DONNE NELLA TRANSIZIONE
LE DONNE NEI PAESI DELL'EST IN UN DETTAGLIATO RAPPORTO DELL'UNICEF


Settembre 1999 comunicato dell'UNICEF sul sesto rapporto del MONEE (Regional Monitoring Project)

 

Dal rapporto UNICEF la prima completa valutazione sulla situazione delle donne dopo il crollo del Comunismo Rapporto "Donne nella Transizione": la diseguaglianza è in Roma, 22 settembre 1999 - Secondo il nuovo Rapporto UNICEF realizzato dal Centro di ricerca UNICEF-ICDC di Firenze, le donne devono affrontare, nei paesi dell'Europa centrale e orientale e dell'ex Unione Sovietica, un aumento delle disuguaglianze.

Mentre il Rapporto evidenzia il fallimento del comunismo nella promozione di una reale cultura dell'uguaglianza, risulta anche evidente che il sistema ha prodotto alcune positive eredità per le donne. Un forte investimento nei servizi sociali di base ha significato alto grado di istruzione tra le donne e buoni livelli di assistenza sanitaria; le donne avevano ottime prospettive di lavoro, un livello alto di assistenza all'infanzia, possibilità di guadagnare e di curare i familiari. Anche dieci anni dopo l'inizio del processo di transizione, in termini di sviluppo umano, la differenza tra uomini e donne è minore rispetto a molti altri paesi con livelli simili di reddito.

L'UNICEF avverte che adesso queste conquiste sono in pericolo. Le trasformazioni scaturite dalla transizione stanno accentuando, anziché livellando, le disparità esistenti. Le donne di questa regione devono fare i conti con una disoccupazione più alta e un livello di reddito più basso rispetto agli uomini, tagli nell'assistenza all'infanzia, crescita della violenza e peggioramento del sistema sanitario. Dal Rapporto risulta che, con il ripristino dell'autonomia nazionale e il risveglio delle tradizioni culturali, riemergono i valori patriarcali pre-comunismo, rischiando di soffocare la voce delle donne, piuttosto che dare loro più spazio.

L'UNICEF effettua regolarmente, dal 1992, un monitoraggio sull'impatto della transizione economica sui bambini nei paesi della regione. Quest'ultimo rapporto, "Donne nella", fornisce la prima completa valutazione sulla situazione - dalla caduta del muro di Berlino nel 1989 - delle donne
dell'Europa centrale e orientale, della Comunità di Stati Indipendenti e dei Paesi Baltici. Il Rapporto viene pubblicato in occasione del 20° anniversario della Convenzione ONU sull'Eliminazione di Tutte
le Forme di Discriminazione contro le Donne, ratificata dai 27 Stati della regione.

Dai dati contenuti nel Rapporto emerge un'immagine complessa. Gli sconvolgimenti prodotti dalle trasformazioni sociali ed economiche interessano, in positivo o in negativo, 200 milioni di donne e ragazze della regione. Tuttavia, una cosa appare chiara: i valori sessisti dominano. "Scavando" nel passato, la transizione ha mostrato il drammatico fallimento del sistema comunista nel promuovere una cultura dell'uguaglianza tra i sessi.

In campo politico, per esempio, l'uguaglianza di superficie imposta dal comunismo è stata velocemente spazzata via. Nel 1994 le donne rappresentavano il 31% dei parlamentari dell'Unione Sovietica. Il numero ha lasciato credere che le donne fossero ben rappresentate, come nei paesi nordici, anche se mancava loro un reale potere nel Parlamento. Nelle elezioni del 1989, dove le quote destinate alle donne furono leggermente aumentate, la percentuale delle elette risultò dimezzata, scendendo al 16%. Oggi, la percentuale media delle donne elette in Parlamento nei paesi Baltici e in quelli della Comunità di Stati indipendenti è scesa a meno del 10% (con percentuali che vanno dall'1% del Kirghizistan al 18% in Turkmenistan).

Il Rapporto inoltre dimostra che le donne hanno avuto un doppia responsabilità per il lavoro e per la cura per i figli, poiché l'uguaglianza nelle opportunità di lavoro non è stata mai seguita, in famiglia, da una più larga condivisione delle responsabilità tra uomini e donne. I dati mostrano che il totale effettive delle ore lavorative per le donne dell'Europa centrale e orientale si aggirava su una media intorno alle 70 ore settimanali - circa 15 ore in più a settimana delle donne dell'Europa occidentale. Questo trend è continuato durante la transizione.

Nel periodo del comunismo, la violenza contro le donne, incluse le violenze domestiche, era piuttosto comune, anche se tenuta nascosta. Oggi è addirittura in aumento.

