Per il commento di questo editoriale vedi il nostro articolo: Le macerie della storia.

 

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I PRIGIONIERI DEL PASSATO
IUN ESAME DI STORIA, POI GUARDARE AVANTI


14 Ottobre 1999 di Angelo Panebianco pubblicato dal Corriere della Sera

 

Adesso che la lista del Kgb è stata infine resa pubblica, la domanda è: riusciremo a trarne lo spunto per fare qualcosa di buono per il futuro del nostro Paese, oppure, come è stato fin qui nella nostra tradizione, sprecheremo anche questa occasione, magari per inutili processi sommari ai singoli?

Sprecare l'occasione significa, da parte della destra, usare il dossier per strappare piccoli vantaggi politici immediati e, da parte dei Ds, continuare a non fare i conti fino in fondo con la storia passata, continuare a oscillare fra la rimozione del passato e la sua riscrittura fantasiosa (la favola dei "buoni" comunisti ostacolati, come recita la teoria del doppio Stato, dalle trame congiunte dell'imperialismo americano e della mafia). Un errore clamoroso, quest'ultimo, perché, come si è visto, il passato si vendica, e periodicamente ritorna, con il suo carico di veleni.

Alcuni dirigenti diessini (ma purtroppo non tutti) sembrano avere capito che così, con le furbizie di questo decennio, non si va più da nessuna parte. Poiché un partito che non fa i conti davvero con il proprio passato, se questo passato porta stampata la dicitura "comunista", è un partito condannato a rimanere nel limbo, senza identità, e il suo futuro politico, quali che siano i vantaggi del presente, è irreparabilmente compromesso. Ecco perché sembra che i dirigenti diessini si stiano orientando per una solenne e radicale presa di distanza dal "comunismo", inteso come grande errore, e tragedia, del secolo.

Ecco perché sembra che i dirigenti diessini stiano finalmente maturando l'intenzione di dare un vero seguito alla svolta iniziata da Occhetto dieci anni fa. L'intenzione è lodevole ma destinata a non avere effetti se accompagnata da dichiarazioni e azioni con essa incoerenti. Faccio due esempi. Folena dichiara che la commissione d'inchiesta, se si farà, dovrà indagare, mettendoli sostanzialmente sullo stesso piano, i finanziamenti del Kgb ai comunisti e quelli della Cia ai partiti anticomunisti. Ecco un'altra partenza col piede sbagliato. Già, perché se si ammette che il comunismo è stato un errore assoluto e che è stato un bene che l'Occidente abbia vinto, come si fa a mettere poi sullo stesso piano i finanziamenti sovietici al Pci e quelli della Cia ai partiti "borghesi" dell'epoca? La Cia, infatti, finanziava quei partiti che si opponevano proprio a quel comunismo di cui, vedi caso, il gruppo dirigente diessino oggi dice peste e corna. E allora?

Oppure prendiamo il tentativo in atto di "canonizzare" Berlinguer. Traendo spunto dal contenuto del dossier del Kgb oggi troppi diessini dicono: vedete?, i sovietici tramavano contro di lui, perché egli rese il Pci indipendente da Mosca. Conclusione: Berlinguer può restare una fonte di ispirazione per i diessini. A parte il fatto che il rapporto fra Berlinguer e i sovietici fu assai meno lineare di come i diessini lo dipingono (lo ricostruisce assai bene Fabrizio Rondolino, ex portavoce di D'Alema, su La Stampa di ieri: pur con la sua voglia di emancipazione, Berlinguer fu e rimase fino alla fine prigioniero del sistema sovietico), il punto fondamentale è comunque un altro: canonizzando Berlinguer i diessini restano prigionieri dell'ambiguità, del dire una cosa e poi subito dopo un'altra che è la negazione della prima.

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E' certo che questo Paese ha bisogno di lasciarsi definitivamente alle spalle la contrapposizione fra comunisti e anticomunisti, ma temo che ciò non potrà mai accadere fin quando i diessini continueranno ad intrattenere con il loro passato comunista un rapporto così ambiguo. Il giorno in cui ciò finirà, non solo i diessini potranno finalmente darsi una identità (che oggi non hanno), ma tutti noi italiani potremo guardare, per la prima volta, con serenità al passato. Che è stato quello di un teatro di conflitto fra due blocchi politico-militari, che erano però anche rappresentativi di due visioni del mondo, di modi antitetici di pensare l'organizzazione della politica, dell'economia e della cultura. In quel gigantesco scontro non c'era spazio per la neutralità e difatti gli italiani si divisero: ciascuno si scelse liberamente gli dei (o i demoni) per i quali combattere. E alla fine la vittoria arrise all'Occidente, ai cui valori gli sconfitti di allora da tempo rendono omaggio, un omaggio accompagnato però da troppe riserve e da troppi distinguo. Non è ora di finirla?

Contemplando le attuali polemiche sorrido del fatto che, un paio di settimane fa, dalle colonne dell'Unità, uno storico di sinistra, Giovanni De Luna, mi ha rimbrottato per avere io sostenuto su questo giornale (il 28 settembre) la seguente tesi: poiché il Paese resta diviso fra due Italie, l'una che durante la guerra fredda è stata comunista (e simpatizzante) e l'altra anticomunista, tuttora impegnate a rovesciarsi reciprocamente addosso feroci accuse di gangsterismo politico (Kgb contro P2, e simili), c'è il serio rischio che la decisione del ministro Berlinguer di fare irrompere anche la storia degli anni più recenti nei programmi delle scuole, si risolva in un disastro educativo, in un insieme di operazioni politico-propagandistiche di un'Italia contro l'altra. E il fatto che, al momento, la sinistra calcoli di esserne avvantaggiata poiché ci sono in giro più manuali scolastici di storia contemporanea scritti da autori con una formazione di sinistra (ne ho sfogliati parecchi, e so che è così), non riduce, anzi aggrava, le probabilità del disastro educativo. Le aggrava perché trasmette ad alunni incolpevoli la schizofrenia politica di una sinistra che, da un lato, dichiara di non avere più nulla a che fare con il comunismo d'antan e, dall'altro, conserva, nei confronti di quel comunismo, come risulta dalle ricostruzioni che essa fa della guerra fredda, un atteggiamento assolutorio e giustificazionista.

Ecco, io penso che l'anticomunismo finirà quando saremo tutti d'accordo nel dirci (e anche nello scrivere nei libri di scuola) che, non solo chi stava con i sovietici, ma anche chi pensava che la proprietà privata fosse simile al peccato originale, era un nemico della libertà. Un nemico della libertà che, fortunatamente, abbiamo sconfitto. A quel punto, non ci saranno più dossier in grado di sconvolgere la nostra vita democratica.

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