LA CRISI POLITICA ITALIANA


Marzo 1993

 

La crisi politica che investe l'Italia é la più grave del mondo imperialista. Si tratta di una crisi di rappresentanza delle classi sociali fondamentali del nostro paese. Questa crisi di rappresentanza, latente da qualche tempo, si é approfondita intrecciandosi con la parallela crisi recessiva .

Per quanto riguarda la borghesia si tratta della terza crisi di rappresentanza in questo secolo (dopo il passaggio dalla rappresentanza liberale a quella fascista con una transizione durata due anni dal 1921 al 1922 e il passaggio dalla rappresentanza fascista a quella demo-cristiana con una transizione che è andata dal 1943 al 1946). Così come é accaduto in occasione delle altre due crisi la borghesia é costretta ad associare il ricambio della rappresentanza ad un cambiamento di regime (cioè di assetto costituzionale).

La differenza rispetto alle altre due crisi é che oggi la borghesia ha obiettivi da raggiun-gere (fine welfare state, deregulation nei rapporti di lavoro, privatizzazioni) ma non ha la più pallida idea di quale forma di dominio sostituire a quello democristiano assistenziale. Inoltre si batte per un cambiamento di regime attaccando, abbastanza avventuristicamente dal suo punto di vista, il vecchio ceto dirigente senza avere disponibili alternative credibili.

Il sogno della borghesia è il gran partito di centro dominato da Segni, ma questo perso-naggio é assolutamente privo di forze proprie ed é costretto per sopravvivere a stare dentro la vecchia DC. La Lega manca di un radicamento nazionale, requisito questo indispensabile per la borghesia, ed é scarsamente utilizzabile anche in funzione sovversiva se la borghesia fosse costretta a questa scelta. La caduta di La Malfa poi é stato un vero e proprio dramma per la bor-ghesia che ne aveva fatto uno dei propri beniamini.

Le ipotesi autoritarie d'altro canto appaiono assai poco realizzabili: esercito e carabi-nieri hanno una pratica di scarsa autonomia dal ceto politico sino ad oggi dominante. Il li-mite strutturale della Lega per un suo uso sovversivo risiede nel suo radicamento limitato geograficamente e del resto le mancano al momento quadri, strutture e determinazione adeguati per poter svolgere ruoli ambiziosi. L'unico vero pericolo per il movimento operaio può venire dal MSI. E' un partito che già da oggi raccoglie a Sud la protesta qualunquista che la Lega raccoglie a Nord, del resto se la Lega continuerà a ridimensionare la propria anima sovversiva una parte del suo elettorato deluso potrà transitare verso l'MSI. L' MSI inoltre ha strutture, tra-dizione, quadri, una direzione intelligente e determinata ed una presenza militante e nazionale. In tutti i casi con o senza progetto della borghesia é destinato a crescere.

La ragione della crisi di rappresentanza della borghesia va cercata negli anni 80. I pro-fitti resi possibili in quegli anni dall'andamento della congiuntura politica e dal riflusso del movimento operaio hanno fatto sì che una fetta del surplus alimentasse in misura crescente il ceto politico che rappresentava la borghesia, autonomizzandolo in misura crescente dalla pro-pria classe. Le grandi famiglie monopoliste sono riuscite grazie a ciò a neutralizzare la con-correnza internazionale (con il sistema delle commesse e delle svendite di favore) e quella nazionale dei piccoli capitalisti (con il sistema degli appalti truccati). Il prezzo pagato é stato che ad un certo punto, quando il cambiamento della congiuntura ha fatto emergere altre ur-genze del padronato, il ceto politico che avrebbe dovuto rappresentarle non ha risposto (sulle privatizzazioni vi sono tuttora fortissime resistenze, così come per lo smantellamento dell'ormai costoso sistema clientelare) ed anzi ha accresciuto le proprie richieste di ceto politico sepa-rato (aumento delle tangenti, ecc.).

