Comitato politico per l'astensione ai referendum
Chi si astiene? Non solo CO.P.A.R.
 

Federazione RdB/CUB
Contro i Referendum radicali la RdB propone l'astensione


Si riparla di lavoro e se ne riparla nel modo peggiore. Dopo una lunga fase
in cui la concertazione a tre tra Governo Confindustria e CGIL, CISL e UIL
aveva operato per deregolamentare e destrutturare complessivamente il mondo
del lavoro, le sue regole e le conquiste del movimento, riuscendo in questa
operazione grazie al silenzio e alla subordinazione ideologica dei
lavoratori agli interessi di impresa , oggi i referendum iper liberisti dei
radicali ripropongono all'attenzione politica il lavoro e lo Stato sociale.

Questi referendum portano un segno ben chiaro di rottura di ogni protezione
sociale.
Insieme all'abolizione del diritto alla reintegrazione nel caso di
licenziamento giudicato illegittimo dal Magistrato, alla liberalizzazione
assoluta dei contratti a termine, part-time, lavoro a domicilio e
collocamento, erano state proposte l'abolizione delle pensioni di anzianità,
del Servizio Sanitario Nazionale, dell'assicurazione INAIL contro gli
infortuni sul lavoro.

Non è un caso che questa valanga liberista, pur se mitigata dalla falce
della Corte Costituzionale, arrivi proprio oggi. Mai come ora il movimento
dei lavoratori è stato disarmato di fronte all'offensiva portata avanti in
nome della competitività internazionale e della finanziarizzazione.

Le responsabilità sono precise e nette, e riteniamo opportuno sottolinearle
perché sia chiaro che la memoria storica di quanto accaduto nel nostro paese
negli ultimi anni non può essere rimossa oggi.

Quei soggetti sociali, partiti e sindacati, che oggi si schierano per il no
ai referendum radicali sono gli stessi che hanno aperto la strada a questa
ipotesi iper liberista. La introduzione della massima flessibilità del
lavoro è già una realtà. Sono centinaia di migliaia coloro che non hanno
alcuna certezza del proprio lavoro e del proprio reddito: precari,
part-time, lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità, pacchetto
Treu, lavoratori a domicilio, atipici, interinali e mille altre forme di
ricatto sul lavoro sono state introdotte ben prima dei referendum attraverso
la concertazione.

Anche l'attacco alle pensioni non nasce oggi, ma ha una storia lunga almeno
dieci anni in cui abbiamo assistito al teatro della rigidità sindacale sulla
riforma Berlusconi e al via libera su quella Dini e Prodi che avevano gli
stessi contenuti e lo stesso obbiettivo: smantellare la previdenza pubblica
e favorire quella privata attraverso il dirottamento dei soldi dei
lavoratori verso il mercato finanziario che altrimenti resterebbe
"asfittico".

Il no dei sindacati e dei partiti oggi si manifesta più come la richiesta di
affidare nuovamente alla concertazione il governo dei processi di
trasformazione sociale, scippati e "velocizzati" dai referendum, piuttosto
che una posizione politica netta di distanza dai contenuti e dall'idea di
stato sociale propugnati dai radicali
Siamo convinti che "passata 'a nuttata" dei referendum, seppure dovesse
prevalere il no, i tavoli di concertazione, magari con più tempo, forse con
qualche concessione in più, arriverebbero alle stesse identiche conclusioni
auspicate dai referendum. Ben lo dimostra il decreto sul part-time, varato
dal governo D'Alema proprio a ridosso della sentenza della Corte
Costituzionale e che va esattamente nella direzione del referendum in
materia, nonché le dichiarazioni di disponibilità da parte di autorevoli
membri del Governo ad emanare una riforma del licenziamento per accogliere
le ragioni dei radicali ed evitare il referendum.

Non può essere altrimenti, non c'è all'orizzonte un cambio di strategia, c'è
solo la necessità di riaffermare la concertazione tra padronato, governo e
sindacati come strumento principe di regolazione della trasformazione
sociale  e produttiva. Loro e solo loro possono distruggere previdenza,
sanità, posti di lavoro, diritto al salario. L'importante è farlo con un
accordo!

La stessa Confindustria, che si è subito schierata per il si, si è detta
disponibile da subito a sedersi ad un tavolo di concertazione che affronti i
problemi sollevati dai referendum.

Del resto chi ha sposato un'idea di primato dell'economia sulla politica,
chi ritiene il mercato la soluzione a tutti mali, chi accetta che la
disoccupazione nel nostro paese abbia assunto segni di strutturalità
irreversibile non può che avere un orizzonte fatto delle stesse richieste
dei radicali, magari a più lunga scadenza.

Non intendiamo partecipare a quest'ennesima pantomima. Siamo contro questi
referendum, e contro lo scempio che i radicali fanno di questo strumento
democratico, perché sottendono la stessa idea di Stato che vogliono
propinarci anche i partiti e i sindacati confederali, cioè quegli stessi che
oggi si organizzano nei comitati per il no. Non abbiamo dimenticato la farsa
della manifestazione da un milione di persone contro la riforma
previdenziale di Berlusconi e il rapido cambiamento di fronte, quando, a
proporla identica, sono stati i governi amici.

Questi stessi sono invece schierati per il si al referendum per
l'introduzione del sistema elettorale maggioritario con la definitiva
esclusione di ogni pur minimo pezzetto di proporzionale. Vogliono un paese
in cui non esista alcuna possibilità di esprimere pluralismo e diversità dai
poli ed in cui sia impossibile garantire rappresentanza politica ai
lavoratori e alle loro esigenze. Un po' quello che è successo nel panorama
sindacale con il monopolio della rappresentanza riservato a Cgil, Cisl e
Uil.

La nostra idea di democrazia, di pluralismo, di stato sociale e di diritto
del lavoro e dei lavoratori è profondamente lontana da questa.

L'identità del movimento dei lavoratori, la rottura con la subalternità che
esso ha subito negli ultimi anni nei confronti dell'ideologia
dell'avversario, si costruiscono anche respingendo con forza gli appelli a
dimenticare le differenze e ad unirci tutti per sconfiggere il nemico alle
porte. Il nemico lo abbiamo in casa ed è venuto il momento di smascherarlo.

L'astensione ai referendum radicali non è quindi un "chiamarsi fuori", ma
l'inizio di una nuova fase in cui il movimento dei lavoratori affermi con
forza la propria idea di società, la propria identità e indipendenza, la
decisa rottura con gli interessi della competitività internazionale.

Il Consiglio nazionale RdB, ritiene indispensabile far emergere con forza le
ragioni del boicottaggio dei referendum attraverso l'astensione e invita
tutte le organizzazioni del sindacalismo di base, le strutture sociali e
politiche, a lavorare assieme costruendo momenti di confronto e di
organizzazione che rafforzino e rendano ben visibili le ragioni
dell'astensione.
 

Roma, 5 febbraio 2000

Federazione RdB/CUB e-mail: federazione@rdbcub.it
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06/7005631


 
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