LA CALDA ESTATE DELLA GIUSTIZIA
IL RUOLO DELLA MAGISTRATURA NELLA VICENDA ITALIANA


Settembre 1998 pubblicato sul mensile Reds

 

Periodicamente su quest'Italia in perenne transizione politica scoppia quello che viene ormai definito "il problema giustizia". Il "problema" si é riacceso in tutta la sua virulenza da quando la Bicamerale é naufragata, in primavera. Da allora si é rianimata in tre grossi momenti: la condanna in primo grado di Berlusconi, il suicidio del giudice Lombardini, l'inchiesta sul Cardinal Giordano. In mezzo altri episodi - diciamo così - minori.

Le polemiche riguardo al ruolo della magistratura pongono alla sinistra questioni complesse. L'apparato della magistratura é un pezzo dello stato borghese. Allo stesso tempo settori di questo apparato sembrano intraprendere azioni contro i potenti e riscuotono per questo ampie simpatie popolari. Come spiegarsi tutto ciò? Che posizione prendere come marxisti?

 

Il ruolo della magistratura nella moderna società capitalista

Facciamo una breve premessa ad uso di chi non é completamente dentro questa problematica.

I moderni ordinamenti statuali si basano sulla divisione dei poteri teorizzata un paio di secoli e mezzo fa da Montesquieu in un'opera significativamente intitolata "Lo spirito delle leggi". Il Nostro era arrivato alla conclusione che, qualunque fosse la sua forma, un governo doveva sempre assolvere tre funzioni: esecutiva (il compito del governare vero e proprio), legislativa (il compito di fare le leggi) e giudiziaria (punire chi le leggi le viola). Secondo Montesquieu in un ordinamento che voglia tutelare la libertà individuale, i tre poteri (intesi come competenze, funzioni) dovrebbero essere separati e gestiti da organismi autonomi tra loro: in questo modo essi si ritroverebbero in equilibrio, l'uno controllerebbe l'altro e si eviterebbero così ingiustizie e prevaricazioni. Su questa base si sono sviluppati gli apparati costituzionali moderni. Compresa la nostra Costituzione, che infatti riconosce tre organismi separati per le tre diverse funzioni: il Parlamento (legislativa), il Governo (esecutiva), la Magistratura (giudiziaria). A questo si riferiscono i giornali quando si parla di "indipendenza della magistratura".

Nelle sue varianti é lo schema preferito dai paesi capitalisti più avanzati. La ragione ovviamente non risiede nel fatto che i borghesi amino "la libertà individuale", ma nell'efficienza dimostrata nei fatti da quel sistema. La borghesia delega il governo della società a ceti professionali ed organismi formalmente autonomi. L'autonomia di Parlamento, Governo e Magistratura assicura che questi organismi, equilibrandosi e controllandosi a vicenda, curino gli interessi della borghesia nel suo insieme e non di una sola sua parte. Immaginiamo cosa accadrebbe, ad esempio, se in occasione di dispute su problemi di proprietà o liti societarie i capitalisti non potessero contare su un apparato giudiziario separato dalle varie frazioni del capitale: in breve sarebbe la guerra per bande, come all'inizio dello sviluppo industriale negli USA quando le aziende concorrenti si affrontavano anche a colpi di pistola e di attentati dinamitardi. Dello stesso tipo sono le difficoltà del ritorno del capitalismo in Russia: in assenza di apparati statali autonomi dalle frazioni di borghesia nessun capitalista paga le tasse, e ogni banchiere é legato, anche per questioni di sopravvivenza fisica, a pezzi di mafia.

 

Lo spirito delle leggi in Italia

In Italia "lo spirito delle leggi" ha avuto vita un po' stentata. È diventato, per così dire, uno spiritello.

Durante il fascismo non esisteva una separazione reale e le tre funzioni erano nei fatti assorbite nel Partito Fascista. Durante la Prima Repubblica la borghesia é stata costretta a delegare il potere ad un partito che non ha mai amato, la Democrazia Cristiana, e l'unico organismo che ha fatto correre un qualche brivido al regime é stata la magistratura, con l'esplodere periodico di scandali dai labilissimi effetti. Queste scorrerie erano sostenute da una corrente ideologica borghese che oggi viene polemicamente chiamata dal Corriere della Sera "giacobina", per intenderci quella che ha animato iniziative editoriali quali Il Mondo di Pannunzio, L'Espresso, La Repubblica, ecc. Un settore minoritario della borghesia (ma a tratti la stessa FIAT) sosteneva queste scorribande perché riequilibravano il sistema, rimettevano la DC in condizione di curare gli interessi della borghesia e non quelli dei portafogli dei propri notabili.

