LA BUROCRAZIA
DOCUMENTO FONDATIVO DI REDS


Settembre 1999


La burocrazia cancro del movimento operaio

A differenza dei sistemi sociali che l'hanno preceduto il capitalismo é portatore, a partire da questo secolo, di una novità, più frutto delle lotte di classe che di lucido calcolo: le classi subalterne hanno la possibilità di entrare nel gioco politico. Intendiamoci, il gioco é truccato: non può dirsi democratica una società dove l'intero sistema dell'informazione (salvo poche eccezioni) é in mano alla borghesia, così come tutte le istituzioni produttrici di consenso (scuola, gerarchia ecclesiastica...), e gli organi preposti alla repressione (magistratura, polizia, esercito, ecc.). Però per la prima volta nella storia dell'umanità gli appartenenti alla classe subalterna hanno la possibilità di riunirsi, creare partiti, movimenti, scrivere libri, giornali. C'é uno spazio lasciato loro nel sistema. Piccolo e stretto, ma c'é.

Queste potenzialità hanno prodotto da un lato una politicizzazione e una sindacalizzazione senza precedenti, ma dall'altro il sorgere di un fenomeno nuovo: la burocrazia. Esempio: i sindacati. In tutti i sindacati di massa esistiti sino ad oggi si é verificata, magari col tempo, la nascita di uno strato, un ceto, che si é andato separando dal proletariato pur essendo in qualche modo a lui legato organicamente: quello dei sindacalisti di professione. Il distacco ha portato questa casta a perseguire i propri separati interessi, spesso opposti a quelli di coloro che avrebbe dovuto rappresentare. Una funzione dunque, quella sindacale, che all'inizio era esercitata direttamente dagli interessati, i lavoratori, col tempo é stata monopolizzata da un apparato. Di solito il momento meno burocratizzato nella vita di un sindacato é quello della nascita, specie se questa é dovuta a un grande movimento di lotta (la CUT brasiliana, Solidarnosc polacca...). Poi, passato qualche tempo, i dirigenti rivoluzionari, innovativi, autentici, incorruttibili, non li si riesce più a schiodare dai posti faticosamente conquistati, peggio dei dinosauri. Altri sindacati nascono già burocratizzati, perché partoriti da accordi politici gestiti dall'alto, é il caso della CGIL italiana.

Lo stesso fenomeno si é sempre verificato in tutti i partiti di massa della sinistra nel mondo intero: gruppi dirigenti con annessi leaders più o meno carismatici che decidono tutto, una massa di iscritti con pochissima voce in capitolo, milioni di elettori come spettatori. Con qualche aggravante: la burocrazia partitica ha tentazioni molto più corpose di quella sindacale. Seggi in parlamento, nei consigli comunali, cariche di sindaco, e magari qualche ministero.

Nei paesi dove il proletariato ha preso il potere si é verificato un fenomeno molto simile. "In nome della classe operaia" (le peggiori nefandezze sono sempre compiute nel nome di una qualche entità astratta, così non può smentire) i rivoluzionari (molti dei quali hanno sofferto, lottato, rischiato) arrivati al potere vi si sono installati, con una irresistibile pulsione a restarvici avvinghiati. Nell'URSS ieri, come nella Cina oggi (ma anche a Cuba, seppur con mezzi non sanguinari) un ceto di funzionari di partito, di sindacato, di stato, tutti variamente intercambiabili, domina o ha dominato ogni meccanismo della società impedendo l'autogoverno da parte delle masse.

Abbiamo individuato dunque tre categorie di burocrati: la burocrazia sindacale, la burocrazia dei partiti di sinistra, la burocrazia al potere negli stati postrivoluzionari. Si tratta di burocrazie differenziate per varie ragioni, ma con molti inquietanti punti in comune.

Teniamo comunque presente che anche la borghesia ed altre classi sociali hanno burocrazie che le rappresentano o dovrebbero rappesentarle. Il fatto é che quelle burocrazie sono molto più efficienti e fedeli ai propri rappresentati. Quando cioé i funzionari o i capi di Confindustria, l'organizzazione "sindacale" degli industriali, non funzionano più, vengono rapidamente sostituiti. Ricordiamo inoltre che ai vertici di Confindustria vige la regola della rotazione. Esistono anche burocrazie allo stato puro, che non rappresentano cioé una classe sociale, ma una funzione. È il caso della gerarchia ecclesiastica. A volte si utilizza il termine "burocrazia" anche per indicare l'insieme dei funzionari statali. È chiaro che non é questo il senso che qui diamo alla parola. In questo opuscolo parleremo solo delle burocrazie legate al movimento operaio.

