Come si poteva facilmente prevedere,
a livello di media il dibattito sulle questioni referendarie sta velocemente
evolvendo verso l’adesione alle ragioni che sottendono ai quesiti abrogativi.
Le maggiori testate giornalistiche e televisive, direttamente o indirettamente,
si stanno adoperando per portare acqua al "mulino liberista". In alcuni
casi, è vero, la scelta di campo non è così apertamente
schierata, ma il massimo che si arriva a sostenere è in ogni caso
funzionale agli obiettivi dei referendum, sottolineando l’opportunità
di arrivare ad ottenere i medesimi risultati evitando "inutili" e laceranti
contrapposizioni frontali.
Di fronte ad un simile quadro, è
decisamente inutile sorprendersi del silenzio che ha circondato le iniziative
e l’impegno politico che in questi mesi si sono sviluppati per combattere
questi referendum attraverso la proposta di astensione. Piuttosto, la constatazione
dovrebbe servire per far capire l’importanza della posta in gioco e la
necessità di arrivare a costituire un fronte di lotta il più
ampio possibile per riuscire a contenere quella che può essere definita
un vera e propria macchina da guerra per la manipolazione delle coscienze.
Ciò che non può destare
perplessità, però, è l’atteggiamento assunto dalle
forze politiche e dagli organi d’informazione politica che lo scorso anno
si ritrovarono a festeggiare il mancato raggiungimento del quorum che permise
di non far approvare il quesito elettorale antiproporzionale.
Chi è stato presente al seminario
di studi organizzato dal Cred e da Rifondazione, ad esempio, ha avuto modo
di ascoltare illustri giuristi che hanno sottolineato l’importanza di un’immediata
discussione sul come portare avanti la battaglia contro i referendum, chiedendosi
e chiedendo ai presenti se la soluzione migliore non fosse quella di tentare
la strada che lo scorso anno impedì l’approvazione del referendum
elettorale, tanto più che è divenuto urgente dare una risposta
politica forte alla Corte Costituzionale visto che continua ad ammettere
quesiti chiaramente lesivi dei principi costituzionali.
Cosa è emerso di tutto questo?
Nulla! Sia in sala che il giorno dopo dai giornali
non è arrivata alcuna risposta: i "politici" hanno fatto finta di
niente, come se non avessero ricevuto alcuna sollecitazione, e con loro
giornali come Liberazione e il manifesto.
Né più e né meno
del silenzio che aveva già circondato iniziative di denuncia, contro
l’incostituzionalità dei referendum radicali, come il sit-in davanti
al Parlamento organizzato nei giorni nei quali la Consulta decideva dell’ammissione;
o della mancanza d’informazione di fronte ai tanti inviti che sono arrivati
dal mondo del sindacalismo di base per tentare di costituire comitati per
l’astensione.
È allora evidente che la battaglia
per l’astensione si vince in questi giorni.
C’è la necessità d’impedire che motivi
di cosiddetto "realismo politico" possano di fatto spostare la discussione
su altri obiettivi che non siano la difesa integrale dei diritti e dei
principi a tutela delle minoranze e la contestazione dell’intero impianto
liberista che sottende ai referendum portati avanti dai radicali e sostenuti
dalla Confindustria.
Riteniamo quindi importante che alla scadenza
indetta da CUB-Slai Cobas, sabato 18 marzo a Firenze presso il dopolavoro
stazione S. Maria Novella ore 9:30, per la costruzione di un Comitato
Nazionale per l’astensione ai referendum del 21 maggio, vi sia la più
ampia partecipazione di tutte le realtà politiche che non intendono
rimanere schiacciate in una logica di mera difesa dell’esistente.
Roma, 13 marzo 2000
CO.P.A.R. – Comitato Politico per l’Astensione ai Referendum
http://web.tiscalinet.it/astensione astensione@tiscalinet.it