Perché la lenta costruzione di egemonia ha bisogno del grigiore, del compromesso, dell'ombra. La mafia ha ridimensionato le sue ambizioni politiche di grande potenza e si sta americanizzando: cerca di governare il territorio senza dare nell'occhio, senza sfidare il potere. Non fa più attentati contro lo stato, non perché si sia indebolita, ma perché ha imboccato un strategia non estremista, che ha già ricompattato la società. È già tornata egemonica: lo dimostra la percentuale intatta di Musotto.

Il risorgere del centro cattolico al Sud ha dunque questo significato: nessun consenso di massa alle posizioni della Chiesa, ma la riproposizione del vecchio personale della prima repubblica e dei suoi metodi.

Svolta al centro

Non é un caso se in queste elezioni é sparito il centro "laico" e dalle arie liberali (Dini, Maccanico, Segni, ecc.), ma privo di queste radici con il non lontano passato. Non é un caso che Berlusconi intuendo il cambiamento del vento stia facendo il possibile per cattolicizzare la laica (e al suo nascere persino libertaria, ricordiamo l'apporto dei radicali) Forza Italia. Per questo tutte le manovre per entrare nel Partito Popolare Europeo, la foga con cui si difendono le campagne ecclesiastiche (aborto, legge sulla fecondazione artificale, scuole private, ecc.). E da ultimo l'affossamento della Bicamerale: da lì doveva uscire un assetto che congelava l'attuale situazione tra i poli, per questo era vista come il fumo negli occhi da chi coltivava sogni neocentristi, primo fra tutti Cossiga. FI si sta preparando alla riunificazione democristiana portata per mano dai vescovi e da Cossiga. La Chiesa con impeccabile tempismo ha lanciato le sue campagne per favorire l'unità dei cattolici e combattere la "sudditanza" dei cattolici in politica. L'unificazione del cossighismo sudista e del forzismo nordista potrà superare la frammentazione che attualmente indebolisce drasticamente il centro potenziale.

All'inizio degli anni novanta la Italia ha vissuto un vuoto politico, che si determina normalmente in situazione di forte crisi rivoluzionaria. Ma questa crisi é avvenuta senza il coinvolgimento di settori di massa (piccola borghesia, classe operaia, ecc.). Privi di agganci con segmenti sociali forti gli attori sorti da quella crisi appaiono aerei, fragili, privi di identità. Ora che la crisi va ricomponendosi questi attori si guardano intorno alla ricerca di un qualche regista, o almeno di un pubblico.

E noi?

Un movimento operaio in pieno riflusso non é in grado che di fare da spettatore. La totale mancanza di conflittualità fa sì che le direzioni della sinistra politica e sindacale possano permettersi le peggiori nefandezze senza pagari dazi, se non al momento delle elezioni. Allo stesso modo la politica di queste direzioni alimenta il riflusso.

I DS, con un riflesso tipico della sinistra italiana, si sono illusi che un risultato valido per la borghesia (l'entrata nell'Euro) fosse considerato altrettanto valido per le grandi masse. È un refrain che si ripete instancabile: ce lo ricordiamo l'orgoglio del PCI quando dichiarava di aver salvato l'Italia dal terrorismo mentre veniva emarginato dopo essere stato utilizzato per cavalcare la tigre degli anni settanta? E ancor prima l'orgoglio di Togliatti per aver contribuito a "ricostruire l'Italia", cioé aver ristabilito il potere della borghesia industriale, proprio quando veniva messo in malo modo fuori dal governo? Questi dirigenti si comportano come un capitano che orgoglioso di aver guidato una nave in mezzo alla tempesta, sbarca e si aspetta che l'armatore gli stringa almeno la mano, ma si gira e si accorge che la nave era stata venduta e i marinai erano tutti morti nella traversata. Capitani coraggiosi? No: capitani coglioni. I centristi dell'Ulivo faranno fare ai DS la stessa fine, perché con la loro politica si allontanano dalla propria base sociale, senza averne un'altra di ricambio.

Il PRC paga il prezzo più salato per la sua sudditanza alla politica del centrosinistra, la cui perla é la posizione del partito sull'Europa: siamo per l'Euro ma non per Maastricht, come dire: siamo per le malattie, ma contro i batteri. Il PRC ha iniziato un sempre più veloce arretramento che lo porta alle percentuali di quattro anni fa. I dirigenti si consolano dicendo che le amministrative non sono le politiche. È il solito giochino con cui ci si trastulla quando le cose vanno male, se i risultati fossero stati buoni avrebbero detto: "le amministrative? Un ottimo test!" Ma i dirigenti del PRC titolano su Liberazione: il partito tiene. Che cinema! verrebbe da dire pensando a un famoso film dove c'era un tizio che mentre precipita da un grattacielo dice: fin qui tutto bene, fin qui tutto bene...

 

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