Comitato politico per l'astensione ai referendum
 
Comunicati e Volantini

03/02/2000
 
Referendum anticostituzionali: non abbassare la guardia.

La Consulta si è pronunciata e, come prevedibile, buona parte dei referendum non è stata ammessa. Per molti si trattava di una fine annunciata visto che, direttamente o indirettamente, andavano ad intervenire su materie per le quali l’art. 75 della Costituzione non ammette il ricorso al referendum abrogativo.
Come però ampiamente denunciato, sono stati ammessi quesiti referendari lesivi di diritti fondamentali.

Ammesso il quesito che chiede l’abrogazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori al fine d’introdurre la libertà di licenziare. E’ curioso, tra l’altro, che tra i quesiti antisociali proprio questo sia riuscito a superare l’esame della Consulta, trattandosi, tra tutti quelli proposti, di quello maggiormente in grado d’intaccare principi costituzionali.

Ammesso il referendum elettorale già presentato lo scorso anno e non approvato a seguito del mancato raggiungimento del quorum. Non soltanto, quindi, la riproposizione di un quesito già sottoposto agli elettori e non approvato a norma dell’art. 75 della Costituzione; ma la riproposizione di un quesito in grado di escludere dalla rappresentanza parlamentare le minoranze politiche che non s’identificano nell’appiattimento bipolare. Un ulteriore imbarbarimento della legge elettorale in grado di svuotare del tutto i meccanismi di garanzia e di tutela delle minoranze previsti in Costituzione, chiaramente efficaci soltanto in regime di leggi elettorali di tipo proporzionale.

Ammesso il referendum che chiede l’abrogazione dei rimborsi elettorali. Ammessa cioè la possibilità che lo Stato possa finanziare, con i soldi della collettività, soltanto singoli partiti a libera discrezione dei contribuenti facoltosi (erogazioni liberali da detrarre dalle tasse); mentre dall’altro lato si chiede se sia giusto o meno rimborsare le spese sostenute dai partiti che partecipano alla contesa elettorale.
Sia ben chiaro, qui non si fa la difesa dell’attuale legge. Quello che si contesta è che ci si chieda d’intervenire su di una legge iniqua per affermare un principio ancor più iniquo.
Una realizzazione ipocrita della democrazia che va nella direzione opposta ai principi sanciti in Costituzione; una forma ipocrita di democrazia per la quale gli unici soggetti autorizzati ad avere voce possono essere soltanto quelli in grado di raccogliere i finanziamenti volontari, chi, in altre parole, rappresenta gl'interessi del potere economico.
 

Ventuno o sette referendum non fa differenza, la partita è ancora truccata

Perché astenersi

* Per non rimanere schiacciati tra le posizioni iperliberiste dei radicali e la posizione di chi, in ogni caso, è portatore di modelli ugualmente non condivisibili.
La battaglia sul metodo non potrebbe infatti avere senso laddove dovesse trasformarsi nella difesa di quella “concertazione sindacale” che, più di ogni altra cosa, ha contribuito ad erodere gran parte delle conquiste dei lavoratori.
* Perché non può bastare un NO “alla D'Alema”, un NO che in ogni caso non contesta la matrice liberista che ha ispirato i referendum radicali. Per la sinistra “I Care”, infatti, si pone solo un problema di metodo nel senso di non condividere lo strumento utilizzato laddove, invece, la diversità di vedute riguardo agli obiettivi finali non è poi così distante.

Perché astenersi è un diritto!

* Perché la gara referendaria è “truccata”. Non cadiamo nella trappola! Poiché questi referendum ledono diritti costituzionali, l’unica scelta coerente per delegittimarli è proprio l’astensione
* Perché l’astensione è l’unica via per battere l’uso strumentale che dei referendum stanno facendo i promotori e le altre forze politiche di maggioranza e di opposizione (ricatti, trasformismi, iniziative consociative di stampo neo-liberista).
* Perché un “forte voto” astensionista potrebbe avviare la “rivisitazione” dell’istituto del referendum abrogativo eliminando le attuali ambiguità e contraddizioni
* Perché l’astensione “motivata” potrà dare una nuova identità all’esercito degli esclusi e disamorati della politica, dando un obiettivo di “difesa democratica” ad una protesta finora dilagante ma vissuta nel piccolo della propria individualità, in termini spesso confusi se non addirittura qualunquistici.
 

Sit in di protesta contro l’incostituzionalità dei referendum radicali
4 febbraio 2000 ore 17:00-20:00 davanti Montecitorio

CO.P.A.R: Comitato Politico per l’Astensione ai Referendum - astensione@tiscalinet.it - web.tiscalinet.it/astensione

Hanno aderito: Associazione Internazionale di Amicizia e Solidarietà con i Popoli - Associazione Internazionale Operatori Prima Infanzia – Associazione Telematica Malcolm X – DP (Democrazia Popolare - Sinistra Unita) - Laboratorio artistico Il Puntino - Operatori Volontari Difesa - Rete Associazioni Popolari – Unione Popolare.


 

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