Dieci e più referendum per chiedere la soppressione di diritti fondamentali: dall’abrogazione del diritto al reintegro sul posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa alla eliminazione di tutte le garanzie imposte ai contratti di lavoro a tempo determinato, per finire con la sostanziale cancellazione, per le classi più deboli, del diritto alla salute in favore di un sistema assicurativo privato. Questo è lo scenario politico con il quale dovremo confrontarci nei prossimi mesi.
Un quadro allarmante
Queste alcune cifre del “disastro” in caso di vittoria del Sì:
50.000 posti stabili di lavoro in più perduti nei prossimi cinque
anni a causa del mancato reintegro
5.000 MILIARDI sarà la perdita secca per 1.400.000 lavoratori
a termine
1.000 MILIARDI è la stima della spesa sanitaria annua
aggiuntiva legata alle patologie derivate dalla precarietà e insicurezza
nel lavoro
40.000 MILIARDI è il fatturato aggiuntivo di cui potrebbero
beneficiare le compagnie assicurative private nel caso di liberalizzazione
del sistema sanitario che non apporterà benefici a nessuno, neppure
ai più ricchi, ma solo aumenti di tasse.
Ma c’è di più
Il complesso dei referendum, infatti, pone più problemi: da un
lato, certamente, l’affermazione del primato dell’impresa sulle garanzie
dei cittadini; dall’altro, in maniera meno percepibile ma con implicazio-ni
sicuramente più gravi, il voler regolare le tensioni sociali attraverso
forme di totalitarismo della mag-gioranza.
Di volta in volta una maggioranza diversa per ogni diritto da sopprimere:
un giorno tutti a votare contro i diritti dei soli lavoratori che potrebbero
andare in pensione con il regime transitorio previsto dalla Riforma Dini;
un altro mettendo il “popolo delle partite IVA”, i disoccupati, i precari
e i non occupati in genere contro gli occupati; per poi finire con il referendum
elettorale, con il quale la maggioranza viene chiamata a decidere se cancellare
o meno le minoranze politiche dalla rappresentanza parlamentare. Il tutto
nell’assenza di garanzie costituzionali in grado di tutelare i soggetti
più deboli.
Perché astenersi
Per non rimanere schiacciati tra le posizioni iperliberiste dei
radicali e la posizione di chi, in ogni caso, è portatore di modelli
ugualmente non condivisibili.
La battaglia sul metodo non potrebbe infatti avere senso laddove dovesse
trasformarsi nella difesa di quella “concertazione sindacale” che, più
di ogni altra cosa, ha contribuito ad erodere gran parte delle conquiste
dei lavoratori.
Perché non può bastare un NO “alla D'Alema”, un NO che in ogni caso non contesta la matrice liberista che ha ispirato i referendum radicali. Per la sinistra “I Care”, infatti, si pone solo un problema di metodo nel senso di non condividere lo strumento utilizzato laddove, invece, la diversità di vedute riguardo agli obiettivi finali non è poi così distante.
Perché astenersi è un diritto!
Perché la gara referendaria è “truccata”. Non cadiamo nella trappola! Poiché questi referendum ledono diritti costituzionali, l’unica scelta coerente per delegittimarli è proprio l’astensione
Perché l’astensione è l’unica via per battere l’uso strumentale che dei referendum stanno facendo i promotori e le altre forze politiche di maggioranza e di opposizione (ricatti, trasformismi, iniziative consociative di stampo neo-liberista).
Perché un “forte voto” astensionista potrebbe avviare la “rivisitazione” dell’istituto del referendum abrogativo eliminando le attuali ambiguità e contraddizioni
Perché l’astensione “motivata” potrà dare una nuova
identità all’esercito degli esclusi e disamorati della politica,
dando un obiettivo di “difesa democratica” ad una protesta finora dilagante
ma vissuta nel piccolo della propria individualità, in termini spesso
confusi se non addirittura qualunquistici.
CO.P.A.R.: Comitato Politico per l’Astensione ai Referendum
Hanno già aderito: Associazione Internazionale di Amicizia e Solidarietà con i Popoli - Associazione Internazionale Operatori Prima Infanzia – Associazione Telematica Malcolm X – DP (Sinistra Unita) - Operatori Volontari Difesa - Rete Associazioni Popolari.
Per adesioni: astensione@tiscalinet.it