I burocrati del movimento operaio si assomigliano. Il loro fine é identico: mantenere il proprio posto. Il burocrate dunque sarà portato a non rischiare mai di rimettere in discussione lo spazio che il sistema gli concede. Per questo i burocrati stanno sempre più a destra delle masse: al contrario di queste, hanno qualcosa da perdere. La tendenza sarà a salvare sempre quel poco che si ha, a scegliere sempre il meno peggio, anche se per gli operai é niente (ma per il burocrate é tanto, perché la fine del conflitto gli garantisce la permanenza nel posto). Il burocrate sindacale ha paura di uno scontro con i padroni: questi potrebbero arrabbiarsi, rimettere in discussione tutto, anche quegli spazi che consentono alla burocrazia di sopravvivere. Il dirigente di partito sarà per le stesse ragioni portato al compromesso. In Brasile i burocrati sindacali sono chiamati dispregiativamente dagli operai "pelegos". "Pelego" letteralmente é il nome della pelle di pecora che sta tra la sella e il cavallo. Serve ad addolcire i colpi, ad ammorbidire il contatto tra la sella dura e la groppa dell'animale.

I burocrati temono gli stravolgimenti, il caos, l'indeterminatezza. Odiano l'utopia: perché mai dovrebbero aspirare ad un'altra società se proprio questa dà loro i mezzi per condurre un'ottima esistenza? Adorano la conservazione, lo status quo, la calma, l'equilibrio. La stessa cosa riguarda su un altro piano le burocrazie al potere nei paesi non capitalisti. Costoro non si sognano nemmeno di esportare la rivoluzione in altri luoghi, perché ciò potrebbe significare uno scontro con i paesi forti e dunque una messa in discussione del potere che hanno in mano e che sono portati a tenersi ben stretto. L'URSS non ha mai aiutato i rivoluzionari di altri stati, finanziando invece partiti che spargevano moderatismo e "realismo" a piene mani; quando ha aiutato governi che si dichiaravano progressisti (cosa che spesso non corrispondeva affatto alla realtà) ha agito solo per un proprio tornaconto in chiave geopolitica. La Cina di Mao ha fatto anche peggio.

I burocrati sono straordinariamente attaccati al proprio apparato, la difesa del quale li porta ad una grande solidarietà reciproca quando gli attacchi vengono dall'esterno. Un apparato può scindersi é vero, ma la tendenza degli scissionisti sarà quella di riprodurre comunque un apparato, seppur con idee diverse. Citiamo ad esempio, nel sindacato la scissione della CGIL che portò alla formazione della CISL e poi della UIL, nei partiti la scissione dei cossuttiani dal PRC per formare il PDCI. Entrambe non hanno prodotto certo apparati più democratici.

Per il loro innato moderatismo le burocrazie di ogni tipo sono portate a separarsi sempre più dalla propria base. A mano a mano che i burocrati si allontanano dalle condizioni della classe che dovrebbero rappresentare, si sentono un'altra cosa, corpo separato. Dovrebbero rappresentare lo scontento, proprio loro che sono contentissimi. La cosa li mette ovviamente a disagio e dopo un po' li infastidisce. Alla lunga non tollerano più le proteste e lo spirito protestatario di chi sta sotto. A poco a poco frequentando l'avversario, abituandosi ai suoi complimenti, usufruendo dei suoi spazi, trovandosi ogni giorno insieme al suo personale di rappresentanza, finiscono per assumerne i costumi e la mentalità.

Ma il burocrate sa di essere comunque un'altra cosa. Un dirigente sindacale non diventa un borghese per il semplice fatto di favorire gli interessi di quella classe. Il burocrate sa che la propria legittimazione (anche da parte dell'avversario: che se ne fa un padrone di un burocrate sindacale che non garantisce il controllo della propria base?) viene da chi dice di rappresentare. Per questo quando le masse si mettono in movimento i burocrati "cavalcano la tigre". Pur di non perdere il controllo delle masse sono disposti a cambiare programma, linguaggio e persino dirigenti, si spostano improvvisamente a sinistra, ma sempre con il fine di non farsi scavalcare, per poi dirigere il movimento, ormai domato, sui soliti tranquilli lidi. I sindacati confederali erano ad esempio totalmente screditati alla fine degli anni '60. Poi, percependo il vento nuovo, si adeguarono rapidissimamente al periodo di ascesa inaugurato nel '68-'69; rincorrevano affannosamente masse di operai che manifestavano e scioperavano in maniera selvaggia senza aspettare ordini dei sindacati, contrattavano col padrone, smorzavano piano piano la lotta e portavano a casa un qualche risultato, che facevano apparire come merito proprio.

Quella del burocrate é una posizione delicata, poco consolidata. Non é parte della borghesia, ma nemmeno del proletariato. È separato dalle classi subalterne, ma da queste trae la propria legittimazione: da qui nasce la sensazione di instabilità esistenziale del burocrate, con il conseguente terrore della perdita del posto. Tanti burocrati appena possono si tolgono da questa scomoda posizione, specie se tende a vacillare, e si riciclano: nell'apparato dello stato, in altri partiti espressione degli interessi degli oppressori, o come nei paesi dell'Europa dell'Est passando dall'alba al tramonto da difensori dell'ortodossia "marxista-leninista" a paladini delle aspirazioni nazionalistico-imperiali. L'insicurezza esistenziale del burocrate determina poi la sua endemica mancanza di spirito democratico.