Poi c'é stata Tangentopoli. All'inizio degli anni novanta si é assistito ad un vera e propria marea di inchieste contro il ceto politico dirigente non solo a Milano, ma praticamente su tutto il territorio nazionale e che ha azzerato i vertici della DC e del PSI.

Già prima di Tangentopoli, quando si era delineato il nuovo quadro internazionale caratterizzato dopo la caduta dei Paesi dell'Est dall'acuirsi della concorrenza internazionale, la borghesia scalpitava esternando pesantemente contro un pentapartito che invece di preoccuparsi dell'appuntamento con l'unità europea si dedicava ostentatamente ai propri interessi di ceto. Si é trattato dunque di un "complotto" borghesia-magistratura? No, molto più semplicemente i primi magistrati hanno saggiato il terreno, hanno verificato un consenso di massa senza precedenti, l'appoggio dei mezzi di informazione in mano alla borghesia e hanno così trovato il coraggio, contrariamente al passato, di andare fino in fondo.

Insomma per una volta ha funzionato dal punto di vista capitalista il compito riequilibratore di uno dei poteri, intervenuto dove l'altro prevaricava e non svolgeva il proprio compito.

Ma oggi il vento é cambiato. I mass media della borghesia non risparmiano critiche ai giudici ed in buona sostanza premono per ridimensionare il potere della magistratura ed arrivare ad una "soluzione politica" per Tangentopoli, cioé, in poche parole, graziare Berlusconi, che pure, ai borghesi, é ben poco simpatico per il suo pervicace vizio di difendere i suoi personali interessi infischiandosene di quelli della propria classe. Perché il vento é cambiato?

 

Contraddizioni dello spirito

La separazione dei poteri presenta un qualche pericolo per la borghesia. Separare una funzione, abbiamo detto, vuol dire creare un organismo autonomo. Quindi un corpo, una burocrazia, autonomi. Ceti che rispondono non solo alla logica del sistema, ma anche ad una propria. Ed é innanzitutto una logica di sopravvivenza e quando é possibile di espansione del proprio potere (per questo Montesquieu l'aveva pensata bene: i poteri sono tre, in modo che si possano contenere a vicenda). È un po' ciò che é avvenuto con il ceto politico della Prima Repubblica che alla fine, pur di sopravvivere, era disposto a far naufragare per insipienza i sogni di potenza della borghesia italiana. Del resto accade anche al movimento operaio con le proprie burocrazie sindacali: non rispondono queste forse a logiche e vantaggi propri più che a quelli della loro classe? Una burocrazia, cioé un corpo di funzionari addetti ad un compito specifico, tende alla lunga, in assenza di misure e contrappesi, a privilegiare i propri interessi di casta, anche a scapito di quelli della classe sociale che l'ha espressa.

Nella magistratura vi é quindi anche, come del resto negli altri poteri separati, una spinta del tutto interna a prevaricare gli altri, ad essere protagonista, importante, determinante. Ad acquisire maggiori quote di potere ed assicurarsi una solida e tranquilla esistenza. Ogni singolo appartenente al ceto condivide questa spinta: la solidità e la forza della sua corporazione divengono anche la sua.

Vi é inoltre un secondo elemento di contraddizione ineliminabile nello schema di Montesquieu. Essendo la magistratura formalmente autonoma da chiunque, anche dalla borghesia, il suo personale é permeabile alle spinte che vi sono nella società. Certo, in misura tutto sommato limitata, dato che gli altissimi stipendi, simili a quelli dei manager privati ed equiparati a quelli dei deputati, oltre alla funzione svolta, spingono i magistrati a sentirsi parte della classe dominante. Nelle situazioni di forte turbolenza sociale però, anche queste istituzioni ne risentono (del resto ciò accade a volte persino tra i militari). In Italia questa permeabilità é favorita dal fatto che l'accesso alla magistratura é per concorso e l'avanzamento di carriera é automatico. Così ci si é ritrovati con una magistratura dove non sono pochi coloro che si definiscono di sinistra. Ciò contrasta con altri apparati, ad esempio quello poliziesco, dove quelli di sinistra vanno cercati col lanternino. Dato che in Italia alcuni magistrati hanno assunto il ruolo di inquisitori dei potenti, troviamo percentualmente più che in altri campi giovani con ideali di sinistra che entrano nella magistratura sperando di imitare le gesta di qualche eroe. Così negli anni settanta, oltre ai magistrati che mettevano in galera i compagni, avevamo anche i "pretori d'assalto". Oggi abbiamo magistrati come Salvini che nel silenzio imbarazzato di tutti i mass media ha trovato le prove del coinvolgimento americano nella strategie delle bombe. Alle elezioni interne della magistratura per l'ANM le due correnti di sinistra prendono una percentuale di voti superiore a quella che la sinistra riceve dalla cittadinanza intera. Ovviamente, anche questo, per i borghesi, é una contraddizione non di poco conto.

