L'ATTENTATO A D'ANTONA


Maggio 1999 pubblicato sul mensile Reds

 

L'azione

La mattina del 20 maggio è stato ucciso a Roma Massimo D'Antona, dopo che era uscito di casa, da un gruppo di brigatisti, dopo che questi l'avevano atteso su due furgoni appostati sulla strada dove lui passava tutti i giorni. Hanno aspettato che passasse dietro un cartellone pubblicitario sul marciapiedi e l'hanno colpito.

Il personaggio

L'ucciso è un personaggio dell'area diessina, consulente del governo e dei sindacati sulle questioni del lavoro. E' un tecnico, uno di quelli che stanno dietro le quinte e preparano tecnicamente i decreti legislativi, gli accordi sindacali, ecc. La sua specialità: flessibilità del mercato del lavoro. E' stato colpito per questo.

La rivendicazione

L'azione è stata rivendicata dalle Brigate Rosse. All'inizio c'era molto scetticismo sulla rivendicazione nell'ambito della sinistra. Ma il documento che hanno diffuso toglie ogni dubbio utilizzano le loro classiche teorizzazioni e l'analisi che fanno della guerra in Jugoslavia è assolutamente tipica della loro tradizione campista (sono ovviamente, da buoni stalinisti, filo-serbi). Anche la fraseologia e il vocabolario è caratteristico ("portare l'attacco al cuore di").

La congiuntura nella quale avviene l'azione

E' una congiuntura politica tra le peggiori, dal punto di vista degli interessi del proletariato, che l'Italia abbia mai visto. Il segnale chiaro che sta ad indicare questa situazione è nell'assenza di un reale movimento antiguerra. Sia gli studenti che gli operai stanno attraversando un periodo di riflusso senza precedenti. In una situazione di questo genere i settori antagonisti e radicali (sempre più ridotti) si sentono impotenti e frustrati. La rivitalizzazione delle BR avviene in un momento di frustrazione e rabbia senza sbocchi politici. Il PRC, pur stando all'opposizione, non riesce in alcun modo ad essere un canale di radicalizzazione. Dalla fine di marzo ci sono stati 34 attentati in Italia contro sedi DS. Sono attentati di settori assolutamente minoritari, e che non sono in alcun modo "sentiti" da alcun pezzo di movimento. L'attentato "parla" a questa ridotta area di frustrazione, e allo stesso tempo è il frutto della frustrazione e dell'impotenza.

Le reazioni all'azione

Il governo di centro-sinistra sta cercando di mettere all'incasso l'attentato facendo approvare subito alcune norme che flessibilizzano ulteriormente il mercato del lavoro. Inoltre i diessini e le burocrazie sindacali hanno cominciato una campagna di criminalizzazione del PRC, dei Cobas e dei centri sociali, ritenuti "brodo di coltura" del terrorismo.
Il PRC ha reagito in maniera abbastanza composta, condannando l'attentato, ma senza l'isteria che era tipica del PCI (che invitava alla delazione contro le BR).
Tra l'avanguardia politicizzata e sindacalizzata c'è stata una reazione prima di incredulità e poi di fastidio profondo. Non è la stessa reazione dell'epoca quando, dopo gli attentati, anche da parte di gente che non era delle BR, c'era una certa simpatia. Ma dopo la repressione che c'è stata tra i settanta e gli ottanta nessuno, tra quelli sopra i trenta, ha voglia di tornare a quel periodo, mentre tra i giovani il fascino verso le BR o azioni di questo tipo è zero, e appaiono totalmente incomprensibili.
Vi è poi una fetta di sinistra che teorizza che non sono le BR ma una specie di invenzione dei servizi segreti. L'ipotesi è ridicola. I servizi non sono estranei ad azioni di depistaggio, ma non si vede quale sarebbe oggi il risultato che vorrebbero raggiungere. All'epoca avevano tutte le ragioni: c'era un'opposizione forte di piazza. Ma oggi?

Le nuove BR

Le BR avevano dichiarato una "ritirata strategica" delle attività dopo un piccolo attentato alla base NATO di Aviano nel 1993. All'epoca erano assolutamente decimate dai tradimenti e dagli arresti. Varie fonti sostengono che oggi non sono più di un centinaio. All'attentato secondo la polizia devono aver partecipato circa una quindicina di brigatisti (la loro tecnica era quella di impiegare un "gruppo di fuoco", direttamente impegnato nell'azione, un altro appostato nei dintorni e che interviene solo in caso di necessità, più un terzo gruppo logistico che raccoglie le armi di quelli che hanno fatto l'azione). Inoltre l'azione era facile, dato che da un pezzo non c'erano attentati e dunque la polizia che circola è meno attenta e D'Antona era senza scorta e non si sentiva minacciato. L'azione si è svolta a Roma e le tematiche agitate nel documento (il lavoro precario, la disoccupazione, ecc.) sono temi sentiti nel meridione. Dunque si tratta probabilmente di un gruppo meridionalizzato e totalmente estraneo alle grandi fabbriche del nord. Le vecchie BR ad esempio avrebbero cercato di inserirsi nell'attuale vertenza dei metalmeccanici. Dunque un gruppo piccolo, residuale e privo di radicamento sociale, che spera di allargarsi nell'area di settori radicali e frustrati Roma-Napoli.