Che probabilità c'é di trovare un burocrate democratico? La stessa che un cammello passi per la cruna di un ago. Un organismo burocratizzato può avere molte pecche, ma sicuramente avrà qualcosa che funziona in maniera efficiente: l'insieme di meccanismi tesi a sopprimere o ad addomesticare il dissenso. I mezzi? Quando é possibile la violenza. Il sistema, un po' sbrigativo ma efficace, é stato ed é utilizzato dalle burocrazie al potere. Gli Stalin di ieri e i Deng di oggi (o il PCE durante la guerra di Spagna contro trotskisti ed anarchici) risolvono il problema dei rompicoglioni alla radice: eliminandoli.

I burocrati nostrani di farci fuori ne avrebbero una gran voglia, ma gli é evidentemente difficile. I mezzi dunque devono essere un po' più raffinati (anche se appena possono ricorrono a cazzotti ed insulti): divieto di correnti (a meno che non siano a loro volta delle miniburocrazie come nei partiti socialdemocratici, cioé delle frazioni di burocrati che litigano un po' per poi spartirsi i posti), misure amministrative (richiami, divieti, espulsioni), l'adozione di linguaggi d'apparato per mettere i rappresentati in una situazione di inferiorità (sindacalese, politichese, le citazioni strampalate dei sacri testi dei dirigenti dell'URSS in passato, ecc.). C'é sempre una buona ragione per combattere chi dissente: "ma così dividi l'organizzazione", "così fai il gioco dell'avversario", ecc.
Ma il meccanismo principe, quello che dà maggiori risultati é la cooptazione. Ad un operaio che ha séguito nella fabbrica e che rompe troppo le scatole e che, per varie ragioni, non può essere licenziato, stiamo pur certi che qualcuno ad un certo punto offrirà qualcosa: o il padrone dei bei soldini (per andarsene) o il sindacato un bel posticino di funzionario. Al nostro operaio contestatore quest'ultima scelta permetterà di salvare la faccia: in giro potrà sempre andare a dire che entra nel sindacato per "cambiarlo dal di dentro".

Le conseguenze politiche della burocratizzazione sono evidenti: le dirigenze politiche e sindacali tenderanno ad esprimere posizioni moderate o per lo meno costantemente più moderate della propria base. Ciò significa che se non esistessero i burocrati gli oppressi la penserebbero tutti allo stesso modo? No di certo: semplicemente le proprie rappresentanze (sicuramente pluraliste) sarebbero più immediatamente rispodenti alle esigenze e alle idee dei rappresentati.

Data la loro propensione alla moderazione ed al compromesso e la posizione mediana nello scontro di classe (hanno le idee di un contendente, ma devono rappresentare l'altro) i burocrati sono portati per istinto alla concertazione, all'accordo, alla pace sociale. Che bello sarebbe, sognano, un mondo dove non c'é conflitto, i lavoratori si lasciano sfruttare, i padroni sfruttano ma non troppo, e i burocrati lì in mezzo a dispensare messaggi di pace! Sembrerà strano eppure i burocrati, nemici dichiarati di ogni "utopia", si cullano in queste soavi illusioni.

Le conseguenze di tali sogni sono però nefaste. A livello sindacale le concertazioni, a livello politico le alleanze tra partiti dei lavoratori e partiti della borghesia. Le burocrazie cioé tendono a negare l'indipendenza degli oppressi confondendone continuamente le aspirazioni con quelle degli oppressori. Le giustificazioni? La fantasia della burocrazia non ha limiti: necessità delle alleanze per conquistare "i ceti medi", per "sconfiggere la destra", contro i "rigurgiti di fascismo", per "conquistare le masse cattoliche", ecc.

Una tendenza tipica di ogni burocrazia é, per quanto sbandieri il suo preteso internazionalismo, la sua ristretta ottica nazionale. Nella storia del movimento operaio ci sono stati pochissimi momenti in cui gli operai hanno potuto dotarsi di una struttura politica sovranazionale: la I Internazionale, i primi anni della III e poi l'esperienza minoritaria della IV Internazionale. Dal punto di vista sindacale é andata pure peggio. Eppure dovrebbe essere evidente l'interesse sindacale a darsi una struttura in grado di competere nella contrattazione con le multinazionali e l'economia globale. Nessun serio sforzo é mai stato compiuto in tal senso. Quanto alle burocrazie al potere (ex URSS, Cina, ecc.) si sono sempre e soltanto curate dei propri interessi geopolitici e solo in tal senso sono andati gli sporadici aiuti alle rivoluzioni nuove.

