ITALIANI BRAVA GENTE?
NOTE SULL'IMPERIALISMO ITALIANO


Marzo 1999

 

In occasione del proditorio attacco della NATO alla Jugoslavia si vanno diffondendo interpretazioni errate del ruolo dell'Italia e più in generale dell'Europa. L'Italia sarebbe "servile" nei confronti degli USA, la politica del governo sarebbe una politica "da operetta", il nostro sarebbe un imperialismo "straccione". Si tratta di concezioni errate e pericolose, che qui di seguito contesteremo.

L'Italia è un paese imperialista. Nella sinistra radicale il suono della parola "imperialista" ha perso un po' il suo significato materiale acquisendo col tempo un'accentuazione etica per cui la parola è divenuta un equivalente di "cattivo", "crudele", "prepotente", ecc. Allora mettiamo i puntini sulle i. I paesi capitalisti imperialisti sono quelli che usufruiscono di un surplus di capitali. Quelli capitalisti dipendenti di un deficit di capitali. Questa realtà abbastanza semplice è stata oscurata da decenni di propaganda (a suo modo anche utile perché è riuscita a sensibilizzare sui problemi del Terzo Mondo) portata avanti da ong, pacifisti, chiese, ecc. e che parla di Nord e Sud del mondo, di "disparità", ecc. La realtà cruda è che i paesi imperialisti (che non sono solo quelli del Nord) succhiano capitali dai paesi dipendenti (che non sono solo quelli del Sud). La loro ricchezza cioé dipende dal fatto che riescono a spogliare quella degli altri. Non si tratta dunque di una disparità di "sviluppo economico" poiché vi sono paesi sviluppatissimi dal punto di vista industriale, ad esempio la Corea del Sud, ma la cui crescita dipende interamente dal debito estero, soprattuto nei confronti del Giappone. E, come diceva Marx, quando un paese basa la propria ricchezza sui debiti, la sua ricchezza non rappresenta altro che la somma dei suoi debiti.

Imperialismo e capitalismo dipendente

Nel mondo i paesi imperialisti sono: USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, tutti i Paesi dell'Europa occidentale (dalla Germania e dall'Austria verso Ovest) fuori che l'Irlanda e compresa la Grecia. Vi sono poi un gruppo di paesi posti fuori dal mercato capitalista (come Cuba e solo in parte la Cina, anche se la sua integrazione al mercato è crescente e lotta per inserirvisi con lo status di paese imperialista) o in via di rapido assorbimento in esso con lo statuto più basso (Russia, ecc.). I paesi capitalisti dipendenti sono gli altri: tutta l'America Latina (escluso Cuba), tutta l'Africa, tutta l'Asia (esclusi per ora Cina, Cambogia, Vietnam, Corea del Nord, Giappone), l'Europa dell'Est e l'Irlanda. La ricchezza di questi paesi quindi in gran parte non rimane sul proprio territorio ma migra (sotto forma di capitali, materie prime, manufatti, ecc.) verso quello dei paesi imperialisti.

Italia, paese imperialista

L'Italia è un paese imperialista dal momento della sua unificazione. Non è mai stata dipendente da un altro imperialismo, ha sempre sostanzialmente contato su risorse proprie. Esistono imperialismi più o meno consistenti dal punto di vista economico. Quello italiano ha cominciato a rivaleggiare sul serio con quelli di prima grandezza a partire dal boom degli anni cinquanta-sessanta. Un ulteriore passo l'ha compiuto a partire dagli anni ottanta, quando la borghesia riuscì ad imporre un periodo di riflusso operaio che dura tuttora. Oggi il PIL dell'Italia è il quinto del mondo, dopo USA, Giappone, Germania e Francia. Il PIL indica l'insieme delle ricchezze prodotte da un paese. Il PIL dell'Italia è quasi il doppio di quello della Cina, pur avendo un ventesimo della sua popolazione. Ha un sesto del PIL degli USA ma un terzo della sua capacità di esportazione mondiale. E' quinta al mondo nella produzione industriale, quarta nella produzione di macchinari, terza nel tessile. L'Italia è dunque una potenza economica. La cosa a noi lavoratori italiani fa un po' sorridere, dato che di tutta questa potenza non ne traiamo grandi benefici, eppure la stessa cosa possono dire i lavoratori statunitensi. La potenza economica di un paese imperialista si misura dalla ricchezza della sua borghesia, non della sua classe operaia, anche se una fetta del privilegio imperialista cade come briciola anche sulla sua classe lavoratrice.