Differenze con le vecchie BR

Le vecchie BR sono nate a Milano nel 1970 alla Pirelli. La prima azione significativa però è del 1974 con il rapimento di Sossi (un giudice reazionario). Il primo ferimento è del 1975 (De Carolis, consigliere DC). Nel 1976 la prima uccisione volontaria (il giudice Coco). Nel 1978 è la loro azione più spettacolare: il rapimento di Aldo Moro, leader della DC, tenuto prigioniero 55 giorni e poi ucciso. Da quel momento crescono il numero delle azioni delle BR, ma anche il loro isolamento. Con l'arresto di Peci e le sue delazioni vengono arrestate centinaia di persone. Dal 1981 le BR si dividono in vari frammenti per divergenze politiche sotto i colpi della repressione e con i prigionieri che prendono le distanze. Dopo l'83 spariscono virtualmente dalla circolazione. Per le BR sono state inquisite quasi mille persone (il 23% operai). Gli inquisiti per banda armata, associazione sovversiva e insurrezione dal 1969 al 1989 sono stati 4000. I morti dei gruppi armati 68 (35 solo in Piemonte e Lombardia il ché dimostra il loro radicamento operaio), 21 delle BR. 128 le persone uccise dai gruppi armati. Dal 1982 la media degli uccisi è di uno all'anno (nessuno dal 1993 al 1998). Oggi ci sono meno di 200 prigionieri politici di cui 120 delle BR. Un centinaio i latitanti, la maggior parte dei quali però se ne sta tranquillamente all'estero.

Le vecchie BR nascevano in un contesto di grande radicalizzazione operaia. Ma il loro sviluppo e la degenerazione militarista sono figli diretti del riflusso operaio. Per degenerazione militarista intendiamo che le BR ad un certo punto sostituirono l'azione diretta delle masse, con la loro azione. Il loro ragionamento era: con le nostre azioni mostriamo agli operai la strada da seguire; in realtà intimidivano gli operai e ne bloccavano l'azione. Le BR sono nate nelle fabbriche ed alla fine sono finite odiate dalla grandissima parte degli operai. Ogni volta che gli operai promuovevano un confronto duro con i padroni pensavano "speriamo che adesso non saltino fuori le BR". E quelle saltavano fuori e la stampa ne approfittava per attaccare le vertenze operaie. Dalla tabella qui sotto si vede chiaramente la relazione tra diminuzione degli scioperi operai ed aumento degli attentati compiuti dai gruppi armati (non solo BR). Quello della lotta armata degli anni settanta-ottanta é' un fenomeno legato al movimento operaio, nella sua fase di iniziale riflusso. Nel senso che i gruppi armati si sono sviluppati sull'onda del disincanto alla fine degli anni '70. Si veda ad esempio l'impennata del '78, cioè l'anno successivo alla radicalizzazione giovanile del '77. Ed anche l'alto numero di attentati successivo alla sconfitta operaia della FIAT del 1980, che segnò l'inizio del riflusso operaio (già evidente comunque dal 1977, si veda il numero degli scioperi). Poi la lotta armata sparisce quando il riflusso si fa duro e prolungato.
In questo senso la lotta armata degli anni settanta-ottanta è stata completamente diversa dagli altri due momenti in cui in Italia gli operai hanno preso le armi, e cioè nel primo dopoguerra (occupazione delle fabbriche, Arditi del popolo, ecc.) e durante la Resistenza: due momenti in cui la presa delle armi era un fatto voluto dalla maggioranza del proletariato.

 ANNO

 NUMERO DI ATTENTATI MORTALI COMPIUTI DA GRUPPI ARMATI

 NUMERO DI ORE PERDUTE PER SCIOPERI
 1971 1 103.590 
1972 0 136.480 
 1973 0 163.935 
 1974 4 136.267 
 1975 3 181.381 
 1976 8 131.711 
 1977 5 78.767 
 1978 28 49.032 
 1979 21 164.914
 1980 24 75.214
 1981 13  42.802
 1982  13 114.889
 1983  1 82.626 
 1984  1 31.786
 1985  1 9.969 

 

Le BR 70-80 non proposero mai una politica comprensibile alle larghe masse. Basti leggere i loro documenti assolutamente illeggibili e scritti con un linguaggio inaccessibile. Proponevano una politica per l'avanguardia politicizzata, ma questa non poteva essere attratta da una politica che allontanava le stesse avanguardie dalle masse, perché è chiaro che le masse del riflusso sono ben poco attratte dalle armi. Se le armi non si prendono nel periodo di ascesa non si prendono più e chi le prende rimane isolato.

Le BR non hanno mai avuto la strumentazione teorica per comprenderlo. Tuttora i vecchi BR che sono usciti dalla lotta armata pur senza pentirsi, non sanno spiegare la propria sconfitta. Una bella fetta tra loro ha oggi posizioni diessine e irride a chi parla di rivoluzione. Ancora oggi pensano cioè che la maniera giusta di fare la rivoluzione è quella loro e che, dato che è fallita, quindi anche la rivoluzione non è possibile. Non li sfiora il dubbio, semplicemente, che la loro strategia rivoluzionaria era sbagliata e che invece ce ne poteva essere un'altra più giusta. Le BR avevano un'ideologia stalinista e tale è rimasta come è evidente dal loro comunicato su D'Antona. Da buoni stalinisti ignorano l'arte di interpretare il grado di sviluppo, la disponibilità alla lotta, il livello di coscienza delle grandi masse.

Quella alla quale assistiamo oggi è una ripetizione in peggio della vecchia dinamica. In peggio perché la congiuntura attuale è il riflusso del riflusso. Perché le BR non hanno alcun radicamento nelle masse, tantomeno nelle fabbriche, e per questo sono più isolate che mai. Quello che rischia di ripetersi invece è il meccanismo repressivo che questa volta potrebbe abbattersi sui centri sociali e sul sindacalismo extraconfederale.

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