Perché questo nazionalismo? Semplice: contrariamente alla borghesia e al proletariato, che sono due classi sovranazionali (la prima per i suoi capitali e i suoi investimenti, il secondo per i suoi spostamenti e la sua condizione), la burocrazia no. Si tratta di un ceto parassitario delle specifiche condizioni politico-sindacali di un determinato paese. In un paese sottoposto ad un dittatura fascista ad esempio la burocrazia operaia non esiste, ma la classe operaia e la borghesia ovviamente sì. La burocrazia é legata profondamente alle istituzioni statali e cioé ad entità (le uniche) con un carattere profondamente nazionale. I burocrati non "vedono" il carattere internazionale della lotta politica: trattano con i rappesentanti politici della borghesia che sono ovviamente nazionali, lottano per conquistare seggi del parlamento che é ovviamente nazionale, mantengono un potere statale (quando ce l'hanno, come in Cina oggi) che ha ovviamente caratteristiche nazionali. La burocrazia é dunque più che ostile, estranea ad ogni forma di internazionalismo organizzato (teso cioé all'organizzazione internazionale dei lavoratori e delle lavoratrici).

 

Perchè la burocrazia?

Perché ci si burocratizza? Semplice: perché conviene. Il burocrate é un portatore di privilegi. Questi possono variare grandemente. Per i burocrati dei Paesi che amavano definirsi "comunisti" erano case lussuose quando la massa doveva convivere con tre famiglie dentro uno stesso appartamento. Per i burocrati sindacali: ottime soddisfazioni. Per quelli politici: ottimi soldi.

Ma poniamo pure che questi burocrati guadagnino poco. Comunque conviene: per tanti operai é centomila volte meglio svolgere un lavoro che piace, che dà soddisfazioni, potere, che stare a martellare chiodi. Una volta dentro l'apparato adegueranno rapidamente le proprie idee imparando a mimetizzare il dissenso in convulsi giri di parole. Dovranno farlo: altrimenti il pericolo é quello di tornare ai chiodi. La carriera politica o sindacale é per tanti proletari una maniera di ascendere socialmente.

Da qui si deduce qualcosa che a noi oppressi fa male sentir dire: la burocrazia é qualcosa che nasce al nostro interno.

Vi sono invece interpretazioni "marxiste" assai consolatorie che cercano di spiegare il perché del moderatismo delle direzioni politiche e sindacali del movimento operaio. Ad esempio quella secondo la quale questi dirigenti sarebbero gli "agenti" della borghesia in seno al proletariato. Il compito dei rivoluzionari di fronte alle masse sarebbe quello di "smascherare" i dirigenti "infiltrati". Questo metodo evidentemente esime i proletari dallo sconfiggere all'interno della propria classe (e di se stessi) la tendenza alla delega e sposta la lotta tutta sul piano ideologico e non materiale. Noi invece diciamo: é la burocratizzazione a favorire il moderatismo e non viceversa.

Altre letture "marxiste" farebbero risalire invece il moderatismo e la tendenza alla burocratizzazione al fatto che il proletariato europeo occidentale sarebbe imborghesito e complice dello sfruttamento dei paesi del terzo mondo (dal quale riceverebbe vantaggi materiali). È vero che i proletari occidentali stanno meglio rispetto a quelli del Terzo Mondo, ma la cosa non spiega affatto la burocratizzazione. Come interpretare altrimenti che il fenomeno é sistematicamente presente, ed anche in forme più truci di quelle europee, in America Latina (basti pensare all'Argentina, al Brasile...), in Africa e in Asia?

Quello della burocrazia in realtà non é un fenomeno "esterno"agli oppressi. La burocrazia trova il terreno spianato dalla tendenza innata degli oppressi a delegare.

La tendenza alla delega ci é naturale e per varie ragioni. Perché non abbiamo tempo, ad esempio: i figli, la fidanzata, il marito, il cinema, il lavoro, il gatto... Perché non abbiamo voglia: preferiamo guardarci una bella partita di calcio o l'ultima sorprendente puntata della telenovela. Perché non ci sentiamo in grado: "quello parla meglio", "quello é più intelligente" "é più capace". Non vediamo l'ora di trovare un tizio di cui più o meno ci fidiamo, vomitargli addosso i nostri problemi e aspettare che ce li risolva. Una bellezza! Il tizio in questione magari si romperà un po', ma in fondo gli fa piacere sentirsi utile, capire che qualcuno lo considera. Noi lo sappiamo e lo solletichiamo facendogli anche degli apprezzamenti: abbiamo infatti notato che con qualche complimento nel motore il tizio marcia più spedito. Il tizio poi riceverà altri complimenti dal burocrate sindacale, parteciparà a riunioni di gente importante e che conta, capirà che forse un giorno potrebbe essere uno di loro...