Le donne della regione hanno poche possibilità di sottrarsi alle violenze in casa e agli abusi sul posto di lavoro. La crisi economica del periodo della transizione ha spinto molte donne a dipendere economicamente in misura maggiore dai propri partner e ad avere una limitazione nelle prospettive di lavoro. Le strutture che aiutano le persone vittime di violenza sono poche e sono così affollate che spesso le donne vengono respinte. Inoltre, la carenza di alloggio è divenuta così acuta che spesso molte coppie, anche dopo il divorzio, rimangono sotto lo stesso tetto.

Un'indagine a Mosca ha rilevato che una donna divorziata su tre è stata picchiata dal marito. In Azerbaigian il 26% delle donne ha subito violenza e un quarto di queste ha subito regolarmente percosse.

Le violenze domestiche non vengono punite dalla legge in Armenia, Bulgaria e Georgia. Lo stupro da parte del coniuge non viene considerato un crimine in Albania, Croazia, Macedonia, Romania, Tagikistan, Ucraina o Repubblica Federale Jugoslava. In Azerbaigian nessuna forma di abuso familiare è riconosciuta come atto criminale. In Slovenia, la violenza domestica non viene considerata un crimine nei casi di "lieve" offesa - una definizione che comprende nasi o costole fratturate, lievi contusioni e denti rotti.

Il cambiamento economico e sociale della transizione ha anche portato a una rapida crescita del numero di donne coinvolte nell'industria del sesso. Il traffico di donne costrette a prostituirsi, è cresciuto nell'Europa centrale e orientale e nell'ex Jugoslavia.

Ma sta emergendo una rete di solidarietà civile, nata nel corso della transizione, che ha creato una possibilità per rompere il silenzio che circonda lo sfruttamento sessuale e la violenza contro le donne. Il numero di organizzazioni e di associazioni non governative che si occupano di questo problema sta crescendo rapidamente. Queste organizzazioni hanno iniziato a predisporre telefoni amici, centri di crisi e di assistenza legale e di protezione in molti paesi della regione.

In complesso, le donne di questa regione godevano, all'inizio della transizione, di un buon livello di salute e adeguati servizi sanitari di base. In molti paesi l'incapacità dei governi di ottenere entrate sufficienti ha portato a un arretramento del solido sistema sanitario dell'era comunista. Paradossalmente, le più grandi minacce alla salute delle donne si sono presentate come diretto risultato di grandi conquiste di libertà: basti pensare ad alcuni comportamenti ad alto rischio, come l'uso della droga.

L'impatto di questi problemi emergenti è aggravato da un ambiente dove mancanze di conoscenze e di istruzione non aiutano a risolvere i problemi. Sino a poco tempo fa, le ragazze della regione hanno fatto meno uso di tabacco e alcol rispetto alle loro coetanee dell'Europa Occidentale; ciò ha diminuito il rischio di contrarre alcune malattie, come il cancro ai polmoni. Dall'inizio della transizione, tuttavia, la differenza si è ristretta. L'OMS prevede che la crescita dell'uso del tabacco diventi la principale causa di aumento delle malattie e di decessi nella regione. In un sistema di libero mercato, la pubblicità al fumo ha come target un determinato tipo di ragazze: questo influisce fortemente sull'aumento del fumo tra le donne e le adolescenti.

Il recente aumento di infezioni da HIV è sconcertante. Il numero dei casi registrati tra uomini e donne nella regione è passato rapidamente da circa 30.000 a 270.000 al fine del 1998. E la stima solo per il 1998 parla di 80.000 persone infette. L'aumento di casi è più accentuato in Bielorussia, Moldavia, Russia e Ucraina.

Le donne, conclude il rapporto UNICEF, potrebbero guadagnare molto dalla transizione. Effettivamente, i principi sottintesi al crollo del comunismo ­ libera espressione delle differenze, rappresentanza politica autentica, sviluppo economico, libertà di scelta - sono gli stessi principi che guidano il movimento per l'uguaglianza delle donne.

E' ora necessario, secondo l'UNICEF, uno sforzo di tutti per inserire la questione dell'uguaglianza per le donne all'interno dell'agenda politica. Dato che questa opportunità è finora mancata, i concreti vantaggi ottenuti dalle donne con il sistema comunista svaniranno prima che siano state poste le fondamenta per un ambiente nel quale uomini e donne possano beneficiare in modo paritetico della libertà prodotta dalla transizione verso la democrazia.

La discriminazione contro le donne blocca lo sviluppo delle nazioni, così come blocca il progresso delle ragazze, delle donne e delle loro famiglie. L'uguaglianza, afferma l'UNICEF, non può essere imposta come nel periodo del comunismo, ma non può neanche fiorire in un mercato senza regole.


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Il rapporto completo è rintracciabile in inglese all'indirizzo: http://www.unicef-icdc.org/monee/pubs.htm