L'imperialismo economico dell'Italia non è meno feroce di quello degli altri paesi. In Brasile è l'enorme stabilimento FIAT che paga i salari più bassi tra le multinazionali dell'auto là presenti. Gli industriali italiani calano come falchi ovunque dove sia garantita dalle condizioni ambientali un supersfruttamento della mano d'opera locale. L'ultimo esempio è costituito dall'Albania, dove in tutta fretta sono state portate filiali per approfittare del bassissimo costo della mano d'opera.

Dietro a questa parola, "imperialismo", si nascondono persone in carne ed ossa. Sono i borghesi (cioè banchieri, industriali, commercianti, ecc.) che combattono l'eterna battaglia della concorrenza sull'arena mondiale. Ogni borghese tendenzialmente vorrebbe fare da sé, perché alla fin dei conti a lui importa poco essere considerato italiano, tedesco, francese il suo paese è il profitto, la sua bandiera una banconota lucente. Ma non può. Dato che nel mondo la lotta di concorrenza è senza esclusione di colpi, i borghesi sono costretti a trovare vicendevole sostegno, e ciò è più facile tra capitalisti di uno stesso paese (per tradizioni, legami, intrecci di interesse, ecc.). Hanno inoltre bisogno di un apparato statale alle spalle, perché solo uno stato può garantire che l'interesse del borghese e quello dei suoi simili siano tutelati con le leggi e con le armi. Le aziende agroalimentari USA hanno bisogno del supporto del proprio stato per evitare in America Latina di essere spazzati via da una qualche rivoluzione. Le aziende italiane per riaprire i loro tradizionali affari in Iran e nel Medio Oriente hanno bisogno di uno stato che dia supporto economico (assicurazioni a copertura statale che li proteggano da rivolgimenti) e politico (una politica estera che riallacci le relazioni e si distacchi da quella esercitata dagli USA in quell'area). Definiamo dunque lo stato in cui risiede una borghesia imperialista come stato imperialista.

Ogni stato imperialista conduce una politica di concerto con gli altri imperialismi, quando si tratta di salvare il sistema globale. Tutti gli stati imperialisti furono alleati nel confronto con l'URSS e gli altri stati non capitalisti. Per il resto sono in continua concorrenza per assicurarsi nel mondo maggior autorevolezza possibile e difendere ovunque quelli che i loro analisti chiamano "interessi nazionali". La politica che tende ad adeguare l'autorevolezza politica di uno stato alla sua potenza economica, viene chiamata politica di potenza.

La politica di potenza dell'Italia

La politica di potenza è quell'insieme di mezzi militari, politici, diplomatici, economici, ecc. messi in atto da uno stato per supportare la propria borghesia imperialista nella lotta mondiale di concorrenza contro gli altri imperialismi. In questo secolo vi sono state due guerre mondiali originate da scontri tra stati imperialisti.

L'Italia ha sempre avuto una sua politica di potenza. Sino alla seconda guerra mondiale questa politica aveva per scopo inserirsi in qualche modo nella spartizione mondiale dei mercati, che all'epoca avveniva attraverso conquiste territoriali (colonialismo). Ma l'Italia, come la Germania, era arrivata tardi a causa della sua tardiva formazione come stato nazionale. Le difficoltà di questo inserimento hanno dunque determinato in parte lo scoppio della prima guerra mondiale e poi il sorgere del nazismo e del fascismo e dunque la seconda guerra mondiale. Quella combattuta dagli USA e dal Regno Unito non fu affatto una lotta per la libertà, perché sia l'uno che l'altro in vari momenti civettarono con Mussolini e con Hitler in funzione antibolscevica. Poi dovettero intervenire perché l'ambizione di quegli stati imperialisti minacciava gli interessi dei propri. Dal secondo dopoguerra l'Italia, come tutti gli altri imperialismi ad eccezione di USA, Francia e Regno Unito, ha scelto il basso profilo, ossia un orientamento filoatlantico dal punto di vista militare, ma con una politica estera piuttosto autonoma specie nei confronti dei paesi arabi.