La nostra tendenza a delegare si esprime anche sotto altre forme. Ad esempio nel dare un voto incondizionato a certi partiti, perché ci fidiamo dei loro dirigenti. Nell'adorazione del leader ("ah, come parla bene!" ci piace sospirare), che una volta si chiamava culto della personalità. Nell'attendere un qualche salvatore che ci toglierà dai guai.

 

La burocratizzazione: fenomeno non solo operaio

La burocratizzazione e la tendenza alla delega non sono solo caratteristiche dell'oppressione di classe. Sbaglierebbe chi pensasse che, dato che le burocrazie operaie sono per lo più costituite da uomini, allora il problema é dei maschi. No: é di tutti gli oppressi. Solo che gli altri soggetti sociali oppressi, data la recente storia di movimento e le limitate forme organizzative, non hanno potuto ancora conoscere il fenomeno in tutta la sua ampiezza.

Ma qualche assaggio l'abbiamo avuto. L'UDI era un'organizzazione costituita da donne, la cui burocratizzazione era tale che al confronto la CGIL sembra una consesso di libertari. Appena l'organizzazione delle donne supera lo stadio del collettivo per portarsi a quello del semplice coordinamento, emergono gli stessi fenomeni che operai ed operaie conoscono: liderismo, giochetti di corridoio, ecc. e questo anche in assenza di posti di funzionaria, altrimenti la cosa si farebbe grigia. E' un fenomeno che riguarda gli eterosessuali? Beh, non ci sembra che Arcigay e Arcilesbica siano paradisi di democrazia. Per non parlare poi dei giovani: tutti i sindacati studenteschi francesi e spagnoli sono piccole CGIL (qualcuno assomiglia alla UIL) e il fatto che i burocrati siano giovani non ci consola particolarmente. E l'oppressione etnica? Le organizzazioni indie in America Latina fanno ottime cose, ma quanto a democrazia interna... E a poco valgono le giustificazioni razziste dei bianchi di sinistra: "sono indios", "hanno le loro tradizioni culturali"...

La burocratizzazione riguarda anche altri organismi, non caratterizzati dalla difesa di un preciso soggetto oppresso: le cooperative ad esempio, dove entrano in circolo anche un bel po' di allettanti soldi a complicare la situazione. Ed anche associazioni nazionali legate al volontariato, all'ecologia, ai diritti civili, alla pace... Ma processi assimilabili alla burocratizzazione si verificano pure in ambiti più piccoli, anche se il fenomeno é meno percepibile, proprio a causa dello scarso peso degli organismi: associazioni locali, collettivi, comitati, centri sociali... Come si manifesta il fenomeno? Di solito con una o più persone che hanno molto tempo a disposizione. Si tratta a volte di maschi la cui disponibilità di tempo é dovuta alla propria condizione sociale: disoccupati cronici, occupati precari, eterni universitari... in tutti i casi con papà e mamma che garantiscono economicamente alle spalle. Si distinguono inoltre per non avere figli, o non doversene occupare.

Questi generosi (diciamo così) militanti si dedicheranno anima e corpo all'attività (di volontariato, del centro sociale, del collettivo). Saranno presenti tutti i giorni, imperverseranno in tutte le iniziative, romperanno terribilmente le scatole sugli impegni non rispettati dagli altri (quando accadrà a loro nessuno si azzarderà a farglielo rilevare, poiché il ragazzo si dà tanto da fare...) e soprattutto saranno ad ogni pié sospinto pronti a ricordare al popolo che loro "si fanno il culo" (sottinteso: "e voi no"). È interessante notare come questi personaggi amino far uso, per descrivere il proprio forsennato impegno, di simbologie sessuali. Li abbiamo sentiti anche dire che "si fanno un mazzo così". Culi e mazzi servono loro per scoraggiare il dissenso. Chi infatti partecipa semplicemente alle normali riunioni (una volta alla settimana o ogni quindici giorni) é tollerato nel momento in cui esegue e sta zitto o approva (nel qual caso é considerato un bravo attivista). Altrimenti chi si oppone o protesta per decisioni che gli sono passate sopra la testa si sentirà accusato di essere uno stronzo che "non c'é mai", "non si fa il culo" e pretende poi di venire e dire la sua su tutto. Anche in presenza di situazioni meno incresciose, é facile che si verifichi una concentrazione di potere su chi ha molto tempo a disposizione: costui avrà modo di intessere relazioni, accumulare informazioni, fare esperienze, in misura maggiore degli altri. Ad un certo punto gli sembrerà naturale prendere anche più decisioni degli altri. Il tutto é favorito dall'informalità dell'organizzazione interna.

