LA FINANZIARIA DEL NUOVO MILLENNIO
CARATTERISTICHE DELLA FINANZIARIA 2000 DEL GOVERNO D'ALEMA


Ottobre 1999

 

Non è semplice dare un giudizio sul contenuto antipoperaio della finanziaria proposta dal Governo per il prossimo anno, dal momento che la stragrande maggioranza dei lavoratori vede in questa legge una decisa svolta in loro favore (si riducono le tasse sui redditi irpef), e il rischio di essere tacciati di disfattismo e realmente concreto.
Tuttavia, si dovrebbe invece andare dentro i vari articoli per capire che invece la filosofia complessiva che ispira tutta la legge è volta a mettere al centro gli interessi dell'impresa, e attorno a questi, tutto deve ruotare.
La Confindustria da tempo chiedeva provvedimenti legislativi che liberassero risorse a favore degli investimenti e della flessibilità, per perseguire quel risultato che i principali magnati dell'industria (ma anche lo stesso presidente della Repubblica) chiamano con il termine di competitività.
Sembrerebbe infatti che il nostro paese stia crescendo più lentamente dei partners europei, e questo, in una economia in cui vige una moneta unica, e i confini degli stati europei perdono di senso di fronte allo strapotere del capitale, rischia di relegare la nostra economia in un ruolo marginale, se non addirittura di essere estromessa dalla Comunità Europea.
In soldoni il problema che i padroni pongono è sempre lo stesso: lo Stato deve sostenere gli investimenti in modo diretto detassando il capitale, e fiscalizzando (cioè scaricando sulla collettività) i costi che i padroni devono sostenere per creare lavoro (i contributi per le pensioni, ecc.).
Per fare questo però si rende inevitabile che il Governo non possa più garantire ai cittadini quei servizi e quello stato sociale a cui li aveva abituati dal dopo guerra per decenni, grazie alle lotte dei lavoratori; per cui è necessario tagliare la spesa pubblica e privatizzare settori anche strategici dell'economia nazionale.
E' necessario inoltre che i padroni abbiano la piena disponibilità della forza lavoro al fine di poter portare lo sfruttamento del lavoro ai livelli massimi, per potere ridurre i costi di produzione e poter esibire sul mercato un livello di prezzi che consenta la vendita delle merci e stracciare la concorrenza.
Quindi: libertà di licenziamento e assunzioni con bassi salari e a tempi determinati.
Se leggiamo attentamente la finanziaria, tutte queste esigenze poste dal Capitale, trovano piena soddisfazione.
Si dice che la manovra è leggera perché movimenta solo 15 mila mld, ma ciò che balza immediatamente all'occhio è che 11 mila di questi sono fatti di tagli alla spesa pubblica, e questo comporterà una riduzione sia della qualità dei servizi che della quantità.
Si prevede infatti un taglio pesante negli organici della scuola e il ricorso anche nella pubblica amministrazione dei contratti di lavoro interinali, cioè di lavoratori che quando non servono più si possono cacciare.
A tale proposito stanno assumendo un significato chiaro e sinistro i continui richiami fatti da D'Alema ad abituarci a farla finita di pensare al posto di lavoro fisso, e i continui attacchi allo Statuto dei lavoratori.
Si prevede di conseguenza anche una riduzione degli stanziamenti delle risorse per il rinnovo dei contratti di lavoro dello stato, il tutto condito via con un aumento (già deciso qualche mese fa) dei finanziamenti alle scuole private.
Si stanno preparando anche pesanti tagli alle pensioni, sia con l'introduzione del sistema di calcolo contributivo (molto caldeggiato anche dal sig. Cofferati) sia con la pratica obbligatorietà a farsi una pensione integrativa con l'utilizzo del TFR.
Si dice inoltre che lo stato spenderà qualcosa come 900 mld. per l'occupazione. Ma leggendo attentamente si vede chiaramente che questi soldi saranno spesi per dare maggiore impulso alle assunzioni con contratti a tempo determinato o comunque atipici.
Ciò che ne deriverà per i lavoratori nel loro insieme è un maggiore indebolimento del loro potere contrattuale e uno spostamento dei rapporti di forza in favore dei padroni, con tutto ciò che ne deriverà sul piano dello sfruttamento e della sicurezza sui posti di lavoro.
Fiore all'occhiello di questa legge finanziaria è lo sgravio fiscale sui redditi delle famiglie (il passaggio dal 27% al 26% irpef), ma a ben vedere tale sgravio è stato completamente risucchiato da un'inflazione ormai prossima al 2%, contro l'1,2% programmato su cui sono stati fatti tutti i conti della finanziaria.
Vi è inoltre da tenere presente che sono state introdotte delle addizionali Irpef regionali, provinciali e comunali che, anche se alcune di esse non sono obbligatorie (comunali e provinciali) lo diventeranno necessariamente a causa della riduzione di trasferimenti agli enti locali.
La lotta all'evasione fiscale e contributiva continua ad essere insufficiente, ma forse questo è proprio quanto si vuole, per evitare che si vadano ad intaccare gli interessi di chi sta molto in alto che sono quelli che alla fine si ritengono prioritari.



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