La delega agli USA

Durante gli anni della guerra fredda dunque l'Italia e tutti gli altri imperialismi ad esclusione di Francia e Regno Unito, scelsero di delegare la difesa militare del sistema imperialista agli USA. Gli USA divennero il braccio armato di tutti gli imperialismi, contenendo le spinte rivoluzionarie nel mondo e minacciando l'esistenza dell'URSS e degli altri stati non capitalisti. Grazie a questa delega gli europei si sono guadagnati fama di maggior moderazione e bontà, fama che non ha alcuna ragione di esistere. Sono gli europei i responsabili delle centinaia di milioni di morti che indirettamente o no procurò il colonialismo a cominciare dalla conquista dell'America. E il colonialismo come fenomeno storico ebbe termine realmente solo trent'anni fa. La stessa Italia per conquistare l'Etiopia si rese responsabile di 700.000 morti. E' vero che nella conquista di Grecia, Albania, Russia, ecc. gli italiani si guadagnarono una fama meno crudele di quella dei tedeschi. Ma ciò non si deve in alcun modo ad una loro supposta superiore bontà, ma più prosaicamente ad una più scarsa efficienza militare. Gli europei hanno scatenato poche guerre negli ultimi cinquanta anni per la semplice ragione che non dispongono di forze armate globali, avendo delegato la propria difesa agli USA.

Sono stati gli USA ad assumersi il ruolo di esercito unitario di tutti gli imperialismi per la natura dei rapporti di forza scaturiti dalla seconda guerra mondiale: un terzo della popolazione mondiale era fuori dal mercato capitalista, mezza Europa e Giappone erano distrutti, il Regno Unito era dissanguato e gli USA si ergevano come unico stato imperialista ancora in piedi. Gli USA hanno così sempre fatto il lavoro sporco anche per gli altri. Quando la Francia non ha più retto lo sforzo in Vietnam, sono subentrati gli USA. Nessuno poteva intervenire in Corea, ci hanno pensato gli USA. E così via. Ci sono state contraddizioni ovviamente (crisi di Suez, ecc.) ma la gran parte degli interventi USA hanno visto gli altri imperialismi sostanzialmente consenzienti. Anche dal punto di vista economico questa divisione dei compiti ha avuto i suoi riflessi. Gli investimenti in armamenti hanno costituito la politica keynesiana permanente degli USA, alimentando un deficit pubblico che non a caso ha raggiunto il massimo sotto il guerrafondaio Reagan. Invece in Europa la spesa è andata ad alimentare lo stato sociale e le aziende e le infrastrutture pubbliche, con analoghe funzioni di tipo keynesiano. Cosa vuol dire? Significa che durante la guerra fredda gli stati imperialisti si sono indebitati per alimentare le proprie economie nelle più diverse maniere e per assicurare così tra l'altro una pace sociale necessaria ad affrontare un forte movimento operaio e la presenza pericolosa di forti stati non capitalisti.

Lo spartiacque dell'89

Il 1989, con la caduta dell'URSS e dei "paesi fratelli", ha segnato uno spartiacque. E' ripartita la concorrenza tra imperialismi. Questa guerra non dichiarata sul terreno mondiale viene chiamata con un eufemismo "globalizzazione", un termine ambiguo che richiama una qualche sparizione dei confini nazionali. E' vero il contrario: gli stati imperialisti devono rafforzarsi per reggere la lotta che si è scatenata. Vediamo questi conflitti senza precedenti nelle continue crisi commerciali tra Europa e USA e tra USA e Giappone e nella lotta sorda tra multinazionali europee, USA e giapponesi.

Nel quadro di questa necessità di rafforzamento, i piccoli stati imperialisti europei hanno dovuto accelerare il passo della propria unificazione. Non è un caso che Maastricht nasca dopo l'89. Come tutti i giornali delle borghesie europee hanno sempre dichiarato a chiare lettere, l'unità europea è necessaria per non rimanere schiacciati tra Asia ed USA.

La contraddizione di Europa e Giappone però rimane la non corrispondenza della loro potenza economica con quella militare, che rimane tutta nelle mani degli USA. Dall'89 in misura sempre maggiore gli USA utilizzano la vecchia delega di gendarme per difendere i propri interessi nazionali a discapito degli altri imperialismi. Sempre meno volte invece si fanno carico della difesa degli interessi globali di tutti gli imperialismi. Ad esempio l'ultima crisi in Iraq è stata una autonoma decisione USA che gli europei hanno dovuto accettare per forza, pur avendo tutto l'interesse a riprendere relazioni con quella regione tradizionalmente dominio economico europeo. Gli USA, grazie al proprio apparato informativo (intelligence, satelliti, ecc.), hanno deliberatamente dato notizie false ai governi europei. Quando questi se ne sono accorti è cominciato tutto un dibattito un po' cifrato sulla necessità di dotarsi di una industria bellica europea, ecc.