Ciò é particolarmente evidente in tanti centri sociali. Qui più che altrove, proprio per il fatto di essere uno spazio aperto quotidianamente, la dittatura di coloro che hanno tempo é più consistente e si intreccia con alcune modalità, quali quelle assembleari, che non sono affatto democratiche, nonostante le apparenze. Quando é l'assemblearismo a dominare chi ne beneficierà saranno coloro che hanno molto tempo e sanno parlare meglio. Ovviamente chi sa parlare meglio o in modo più convincente non é affatto certo che sia anche quello che esprime le idee migliori, ma in una modalità organizzativa assembleare avrà molte più possibilità di successo. Nelle grandi assemblee é molto più difficile intervenire che nelle riunioni e dunque saranno favoriti coloro i quali la condizione sociale avrà permesso una maggiore sicurezza in se stessi: gli uomini a scapito delle donne, gli universitari a scapito degli operai, ecc.

Nei centri sociali vi é poi un problema aggiuntivo: la circolazione a volte anche molto abbondante di soldi, il che significa che alcuni di questi parlatori, o loro sostenitori, riusciranno a farsi mantenere dal centro sociale e dalle sue attività, trovandosi in una situazione molto simile a quella dei burocrati sindacali con gli stessi riflessi conservatori nei confronti della struttura (la conservazione della quale diventa prioritaria rispetto alle sue finalità) e la stessa lenta e progressiva tendenza alla moderazione.

 

Che fare? La democrazia interna

Non c'é nulla da fare per sconfiggere la tendenza alla burocratizzazione? Tanti proletari la pensano così: in questo secolo nel mondo a milioni hanno lasciato la propria organizzazione delusi ed amareggiati. Noi invece pensiamo che sia possibile e facciamo di questa convinzione uno dei due pilastri della nostra azione. La tendenza alla burocratizzazione deve essere sentita come problema prioritario nei movimenti, nei centri sociali, negli organismi di massa e nei partiti di sinistra. Ma che misure si devono prendere?

La vita interna dei partiti e dei movimenti dovrebbe almeno in parte rispecchiare, in embrione, il tipo di rapporti personali, politici e sociali che noi vorremmo costruire nella società per la quale combattiamo. La democrazia interna deve essere il feticcio della vita di qualsiasi organizzazione e sul suo altare dobbiamo sacrificare anche molto tempo, che certo con una dittatura interna ci si potrebbe risparmiare. Ne guadagnerà però la crescita politica dei compagni, che si abitueranno a coltivare uno spirito vivace e critico.

La prima libertà democratica che si dovrebbe salvaguardare é la possibilità che tutte le opinioni possano liberamente esprimersi. Le divergenze sono inevitabili: esse dipendono dai differenziati livelli di coscienza, dalla diversa posizione nella società, ma anche semplicemente dal fatto che di fronte ad un problema nuovo diverse persone, con diverse storie alle spalle, possono dare ovviamente risposte diverse. La diversità é una ricchezza, per questo deve essere valorizzata.

Molti si preoccupano che, dando spazio alle diversità, l'unità dell'organizzazione verrebbe compromessa. È vero il contrario. L'unità si deve costruire nella democrazia. Più precisamente non vi può essere centralismo senza democrazia. Cosa vuol dire in concreto? Quando vi é una decisione da prendere, si deve dar vita ad un'ampia discussione e ad un coinvolgimento approfondito degli iscritti (al sindacto, al partito, ecc.); in questa fase tutti possono prendere le iniziative che credono più opportune per far vincere la propria posizione. Dopo il voto tutti sono tenuti a rispettare la decisione emersa maggioritariamente. Ma se non vi sarà stato un dibattito democratico i militanti dell'organismo saranno legittimati a non rispettare il centralismo, cioé la decisione presa a maggioranza.

Le differenziazioni interne possono prendere anche una forma organizzata. Chi cioé all'interno del partito, del sindacato o del movimento la pensa diversamente ha tutto il diritto a riunirsi e a dare pubblicità alla riunione di tendenza. Se non si legittimano le riunioni di tendenza accadrà una cosa molto semplice: ci saranno lo stesso, ma di nascosto. Lasciando le tendenze nell'informalità inoltre si creano le condizioni per la formazione di cordate: raggruppamenti di attivisti dietro ad un dirigente (e non dietro a delle idee). Il funzionamento clandestino delle tendenze induce cioé alla delega a questo o quel dirigente e favorisce la personalizzazione dello scontro.

Vi sono comunque maniere anche molto sottili di limitare la democrazia (che vuol dire governo di tutti). Un gruppo può anche consentire la libera espressione ed organizzazione delle divergenze, ma conservare una partecipazione elitaria, dove a confrontarsi sono solo i capi delle varie fazioni. Dovremmo per questo eliminare alcuni riti che ripetiamo come macchinette, ovunque ci troviamo e che scoraggiano la partecipazione. Perché ad esempio in ogni riunione che facciamo ci deve essere il tizio (burocrate, dirigente, sapientone o semplicemente compagno di buona volontà) che si applica a relazioni introduttive dalla durata insopportabile? Tali personaggi usualmente amano posizionarsi dietro la scrivania. Segue discussione nella quale si impegnano sempre i soliti lasciando nel silenzio i più (quasi sempre donne o operai o giovanissimi). Gran finale con il tizio che, insaziabile, oltre alla relazione si accaparra pure la replica.

