Lettera aperta a il manifesto.
Egr. Direttore,
con ogni probabilità anche il manifesto festeggerà
la sconfitta dell’iniziativa referendaria radicale. Ma a differenza dello
scorso anno, non potrà farlo con la coscienza a posto.
Oltre, infatti, ad essersi distinto per non aver preso una posizione
politica chiara, fatto più grave, per oltre 4 mesi ha letteralmente
censurato ogni notizia riguardante le iniziative politiche che proponevano
di sconfiggere i referendum radicali attraverso l’astensione.
Anche negli ultimi giorni, tranne uno scatto d’orgoglio di Luigi Pintor
che ha invitato ad astenersi, la linea del giornale non è cambiata
e tutto lo spazio a disposizione è stato lasciato agli interventi
per il NO che sembravano rivolti, soprattutto, a demonizzare l’ipotesi
dell’astensione. Ciliegina sulla torta, infine, anche un intervento di
Veltroni. Al povero segretario dei DS, evidentemente, andava garantito
un minimo di par condicio anche sulle pagine de il manifesto.
Peccato, però, che di questa par condicio non abbiano potuto
usufruire anche i comitati per l’astensione.
Non ne hanno potuto usufruire quando, per circa 4 mesi, hanno cercato
inutilmente di spiegare, anche dalle pagine de il manifesto, i motivi
per l’astensione.
Non ne hanno potuto usufruire quando, su iniziativa dei più
rappresentativi sindacati di base, è nato il Comitato nazionale
per l’astensione.
E non ne hanno potuto usufruire, infine, anche quando la Commissione
Parlamentare di vigilanza RAI ha arbitrariamente escluso dalle tribune
referendarie RAI tutti i comitati apertamente astensionisti: il manifesto
ha infatti pensato bene d’ignorare questa "notizia", tra l’altro ampiamente
denunciata anche da alcuni parlamentari.
Una censura, quella de il manifesto, "inutilmente stupida", visti
gli spazi di comunicazione politica assegnati dall’Autorità TLC,
per le sole reti radiotelevisive private, e di cui hanno potuto usufruire
anche i comitati per l’astensione; ed "inutilmente stupida" tenuto anche
conto che oggi c’è internet che sempre più permette di poter
fare a meno dell’intermediazione della carta stampata.
Tutto questo per dire che, nonostante la censura de il manifesto,
c’è stata la possibilità di condurre una battaglia per l’astensione
che ha lasciato il segno e senza la quale oggi vi sarebbe, paradossalmente,
un solo "vincitore".
Da lettore, quindi, prima ancora che esponente di un comitato per l’astensione, mi chiedo e chiedo: ma a cosa dovrebbe servire un quotidiano come il manifesto se non c’è lo spazio per la dialettica politica e se, per esigenze poco chiare, si arriva addirittura a non dare alcune notizie?
Nel porgerle i più cordiali saluti, colgo l’occasione per chiedere la sospensione l’abbonamento in corso; se ne varrà la pena, tornerò a comprare il manifesto in edicola.
Franco Ragusa
Comitato politico per l'astensione ai referendum