 

 

segue
Sarebbe errato dunque interpretare tangentopoli come parte di un lucido disegno della borghesia. Al contrario esso é frutto della crisi di direzione della borghesia. La corruzione c'é sempre stata, da sempre si sono cominciate indagini, ma sono state sistematicamente insab-biate ed ostacolate dal ceto politico e dalla stampa che difendeva gli interessi della borghesia . Ciò che sta accadendo oggi é che semplicemente non vi é più nessuno che possa fermare i giu-dici, come invece accadeva in passato.

La borghesia vede ormai come toccasana le riforme elettorali. Ma é assai dubbio che in assenza di un'alternativa politica riesca con queste a raggiungere i propri obiettivi. Se si an-dasse al voto oggi le tre forze rappresentate sarebbero PDS, la vecchia DC e la Lega. La pre-senza di questi partiti renderà poco agevole il raggiungimento degli obiettivi e toglierà canali di rappresentanza politica che storicamente in Italia sono serviti per attutire gli scontri so-ciali.

Parallelamente è esplosa la crisi di rappresentanza del proletariato, evidente a partire dall'autunno. Questa crisi di rappresentanza, come quella della borghesia, ha le sue radici negli anni 80 durante i quali il ceto politico e sindacale dirigente si é autonomizzato ulterior-mente dalla propria classe , processo facilitato dal riflusso seguito al 1980.

Il movimento dell'autunno ha dimostrato le grandi possibilità della congiuntura poli-tica e un inizio di radicalizzazione del movimento operaio. Quelle mobilitazioni hanno se-gnato un punto di non ritorno ed una crescita della coscienza antiburocratica tra i lavoratori. Conseguenza ne é stata la manifestazione dei 300000 a Roma, inspiegabile per chi assume la presunta "sconfitta" operaia come punto di riferimento. Il fenomeno del movimento dei Consigli, pur con tutti i suoi inevitabili limiti, é il canale oggi più importante e decisivo da uti-lizzare per cambiare di segno il periodo attraversato dal movimento operaio. Dobbiamo essere assolutamente interni a questo movimento, questa deve essere la nostra priorità nel lavoro sindacale. I compagni interni all'area dell'autorganizzazione dovranno fare ogni sforzo di unità d'azione con il movimento dei consigli puntando ad una unificazione.

Rifondazione deve approfittare della situazione di crisi per approfondire il proprio ca-rattere di partito di classe mobilitando e agitando parole d'ordine facilmente comprensibili e che rispondano ai bisogni elementari delle masse. Non é certo questo il momento in cui ci si deve distinguere agitando argomenti e parole d'ordine di natura programmatica.

Diminuzione dell'orario di lavoro, scala mobile dei salari, blocco dei licenziamenti, difesa dello stato sociale sono alcune delle parole d'ordine che devono caratterizzare Rifondazione, ma non basta. C'é oggi una crisi di rappresentanza cui il movimento operaio deve dare una risposta dal suo punto di vista. La parola d'ordine che caratterizza Rifondazione "costruire l'opposizione" é in realtà servita al nostro partito per evitare accuratamente che di-cesse a positivo che cosa e come vuol cambiare il sistema limitandosi ad un'opera di denuncia dell'esistente.

Rifondazione deve avere sulla crisi un atteggiamento offensivo. Deve costruire un pro-gramma fatto di parole d'ordine che difendano gli interessi elementari del proletariato e su questa base proporre all'unico altro partito del movimento operaio, il PDS, l'unità di azione. Anche sul terreno politico proporre la parola d'ordine governo PDS-Rifondazione su un pro-gramma di classe ha il vantaggio di collocare su questo terreno il nostro partito all'offensiva e di farlo entrare in concorrenza con gli altri per coprire il vuoto di rappresentanza e risolvere la crisi spostando i rapporti di forza a favore dei lavoratori. Visto le alleanze che il PDS cerca e la linea di cui si fa portatore sarà ben difficile che accetti tale proposta, ma agli occhi delle masse appariranno più chiaramente le sue responsabilità ed il segno di cui si vuol caricare la sua go-vernabilità. Rifondazione apparirà come un partito che pone in ogni momento, dimensionandolo rispetto al periodo ed alla congiuntura, il problema del potere.

 

home