Si devono inventare modalità che favoriscano l'espressione di tutti i partecipanti alla riunione eliminando la figura del relatore/replicatore (con tutta la sua scrivania). A maggior ragione queste nuove modalità devono essere applicate in ambiti assembleari dove per le persone più timide o insicure é ancora più difficile intervenire. Nelle riunioni e nelle assemblee si deve respirare un'aria di democrazia, uguaglianza, orizzontalità. Quel che accade spesso é invece che siano momenti dove solo pochissimi si esprimono (a volte anche in maniera ripetitiva e logorroica). Di solito quelli che non parlano vengono colpevolizzati (e spesso invitati brutalmente a parlare, cosa che li spaventa ancora di più). Il problema va rovesciato: la gente parla poco perché vi é chi parla troppo. Per cui il problema é limitare i chiaccheroni. A questo fine sono utili tutta una serie di dinamiche ampiamente utilizzate in America Latina, soprattutto dai gruppi cristiani di base.

Tipico delle modalità organizzative della sinistra (associazioni, sindacati, partiti) é il momento fatidico del congresso. Spesso abbiamo a che fare con congressi ingessati, confezionati in modo da fornire una certa immagine all'esterno, costruiti per rassicurare gli iscritti. In occasione di congressi con differenziazioni politiche a volte queste possono essere percepite solo dalle scaltre orecchie avvezze al politichese o al sindacalese. Le divergenze invece dovrebbero essere chiare, schiette e possibilmente presentate in forma scritta. Le minoranze dovrebbero essere proporzionalmente rappresentate in tutti gli organismi. La chiarezza e la trasparenza in occasione dei congressi spesso invece difetta. Assistiamo troppo frequentemente ai giochi di corridoio. I congressi veri cioé si svolgono fuori dalla platea, dove si alternano oratori che nessuno sta ad ascoltare (a meno che non sia un grande dirigente, allora tutti rientrano precipitosamente in sala). È nei corridoi dove spesso i capi (di maggioranza, delle varie minoranze) si accordano o si scornano.

Ma anche se i congressi fossero stupendi momenti di partecipazione, sarebbero comunque insufficienti. Il congresso é l'unico momento in cui la base ha la possibilità teorica di esprimersi. Tale livello di democrazia non differisce molto, a dire il vero, da quello, assai scarso, riservatoci dal sistema in cui viviamo: i cittadini votano una volta ogni tanto e tra una votazione e l'altra non hanno voce in capitolo. Spesso il dibattito prosegue, ma tutto interno agli organismi dirigenti, sino al congresso successivo. C'é il pericolo che insieme ad un ceto dirigente di maggioranza si formi il ceto dei dissidenti cronici, distante quanto il primo dalla base, con la conseguente tentazione di adottare un atteggiamento sempre più soft nei confronti di chi si vorrebbe contestare.

Il problema da superare é la distanza della base tra un congresso e l'altro (ammesso che quello sia un momento di avvicinamento). I dirigenti eletti devono in ogni momento sentirsi come militanti che provvisoriamente ricoprono incarichi esecutivi. Si devono sperimentare forme di consultazione diretta, ad esempio il referendum tra gli iscritti. Perché pensare che organismi dirigenti eletti tre anni prima possano sempre rappresentare fedelmente la base su ogni questione? Si devono creare canali autogestiti direttamente dalla base, in modo che ci si possa scambiare materiali, idee, proposte e anche eventualmente organizzare un dissenso a partire dalla base Pensiamo che effetto dirompente avrebbe il collegamento orizzontale tra tutte le RSU. Solo se la base sentirà di poter contare in ogni momento, la tendenza alla delega verrà sconfitta.

L'obiettivo delle organizzazioni operaie non dovrebbe essere accumulare un numero sempre maggiore di iscritti. L'obiettivo é aumentare sempre più il numero di militanti, cioé di coloro che rinunciano a delegare. Il principio che deve passare é che un iscritto decide, e per maturare questo diritto bisogna fare, magari pochissimo, ma fare. La tessera deve cioé acquisire un significato alto. Altrimenti il tesseramento di massa aiuterà solo coloro che intendono usare gli iscritti come massa di manovra (nei sindacati ciò é particolarmente vero). Si dovrebbero abituare i compagni poi, nei limiti delle loro possibilità, a versare una quota fissa mensile. Ciò sarebbe educativo per i compagni di base che sentirebbero ancora più "cosa loro" l'organizzazione e obbligherebbe ad un rapporto costante base e vertice.