 

La borghesia e lo spirito delle leggi

È a queste contraddizioni che i giornali della borghesia si riferiscono quando invocano una magistratura "meno politicizzata". Chiedono per esempio che non ci sia un avanzamento automatico di carriera. Vogliono insomma severi esami e concorsi dai quali sperano possano venire esclusi dai ruoli che contano magistrati "estremisti". Vogliono cioé "impermeabilizzare" maggiormente il ceto giudiziario dalle spinte che possono venire dal basso.

Chiedono inoltre la separazione tra la carriera del pubblico ministero (pm) e quella del giudice. In Italia il pm é colui che promuove l'azione penale, in poche parole é quello che sostiene l'accusa. Può anche, a domanda, chiedere di cambiare ramo e diventare giudice. Separare le carriere significa che un magistrato deve scegliere se essere pm o giudice senza grosse possibilità di "salti". Il giudice dovrebbe essere infatti "al di sopra delle parti", mentre invece con l'attuale sistema rischierebbe di dover giudicare in procedimenti dove magari qualche mese prima era accusatore. Qual é la sostanza? È che alla borghesia piacerebbe tanto un sistema come quello americano. Negli USA difesa e accusa sono sullo stesso piano. È quello che si vede nei film processuali americani dove gli avvocati difensori sono spesso dei veri e propri detective. Il giudice non interviene se non per accogliere o meno le istanze di accusa o difesa. È ovvio che un tale sistema li entusiasmi. Nella "giustizia" borghese l'accusa é pubblica, ma la difesa é privata. Ciò nei fatti significa una cosa molto semplice: l'accusa c'é sempre ed ha il sostegno dello stato, la difesa c'é solo se uno ha i soldi per pagarsela, altrimenti si ritrova con un avvocato che mentre ti stanno appioppando anni di galera si legge il giornale alle pagine sportive. È il sistema ideale per i borghesi: possono sperare di farla sempre franca. A meno che non si scontrino due borghesi e in questo caso é salva la funzione "indipendente" della "giustizia", perché tutti e due hanno la possibilità di difendersi ad armi pari.

Quelli che abbiamo detto sono i problemi strategici che pone la borghesia riguardo alla "giustizia": la vuole in poche parole un po' più classista, non vuol più vedere scene come quelle di un Romiti trascinato in tribunale e sbeffeggiato dal Cobas dell'Alfa Romeo.

Poi deve risolvere un problema più di fase che di periodo. La borghesia vuole arrivare alla definizione di un chiaro quadro politico, dove ci siano due poli per lei affidabili. Oggi si ritrova con un centrodestra poco pronto ai suoi bisogni e un centrosinistra più sensibile alle sue esigenze, ma che non é comunque sua diretta espressione. La virata estremista di Berlusconi dopo l'affossamento della Bicamerale ha dimostrato chiaramente che il personaggio é disposto a sfasciare tutto, anche quelle riforme istituzionali alle quali anche la borghesia teneva tantissimo, e a tenere immobilizzato il suo 20% di voti moderati unicamente per salvare la propria pellaccia. È un prezzo troppo alto per la borghesia. Che salvi la sua pellaccia, ché forse, dopo, scongelerà quel 20% mettendoli a disposizione della costruzione di un centro politico vero, a servizio degli interessi dell'intera classe dominante. Questo é il ragionamento che ha fatto il grande capitale italiano, espresso a chiare lettere nei giornali che controlla. Le iniziative della magistratura disturbano questo processo di ricerca di un nuovo assetto politico e quindi deve essere ridimensionata. E l'indipendenza della magistratura? E lo spirito delle leggi? E Montesquieu? Al diavolo i filosofi, si saranno detti, con un occhio all'incombente concorrenza internazionale, l'altro alla crisi asiatica e con le due mani sul portafogli.