La guerra del Kosovo

Nel caso dell'attuale guerra jugoslava invece sono stati gli stessi paesi europei a chiedere agli USA l'anno scorso di farsi carico della faccenda a livello militare, ma gli USA tentennarono. L'intervento USA oggi dunque si inquadra nella specie degli interventi fatti per difendere gli interessi globali di tutti gli imperialismi. In questo caso la guerra ha per scopo stabilizzare i Balcani impedendo a Milosevic di nuocere e ai vari indipendentismi di vincere. Questo è l'obiettivo, che riescano a raggiungerlo è un altro paio di maniche.

L'Italia ha compiuto una scelta strategica di integrazione all'imperialismo europeo in costruzione, ma finché questo disegno non si realizza l'Italia attua una propria autonoma politica di potenza che ha una sua logica, una sintonia profonda col proprio apparato industriale e che miete successi crescenti. L'Italia è riuscita a bloccare da sola il disegno di USA, Germania, Giappone di escluderla dal nuovo Consiglio di Sicurezza dell'ONU, è l'unica a non aver subito perdite in Somalia, nonostante la nefandezza del comportamento dei propri soldati, ha sedato da sola la rivoluzione politica albanese del 1997. Questi successi seguono quelli del Libano negli anni 80 quando quello italiano fu l'unico contingente a non dover scappare a gambe levate. Oggi è il primo partner commerciale di quel paese.

Nell'attuale conflitto jugoslavo l'Italia dunque persegue propri autonomi disegni in linea con i propri "interessi nazionali". E' a favore dell'intervento NATO perché comunque anche il nostro imperialismo per espandersi ad est ha bisogno di stabilità nella regione, cosa non assicurata dalla pessima abitudine di Milosevic di riempire di morti tutti i popoli che gli stanno attorno. Del resto quello italiano è stato l'imperialismo che più di ogni altro ha stretto legami politici ed economici con il regime di Belgrado. Non a caso con l'Italia la Serbia non ha rotto le relazioni diplomatiche. Le titubanze italiane dunque non hanno nulla a che vedere con una nostra superiore bontà, o alla "tradizionale viltà" degli italiani, corrispondono invece alla complessità dei suoi interessi di grande potenza. I mille miliardi piovuti dall'Italia in grembo a Milosevic oggi servono a lui per massacrare migliaia di albanesi. Insomma da un lato l'Italia ha interesse a mantenere buoni rapporti con chi fa affari (la Serbia) dall'altra non può ignorare quelle che sono le esigenze di tutti gli imperialismi: la stabilità dei Balcani, che passa attraverso il secco ridimensionamento delle rivendicazioni nazionali (albanesi) e delle velleità espansioniste (di Milosevic).

Servilismo dell'imperialismo italiano?

L'Italia dunque non è mai stata servile nei confronti degli USA. Mai, nemmeno durante la guerra fredda. All'epoca ha semplicemente, come la gran parte degli imperialismi, delegato la propria difesa agli USA. Oggi continua a perseguire i propri autonomi interessi. Il concetto di "servilismo" utilizzato da dei "marxisti" è bizzarro. Noi marxisti dobbiamo andare alla ricerca delle cause materiali dei conflitti. E dunque la causa materiale del coinvolgimento italiano sarebbe "il servilismo"? Ma che vuol dire?

Perché allora la sinistra continua a dire che l'Italia interviene nei conflitti per "servilismo"? . Nel migliore dei casi per abitudine e forza di inerzia, nel peggiore per interesse. Si è cominciato nell'immediato secondo dopoguerra quando l'Italia ha aderito alla NATO e il PCI ha condotto una fiera battaglia contro. Le argomentazioni però erano pietose. Si dipingeva un'Italia che andava in mano allo straniero, gli USA che ci colonizzavano, alte grida contro la "svendita della sovranità nazionale", ecc. Si sperava, nell'ottica staliniana, che utilizzando argomentazioni patriottiche si potesse allargare il fronte del dissenso anche ai famosi "ceti medi". L'altra ragione è che prendendosela con un imperialismo tutto sommato abbastanza distante, quello USA, la sinistra italiana poteva fare a meno di prendersela con il PROPRIO imperialismo. E dunque con i propri borghesi e i suoi partiti, coi quali da sempre la nostra sinistra cerca di governare e fare accordi elettorali.

Solo riconoscendo la potenza del nostro imperialismo potremo identificarlo come un pericoloso avversario. E dunque attuare una politica che una sinistra codarda e in fondo in fondo nazionalista non ha mai voluto percorrere: la denuncia del proprio imperialismo, il suo sabotaggio, la totale indipendenza dalle sue espressioni politiche.

 

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