Nei partiti, nei sindacati, nelle associazioni sono sempre previste figure quali segretario, presidente, ecc. Si scopiazza in questo modo l'organizzazione gerarchica del sistema in cui viviamo. Se tali figure non esistessero diminuirebbero i pericoli di autoritarismo, liderismo, burocratismo, personalismo. Alcuni asseriscono che questi ruoli sono necessari per dare all'organismo una sorta di rappresentanza ufficiale. Ma si possono scegliere dei portavoce, a rotazione, e che non abbiano incarichi all'interno del partito.
Possiamo avere i dirigenti più simpatici del mondo, ma pensiamo sia meglio educare la militanza e i lavoratori che ci seguono che devono contare solo su se stessi e sulle capacità della propria classe e non di singoli leader illuminati.



Che fare? La rotazione.

Alcuni pensano (gli anarchici ad esempio) che il problema della burocratizzazione risieda nella delega. Noi pensiamo al contrario che delegare é necessario. Altrimenti come potremmo costruire organizzazioni nazionali o addirittura internazionali? Se lasciassimo il campo libero alle assemblee favoriremmo solo chi ha più tempo, con il conseguente sorgere di leader (che non differiscono molto dai burocrati se non nel fatto che sanno di solito parlare meglio). Il funzionamento inoltre sarebbe assai poco efficiente.

Siamo a favore, quando necessario, dell'elezione di delegati (nelle fabbriche, nel sindacato, nei partiti, nei movimenti), ma allo stesso tempo bisogna sconfiggere la tendenza alla delega da parte degli oppressi: come conciliare queste esigenze? Con la rotazione degli incarichi e delle deleghe. Dirigenti, segretari, presidenti, membri di direttivi, consiglieri comunali, delegati sul posto di lavoro, parlamentari devono ruotare alla fine del proprio mandato (o ruotare per metà a metà mandato in modo da assicurare una trasmissione dell'esperienza).

La rotazione diviene ancor più importante nel caso di funzionari (tra i quali mettiamo anche i parlamentari). Costoro sono i principali veicoli del morbo della burocrazia. Si deve quindi in generale evitare che vi siano funzionari. Se la cosa diviene indispensabile, questi devono sottostare a rapide rotazioni. Facendo politica o sindacato o associazionismo a tempo pieno infatti i funzionari accumulano un potere enorme: tengono i contatti con un sacco di compagni, conoscono le situazioni locali, hanno più tempo di leggere e informarsi, sono maggiormente "allenati" nelle discussioni. Questo potere può essere in qualunque momento usato per favorire la crescita personale o di uno strato a spese di una base che sa sempre meno. La rotazione possiede il vantaggio di operare una redistribuzione periodica del sapere e dunque del potere.

Di solito l'argomentazione che si usa contro la rotazione é quella secondo la quale esisterebbero compagni capaci predestinati a certi ruoli. Come si forma la capacità dei compagni? Semplice: facendo esperienze, anche di direzione. Se continuiamo ad eleggere negli organismi di direzione gente che non ha fatto altro nella vita é del tutto evidente che altri faticheranno molto a crescere.

Ma ammettiamo pure per un momento che esistano compagni fenomenali e che questi siano costretti a tornare alla base in virtù della rotazione: bene, questa sarà un'ottima garanzia perché la base conti realmente. Se in un circolo, in un sindacato, in un'associazione a comandare é la base, qual é il problema ad avere nella base, e non nella direzione, i fenomeni? Il problema di delegare a compagni di non lunga esperienza inoltre favorirà di molto la vita democratica: se ci sono compagni super-capaci-faccio-tutto-io é ovvio che si creerà l'abitudine a delegare loro e ne soffrirà la vita democratica interna. La rotazione deve essere ampia, coinvolgere cioé l'insieme degli attivisti e non limitarsi ad una cerchia ristretta. Ruotando gli incarichi é molto più difficile che sorgano ambizioni o che compagni entrino o si impegnino solo perché così sperano di guadagnare un posticino al sole.

E come si può combattere il leaderismo tipico di ambiti dove non si eleggono delegati (movimenti, comitati, collettivi, centri sociali)? Il leaderismo in questi luoghi é favorito dall'informalità. Vi deve essere dunque un gruppo di regole accettate e che abbiano il fine di limitare il potere dei parlatori e dei grandi possessori di tempo. Deve essere chiara ad esempio qual é la riunione nella quale si prendono le decisioni. Questa riunione deve avere una cadenza accettabile anche da chi ha poco tempo. Deve essere chiaro che il livello minimo di militanza é quello (la partecipazione alla riunione). Nessuno deve essere discriminato perché "non si fa il culo". La regola principale deve essere che ognuno é libero di scegliersi il livello di intensità della propria militanza, l'importante é che gli impegni che si prende (anche se pochi) siano portati a termine come concordato. Ad una militanza più intensa non deve corrispondere un livello maggiore di potere decisionale (in questi ambiti non c'é di solito il problema delle truppe cammellate). Nelle assemblee si devono studiare modalità non rituali di partecipazione (le tecniche latinoamericane alle quali facevamo riferimento), vietare a chiunque di svolgere più di due interventi e limitarne rigorosamente il tempo.

 

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