 

La sinistra dello spirito

La magistratura all'inizio degli anni novanta si é presa il compito che nè le masse popolari (e le loro espressioni politiche) né la borghesia hanno avuto la capacità di assumersi: spazzare via il vecchio ceto politico pentapartitico.

Ciò ha creato in settori popolari spesso orientati a sinistra una forte simpatia nei confronti della magistratura, dove all'interno si incontrano figure che affrontano il malaffare dei potenti con maggior coraggio di quello mostrato dai partiti della sinistra.

Le denunce degli scandali DC e PSI ad esempio sono sempre venute da certi organi di stampa e da settori della magistratura e non dalla sinistra. Il PCI infatti era troppo occupato a cercare di realizzare il compromesso storico per utilizzare veramente ogni mezzo necessario per battere la DC. Anche la sbandierata "questione morale" berlingueriana era qualcosa di estremamente annacquato e vago. L'Unità non é mai stata utilizzata per denunciare scandali. Del resto il PCI siciliano non ha mai brillato, se non nell'immediato secondo dopoguerra, per la sua lotta alla mafia: alcune delle cooperative della sua area mantenevano ad esempio rapporti più che equivoci coi poteri criminali. Per questo quando in Sicilia tra gli anni ottanta e novanta é nato un movimento antimafia di massa ha trovato il suo canale nella Rete di Orlando e non nel PCI.

Da parte dei marxisti vi é poi sempre stata una timidezza ideologica nell'affrontare la questione corruzione: si pensa che agitando il tema si rischia di alimentare illusioni sul fatto che potrebbe esistere un capitalismo "pulito".

In effetti la corruzione é un fatto assolutamente connaturato alla società capitalista, dove il valore dominante dei suoi operatori sono i soldi e dunque la corruzione diviene semplicemente una questione di quantità. In Germania, negli USA, in Giappone, c'é corruzione come in qualsiasi altro Paese, solo che, essendo ricchi, occorrono più soldi per corrompere. Da noi invece, diciamo così, ci si accontenta.

La rabbia popolare nei confronti della corruzione é giusta e i marxisti la devono sostenere e politicizzare. Va denunciata, instancabilmente, segnalandone l'intimo legame con il capitalismo, il segnale evidente della sua marcescenza morale. Per questo dobbiamo chiedere che a Berlusconi venga comminato senza sconti ciò che si merita. Riserviamo il garantismo per chi ne ha bisogno: la marea di immigrati, tossicodipendenti, poveracci, giovani emarginati, che finiscono in galera.

In alcun modo dobbiamo difendere la corporazione della magistratura (ad esempio dovremmo chiedere l'abbassamento dei loro stipendi), ma certo ci dobbiamo impegnare in una difesa strenua delle indagini a carico dei potenti.

Riforme della giustizia? Certo. Tutte quelle che vanno nella direzione di renderla meno classista. Perché viene ad esempio accettato che l'accusa sia pubblica e la difesa privata? Perché quella dell'avvocato non deve divenire una carriera pubblica come quella del pm in modo tale che non vi sia alcuna disparità di trattamento e nessuno debba sborsare patrimoni per potersi difendere?

Dobbiamo essere a favore dell'indipendenza della magistratura dal potere politico? Noi dobbiamo essere favorevoli alla dipendenza dal potere dei cittadini e ci vanno bene tutte le riforme in quel senso, dal rafforzamento delle giurie popolari che oggi non contano nei fatti nulla (come negli USA, ostaggi dei giochi di giudici ed avvocati), all'elezione diretta dei giudici da parte dei cittadini, con garanzia di rotazione e quote garantite per le minoranze nazionali, le donne, ecc.

La sinistra invece si mostra totalmente incerta. Ogni nuovo attacco della destra alla magitratura, quando quest'ultima attacca dei potenti, trova la sinistra imbarazzata e confusa. Ciò causa da un lato un calo dell'appoggio dell'opinione pubblica alle inchieste su Tangentopoli, come testimoniano recenti sondaggi, e dall'altro si permette a personaggi come Di Pietro di farsi interprete di un popolo di sinistra frustrato e che vede i propri partiti incapaci non solo di difendere con un minimo di grinta le pensioni e i salari, ma anche la semplice "legalità" repubblicana. Cioé, lo spirito delle leggi. Povero Montesquieu!

 

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